martedì 30 giugno 2009

Il coraggio che manca di Debora Serracchiani

Debora Serracchiani ha pubblicato per la Rizzoli “Il Coraggio che manca”
Si riporta l’articolo di Francesca Basso pubblicato su Corriere della Sera del 27 giugno 2009

"E pensare che il primo voto l'ha dato ai Verdi. Debora Serracchiani, la campionessa del Pd alle Europee con la maglia da esordiente, ha voluto «fermare l' attimo per paura di dimenticare» e ha sfornato Il coraggio che manca. A un cittadino deluso dalla politica (Rizzoli), in libreria dal primo luglio. Ma è solo l' inizio. Lei garantisce che «ci sarà spazio per una seconda puntata», dopo il congresso di ottobre.
C'è proprio tutto nel libro, dagli inizi nel comitato di quartiere dei Rizzi di Udine alla straordinaria vittoria su «papi» Berlusconi alle Europee in Friuli Venezia Giulia con ben 144.558 preferenze. C'è l' ammissione di essere digiuna di politica per tradizione familiare («sono cresciuta considerando sullo stesso piano Enrico Berlinguer e Aldo Moro»; «ignoravo più o meno i partiti della Prima Repubblica»). Ma c' è anche l' entusiasmo per le primarie che consacrarono leader Vetroni e la «rabbia» per quello che è accaduto poi. Soprattutto c' è «la politica che vorrei», «vicina alle persone», e c' è il partito che sogna, formato da dirigenti «in grado di "crescere" altre persone che facciano nascere il Pd sul territorio». Sembrerebbe un manifesto politico, con una dettagliata analisi degli errori commessi dalla dirigenza del Pd: Rutelli candidato sindaco «una delle mosse più autolesioniste»; «l' incapacità di intervenire sulla dirigenza campana e sul governatore Bassolino»; «l' intervento critico» di Bersani e D' Alema sullo sbarramento al 4%. Invece viene derubricato dalla Serracchiani a «un lancio di idee rispetto al partito», a un tentativo di «parlare alla base e alla gente comune vicina al Pd». Ma il libro è soprattutto una difesa personale, contro quelli che l' hanno sminuita con la motivazione che non basta criticare il partito per meritare una candidatura, o sostenendo che è stata solo «fortuna» quel 21 marzo, quando con il suo discorso è diventata la «stella della sinistra italiana», come la battezzò El País. «Lo dicono soprattutto i big del partito», racconta senza remore la Serracchiani: per loro «ciò che è nuovo deve essere per forza meno buono di ciò che c' era già». Poi uno scatto d' orgoglio: «Però non è del tutto vero che sarebbe potuto essere chiunque altro» perché «è vero: ho detto cose che pensano in molti. Ma non tutti le avrebbero dette pubblicamente. Manca il coraggio e senza quel coraggio non costruiremo mai il nostro partito». Insomma, la Serracchiani quel coraggio lo ha avuto eccome. Certo, nel prologo, rievocando i passi salienti di quel fatidico discorso si limita a ricordare l' appello al segretario Franceschini: «È venuto il momento delle decisioni». Bisogna arrivare a pagina 52 per la parte che ha scaldato gli animi della base e del web, urtando i maggiorenti: «Chiedo a questo partito di votare. Se necessario anche lasciando a casa qualcuno». Non rinnega nulla la Serracchiani. Anzi. Il 5 in pagella a D' Alema viene abbassato: «Fui di manica larga». È pronta per il congresso. E comincia parlando oggi al Lingotto ai giovani del Pd, dopo Chiamparino e Franceschini. Di sicuro stavolta non indosserà «jeans, maglione e giacca marrone» come a Roma, quando l' assalì «la vergogna per come ero vestita». L' età dell' innocenza è finita. Ora c' è il secondo capitolo: il congresso”.
Ritengo interessante acquistare il libro per conoscere ancora di più Debora, la sua meravigliosa esperienza ed i valori che l’hanno guidata nelle ultime elezioni al Parlamento Europeo.

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lunedì 29 giugno 2009

Pietro Ichino sul congresso del Partito Democratico

Ai molti che mi chiedono delle mie scelte nella competizione congressuale rispondo - e non è una risposta diplomatica - che vedo pregi e difetti in entrambe le candidature presentate fino a oggi. Più specificamente, riconosco a Pierluigi Bersani una maggiore capacità di comunicazione e una personalità politica più spiccata rispetto a Dario Franceschini; dello schieramento che sostiene Bersani, però, non mi piacciono alcune cose:
- la tendenza a costituirsi in corrente e a riproporre la vecchia forma-partito;
- la tendenza a prendere le distanze rispetto al metodo statutario delle primarie per l’elezione del segretario-candidato premier (scelta, questa, che invece considero fondamentale);
- la tendenza a concepire la politica del lavoro del PD in chiave “laburista”, cioè come espressione in sede parlamentare degli interessi propri del movimento sindacale; oppure, in una situazione di divisione tra le confederazioni maggiori, a costruire un rapporto privilegiato tra PD e Cgil (sarà interessante vedere se e come inciderà su quest’ultima tendenza l’alleanza tra Bersani ed Enrico Letta)
Non mi sembra, invece, che - almeno per ora - le due candidature presentino differenze apprezzabili sul terreno della concezione laica del partito e dello Stato: vedo uno degli aspetti più positivi della dialettica che si è instaurata in seno al PD in queste ultime settimane nel fatto che in entrambi gli schieramenti che stanno delineandosi si mescolano ex-diessini, ex-margheritini e persone che non provengono da alcuna delle due vecchie formazioni politiche. Sono convinto che, quale che sia l’esito del congresso, ne risulterà comunque rafforzata la scelta della laicità come metodo indispensabile per la cooperazione tra credenti di tutte le fedi e non credenti nel governo della res publica. Quando il quadro delle candidature sarà completato, sceglierò tenendo conto della concezione del partito e del programma di governo che i candidati avranno proposto. Per questo seguo con molta attenzione quello che propone la nuova generazione dei democratici, il 30 giugno a Roma andrò ad ascoltare Bersani, il 2 luglio ad ascoltare Veltroni (che mi ha invitato a svolgere in quell’occasione un intervento); e sarei anche molto interessato ad ascoltare Chiamparino, se decidesse di candidarsi. Sul piano dei contenuti programmatici concreti, per il momento mi sembra che ci sia da segnalare soltanto il contributo al dibattito congressuale presentato da Enrico Morando il 26 giugno; ha il difetto di essere un po’ troppo lungo, ma i frequentatori di questo sito non faticheranno a trovare, nella seconda parte, forti assonanze con le mie proposte, particolarmente nei capitoli dedicati alle politiche del lavoro, delle relazioni industriali e dell’immigrazione.
Pietro Ichino, senatore PD

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domenica 28 giugno 2009

La burocrazia costa troppo alle imprese

Da un’indagine effettuata a giugno dal Centro studi di Unioncamere emerge che la burocrazia costa alle imprese italiane 16,6 miliardi di euro, l’equivalente dell’1,1%del Pil. Ogni impresa sostiene un costo medio di 12.334 euro, circa 1.000 euro al mese.
Rispetto al 2006 le imprese italiane hanno speso circa 1,7 miliardi di euro in più con un incremento del 4,4% per ciascuna impresa.
“I costi che le imprese pagano per gli adempimenti amministrativi sono purtroppo ancora molto elevati”, evidenzia il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Indubbiamente è necessario procedere sulla strada della semplificazione amministrativa e della diffusione della telematica, che oggi – ed è un dato che ci conforta – interessa il triplo delle imprese rispetto al 2006. Le Camere di commercio, storicamente in prima linea nei percorsi di modernizzazione dei rapporti tra amministrazione e imprese e da tutti riconosciute come un settore fra i più efficienti della Pa, stanno contribuendo in maniera fattiva a tanti progetti di semplificazione: dalla comunicazione unica all’impresa in un giorno”.
Per il 1° luglio è stata stabilita un’assemblea del presidente delle Camere di commercio e del Consiglio generale di Unioncamere finalizzata ad affrontare l’incidenza dei costi della P.A. e gli interventi di semplificazione amministrativa.
Dall’indagine emerge che le imprese nei rapporti con P.A. si ritengono per il 50,1% soddisfatti, per il 4,3 molto soddisfatti, per il 32,2% poco soddisfatti, e per il 13,4% insoddisfatti.
Si fa presente che il costo della P.A. incide notevolmente sul Pil e che un taglio degli oneri della burocrazia porterebbe benefici sui conti delle aziende e sulla creazione della ricchezza nazionale. Questo non vuol dire che occorre procedere a tagli generalizzati senza entrare nel merito dei costi ma che è necessario, per la crisi economica che attraversa il paese, eliminare gli sprechi, i costi che non creano valore e rendere produttiva la spesa pubblica, la quale deve produrre benefici alle imprese in termini di efficienza e competitività.

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sabato 27 giugno 2009

Rivoluzione flexsecurity

A partire dagli anni ottanta, globalizzazione e concorrenza su scala mondiale hanno palesato la necessità di accrescere la flessibilità del nostro sistema produttivo, attraverso la liberalizzazione del mercato del lavoro. Ciò si è potuto verificare in particolar modo attraverso l'introduzione dei cosiddetti contratti atipici.
Queste le tappe fondamentali:
1. 1983/84, introduzione dei contratti di formazione e part-time;
2. pacchetto Treu del 1997, legalizzazione del lavoro interinale e del contratto co.co.co (collaborazione coordinata e continuativa);
3. legge 30 (conosciuta anche come legge Biagi) del 2001, trasformazione dei co.co.co in co.co.pro (collaborazione continuativa a progetto) e introduzione dello staff leasing, conosciuto anche come lavoro "a chiamata".
Marco Biagi, al contrario di quello che pensano in molti - probabilmente per ragioni politiche -, non è l'ideatore del cosiddetto "precariato in salsa italiana". Personalmente ritengo che il pacchetto più innovativo e significativo in tal senso sia stato quello che porta il nome dell'ex ministro Tiziano Treu, il quale introduce nel nostro sistema giuridico il contratto a tempo determinato o interinale.
Complessivamente, comunque, le forme contrattuali "atipiche", che si contrappongono a quello classico a tempo indeterminato, sono 44, di cui 38 già esistenti prima del 2001. La proliferazione di queste è a tutt'oggi continua, come testimoniato dai numeri.
Una discussione concreta ed onesta su un tema così delicato deve riconoscere i vantaggi che tali misure hanno apportato: dal 1995 ad oggi - una fase nella quale l'Italia è cresciuta ben al di sotto degli altri paesi europei - la crescita dell'occupazione è stata continua e sostenuta e il tasso di disoccupazione è sceso dall'11,3% al 6,1% (prima del crollo di Lehman Brothers).
In buona parte del vecchio continente la parziale liberalizzazione del mercato del lavoro ha determinato l'abbattimento del tasso di disoccupazione a due cifre. Part-time e contratti a termine hanno favorito, in termini di crescita occupazionale, donne e giovani.
Dunque tutto bene? Non esattamente. Queste misure sono state in grado di combattere il nemico degli ottanta e primi anni novanta: the unemployment. Ora, però, occorre uno scatto in avanti per superare i gravi limiti del sistema attuale.
Il morbo che ora affligge il nostro mercato del lavoro è il suo carattere "duale". Colpisce, a tal proposito, quanto affermato dai professori Tito Boeri e Pietro Garibaldi nel loro ultimo libro, Un nuovo contratto per tutti. I due economisti denunciano l'iniquità dello status quo: l'esistenza di lavoratori di serie A (con massime tutele) e lavoratori di serie B (lasciati al loro destino) è lampante nel momento in cui essi operano fianco a fianco, spesso svolgendo mansioni analoghe.
I principali problemi del precario, quelli che in sostanza lo rendono tale, sono quattro:
- estrema difficoltà nell'ottenere l'assunzione a tempo indeterminato (solo uno su dieci vi riesce);
- impossibilità di incrementare il proprio salario, per la mancanza di tempo necessario a raggiungere i vari scatti di anzianità a causa dei continui azzeramenti;
- pensione fortemente a rischio, visto che i contributi versati dal datore di lavoro sono più bassi rispetto ai contratti tipici e fortemente discontinui per la natura intrinseca degli stessi;
- assenza di protezione in uscita, ossia di ammortizzatori sociali che rendano meno drammatica la ricerca di un nuovo impiego.
Pdl e Pd, in questa particolare fase della vita politica italiana, sembrano aver dimenticato questo tema talmente delicato ed urgente. Probabilmente perché la sua complessità richiederebbe scontri e contrapposizioni. Solo dalla sinistra radicale, in particolare dai partiti di Rifondazione e comunisti italiani, si leva il grido di dolore.
Se la sinistra radicale ha il merito di essere l'unica a parlare di questo reale problema, essa ha anche la colpa di proporre soluzioni sbagliate. Forse in questo caso sarebbe meglio parlare di dolo, in quanto - ahi noi - gli effetti di tali ricette son tristemente conosciute.

