domenica 18 dicembre 2016

Abbiamo rovinato l’Italia?

Perché non si può fare a meno del sindacato
Questo è il titolo del libro di Marco Bentivogli, editore Castelvecchi.
Una parte di opinione pubblica vede i sindacati (e i sindacalisti) italiani come una forma di resistenza ai cambiamenti, di ostacolo allo sviluppo della modernità.
Luogo comune, strumentazione mediatica o politica oppure c’è stato qualche errore che ha consentito l’affermazione di una visione così feroce?
Marco Bentivogli, giovane sindacalista, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl parte da una critica sincera dei limiti del sindacato per descrivere con un’analisi molto interessante, fatta anche di esempi concreti, un modo diverso di essere e fare rappresentanza, in un momento storico in cui “rappresentare” gli altri è diventata una delle sfide più difficili e al contempo cruciali della società moderna.
Sindacalista che rispetta e conosce in profondità la storia della sua organizzazione, oggi però guarda al presente di quello che è il sindacato e di quello che sarà in futuro e racconta ciò che sta dietro ai luoghi comuni: una realtà fatta di persone e di storie che si inseriscono in un contesto lavorativo profondamente mutato rispetto anche ad un recente passato, caratterizzato anche da importanti innovazioni tecnologiche o organizzative, come il word class manufacturing o lo smart working ad esempio.
“Abbiamo rovinato l’Italia? Perché non si può fare a meno del sindacato” parte da un’analisi di come è cambiata la geografia del lavoro, in Europa e nel mondo, e approfondisce il contesto in cui si inserisce la nuova fabbrica in quella che viene definita la Quarte Rivoluzione Industriale, Industry 4.0. Bentivogli, partendo dalla diretta esperienza delle dure vertenze industriali del Paese (tra cui Whirpool-Indesit, Ilva, Ast, Alcoa), approfondisce il tema delle relazioni industriali nel nostro paese, della loro evoluzione per stare al passo dei cambiamenti in atto e della scelta dell’innovazione e della partecipazione nelle contrattazioni aziendali e nazionali. In tuo ciò anche il sindacato deve sapere rinnovarsi, studiando, facendo ricerche, sull’organizzazione del lavoro, su Industry 4.0, sui Big Data e sulle nuove tecnologie, per ritornare a coinvolgere migliaia di ragazze e ragazzi.
Il sindacato che serve al nostro Paese può essere un collante fondamentale della coesione e barriera della vulnerabilità sociale e può contribuire allo sviluppo organizzativo e alla crescita produttiva e sociale.
E’ questo, appunto, il sindacato di cui “non si può fare a meno”.