Oliviero Diliberto tuona: "scala mobile e posto fisso, ricordate che splendore?". Eh sì, tempi lontani - per fortuna. Basterebbe rispondere al caro compagno Diliberto con un'altra domanda: ricorda l'inflazione sopra il 20% e la disoccupazione alle soglie del 15%? Erano proprio quei tempi lontani che lui rimpiange.
Son due proposte deleterie, in particolar modo se attuate congiuntamente. Aggiustare mensilmente i salari all'inflazione genera un esplosivo circolo vizioso sulle aspettative inflazionistiche, che crescono a dismisura comportando una spirale al rialzo di prezzi e salari. Bene: il potere di acquisto è garantito, ma non il posto di lavoro.

Siamo in un contesto globale, come dicevamo all'inizio. Avere prezzi molto alti ci taglierebbe fuori dal commercio internazionale, la domanda estera dei nostri prodotti verrebbe meno e si avrebbe una riduzione degli ordini e dunque un aumento del numero di disoccupati. Se a questo uniamo un mercato del lavoro rigido, come lo era trent'anni fa, la frittata è fatta. Tanti disoccupati e prezzi alti, fenomeno conosciuto in economia come stagflazione.
Una politica di questo tipo è fortemente conservatrice, e volta a difendere i ricchi e gli insider che godono di un posto inattaccabile. Si immagini il pane a 10 euro: cosa comporterebbe per chi non ha uno straccio di reddito? Alla faccia di Robin Hood. Inoltre richiederebbe: uscire dall'Unione monetaria europea e anche dall'Ue stessa; tornare a gestire la politica monetaria per stampare moneta (lira si intende); monetizzare il deficit pubblico e ricorrere sistematicamente alla svalutazione della nostra valuta per alleggerire il costo dei nostri beni all'estero.
Fantascienza, ovvio. Ma era necessario fare un po' di chiarezza.

I problemi, però, restano gravi. Se si continuerà ad ignorarli, il rischio è proprio quello che posizioni di questo tipo divengano sempre più forti. Tenendo a mente i quattro cruciali problemi del precario prima elencati, si possono argomentare soluzioni vere, non ritorni di fiamma meglio conosciute dalle mie parti come "minestre riscaldate". Le sfide vere sono queste:
1. assicurare uguali garanzie in termini contributivi pensionistici a tutti i lavoratori. Per far questo non occorre eliminare le varie forme contrattuali atipiche, bensì limitarne l'uso. Bisogna evitare che se ne abusi, fissando un vincolo temporale al loro utilizzo (il professor Boeri ipotizza due anni), ma soprattutto eliminando il vantaggio fiscale che tali contratti assicurano. Questo non tanto per fare un dispetto alle imprese, ma per garantire una maggiore entità dei contributi previdenziali versati all'Inps da parte dei datori di lavoro, che andrebbero tutti fissati (per qualsiasi tipologia contrattuale) al 33%;
2. superare il carattere duale del nostro mercato del lavoro. A tal proposito le proposte principali son due: l'introduzione di un contratto unico, aperto, che non preveda una data di scadenza e che sia caratterizzato da una fase di inserimento (al massimo tre anni) ed una fase di stabilità (che inizia alla fine del terzo anno). Nella prima fase il lavoratore sarebbe tutelato dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per quel che attiene ad un eventuale licenziamento discriminatorio e non per licenziamento di natura economica. Quest'ultima tutela si ottiene accedendo alla fase di stabilità. Nel periodo di inserimento, però, il lavoratore acquisisce il diritto ad essere indennizzato, in caso di interruzione del rapporto di lavoro per ragioni economiche, in misura crescente.La buonuscita sarebbe pari a 15 giorni di retribuzione per ogni trimestre nel quale si è lavorato. Alla fine dei tre anni, se il datore decidesse di non entrare nella fase stabile, dovrebbe garantire sei mensilità di indennizzo al lavoratore. Dunque licenziare diverrebbe progressivamente più oneroso. Questa è la proposta chiara e concreta dei due importanti economisti del lavoro italiani prima citati, ossia Tito Boeri e Pietro Garibaldi. I due punti cruciali sono: tutele crescenti e assenza di scadenza iniziale.L'altra proposta fa capo, invece, ad uno dei maggiori giuslavoristi italiani ed attuale senatore del Pd, Pietro Ichino. Nel dettaglio: contratto unico, a tempo indeterminato ma con maggiore flessibilità in uscita, in modo particolare attraverso una rivisitazione dell'articolo 18 prima citato. Abbiamo un periodo di prova della durata di sei mesi, al termine del quale scatta l'assunzione. Quest'ultima assicura la protezione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in caso di licenziamento discriminatorio, ma non per ragioni economiche od organizzative. In quest'ultimo caso vi è, però, un crescente indennizzo monetario. Dunque si eliminerebbe per i datori di lavoro l'obbligo di reintegro del lavoratore in caso di interruzione del rapporto dovuto ad una "causa non giusta", o meglio resterebbe per licenziamenti discriminatori, ma non per quelli dettati da esigenze economico-organizzative. Questo garantirebbe una maggiore flessibilità in uscita. Del resto, però, la durata della fase iniziale è molto ridotta rispetto alla proposta precedentemente analizzata.Boeri e Garibaldi, invece, puntano sul fatto che dopo un periodo di tre anni, nel quale si apprendono le attitudini del singolo lavoratore e si investe tanto sullo stesso, un'impresa non ha convenienza alcuna nel licenziarlo; dunque non occorre eliminare il reintegro previsto una volta entrati nella fase di stabilità;
3. riformare in modo radicale il nostro sistema di ammortizzatori sociali, che oggi appare frammentato, iniquo e per nulla universale. Un dato: in Italia solo un disoccupato su cinque riceve un qualche sussidio, al contrario dei paesi scandinavi nei quali sono nove su dieci i senza-lavoro sussidiati.I precari, anche in questo caso, sono i soggetti maggiormente colpiti. Un parasubordinato, tanto per fare un esempio, ha una probabilità cinque volte superiore di rimanere disoccupato rispetto agli occupati stabili. Dalla razionalizzazione dei tanti strumenti oggi esistenti (quali cassa di integrazione straordinaria, assegni di mobilità e sussidi ordinari), si potrebbe - quasi a costo zero - costruire un sistema unitario ed uniforme. In particolare: un assegno che garantisca il 65% dell'ultima retribuzione ricevuta, per i primi sei mesi, che si abbassi al 55% della stessa per il restante periodo di inattività lavorativa, che potrebbe essere allungata a due anni.Questa gradualità decrescente è fondamentale per attenuare eventuali effetti disincentivanti, che indurrebbero il singolo percettore a non cercare un ulteriore impiego. Da rimarcare il fatto che la cassa di integrazione ordinaria andrebbe preservata, in quanto strumento molto importante ed in grado di mantenere in vita il rapporto di lavoro, anche in fasi economiche negative. Le risorse necessarie per la completa realizzazione della riforma degli ammortizzatori sociali si potrebbero reperire con una maggiorazione contributiva per quelle che imprese che più di frequente ricorrono allo strumento del licenziamento; una sorta di sistema assicurativo di tipo bonus/malus.
Un occupato su cinque è atipico. Tra subordinati con contratto a termine, parasubordinati, apprendisti e part-time non per loro scelta, oggi si contano ben quattro milioni e mezzo di precari.
Queste, dunque, le principali sfide da affrontare nell'immediato futuro per riformare il mercato del lavoro italiano, garantendo al tempo stesso flessibilità (necessaria alle imprese) e maggiore sicurezza ai lavoratori, in particolare a quelli più deboli - ossia i giovani che vi si affacciano per la prima volta e le madri lavoratrici.
Un più alto grado di stabilità è fondamentale per combattere il basso tasso di natalità che ci attanaglia da anni, che invecchia pericolosamente il nostro Paese, prospettando il venir meno di equilibri vitali per il mantenimento della coesione sociale.
Coraggio politico e lungimiranza ispirino il legislatore.
Giuseppe Del Matteo
Alessandro Natale
Sito web

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venerdì 26 giugno 2009

Il Partito Democratico verso il Congresso

Articolo pubblicato su Famiglia Cristiana n. 26 del 28 giugno 2009
"Ha ragione il presidente della Camera, Gianfranco Fini, quando dice che i nani e le ballerine che affollano la cronaca politica non pongono questioni di Governo, ma hanno a che fare con la questione di fondo di ogni democrazia e cioè la fiducia dei cittadini nella politica e nei suoi rappresentanti.
È imbarazzante per tutti ammetterlo, per qualche verso è persino drammatico, ma se dovessimo votare domani per le politiche ci troveremmo a dover scegliere fra uno schieramento costretto a difendere il proprio leader con difficoltà sempre maggiore e un’opposizione che riesce a galleggiare solo grazie alle disgrazie altrui. Pier Luigi Castagnetti ha sintetizzato la situazione così: «Dobbiamo sperare sempre nelle ragazze del presidente del Consiglio o riusciamo a far credere di essere un partito vero di opposizione che punta a governare il Paese?».
Abbiamo un capo del Governo, padrone della sua maggioranza, sia pure in mezzadria con Bossi, che si dibatte in difficoltà sempre maggiori e perde credito all’estero, e un Partito democratico che non è né a vocazione maggioritaria, come disse Veltroni, né tantomeno a vocazione governativa e, infine, non riesce a essere nemmeno opposizione nonostante i tentativi generosi di Franceschini, che pure qualche risultato l’hanno prodotto.
Il Paese avrebbe bisogno di sapere se c’è un’alternativa credibile e invece nel Pd si è aperto un balletto deprimente sui nomi, che non ha nessun significato, se non quello di mostrare un partito che si perde dietro vecchie diatribe piuttosto che aprire una discussione seria sulla sua identità e su cosa proporre agli elettori sui problemi che più assillano il Paese.
Senza che si sia discusso nemmeno per un attimo sulle risposte da dare alla crisi che continua a preoccupare le famiglie, ai drammi sociali della disoccupazione, alle nuove povertà, alle sfide dell’imprenditoria grande, media e piccola sempre più in difficoltà; la settimana scorsa abbiamo letto sui giornali che Bersani si candida a guidare il Pd sostenuto da D’Alema, Enrico Letta e altri, mentre Franceschini punta alla riconferma sostenuto da Fioroni, Marini, Sassoli e altri ancora. Non una parola sui programmi, sulle cose da fare.
È vero che la nascita del Partito democratico è stata affrettata e che i suoi dirigenti si sono trovati subito di fronte alle elezioni politiche lo scorso anno, a quelle europee quest’anno, mentre già si debbono preparare alle regionali dell’anno prossimo. Ma, a maggior ragione, gli elettori avrebbero il diritto di sapere se il Pd è un partito e non una babele.
I nomi vengono dopo, non prima. La sensazione che si ha di fronte alla proposta di Bersani o a quella di Franceschini è che siano ambedue insufficienti, perché dietro c’è un agglomerato confuso e indeterminato, che non sa da che parte sta.
Nei tre mesi che lo separano dal congresso di autunno, il Pd deve riuscire nell’impresa di convincere gli italiani che, se da una parte – il Centrodestra – le cose non vanno, dall’altra c’è pronta un’alternativa credibile. Per centrare l’obiettivo la condizione è che il congresso sia vero. Franceschini da giovane ha vissuto una vicenda simile, quando la Dc nel 1976 celebrò un congresso durissimo al termine del quale fu eletto per una manciata di voti Benigno Zaccagnini. Fu vera politica, e quando vennero i giorni dell’ira con il sequestro Moro i partiti italiani fecero fronte comune contro lo sfacelo e la disgregazione. Quella era classe dirigente, quella di oggi non sappiamo ancora cosa sia".
Due cose non condivido dell'articolo la dichiarazione di Luigi Castagnetti, il quale anche lui ha le sue responsabilità ed in qualche occasione si è prestato a partecipare ad incontri di parte come quello di Verona organizzato dall'on. Giampaolo Fogliardi per sostenere Gabriele Frigato, e la critica per l'assenza di programmi che verranno con certezza presentati al più presto dai candidati (da pochi giorni sono finite le consultazioni elettorali ed i candidati non hanno avuto materialmente tempo per i programmi).

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giovedì 25 giugno 2009

Franceschini si candida alla segreteria del PD

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martedì 23 giugno 2009

Dalla rete al congresso del Partito Democratico

Negli ultimi tempi la stampa italiana si è interessata alla rete e in modo particolare di Facebook. Alcuni autori hanno affermato che il fenomeno delle piattaforme tecnologiche ed in particolare di Facebook sono dovute principalmente alla solitudine delle persone, al bisogno di socialità e che tali piattaforme funzionano come macchina del tempo (incontri di vecchi amici, compagni di scuola, conoscenti, vicini di casa). In Facebook molte persone come me sono entrate per esprimere pensieri e idee e realizzare confronti su determinati argomenti.
Ho pubblicizzato anche il mio blog Cambiamento nelle organizzazioni tramite i temi che ho trattato.
Ho costituito dei gruppi che si interessano dei conguagli dei pensionati, del cambiamento della Pubblica Amministrazione e del Progetto Flexsecurty. Ultima esperienza è stata il sostegno a Debora Serracchiani nelle elezioni al Parlamento Europeo.
Devo dire che tutte questi impegni sono stati molto interessanti per i pensieri espressi e per il confronto realizzato dagli utenti interessati agli argomenti. Ritengo di aver incontrato in Facebook molte persone interessanti per le loro opinioni e posizioni politiche che mi hanno arricchito e penso che abbiano arricchito anche loro.
Ritengo che tali definizioni sulle piattaforme tecnologiche sono incomplete perché non tengono conto dei cambiamenti avvenuti nelle organizzazioni grazie alla rete ed alla partecipazione di massa.
A questo proposito occorre leggere i seguenti libri per conoscere e capire l’impatto della rete sulle organizzazioni:
- Ori Brafman e Rod A. Beckstrom, Sena Leader, Etas, 2007
- Don Tapscotto e Anthony D. Williams, Wikinomics, Etas, 2007.
Tra i numerosi esempi desidero citare alcuni casi molto significativi:
- L’enciclopedia online Wikipedia a cui tutti possono accedere e collaborare liberamente;
- La storia di Linus realizzata da sviluppatori volontari di sofware;
- IBM e Procter & Gamble e General Electric con la cessione della licenza di utilizzo della proprietà intellettuale;
- L’open source che consente ai partecipanti ed alle comunità di migliorare, creare ed utilizzare il software.
Oltre alle esperienze citate desidero ricordare un’affermazione Peter Drucker, il quale scrive che “i lavoratori del sapere lavorano in team ed operano nell’ambito di una organizzazione per esprimere la loro efficacia” (Peter Drucker, Il grande cambiamento, Sperling & Kupfer, 1996).
Come uscire dalle definizioni che vengono date a Facebook: macchina del tempo, solitudine, socialità?
Ritengo che occorre far parte di una organizzazione altrimenti si corre il rischio di non produrre cambiamenti e di non essere efficace. Pensate ad un professionista altamente preparato che non appartiene ad una organizzazione (ospedali, enti pubblici, università) e, pertanto, le sue ricerche rimangono non partecipate e non arricchite da altri professionisti.
Il cambiamento e l’efficacia non proviene dal singolo individuo ma dall’organizzazione.
Per tale motivo lancio un appello a tutti coloro che si riconoscono nel Partito Democratico o che hanno votato Partito Democratico e che, come me, si sono riconosciuti nell’impegno politico di Debora Serracchiani nelle ultime elezioni al Parlamento Europeo ad iscriversi al Partito.
Se effettivamente, come credo, vi sono persone che intendono partecipare al cambiamento del sistema politico e del Partito Democratico per innovarlo e renderlo interprete della domanda della società è necessario entrare, iscrivendosi nel Partito Democratico altrimenti qualunque pensiero condivisibile ed all’avanguardia espresso in Facebook risulta inefficace e non produttivo perché non crea cambiamenti.
Se abbiamo creduto nella proposta politica del PD ed in particolare di Debora Serracchiani condividiamo il percorso e prepariamoci ad una nuova presenza nel PD per la prossima scadenza congressuale diversamente non produrremo alcun cambiamento senza l’accesso al Partito Democratico e le nostre voci rappresenteranno una voce nel deserto.

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sabato 20 giugno 2009

Pietro Ichino contesta la scelta di Brunetta

Il decreto delegato presentato in parlamento sulla P. A. annulla gli spazi di autonomia dell’organo indipendente di valutazione.
Articolo di Pietro Ichino pubblicato su Corriere della Sera del 19 giugno
Caro direttore, nell' autunno scorso riconobbi al ministro della Funzione Pubblica Brunetta coraggio e determinazione nell'affrontare la questione dell' efficienza degli apparati burocratici dello Stato e degli Enti locali (Corriere, 17 novembre 2008).Con la stessa franchezza e senza alcuno spirito di parte registro oggi il suo cedimento alle resistenze che gli si sono opposte dall' interno dello stesso governo e da una parte degli apparati ministeriali.
Qui il resto del post Sette mesi fa l' apertura del ministro al contributo dell' opposizione consentì di delineare un sistema di valutazione indipendente della quantità e qualità dei servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche, che aveva la sua chiave di volta in un organo «garante» nazionale, concepito ovviamente come del tutto indipendente e autonomo esso stesso rispetto al governo, perché potesse sfuggire al peggiore nemico interno: l' alleanza tra vecchi apparati burocratici e vecchia politica per la difesa dello status quo. Si sarebbero potuti scegliere anche modelli diversi; ma questo è, inequivocabilmente, il modello delineato nella legge emanata il 4 marzo scorso (n. 15/09). Tanto il ministro era convinto della bontà di questo disegno, che in aprile egli elaborò una prima bozza del decreto di attuazione della legge, nella quale l' organismo garante era qualificato addirittura come «Autorità indipendente» ed era dotato del potere di auto-organizzazione e piena autonomia finanziaria. Ciò gli conferiva l'indipendenza effettiva e l'autorevolezza necessaria per svolgere credibilmente la funzione di arbitro fra le amministrazioni e i cittadini, capace di intervenire per correggere i difetti di trasparenza (si pensi al caso dell' ufficio che nega i dati relativi al proprio funzionamento o alle materie su cui sta procedendo), i difetti di indipendenza dei valutatori di ciascuna amministrazione, i possibili loro peccati di compiacenza verso il potere politico o la dirigenza apicale. Era una scelta davvero incisiva, che avrebbe allineato il nostro Paese a quelli più evoluti del Nord Europa. Nonostante essa fosse proposta dall' opposizione, il ministro la aveva fatta propria al punto che quando, a metà maggio, nel governo si manifestarono delle resistenze al varo del decreto, in particolare da parte del ministro dell' Economia, egli minacciò di dimettersi. Poi, invece, le resistenze politiche e dell' apparato hanno avuto la meglio. Il decreto è stato riscritto; l' autorità indipendente è scomparsa, sostituita da una grigia «commissione ministeriale», la quale deve operare «in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell' Economia». In omaggio al disegno originale contenuto nella legge-delega rimane soltanto una enunciazione verbale dell' «autonomia» della commissione; ma quell' autonomia è ora ridotta a un mero auspicio: nel nuovo testo, presentato dal ministro al Parlamento nei giorni scorsi, scompaiono - insieme all' autonomia operativa - anche l' autonomia organizzativa e quella finanziaria del nuovo organo, che dipenderà per entrambi gli aspetti dal Governo. La commissione sarà, peraltro, priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, cui sarà affidato il compito cruciale e delicato di elaborare e comunicare alla cittadinanza gli indici di qualità e quantità della performance. Scompare, nel decreto presentato dal governo alle Camere, l' «azione collettiva», di cui i cittadini avrebbero potuto avvalersi per denunciare gli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche. Dulcis in fundo, una norma nascosta tra le «finali e transitorie» esenta totalmente l' amministrazione della presidenza del Consiglio dall' intera nuova disciplina: non sarà vincolata né al principio della trasparenza totale, né a quello della valutazione indipendente. Capisco che la trasparenza non è il forte del nostro premier; ma non è questo un buon motivo per esentare da trasparenza e valutazione anche l' apparato che da lui direttamente dipende. Se il risultato deve essere questo, che bisogno c' è della nuova «commissione»? Non bastava dare una spolverata al vecchio «comitato tecnico-consultivo» presso la presidenza del Consiglio, oggi presieduto da Cirino Pomicino? Tutti sappiamo che la politica è fatta anche di compromessi. Ma il ministro Brunetta, sul terreno di questa riforma, aveva preso pubblicamente l' impegno a dimettersi, piuttosto che accettare un depotenziamento grave del testo legislativo. Poiché, invece, ha deciso di non dimettersi, ora egli deve ai cittadini una spiegazione riguardo a questo che appare come un vero e proprio dietrofront. Siamo in molti ad attenderla con vivo interesse.
Ichino Pietro Senatore PD
Articolo