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venerdì 16 dicembre 2016

Flussi informativi al servizio del sistema pubblico

Si rende necessario l’utilizzo dei dati e delle informazioni presenti nel sistema pubblico da parte dei settori interessati per una migliore ed equa gestione dei servizi e delle prestazioni sociali. Dal conseguimento di tale obiettivo scaturisce la proposta di legge di Diego Zardini, primo firmatario, e di Irene Tinagli, i quali si propongono di mettere a disposizione dell’Inps tutte quelle informazioni utili che incidono sulla misura e sul diritto delle prestazioni sociali erogate dall’Istituto previdenziale. L’Inps, dichiara Diego Zardini, presenta una quantità enorme di informazioni che provengono dalla gestione dei servizi di cui è titolare ma nello stesso tempo ha bisogno per migliorare la qualità delle prestazioni che gestisce di dati e informazioni presenti in altri settori della pubblica amministrazione.
Per completezza e per conoscere contenuti della proposta di legge si riporta di seguito la relazione alla proposta di legge presentata da Diego Zardini e Irene Tinagli.
Per completezza e per conoscere i contenuti della proposta di legge si riporta di seguito la relazione alla proposta di legge presentata da Diego Zardini e Irene Tinagli.
“Lo Stato eroga servizi e trasferimenti per ridurre iniquità e colpire le rendite parassitarie. In molti casi si è verificato che gli evasori fiscali a causa dell’esiguità dei loro redditi e ricchezze visibili non solo non pagano le tasse ma accedono a condizioni agevolate ai servizi di pubblica utilità ed alle prestazioni sociali. Pertanto, una parte della redistribuzione avviene verso persone che non meritano un aiuto e, quindi, finisce per aumentare l’iniquità dello Stato.
La proposta di legge si muove nella direzione di restringere le iniquità della redistribuzione e l’area della non applicabilità delle leggi attraverso l’utilizzo di dati e informazioni presenti nel sistema delle pubbliche amministrazioni a favore dell’Inps, il quale gestisce le prestazioni sociali interessate da tale flusso di informazioni che ricadono sul diritto e sulla misura delle prestazioni stesse.
L’Inps nel definire le prestazioni collegate al reddito effettua i controlli necessari utilizzando l’anagrafe tributaria per i redditi assoggettabili all’Irpef. Per gli altri redditi, quali i redditi con ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (interessi postali e bancari, interessi su titoli), e per i ricoveri presso strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate al momento deve essere fatto un controllo a campione sulle dichiarazioni sostitutive di certificazioni o atti di notorietà. Controllo non facile in quanto il Casellario dell’assistenza non è aggiornato con i ricoveri delle persone titolari di indennità mensile di frequenza e di indennità di accompagnamento e le informazioni della banca dati dei conto correnti per i redditi soggetti a ritenuta alla fonte (interessi postali e bancari, interessi su titoli) non sono al momento disponibili per l’Inps.
Il gap esistente tra le informazioni presenti nel sistema delle pubbliche amministrazioni e le informazioni che l’Inps utilizza per i controlli non consente nel caso di errori nell’utilizzo degli strumenti di comunicazione all’Inps delle informazioni e di dichiarazioni mendaci di intervenire in modo corretto sulla misura e sul diritto delle prestazioni con la conseguenza che l’Inps eroga nel peggiore dei casi prestazioni illegittime e nel migliore dei casi prestazioni superiori all’importo che spetterebbe nel caso di dichiarazioni corrette e veritiere.
I redditi con ritenuta alla fonte a titolo d’imposta ed i ricoveri presso strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate incidono rispettivamente sulle seguenti prestazioni sociali: - Assegno sociale e maggiorazione sociale; - Indennità di accompagnamento e indennità mensile di frequenza.
La condivisione, l’integrazione e l’utilizzo delle informazioni analitiche che si fondano su moderne applicazioni informatiche e del metodo dei controlli incrociati rappresentano nuove leve di vantaggio competitivo per lo Stato e sviluppano capacità distintive finalizzate a contrastare le autodichiarazioni mendaci che concorrono a erogare servizi in modo iniquo. Le informazioni in possesso da parte di alcuni settori dello Stato vanno raccolte, elaborate, organizzate ed utilizzate in modo automatico a favore dell’intero sistema di Welfare.
La proposta di legge è finalizzata a creare le condizioni affinché l’Inps possa accertare alcuni redditi che incidono sulla misura e sul diritto alle prestazioni sociali.
L’art. 1 è finalizzato ad integrare, tra le comunicazioni che alimentano il Casellario dell’assistenza, i ricoveri presso le strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate di coloro che sono titolari delle prestazioni di indennità di accompagnamento e di indennità mensile di frequenza. I ricoveri di tali soggetti incidono sul diritto alle prestazioni prima specificate. Tali informazioni sono messe a disposizioni dell’Inps per i controlli.
L’art. 2 tiene presente che alcune prestazioni sociali erogate dall’Inps (assegno sociale e maggiorazione sociale) sono soggette all'accertamento dei redditi. I redditi soggetti all’Irpef sono verificabili da parte dell’Inps con l’accesso all’Anagrafe Tributaria dell’Agenzia delle Entrate. Al contrario i redditi soggetti a ritenuta alla fonte (interessi postali e bancari, interessi su titoli) si basano esclusivamente sulle dichiarazioni effettuate dagli interessati, la quali non indicano mai tali redditi che incidono sulla misura e sul diritto a tali prestazioni. Pertanto tale articolo prevede che l’Agenzia delle Entrate fornisce tali informazioni all’Inps attraverso l’apposita Sezione Archivio dei rapporti finanziari dell’Anagrafe Tributaria. Fino a questo momento l’Inps non ha la possibilità di verificare i redditi soggetti a ritenuta alla fonte.
I ricoveri ed i redditi soggetti a ritenuta alla fonte sono soggetti ad evasione se l’Inps non viene messo in condizioni di poter verificare la loro presenza e di conseguenza intervenire sulle prestazioni.
L’Inps, il quale è il maggior erogatore di prestazioni sociali rapportate al reddito personale e familiare, ha bisogno di verificare tramite la predisposizione di apposite applicazioni informatiche che garantiscono la riservatezza dei dati e delle informazioni la banca dati delle prestazioni sociali agevolate, comprensiva dei ricoveri, e la banca dati dei conto correnti al fine di rapportare l’importo delle prestazioni erogate alla situazione reddituale reale delle persone interessate ed eliminare sprechi ed iniquità.
I richiedenti o titolari di assegno sociale e di maggiorazione sociale non sempre dichiarano all’Inps i redditi provenienti da un conto corrente e libretto di risparmio mentre per la Banca d’Italia il 90,1% delle famiglie è titolare di un deposito bancario o postale ed il 70% delle famiglie più povere ha un dossier aperto. I ricoveri con retta parziale o totale carico di enti pubblici che incidono sulla misura e sul diritto dell’indennità mensile di frequenza e dell’indennità di accompagnamento possono anch'essi non essere dichiarati e controllati in quanto non sono presenti nel Casellario dell’assistenza i dati e le informazioni relative a tali prestazioni.
La situazione reale del paese tra contraddizioni ed iniquità ci impone di utilizzare gli strumenti messi in atto non in una sola direzione ma a vantaggio dell’intero sistema di Welfare e, quindi, a beneficio del sistema dei controlli effettuati dall’Inps in sede di definizioni delle prestazioni sociali di competenza dell’Inps, le quali se non gestite in modo efficiente creano iniquità tra le persone. L’attuazione di tale operazione si inserisce in modo coerente nel progetto di spending review molto utile al paese per eliminare gli sprechi e le spese improduttive che non creano valore e, quindi, ridurre la spesa pubblica troppo alta rispetto alla qualità dei servizi erogati".