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Debora Serracchiani a Piove di Sacco

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Debora Serracchiani a Monselice

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Il rischio per Pierluigi Bersani

Pierluigi Bersani è l’unico esponente del Partito Democratico che al momento ha presentato la sua candidatura alla segreteria del Partito.
Enrico Letta ha dichiarato di appoggiarlo se rinuncia alla via per la socialdemocrazia. Massimo D’Alema ha dichiarato anche lui di sostenerlo.
Accanto a questi impegni vi sono dichiarazioni di altri esponenti che delineano non in modo molto chiaro quali saranno le collocazioni dei vari leader per il prossimo congresso del Partito Democratico. L'unico esponente che ha rispettato l'invito di non parlare del congresso prima dei ballottaggi è stata Debora Serracchiani, la quale in questo periodo si è dedicata esclusivamente a sostenere i candidati del PD.
Una cosa risulta evidente: il sostegno di Massimo D’Alema a Pierluigi Bersani condiziona in questo momento le alleanze nel PD per il prossimo congresso.
Tale sostegno non facilità l’allargamento dei consensi a favore di Bersani perché diversi esponenti non vogliono trovarsi alleati di Massimo D’Alema. Questo fatto condiziona le scelte precongressuali, danneggiando una persona come Bersani che potrebbe dare una svolta al futuro del Partito Democratico per il suo livello culturale e per le sue capacità dimostrate in modo chiaro in molte occasioni.
Spero che ancora ci sia lo spazio per valutare e scegliere responsabilmente il Segretario del PD.
Ritengo che la posizione di D’Alema, che comunque come tutti gli altri leader ha il diritto di scelta, non debba condizionare ancora una volta i contenuti, le proposte e le scelte congressuali cosi come è avvenuto con Walter Veltroni.
Troppo riduttivo e semplificativo scegliere in funzione della scelta di D’Alema o determinare le aggregazioni per il prossimo congresso sulla base dei rapporti tra Veltroni e D'Alema.
Vi sono due cose che ritengo, importanti per il prossimo congresso:
- L’impegno del futuro Segretario ad avviare una vasto rinnovamento nella classe dirigente del Partito privilegiando le capacità, il merito e l’impegno e non i feudatari che detengono il potere per la loro sopravvivenza politica;
- Il primo punto dovrebbe essere finalizzato a creare una nuova cultura nel partito adeguata ai tempi che superi la cristallizzazione di posizioni ideologiche che appartengono al passato e non sono più in grado di dare risposte politiche alla società del terzo millennio.
Nel PD occorre mescolarsi e superare la inadeguata distinzione tra ex per creare una nuova classe dirigente che tenga conto del patrimonio culturale di tali componenti, senza esserne condizionata, ma che ricerchi un nuovo cammino ed una nuova cultura, sappia affrontare i problemi emergenti e creare nuovi ed equi equilibri nel sistema socio-economico attuale.

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mercoledì 17 giugno 2009

Appello al voto per Davide Zoggia di Massimo Cacciari

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martedì 16 giugno 2009

Nadia Lazzaro: emozioni e ragione

Carissimi amici di rete, ieri ho provato ad immaginare cosa vorrei da chi amministra la mia città, la mia regione, la nazione in cui vivo. La risposta è stata questa: indipendentemente dallo schieramento politico vorrei che decisioni, piani, programmi, tutto insomma, provenisse da uno studio serio dei problemi concreti che si affrontano, vorrei che non ci fosse improvvisazione ma dedizione, non fosse altro perché il bene comune, appunto perché “comune” è anche, egoisticamente parlando, il bene di ciascuno di noi singoli.
Aggiungo un'altra cosa: mi piacerebbe far parte di una comunità dove la maggioranza delle persone riescano a dedicare anche una piccola quota del loro tempo a riflettere sulle notizie da cui vengono quotidianamente bombardati, per cercare di capire cosa può essere utile selezionare ed approfondire per prendere delle decisioni, come il voto, che riguardano tutta la collettività. A mio avviso, questo è un elemento irrinunciabile per costruire un sistema democratico che possa definirsi sufficientemente tale, infatti se noi cittadini non disponiamo di una gamma abbastanza varia, nutrita e non superficiale di informazioni su fatti e situazioni come possiamo decidere, o meglio, sulla base di cosa diamo la nostra adesione? Sono convinta che miscele variabili di emozioni e ragione agiscono in ogni scelta umana, però se la scelta è “consapevole” vuol dire che sappiamo qual è il peso avuto dalle emozioni, quale quello della ragione e che ci sta bene così. È importante capire quanto giocano le paure, le speranze, i valori, i calcoli di convenienza, ecc. nei nostri giudizi quotidiani, non vedo altra strada per smettere di “recitare” la parte solo apparentemente comoda , in realtà molto deresponsabilizzante ed avvelenata, di “sudditi” ed “essere” finalmente cittadini. Sarei davvero contenta se ciascuno di voi volesse intervenire esprimendo la sua opinione su cosa si aspetta da coloro ai quali dà il voto, dai nostri amministratori e anche su cosa potremmo fare noi tutti per far ascoltare la nostra voce.
Sperando di non avervi tediato troppo (forse un pochino sì, acciderboli!), mando a tutti un abbraccio forte, forte.
Nadia Lazzaro

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lunedì 15 giugno 2009

Pietro Ichino sui piani di ristrutturazione aziendale

Intervista a cura di Lorenzo Morelli per il mensile Capital – 11 giugno 2009
E’ possibile coinvolgere i dipendenti nei piani di ristrutturazione aziendali? A che condizioni? Con quale contrattualistica? E che fare con chi non ci sta? E se i dirigenti sono in soprannumero? Le ristrutturazioni interne a cui tutte le aziende si stanno applicando, indipendentemente dall’andamento del mercato, è la grande scommessa del momento: da questa scelta difficile ma necessaria si creano le basi per affrontare le sfide future. Capital ha chiesto a Pietro Ichino, avvocato giuslavorista, professore di diritto del lavoro all’Università degli studi di Milano, come affrontare i problemi.
Con quali misure, dal suo punto di vista, si può affrontare una crisi aziendale?
Una ristrutturazione incisiva è in molti casi il modo in cui l’impresa può superare la congiuntura recessiva. Ma non è il solo. In molti casi la cosa giusta da fare è ridurre i superminimi, cioè la parte delle retribuzioni eccedente il minimo previsto dal contratto nazionale. Incominciando dal top management, ovviamente. Ma non lo si può fare unilateralmente, occorre negoziarlo. Anche una ristrutturazione incisiva, del resto, è utile che venga negoziata. E per un buon accordo è sempre preziosa l’assistenza di un buon avvocato; ma non basta.
Che cos’altro serve?
In entrambi i casi occorre che l’imprenditore sappia guadagnarsi la fiducia dei dipendenti, perché essi accettino di scommettere insieme a lui sul piano per uscire dalla crisi. E in questa scommessa comune può essere decisivo anche il ruolo del sindacato in azienda.Se è un sindacato che preferisce la cooperazione al conflitto.
Vede, le relazioni sindacali in un’azienda sono un sistema in cui il comportamento di ciascuno dipende dal comportamento degli altri. Condizione necessaria – certo, non sufficiente – perché il sindacato scelga la strategia cooperativa è che esso abbia di fronte un imprenditore affidabile.
Cioè? Cioè competente. Abituato a praticare una rigorosa trasparenza. Ma anche capace di presentare il piano industriale come un gioco a somma positiva, in cui tutti hanno da guadagnare.Ma chi perde il posto non ci guadagna certo.
Se il passaggio da un lavoro a un altro è debitamente assistito e indennizzato, può essere molto meglio questo che rimanere in un’azienda dove il proprio lavoro è poco valorizzato, dove si è di troppo. Ecco un altro terreno dove la qualità dell’avvocato che assiste l’impresa può essere decisiva.
In che senso?
Nel senso che anche dall’assistenza legale può dipendere il successo di un piano di downsizing aziendale non conflittuale.
Più precisamente, in che cosa il bravo avvocato può fare la differenza, in questo campo?
Nell’allargare le possibilità tecniche dell’accordo tra impresa e dipendenti, nell’inventare soluzioni negoziali nuove, nello sgombrare il campo da tanti pregiudizi diffusi su ciò che l’ordinamento consente e ciò che non consente. Ma il bravo avvocato deve anche saper andare contro il proprio interesse.
Che cosa intende dire?
Che in molti casi gli avvocati hanno un interesse configgente con quello dei propri clienti: l’interesse a complicare le cose inducendo le parti ad agire in giudizio l’una contro l’altra. Il bravo avvocato si distingue anche dalla semplicità e rapidità delle soluzioni che sa trovare.
Come fa il cliente ignaro a individuare l’avvocato con questa caratteristica?
Una spia di questa qualità del consulente legale è sovente la semplicità e chiarezza del suo linguaggio. E anche la sinteticità dei suoi pareri: l’avvocato che impiega dieci pagine per dire quel che potrebbe dire in una sola è probabilmente anche quello che impiega un anno per risolvere una pratica che si può risolvere in un mese.
Torniamo alla crisi. In che cosa questa differisce da quelle del passato?
Nella sua violenza e nella sua globalità. Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo perché gli economisti riescano a spiegarci per intero i meccanismi di questa catastrofe.
Le contromisure che sono state prese a livello macroeconomico sono sufficienti?
I grandi Paesi occidentali hanno reagito un po’ in ordine sparso, ma hanno adottato misure efficaci.
L’Italia?
Il Governo italiano ha giustificato le modeste dimensioni del proprio intervento, rispetto al resto d’Europa, con le dimensioni enormi del nostro debito pubblico e la necessità di evitare a tutti i costi un calo di fiducia dei mercati finanziari nel nostro sistema nazionale. Però…
A suo parere si potrebbe fare qualcos’altro?
Forse sarebbe stato possibile un intervento pubblico più robusto a sostegno della domanda di beni e servizi, senza perdita di fiducia nei mercati finanziari, se si fosse colta l’occasione della crisi per compiere alcune grandi riforme strutturali di cui il nostro sistema ha grande bisogno.
Quali?
Quella del welfare, per cominciare: spendiamo troppo per mandare in pensione i cinquantottenni e troppo poco per garantire il reddito a chi perde il lavoro, per promuovere il lavoro professionale delle donne, per le situazioni di povertà infantile. Poi la transizione a un sistema di flexsecurity, secondo le sollecitazioni che ci vengono dall’Unione Europea.
Che significa, in concreto?
Coniugare il massimo possibile di flessibilità per le nostre strutture produttive, con il massimo possibile di sicurezza dei lavoratori nei processi di aggiustamento industriale. La sicurezza dei lavoratori è un bene essenziale, anche sul piano macroeconomico, come la crisi attuale ci insegna; ma non la si può fondare sull’ingessatura dei posti di lavoro.
Poi c’è la riforma del sistema della contrattazione collettiva.
Quella non è compito del legislatore, ma del sistema di relazioni industriali. L’accordo del 22 gennaio scorso indica la via di uno spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso la periferia, verso le aziende.
Ma la Cgil non è d’accordo.
La divergenza tra la Cgil e le altre confederazioni apre una fase di confronto tra modelli diversi di sindacalismo. Una fase in cui si confronteranno e competeranno tra loro strategie e visioni sindacali diverse. Se gli imprenditori vogliono che il modello cooperativo prevalga su quello conflittuale, dovranno guadagnarselo sul campo, con la bontà dei loro piani industriali e la loro personale affidabilità. Solo così potrà prevalere il sindacalismo della scommessa comune tra lavoratori e imprenditore sull’innovazione positiva.

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venerdì 12 giugno 2009

Appello al Partito Democratico

Ognuno di noi avverte nel profondo di sé cosa occorre, pochissimi, però, credono sia possibile attuarlo. Ed è da qui, a mio parere, che bisogna ricominciare. Io appartengo ad una delle ultime generazioni e sono stanca di sentire continue analisi socio-psicologiche sulla superficialità dei giovani.
Qui il resto del post Sono stanca di questo mondo che ti rilega a definizioni generiche, generalizzando. Sono stanca di quegli “adulti” che prima ti negano qualsiasi possibilità d'azione “perché il mondo è duro, perché bisogna essere realisti, perché un giorno te ne accorgerai” e poi ti additano come persona “vuota”, “individualista”, “antisociale”. Io faccio parte di questo gruppo di ragazzi e ragazze e so per certo, vivendo in mezzo a loro, che molti di essi sono pieni di risorse. Non è vero che la tv di Berlusconi ha reso completamente sterili le nuove generazioni, non è vero che le persone che stanno ore a cliccare su internet non sono in grado di instaurare relazioni e, soprattutto, non è vero che esiste un solo modello di coscienza politica, di cui, al giorno d'oggi, siamo assolutamente privi. Le difficoltà relative alla nostra incapacità di esprimere quello che conserviamo dentro derivano dall'assenza totale di spunti, di alternative, di fiducia. Mi rivolgo agli “adulti” e chiedo loro di smetterla di studiarci, di riporre in noi le loro disillusioni, chiedo loro di tenderci la mano con la consapevolezza che siamo più di quello che si dice di noi, che, solo se qualcuno riporrà nella nostra presenza politica convinzione e stima, riusciremo a tirar fuori il nostro essere. Non ci servono persone che ci dicano che migliorare la qualità della vita è impossibile. Non ci servono dissacranti realismi. Ci occorre appoggio e fede. Volete davvero che le istituzioni subiscano una riforma? Volete davvero che il fenomeno di Debora Serrachiani non lasci il tempo che ha trovato? Allora dovete ripartire da noi. Dovete aiutarci ad organizzare, a diffondere, a recuperare fiducia nella politica, che troppo spesso confondete e confondiamo col potere. Dovete riempire le parole vuote: ciò significa non limitarsi ad attaccare sui muri manifesti con gente che tira a sé il futuro e spinge fuori la povertà. Dovete dirci che cos'è il futuro, che cos'è la povertà. Dovete spiegarci i valori di futuro e povertà. Bisogna recuperarli questi valori, bisogna fare in modi che essi ritornino a pungere l'animo umano. E non parlo di riesumare ideologie passate e divinizzarle, non parlo di dar voce ad un nuovo '68, ma di riconoscerci la forza vitale che riuscirà a costruire nuovi spazi, nuovi perché, nuovi obiettivi. Dateci la possibilità di fare e vi stupiremo. Aiutateci a credere in noi stessi e nel futuro e ci impegneremo insieme a voi. Ve lo prometto.
Silvia Dellino - Verona

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Debora Serracchiani e la Calabria

Il mio caro amico Luigi (ci legano tanti e tanti anni vissuti insieme nella terra calabrese negli scout, nell’impegno politico e nella comune crescita giovanile) ha scritto un post molto interessante che apre delle prospettive politiche in Calabria, tenendo conto dei cambiamenti che si sono realizzati con le ultime consultazioni elettorali.
Il fenomeno Serracchiani può essere una testimonianza produttiva di cambiamenti in Calabria?
Apriamo questa riflessione di Luigi con la speranza che molti calabresi partecipino al dibattito con riflessioni ed approfondimenti utili e finalizzati al cambiamento ed alla crescita della Calabria.
Ecco lo scritto di Luigi.
“Le inaspettate dimensioni del successo della Serracchiani nel nord est mostrano che lo spazio per chi non appartiene alle nomenclature del PD c'è sempre e, pure, che con gli under 40 è possibile costruire un futuro del PD. Ma se la prima evidenza non è una novità, la seconda deve essere valutata più come una opportunità tutta da costruire che come una possibilità realizzabile in qualsiasi momento.Perché il futuro del PD si decide sulla capacità di fare la sintesi dei riformismi. Sul punto è ovvio che gli under 40 sono avvantaggiati, essendo cresciuti fuori dalla appartenenze ideologiche (cattolici o DS), ma il dato generazionale da solo non garantisce il risultato. Occorre avere coscienza che il problema del PD è questo, e occorre anche avere idee e la volontà di portarle avanti con determinazione. Debora ha proposto una soluzione che nei paesi anglossassoni non stupirebbe nessuno, casomai stupisce che ancora in Italia non ci siamo arrivati: si faccia la sintesi col voto! Oggi invece la sintesi si fa con gli equilibrismi fra le componenti. Con i disastrosi risultati che conosciamo. Forse è pure un problema antropologico. Scrivevo infatti tempo fa per Libertà e Giustizia: "Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte” ricorda Magris ai suoi lettori. Ma non dimenticando altresì che l’infinito viaggiare e pure esso una frontiera dell’essere: tra chi non vuol saperne di viaggiare e chi non concepisce la vita se non come viaggio nella storia. Una frontiera che non divide, dunque, due mondi ma che individua due modi opposti di vivere la propria cultura che: per chi sta fermo, è di appartenenza, per chi si muove è di provenienza. Così come c’è chi preferisce proclamare la verità, e chi ama cercarla e testimoniarla nella storia. Chi gradisce i sistemi perfetti, e le radici eterne, e chi ama perdersi, sradicarsi, per eterni percorsi lungo i quali poi si ritrova sempre uguale e diverso. Una vera grande avventura, che può entusiasmare, finalmente, anche i giovani". In Calabria c'è un gran bisogno di rinnovamento culturale per mettere in moto questa terra, senza dimenticare però che qui le cosiddette componenti assumono spesso la dimensione antropologica di vere e proprie bande fameliche.Ecco allora che tifare Debora non può bastare, a noi e a lei. Occorre impegnarsi, occorre fare movimento attorno a lei, fare crescere ovunque i giovani che ci credono. Anche qui, dove tutto è più difficile. Altrimenti ha ragione Severgnini http://www.corriere.it/solferino/severgnini/.Ma Debora può darci una mano, purché noi le tendiamo la nostra”.
Luigi Sorrenti

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mercoledì 10 giugno 2009

Federica Mogherini per Debora Serracchiani

Dopo le tante indiscrezioni lette sui giornali di oggi su Debora Serracchiani ho chiesto all’on Federica Mogherini, membro delle segreteria del Partito Democratico, di rilasciarmi una sua dichiarazione sul fenomeno Debora Serracchiani.
“L’elezione di Debora Serracchiani, dichiara Federica Mogherini, è il segnale più bello, di speranza e di voglia di cambiamento, che ci hanno dato le elezioni europee di domenica scorsa. E’ la conferma che il Partito Democratico può rappresentare una straordinaria opportunità per fare un’Italia nuova solo se sceglie di investire su donne e uomini che abbiano credibilità, serietà, idee chiare e innovative, sguardo rivolto al futuro e tanta voglia di ascoltare le attese reali dei cittadini”.
“L’entusiasmo, la partecipazione spontanea, il grande consenso, continua Federica Mogherini, che si è raccolto intorno a Debora in queste settimane – e che ho visto direttamente nei tanti incontri in cui l’ho accompagnata, a Verona, Vicenza, Thiene, Valdagno, Bassano, Este, Padova, Avio, Udine, Trieste – rappresenta un patrimonio eccezionale di attese positive, di voglia di fare, di speranza nella buona politica, che non dobbiamo disperdere”.
“Ora ci attende, conclude Federica Mogherini, l’impegno per i ballottaggi delle elezioni amministrative del 21 giugno e per il referendum elettorale: sono altre due buone occasioni per far vincere chi crede nella buona amministrazione dei territori, nella partecipazione dei cittadini, nella speranza del cambiamento. Con Debora domenica scorsa abbiamo fatto un passo nella direzione giusta. Ora non fermiamoci, ma andiamo avanti, con tutta la voglia e il coraggio di cambiare che occorre”.
Gli entusiasmi verso Debora si sono espressi in Facebook dove Arnaldo Marca ha fondato il gruppo “Io alle Europee voto Debora Serracchiani” che alla vigilia delle elezioni ha raccolto 2396 membri.
Adesso il gruppo si chiama “Con Debora Serracchiani per il rinnovamento del PD” con 2862 membri e si propone con la seguente presentazione:
“La consultazione elettorale per il Parlamento Europeo si è conclusa con una vittoria schiacciante di Debora Serracchiani, la quale è stata premiata dai cittadini elettori per la freschezza, onesta e competenza della sua proposta politica e per la capacità di rinnovamento che ha espresso chiaramente.
Adesso ci aspetta un compito altrettanto arduo: Ripensare il Partito Democratico.Come afferma Debora dobbiamo essere presenti nei luoghi dove si incontrano le persone e dove si crea opinione per testimoniare la nostra visione del paese e della società: piazze, aziende, scuole, sindacato, bar.
Per il prossimo congresso siamo chiamati a creare una “primavera democratica”, affermazione di Debora: democrazia e partecipazione, creatività, pari dignità tra uomini e donne, merito e scoperta dei talenti, integrazione nel territorio.
In definitiva dobbiamo fare del Partito Democratico una stella marina dove la testa è rappresentata da tutto il corpo: potere e decentramento, territorio e cultura dei problemi, valori condivisi e testimonianze concrete.
Debora ha dimostrato che Berlusconi e Bossi possono essere battuti ed allora impegniamoci insieme per conseguire questo grande obiettivo per il progresso dell’Italia e per una giustizia che superi il disagio sociale che stiamo vivendo”.
In rete sono ancora espresse dichiarazioni di entusiasmo e di speranza per un futuro migliore, per il rinnovamento del Partito Democratico e di fiducia ed affetto nei confronti di Debora.
Riporto qualche dichiarazione:
Donatella Fanini di Verona: “Condivido tutto quello che scrivi! Aggiungo che le interviste rilasciate a caldo da alcuni esponenti del PD ci fanno capire quanto Debora abbia bisogno di sostegno, soprattutto ora che è stata eletta! Avremo tempo e modo di parlare e concordare una strategia, ma io credo che una cosa sia chiara: non si può permettere ai vari Fioroni, Follini, D’Alema, Bersani, …. di scavalcare l’attuale leadership né si può permettere alla dirigenza locale (Verona) di continuare a bypassare chi ha voglia di rinnovamento! Cosi facendo ci perderemmo per strada la vera ricchezza che Veltroni ci ha lasciato: il cambiamento! Mi sarebbe piaciuto un partito in cui i vecchi leader consegnavano il testimone ai giovani con l’aiuto ed il sostegno della loro esperienza dei più anziani. Non è cpsì! Tutti pensano di essere leader “giusti” e bon si accorgono quanto lontani sono dalla gente! Grazie Debora per averci dimostrato come si fa”.
Alfonso De Stefano: “Sono d'accordo con te Antonino, Debora ha dato e darà fastidio a molti tra coloro che sono "affezionati" alle loro poltrone... Tuttavia, come ella stessa ha affermato a gran voce quel 21 marzo, il partito deve avere il coraggio di fare a meno di costoro... lasciandoli a casa. Penso inizi una selezione seria ora, quella che deve segnare la vera svolta nel partito, al seguito di Debora”.
Al di là di certe notizie è riconosciuto tra le righe dai giornali la capacità di leadership e di comunicazione di Debora Serracchiani. Inoltre i suoi interventi sono essenziali e le sue proposte prendono in considerazione i problemi che viviamo dalle micro e piccole imprese al problema del lavoro, dal Welfare alla ricerca. Ne vedremo delle belle ….