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domenica 27 novembre 2016

Vota SI per realizzare la riforma Madia

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità degli articoli delle legge delega 7 agosto 2015, n. 124 che riguardano le seguenti materie: - il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e, quindi, il decreto sui licenziamenti (i furbetti del cartellino); le società partecipate; la riforma della dirigenza; i servizi pubblici locali. Tutto questo è avvenuto in quanto non è stata realizzata una intesa con le Regioni ma semplicemente un parere.
Tale avvenimento dimostra le difficoltà di riformare il paese e le pubbliche amministrazioni con l’attuale assetto normativo e con la presenza delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni. Questo è il motivo fondamentale per votare SI al referendum costituzionale affinché il paese e la vita dei cittadini non rimanga bloccata e si possa, al contrario, proseguire nell’azione di rinnovamento delle istituzioni e di adattamento ai cambiamenti che avvengono in modo incessante nei paesi e nelle organizzazioni più competitive del pianeta.
Le materie oggetto della sentenza della Corte Costituzionale sono quelle che presentano una rilevante inefficienza ed inefficacia nella gestione della cosa pubblica (esempio dirigenti incapaci, dipendenti dal cartellino facile, partecipate che presentano un risultato di gestione negativo).
L’unico personaggio che esulta è Zaia, governatore del Veneto, che dichiara: “una sanità veneta che funziona”.
Qui il resto del post Zaia non tiene conto che la sanità veneta presenta dei tempi di attesa troppo alti che non sempre risultano dalla misurazione. I limiti di tale misurazione sono rappresentati dai dati di coloro che:
- Si rivolgono al privato in quanto i tempi di attesa della sanità veneta sono inaccettabili;
- Evitano di farsi curare a causa del loro reddito insufficiente;
- Aspettano per lungo tempo per essere sottoposti a visita per il riconoscimento dell’invalidità civile. Infatti per sopperire alle inefficienze sono state attribuite all’Inps le funzioni inerenti all’accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile relativamente alle Aziende ULSS nn. 10, 12, 14, 20, 21 e 22.
Inoltre, in ciascuna ULSS non sono indicati i criteri di calcolo dei tempi medi di attesa delle visite.
Rimanere fermi con l’attuale sistema costituzionale ed istituzionale permette alle autonomie locali di continuare a gestire la macchina pubblica senza controlli ed in assenza di un sistema di valutazione dell’efficacia dell’azione politica ed amministrativa. Al contrario occorre introdurre la misurazione e la valutazione della performance anche nelle autonomie locali al fine di eliminare gli sprechi ed elevare gli indicatori di performance che dovranno essere valutati nell’attribuzione del salario variabile o accessorio.
Tutto questo non interessa Zaia, lui pensa soltanto alla vittoria di Pirro, non ai problemi concreti del Veneto ed agli effetti della Sentenza della Corte Costituzionale.
Occorre eliminare le competenze concorrenti tra Stato e Regioni votando SI al referendum e continuare nelle politiche di riforme che ha iniziato il Governo Renzi.