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Debora Serracchiani: Unità e Rinnovamento del PD

Nei giornali che ho letto stamattina è riportata la notizia che diversi esponenti di rilievo del Partito Democratico hanno riconosciuto a Debora Serracchiani il ruolo che ha svolto in questa campagna elettorale, la capacità di rapportarsi e comunicare con l’elettorato e la freschezza delle sue proposte.
Soltanto Fioroni che deve la sua presenza politica al raggruppamento degli ex popolari ha strumentalmente sottovalutato l’effetto Serracchiani.
A Fioroni esprimo le seguenti critiche ed osservazioni:
- La tenuta in vita del raggruppamento degli ex popolari nuoce al partito e porta benefici soltanto ai leader di questo raggruppamento, i quali possono contare su una parte di elettorato che ha bisogno di essere sdoganato;
- L’impegno della classe dirigente deve essere proiettato a creare il nuovo e a liberare i raggruppamenti degli ex altrimenti si rischia di non crescere poiché le anacronistiche divisioni ideologiche non sono accettate dall’elettorato e creano divisioni futili in periferia dove gli esponenti politici non pensano al Partito, complessivamente considerato, ma alla loro sopravvivenza politica;
- Le recenti elezioni per il Parlamento Europeo hanno segnato la fine delle componenti tradizionali in quanto gli elettori non hanno ascoltato i messaggi di parte ma hanno scelto in buona parte liberamente smantellando gli accordi ed i blocchi delle preferenze imposte da diversi esponenti;
- La decisione di Franceschini di far votare una donna tra le tre preferenze per le Europee non è stata accolta da coloro che controllano il partito in periferia. Al contrario l’elettorato ha privilegiato tale scelta, facendo saltare gli equilibri del passato.
Non si vuole capire che tali motivazioni sono alla base del successo di Debora Serracchiani che è stata votata in tutte le regioni del nord est, dove diversi esponenti hanno tentato di bloccare le tre preferenze con candidati uomini, ed ha creato nuovi equilibri che bisogna assecondare altrimenti gli elettori che ci hanno votato saranno costretti a voltarci le spalle.
Queste valutazioni sono espresse da un ex democristiano, ex margherita ed ex popolare, il quale non ha alcuna intenzione di perdere la propria libertà di pensiero e di impegno per la costruzione del PD per condividere strumentalmente raggruppamenti tradizionali di potere che creano solo problemi al partito.
Quando ancora viveva Moro pochi erano coloro che si affidavano al suo pensiero. Oggi assistiamo alle commemorazioni di Moro fatte da esponenti politici che all’epoca non capivano e contrastavano il disegno di Moro. All’epoca gli esponenti che non capivano si affidavano al pensiero di Moro.
Cosa vuol dire? Che si sono ricreduti o che utilizzano anche Moro per rafforzare il proprio potere su divisioni inesistenti in quanto alcuni valori appartengono ormai a tutta la società e non possono più rappresentare un elemento di distinzione e di divisione all’interno del PD.
Berlinguer e Moro fanno parte del nostro patrimonio di valori e non possono essere utilizzati per dividere ma per unire.
Il pluralismo del pensiero va rappresentato su come affrontare i problemi concreti della nostra società e non in modo fittizio.
Certo che il fulmine a ciel sereno di Debora Serracchiani da fastidio a molti e soprattutto a coloro che non sanno costruire un futuro senza la loro presenza. Mentre oggi c’è bisogno di lavorare con gli altri e per gli altri e costruire un futuro senza di noi per il bene della società e del Partito Democratico.
Occorre capire che Debora Serracchiani ha unito ex popolari ed ex DS in un disegno unitario per il bene del paese e del PD, superando false distinzioni ideologiche che non servono agli elettori ma servono soltanto a coloro che intendono mantenere il potere.
Alcuni esponenti del PD devono capire che non possono appropriarsi di ciò che Debora rappresenta particolarmente coloro che l'hanno sottovalutata prima dei risultati elettorali.
Debora non è la donna che si fa tirare per la giacchetta, i tempi li detta lei ed anche la sua partecipazione ad eventi che devono rappresentare l'unità del partito e non una parte di esso.
Buon lavoro Debora, ti siamo vicini nel tuo impegno e nel prossimo congresso del PD.

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martedì 9 giugno 2009

Grazie Franceschini per Debora Serracchiani

Durante la campagna elettorale alcuni “amici” non hanno capito che Debora Serracchiani avrebbe rappresentato il nuovo, un mondo pulito ed onesto. Sono stato criticato per non aver giocato su un leader sicuro tramite il quale potevo nascondere il mio impegno senza alcun confronto e prospettiva. Ho rifiutato tutto questo ed ho scelto liberamente e responsabilmente di sostenere una giovane donna capace ed intelligente non in solitudine ma con tanti e tanti amici che ho conosciuto in Facebook e dopo nel territorio negli incontri organizzati dal Partito Democratico. Ho potuto apprezzarli e capire che anche in loro vi era tanto entusiasmo ed impegno a sostegno di Debora e, quindi, non ero solo ad effettuare scelte difficili che mi avrebbero potuto lasciare più solo di prima.
Ringrazio per le loro dichiarazioni Roberta Bisini, la quale ha scritto “mi pare davvero forte! Complimenti a te che l’hai sempre sostenuta”. E Valentina Travaglini afferma che “devo fare i complimenti a te e a tutti gli amici del PD del Nord Est per aver sostenuto con tanto entusiasmo la Serracchiani! Attraverso il vostro impegno avete raggiunto dei risultati fantastici. Purtroppo qui da noi le provinciali non sono andate come speravo... c'è ancora molto da fare! Un grande in bocca al lupo a Debora e un abbraccio.
Sono tanti i messaggi che sono arrivati dal Nord Est e dalle altre circoscrizioni. Abbiamo vissuto insieme la lunga attesa che è stata accompagnata dalle emozioni e dai pensieri espressi in rete.
Finalmente l'attesa è finita ... da notizie ufficiose Debora è parlamentare europea. Grazie a tutti gli amici che l'hanno sostenuta. Debora è rimasta sveglia fino alle ore 5,00 del mattino e adesso riposa. Sono felice .... come tutti voi.
Arriva il primo messaggio di Debora: “Mi sveglio, un occhio ai dati e …. in Friuli Venezia Giulia Debora batte papi 73.910 a 64.286”. Guardando poi non al solo Friuli Venezia Giulia, ma all'intera circoscrizione Nord Est, vediamo che la Serracchiani ottiene in tutto 101 mila preferenze; ma la cifra ancora non è definitiva. Il Paese sta cambiando".
I sostenitori escono dall’incertezza ed esultano per il risultato ed inviano tantissimi messaggi a Debora ed al gruppo in Facebook “Io alle Europee voto Debora Serracchiani”.
Ho chiesto all’on Ettore Rosato un commento sull’elezione di Debora Serracchiani a parlamentare europeo: “Acquisiti i risultati nella loro essenzialità, mi fa piacere condividere qualche riflessione sulla straordinaria prova di Debora Serracchiani. La prima considerazione che mi sento di fare è dettata da una spontanea soddisfazione, perché solo un paio di mesi fa l’elezione di Debora al Parlamento europeo non era cosa su cui avrebbero scommesso in molti. Invece lei è riuscita a catalizzare tante energie nel Partito Democratico – anche quelle un po’ sopite - e far tornare la voglia di provarci, di credere che “ne vale la pena”.
Un fenomeno che ho visto e sperimentato assieme a lei, quando in tante località è capitato di incontrare persone che, magari conosciute prima solo su internet, poi scendevano e si ritrovavano in piazze e luoghi non più virtuali, ma palpitanti di concretissima umanità.
E’ così che, lentamente ma in progressione geometrica, un’onda di entusiasmo contagioso è cresciuta, mentre si rafforzava la fiducia che l’obiettivo era raggiungibile.
Un obiettivo raggiunto anche grazie alla decisione presa da Dario Franceschini, quando ha ascoltato la voce dei circoli che richiedevano Debora come candidata del territorio. Il suo è stato un atto di saggezza politica non comune nel nostro Paese, in cui è difficile che venga dato spazio a chi alza la propria voce fuori dal coro.
Invece, il Partito democratico ha dimostrato con Debora di saper essere il luogo politico in cui tante voci possono trovare spazio e ascolto, possono parlare ai cittadini e magari anche, con la forza di una passione ragionevole, conquistarne i cuori e il consenso. E ha dimostrato che battere Berlusconi non è più un sogno disperato, perché Debora l’ha fatto.
Abbiamo strappato un risultato che è un punto fermo. Certo, non un fragoroso successo, ma comunque quasi 8 milioni di voti in Italia che sono tutti nostri, il frutto maturo di un partito che non ha rinunciato a lottare per le sue idee e la sua identità.
Da qui si ricomincia. Il cammino non sarà né breve né agevole né indolore, ma ormai sappiamo per quale strada andare e quale passo tenere. A noi, a ognuno di noi, il compito di andare avanti”.
"Sono felicissima per questo risultato, dichiara Debora Serracchiani, e ringrazio tutti quelli che mi hanno votata e sostenuta in queste settimane. Senza il vostro sostegno, non avrei potuto vincere questa bellissima sfida. Ora lavorerò per meritare la fiducia che mi avete dimostrato, e per riportare l'Italia al centro dell'Europa. Un saluto, a presto”.
“Fa bene Debora Serracchiani a essere felice, dichiara Anna Paola Concia deputato del PD, e anche io sono felicissima perché Debora rappresenta la nostra vera vittoria. Gli elettori hanno premiato con lei il Pd coraggioso, competente, chiaro. Con un'identità definita. Dalla vittoria di Debora dobbiamo ripartire e fare tesoro di questo insegnamento perché, con il Pd che lei incarna, Berlusconi si può vincere”.
Dai risultati elettorali si apprende che Debora ha superato nella circocrizione Nord Est Umberto Bossi, il quale si è fermato a 138.053 preferenze.
Gli eletti del Partito Democratico sono:
- Debora Serracchiani voti 144.558
- Vittorio Prodi voti 99.913
- Luigi Berlinguer voti 81.409
- Salvatore caronna voti 75.033
L’avventura non è finita adesso occorre con urgenza ripensare il Partito Democratico ed avviare un cambiamento radicale affinché possa alle prossime elezioni politiche rappresentare un’alternativa seria e credibile a questo Governo che ha dimostrato di non essere in grado di affrontare i problemi reali del paese.
A tutti i sostenitori di Debora lancio l’appello di rimanere uniti e non disperdere il patrimonio di speranza ed impegno espresso in queste elezioni affinché possa essere utilizzato per e nel Partito Democratico.

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sabato 6 giugno 2009

Debora Serracchiani e Silvia Dellino per l’Europa

La decisione della Segreteria Nazionale di votare una donna nelle tre preferenze per il Parlamento Europeo è condivisa da molti militanti e sta ottenendo tanti consensi dalle donne e dagli uomini che sono animati da un grande desiderio di cambiamento nella società e nel Partito Democratico.
La posizione di Dario Franceschini è importante tra l’altro per i seguenti motivi:
- L’inserimento di una donna tra le tre preferenze sconvolge i piani di chi pensava di poter controllare la libera espressione delle preferenze da parte dell’elettorato;
- La possibilità di avvalersi delle competenze e delle capacità delle donne che verranno elette fa saltare gli equilibri di potere esistenti e, pertanto, si rende necessario ed urgente ripensare il futuro dell’Italia e del Partito Democratico.
Per tali motivi la scelta di Franceschini è strategica e non formale o accomodante perché interviene alle radici della rappresentanza e crea nuove condizioni di cambiamento.
Tra le donne candidate nella circoscrizione del nord est che hanno maggiori possibilità di essere elette vi è Debora Serracchiani, la quale ha rappresentato in questa campagna elettorale due argomenti che hanno interessato gli elettori:
- Il rinnovamento del Partito Democratico;
- Un nuovo modo di essere presente nelle Istituzioni Europee per affrontare i problemi più urgenti dell’Italia (lavoro, welfare, precari e altro).
I sostenitori di Debora hanno intrapreso questa avventura spontaneamente seguendo la speranza che si è risvegliata in loro, esprimendo passione e soprattutto fiducia nei confronti di Debora.
Tante persone che la voteranno non hanno avuto la possibilità di vederla, di stringerle la mano eppure sono con lei e con il Partito Democratico in questo momento difficile.
Io sono tra le persone più fortunate in quanto l’ho incontrata a Verona, Avio e Badia Polesine e devo dire che Debora sa entrare nell’animo delle persone, svegliare le loro speranze e passioni. Questo non è assolutamente un fenomeno mediatico, il video dell’assemblea dei circoli è stata una occasione per farsi conoscere, in quanto si sarebbe sgonfiato subito al primo incontro con gli elettori.
Debora vive con passione e impegno i problemi delle persone, sa accarezzare il loro animo ed è genuina, determinata e competente.
Io avrei potuto tranquillamente votare per il Partito Democratico e starmene in pace. Invece è arrivata lei ed ha sconvolto la mia apparente serenità e mi ritrovo insieme a tanti amici a sostenerla per il bene dell’Italia e del Partito Democratico.
Chi non la vota ha interesse affinché tutto rimanga come prima e noi non dobbiamo permetterlo con il nostro voto dedicato a Debora Serracchiani.
Il gruppo dei sostenitori di Debora continuerà ad esistere perché la battaglia non finisce con le elezioni Europee ma continuerà per il cambiamento del Partito Democratico.
Riporto l’appello di Silvia Dellino, sostenitrice di Debora, la quale spiega i motivi per cui bisogna andare a votare e votare PD.
“Invito tutti a NON astenersi dal voto: partecipare al sogno di un'Europa unita ed efficace vuol dire ritagliarsi un pezzo di futuro che l'attuale governo italiano disdegna. Non vi riconoscete in Berlusconi ma nemmeno nell'opposizione? Solo votando domani forse un giorno esisterà una realtà politica europea a cui affidarsi che vi consentirà di scegliere senza dover optare per il meno peggio, ma credendo veramente nei vostri rappresentanti. Allora vi chiederete :"ma per chi?". NON per una destra euroscetticista,NON per un'ideologia politica che vi invita a rafforzare il PDL al fine di renderlo talmente forte da proteggere i diritti italiani quando l'unica cosa che possiamo fare è cedere sovranità al parlamento europeo. Non ad un nemico. Ma al nostro futuro. Ad un continente forte e competitivo (con Asia ed America) solo se unito. Senza perdere tradizioni e colore, semplicemente riconoscendoci in obiettivi comuni. Perché, che lo vogliate o meno, la Storia fa il suo corso. L'Europa è l'unico orizzonte raggiungibile, è l'unica via per arrivare ad un mondo migliore. Il tempo non attende nessuno. Siamo noi a dover scegliere se stare al suo passo, continuando a vivere, o perire, conservando la nostra staticità. Se qualcuno crede ancora che Silvio Berlusconi possa diventare il padrone del mondo, e con lui tutti noi, metta il naso fuori di casa, oltre il confine, e ne valuti la bassissima considerazione. Credete davvero che oltre le alpi vi siano solo comunisti che congiurano contro di lui? L'Italia è un paese meraviglioso, ci invidiano per un sacco di cose, abbiamo sempre esportato la nostra cultura, collezionando apprezzamenti da parte di tutti... se veramente, nel caso dell'odierno presidente del consiglio,ci fosse un motivo per cui stimarci, ciò avverrebbe. Non siete d'accordo? Vi siete chiesti perché non è così? IO NON HO PAURA DI ESSERE EUROPEA. E voi? IO FARO' LA STORIA, NON LASCERO' CHE MI CADA ADDOSSO!
Per questo domani voterò, perché credo negli uomini e nel futuro.
BUON VOTO A TUTTI!
P.S.: Per far l'Europa non si può tirare l'acqua al proprio mulino, vorrebbe dire rinnegarne il concetto unitario. Non si tratta più di combattere per vantaggi italiani, francesi o tedeschi. Non è questo lo spirito giusto. Bisogna mettere in gioco ciò che di meglio ha ogni nazione per condividerne tutti quanti non solo i benefici ma anche gli oneri, alleggerendo i singoli pesi. Per questo un candidato del PDL scalderebbe solo la pagatissima poltrona, perché si limiterebbe ad urlare contro le difficoltà incontrate nel formare qualcosa di già avviato dalla Storia, rallentando il lavoro di tutti. A questo punto che non partecipi proprio. No?”
Silvia Dellino
Apprezzo e stimo Silvia, la quale è una delle tante persone che sostengono Debora con passione ed intelligenza.

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venerdì 5 giugno 2009

Si a Debora Serracchiani e no all’astensionismo

In un momento in cui le candidature femminili vengono tenute da parte io raccolgo l'invito di Dario Franceschini e scelgo di votare una donna: Debora Serracchiani ed invito gli elettori ed i visitatori di questo blog a votarla.
Perché votare Debora?
Per rispondere a questa domanda si riportano alcuni pensieri liberamente espressi da parte di persone che hanno vissuto con lei in questa campagna elettorale entusiasmi e speranze per un futuro migliore.
Molti sono stati le testimonianze ed i messaggi di solidarietà e sostegno da parte di persone che risiedono in altre circoscrizioni. Primo fra tutti intendo citare il post scritto da Nadia Lazzaro, residente in Calabria.
Cristiana di Udine. Ringrazio Antonino per aver inviato questa nota di Nadia. A differenza di lei noi abbiamo la fortuna di poter testimoniare a Debora, con il nostro voto, tutto quello che Nadia esprime così bene. Abbiamo la fortuna di avere noi il cavallo vincente per il Nord Est in Europa ma anche per l'Italia, non ci resta che dimostrarglielo in massa, i particolarismi purtroppo non sono estinguibili anche se non produttivi, questa volta la sorte ci ha favorito anche in questa ottica riduttiva cerchiamo di non sprecarla.
Renato di Verona. tempo fa, dopo il pessimo risultato delle elezioni in Sardegna e le dimissioni di Veltroni, ero caduto in depressione e vedevo cadere molte speranze che il PD mi aveva suscitato e per le quali avevo deciso di iscrivermi per la prima volta ad un partito. L’intervento è stata una luce nel buio ed ho capito che è proprio quando la situazione è difficile che bisogna impegnarsi di più. Purtroppo vedo molti delusi che pensano di vendicarsi della loro insoddisfazione, non andando a votare. Dobbiamo cercarli di convincerli. Leggete il bell’articolo di Setta sulla Repubblica di oggi, per favore.
Emilio. Renato hai perfettamente ragione alle volte mi faccio prendere dal pessimismo, però io lavoro in fabbrica e quando pochi giorni fa al PD si sono accorti che gli operai votavano lega oppure comunque a destra ti viene più che lo sconforto....
Antonino di Verona. Debora tocca il cuore delle persone, ha fatto nascere la speranza in persone assopite dalla consuetudine. Certo sono d'accordo con te dobbiamo scoprire tante Debore e porle all'attenzione del partito. Nel PD si pone seriamente il problema della ricerca e della valorizzazione dei talenti come in ogni altra organizzazione. Grazie per la tua riflessione che tocca un problema importante e particolare.
Antonella. L'ho già detto al mio primo intervento (da qualche parte su FB) sull'ormai discorso all'assemblea dei circoli: Debora mi era sembrata il ragazzino che, finalmente, dice "... ma il re è nudo!". E' questo che mi piace di Debora: il coraggio, la chiarezza nelle posizioni, l'essenzialità. Per questo voto Debora e do ancora una volta credito al PD nella speranza che diventi veramente il partito nuovo dei democratici.
P.S. Senza Debora non so se lo voterei!
Luigi. Rientrato dalla Germania da qualche giorno, oltre ad aver inserito il banner sul mio blog, sto sensibilizzando i miei contatti e soprattutto il mondo femminile.Lo stile asciutto e diretto di Debora che anche ieri sera ho ascoltato a Spilimbergo esprimere contenuti e propositività è un ottimo viatico per lavorare bene al Perlamento Europeo. Il tutto aggiunto alla connotazione positiva del suo essere donna.
http://www.gobettiano1.blog.lastampa.it/
Germano. Voto Debora perché:
1) E' sincera e onesta.
2) Ha il coraggio di mettere le sue idee davanti a tutto, perché con un attacco come il suo ha sfidato grandi nomi.
3) E' giovane e intelligente.
4) Come me è trapiantata nel nord-est e si rende conto di quali siano i meriti di quest'area senza cadere nel tranello del separazionismo-leghista.
5) Ha le idee molto più chiare e coerenti di chiunque altro nel PD, del quale mira evidentemente a una vera crescita.
Debora, se il PD nel nord-est riuscirà a fare meglio del previsto sarà merito tuo... Siamo davvero tutti con te!
Francesca di Bologna. Non credo che votare Pd sia una scelta scontata, oggi. Non lo è per me. Proprio perché ho creduto nel Pd. Se voto Pd è perché posso sostenere Debora e con lei molto di più. Voglio condividere con voi la dichiarazione di voto per Debora che ho scritto per i miei amici su facebook e poi sul blog del Pd
I pensieri selezionati in questo post sono stati scelti a caso perché sono tantissimi gli attestati di solidarietà a Debora e tutti ricchi di riflessioni importanti.
Per conoscere le dichiarazioni di voto delle persone visita il sito http://www.iovotodebora.eu/
Abbiamo ancora un partito frammentato che occorre superare rompendo gli equilibri esistenti e rafforzando la luce del rinnovamento che si è presentata in questa campagna elettorale.
Pochi sono i candidati in corsa per le Europee che hanno lanciato un appello affinché una delle tre preferenze venga dedicata ad una donna. Diversi pensano al proprio orticello non avendo coscienza dell’importanza politica di queste elezioni. Noi questo equilibrio lo facciamo saltare votando Debora Serracchiani per costruire un PD nuovo e rinnovato dove le donne vengono valorizzate ed i coltivatori di orticelli vengono dissuasi da un modo vecchio di fare politica.
Oggi è in giuoco il futuro dell’Italia democratica e del Partito Democratico. Il consolidamento delle anacronistiche situazioni di potere va delegittimato con il nostro voto. Solamente perché il Partito Democratico è più importante del potere personale di qualche esponente.
Un altro problema importante è il fenomeno dell’astensionismo che può ritorcersi contro il PD. Occorre convincere le persone a votare ed a votare Partito Democratico con la prospettiva che si va vanti e non si torna indietro nel cammino del rinnovamento che interessa le istituzioni ed il sistema politico. Articolo
Debora Serracchiani ha dimostrato in questa campagna elettorale di possedere le competenze e le capacità necessarie per svolgere un ruolo di cambiamento in Europa e per affrontare in un quadro europeo i problemi sociali ed economici che il Governo Berlusconi non è stato in grado di affrontare con risultati tangibili.
Per i motivi esposti in poche righe invito gli elettori a votare per il Parlamento Europeo Debora Serracchiani per far saltare i vecchi equilibri che non aiutano certamente a guardare il futuro con speranza e partecipazione.
Insieme possiamo far nascere una Primavera Democratica come afferma Debora Serracchiani.