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venerdì 18 novembre 2016

Aperitivo a Povegliano con Diego Zardini e Anna Maria Bigon

Si moltiplicano gli eventi a favore del Si per il referendum del 4 dicembre in Provincia di Verona. Tra questi vi è l’iniziativa del Circolo PD di Povegliano che ha organizzato un aperitivo con Diego Zardini e Anna Maria Bigon.
L’incontro si svolgerà domenica 20 novembre alle ore 11,00 presso il Bar Trieste, piazza 4 Novembre di Povegliano.
E’ un incontro all’insegna della comunità e per tale motivo si è scelto di organizzare l’aperitivo che ha lo scopo di incontrarsi e nello stesso tempo dialogare sulle ragioni del SI al referendum.
Diego Zardini in vista dell’evento descritto dichiara: “Sempre più l’appuntamento referendario assume risvolti politici. Sul merito il PD sta sempre più convincendo e spiegando che la riforma dà al paese istituzioni più efficienti e moderne come da anni il Paese discute ed ha bisogno. Il SI al referendum assume sempre maggiore importanza come argine ai populismi ed alle demagogie della politica italiana che punta le sue fortune sull’instabilità ed il caos conseguenze irrimediabili della vittoria del fronte del no, diviso tra diverse pulsioni ed incapacità di offrire un’alternativa organica”.
Ritengo che gli elettori, i quali non si riconoscono nel M5S, non dovranno farsi condizionare dalle scelte improvvisate e strumentali del proprio partito di riferimento ma dovranno pensare al futuro dell’Italia che ha bisogno di continuare con maggiore incisività a realizzare il cambiamento positivo descritto dalla riforma costituzionale.
Per cambiare l’Italia ha bisogno dell’approvazione della riforma costituzionale per tale motivo non è una scelta di posizionamento politico, è una scelta per creare le condizioni per il superamento degli attuali ostacoli che si frappongono a liberare il paese dall’attuale sistema confusionario ed inconcludente che negli 20 anni ha prodotto risultati negativi.

Anna Maria Bigon, di Povegliano e la prima delle non elette alle scorse elezioni regionali, riferendosi all’incontro afferma “Domenica mattina ci incontreremo a Povegliano per parlare del SI al referendum del 4 dicembre prossimo. Potremo dialogare con l’on.le Diego Zardini delle valide motivazioni che ci dovranno portare a votare SI. Per poter finalmente cambiare il nostro paese, per poter finalmente ridurre i costi della politica e cancellare definitivamente le province che tutti i partiti hanno voluto, ma che solo con la vittoria del SI al referendum potremo mettere fine. Non dobbiamo nasconderci dietro a delle strumentalizzazioni politiche vecchie ed inconcludenti che portano ad un no per interessi che non sono certamente quelli del nostro paese”.
Il M5S ha per obiettivo quello di fare implodere il sistema e non di cambiarlo per aumentare i propri consensi ed arrivare a governare il paese. Per tale motivo i cittadini liberi che guardano in prospettiva dovranno pensare unicamente al benessere dell’Italia e non ai giochetti dei propri partiti di riferimento, i quali non entrano nel merito della riforma.
Pertanto, il 4 dicembre occorre una massa di voti a favore del SI e non a favore di questo o quel partito. E’ in gioco il futuro dell’Italia, dei nostri cari e dei nostri figli e, quindi, non si può scherzare o dare retta a coloro che non intendono cambiare lo status quo fatto di privilegi, sprechi e connivenze. 