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Debora Serracchiani

Care amiche ed amici che sostenete la mia candidatura,
siamo alle ultime ore della campagna elettorale e voglio fermarmi un attimo per ringraziare tutti voi che, in maniera commovente, vi state spendendo per far conoscere il mio nome in queste elezioni europee.
Il vostro aiuto, la vostra attività sul territorio, è stata ed è fondamentale e senza di voi non sarebbe stato possibile contattare tanta gente, essere così presente in mezzo alle persone comuni.
Voglio ringraziarvi tantissimo per l'aiuto, per il calore e per l'affetto che mi state manifestando in rete e quando ci incontriamo personalmente.
Siete voi, molto più di me, la speranza e le fondamenta su cui costruire il Partito Democratico; siete voi che potete far fiorire la Primavera Democratica sul territorio.
Da parte mia, comunque vadano le cose, mi impegno a proseguire il mio impegno per rinnovare questo nostro partito. Così come mi impegno, se sarò eletta, a portare la vostra voce in Europa e l'Europa nelle nostre comunità.
A voi chiedo, in queste ultime ore, ancora uno sforzo per contattare le persone vicine a voi (una telefonata, una email, un sms personali sono la miglior pubblicità), per spiegare ai più anziani come si vota, per far capire che è importante esprimere almeno una preferenza per una donna che possa realmente essere eletta al Parlamento Europeo.
Per dire che, insieme, stiamo cambiando il modo di fare politica, ...
o forse la stiamo solo facendo come va fatta!
Grazie ancora per il vostro aiuto
A presto ...
Debora
PS: per le ultime note organizzative visitate il mio sito http://www.serracchiani.eu/

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giovedì 4 giugno 2009

Debora Serracchiani e Gabriele Frigato per il Nord Est

Elezioni Europee. Serracchiani-Frigato: penalizzato nordest cuore d’europa
Nell’incontro avvenuto oggi a Badia Polesine abbiamo avuto la possibilità di ascoltare Debora Serracchiani e Gabriele Frigato tra l’entusiasmo delle donne, dei giovani e di tutti i partecipanti.
“Debora Serracchiani e Gabriele Frigato sono un’accoppiata che esprime la ricchezza del PD: pluralità, rappresentatività territoriale, impegno per il futuro”. Così il parlamentare e membro del Comitato per la Sicurezza della Repubblica Ettore Rosato ha presentato oggi a Rovigo i due candidati del PD alle europee durante una conferenza stampa congiunta.
Debora Serracchiani, in questi giorni molto presente nel Veneto, ha sostenuto che “il nordest è un cuore economico e culturale d’Europa che pulsa troppo poco, soffocato dalla mancanza di grandi infrastrutture e reti di telecomunicazione. Soffocato soprattutto – ha precisato - dalla miopia di un Governo che in Europa non conta nulla e quando decide sbaglia, come ha fatto tagliando i finanziamenti alla Transpadana”.
“Penalizzate sono anche le imprese e i lavoratori – ha aggiunto da parte sua Frigato – soprattutto il tessuto delle PMI, per le quali è urgente rafforzare il fondo costituito a sostegno di chi è colpito dalla concorrenza internazionale, snellire i tempi della burocrazia e riallinearsi ai sistemi fiscali europei”.
Occorre superare la sfiducia, accendere la speranza di un futuro migliore e rompere gli equilibri esistenti che non privilegiano i problemi reali del paese in quanto il Governo non è in grado di affrontare la grave crisi economica che interessa anche l’Italia.
Il Partito Democratico in questa campagna elettorale ha dato tutto: impegno, contenuti programmatici e persone competenti e capaci di affrontare i problemi reali dei cittadini e delle imprese e chiede all’elettorato di recarsi alle urne per votare e di votare PD.

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Debora Serracchiani in Europa

Dalla Calabria con amore. "In bocca al lupo” Debora, anche se.........
Quando ti ho vista in rete, nel tuo intervento all'Assemblea Nazionale dei Circoli del PD, mi sei piaciuta subito: spontanea, scherzosa, dissacrante quanto basta e, soprattutto, diretta. Una insomma che le cose non le manda a dire, ma le comunica con molta chiarezza e cercando di mettere subito a fuoco le questioni prioritarie in ogni argomento che affronta. Quel linguaggio politico, fatto di proclami e di accuse, dove non si ha mai l'onere di dimostrare nulla, per fortuna, non ti appartiene. A chi ti ascolta per la prima volta ispiri una certa propensione a darti fiducia, perchè mostri di possedere quel connubio tra capacità pragmatiche e valori etici che è merce rara (anzi, direi introvabile!) nella nostra attuale classe politica.
Come persona che ha sempre votato a sinistra sottoscrivo pienamente la tua analisi quando, individuando il principale handicap del nuovo PD, dici: «...mai una parola chiara, mai una linea netta....». È per questo che se tu fossi qui, nella mia regione, ti voterei, perchè sei una che sa quanto è importante decidere, anche se si può sbagliare, anche se questo si può pagare caro in termini di consenso. Certo ogni scelta politica va studiata, discussa e, soprattutto, attentamente analizzata sul piano delle possibili conseguenze concrete che porterà nella vita delle persone, ma fatto tutto questo le decisioni vanno prese, anche, come dici tu, a costo di “lasciare a casa qualcuno”. Un inciso a proposito della mia affermazione sulla necessità di analizzare gli effetti concreti delle scelte politiche: oggigiorno, purtroppo, questo tipo di analisi è completamente disatteso, costa troppa fatica studiare, documentarsi, avrebbe un sapore eccessivo di umiltà, di coscienza dei propri limiti, insomma cose che la nostra classe politica considera roba da falliti. Mi sembra però che tu non sia di questo avviso, quando infatti riferendoti a come il PD dovrebbe rispondere alla politica di Forza Italia dici: «Far vedere che si possono fare le cose anche in modo diverso», e quando ti chiedono dello scarso successo del PD rispondi in modo lapidario «O non abbiamo nulla da dire, o lo diciamo male». In politica per “fare le cose in modo diverso”, per avere qualcosa da dire, per dirla bene, è necessario possedere quella sana curiosità che spinge a documentarsi sul campo (quali i veri problemi, quali gli umori, ma anche quali le grandezze, le meschinità, le paure che percorrono il nostro tessuto sociale?), e poi ci deve essere piacere nel dedicare la propria attività, il proprio tempo ed impegno alla soluzione dei problemi collettivi. Bello è stato il tuo attacco ai personalismi che dominano la nostra politica, infatti quando l'obiettivo primario di un leader è la grandezza della propria persona, quando tutti i sacrifici e le responsabilità che affronta sono accettati solo in funzione del proprio io straripante, alla sua comunità, soprattutto nel lungo periodo, non potrà venirne nulla di buono, e questo vale per tutte le occasioni, per tutte le circostanze, per tutti i partiti. Dal mondo della formazione, dal quale provengo, ho imparato una cosa: avere successo con la gente in molti casi è solo una questione di naturali doti di comunicazione ( e Berlusconi, a mio avviso, ne è un esempio lampante), totalmente altra cosa è l'impiego di queste doti per rendere un servizio alla collettività. Nei tuoi interventi e apparizioni sul web e in televisione, nonostante la mancanza di esperienza rispetto a questi sistemi mediatici, fin da ora si legge qualcosa di molto importante: la tua dedizione, caparbietà, intelligenza e disponibilità (cosa rarissima purtroppo nell'universo maschile) a moderare il proprio naturale e legittimo spirito di ambizione se questo rischia di rallentare, o stoppare, la marcia verso l’obiettivo del bene comune, che resta e deve restare la cosa più importante per chi vuole fare politica. Per tutto questo “in bocca al lupo” di cuore Debora, anche se………, anche se è qui in Italia che avremmo bisogno di te, perché se aldilà di tutte le sigle c’è ancora un futuro per la sinistra del nostro paese sono le persone come te che possono costruirlo.
Nadia Lazzaro

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mercoledì 3 giugno 2009

Debora Serracchiani a Cormòns



Riporto la dichiarazione di Francesco di Bologna molto significativa per la speranza che Debora ha acceso in tanti elettori.
"Spero che l'elezione di Debora sia l'inizio di quel rinnovamento della classe politica, specialmente a sinistra, da me sentito come un 'esigenza primaria per ridare fiducia e nuove prospettive alla gente.
Ho chiesto a mia moglie, alle mie figlie, ai miei amici di votare Debora Serracchiani.
In bocca al lupo".
Un'altra persone dichiara: "Io voto Debora perchè fino a quella famosa assemblea degli iscritti non si vedeva la luce,non si riusciva a capire chi e come potesse aiutarci per farci uscire dall'immobilismo!!
Credo che quel giorno Debora abbia "scaldato il cuore"non solo a me, abbia riacceso la speranza e la voglia di lottare per un'Italia migliore....si con Debora ce la possiamo fare, per le sue competenze, per la sua determinazione, per la sua trasparenza....di questo abbiamo bisogno!!!

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