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mercoledì 16 novembre 2016

Roberta Roncone e Anna Maria Bigon per il SI

Un incontro molto interessante è stato organizzato dalla Cisl e dal Comitato Bastaunsi Verona Futura per il giorno 24 novembre alle ore 18,30 presso la Sala Pastore della Cisl di Verona. La presenza di Roberta Roncone, segretaria nazionale della Fim Cisl, porterà sicuramente una riflessione nuova nel dibattito sul referendum costituzionale in quanto rappresenta quel mondo del lavoro che ha deciso in modo chiaro ed inequivocabile di sostenere il Si all’appuntamento del 4 dicembre. Anna Maria Bigon mette al servizio del Si la sua esperienza di Sindaco e dei tanti problemi che ha dovuto affrontare con l’attuale legislazione.
Roberta Roncone afferma che “la FIM, i metalmeccanici della Cisl, si è fin da subito espressa a favore della riforma costituzionale, seguendo l'iter parlamentare con gli oltre 5000 emendamenti che hanno portato all'approvazione del testo. Siamo a favore perché per noi innanzitutto un sindacato contro le riforme è contro natura, sarebbe come dire che il nostro Paese non ha bisogno di cambiamenti, che va tutto bene così. Invece il mondo del lavoro, le imprese, i lavoratori hanno bisogno di riforme. In particolare va superata la paralisi prodotta dall'attuale Titolo V che, dal 2001 ad oggi ha moltiplicato i contenziosi tra Stato e Regioni, bloccando importanti opere pubbliche, infrastrutture, integrazione di banche dati, piani energetici etc.”.
Qui il resto del post “Molte delle ristrutturazioni aziendali, conclude Roberta Roncone, che stiamo seguendo hanno sempre più un perimetro sovranazionale, mentre in Italia sono ancora le Regioni a rivendicare piena autonomia su materie, come le politiche del lavoro o il commercio estero, su cui invece servirebbe una regia ed una linea nazionale. Non ci piace il dibattito fatto di scontri tra tifoserie ideologiche che insultano l'avversario: preferiamo il merito alle personalizzazioni, le idee alle divisioni e le soluzioni ai problemi alle contrapposizioni che lasciano tutto come è.
È il momento di rimboccarsi le maniche, di fare poche cose, tutti insieme (politica, sindacato, mondo delle imprese), se veramente vogliamo rilanciare lavoro ed economia ed avere un Paese più moderno e competitivo”.
Anna Maria Bigon sottolinea che “E’ importante conoscere le ragioni del SI in quanto dobbiamo entrare nel merito di una riforma voluta da anni, in grado di dare una risposta al cambiamento di cui il nostro paese ha bisogno. La qualità della legge, la semplificazione della sua formazione, la partecipazione maggiore da parte dei cittadini e la riduzione dei costi della politica sono caratteristiche ed elementi fondamentali su cui si basa questa riforma ed ognuno di noi deve attivarsi ed adoperarsi per un bene primario: quello dell’Italia, che viene prima di ogni interesse personale”.
Lorenzo Dalai, coordinatore di Bastaunsi Verona Futura, sottolinea che “La Riforma Costituzionale prevede all’art. 117 una modifica sostanziale della suddivisione delle competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di lavoro. Da materia concorrente, la “tutela e sicurezza del lavoro” diventa di competenza esclusiva dello Stato. E si aggiungono anche: “le politiche attive del lavoro”.
E’ la prima volta che l’espressione “politiche attive del lavoro” entra nel testo costituzionale. Il ruolo che esse svolgono per combattere la disoccupazione strutturale e per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro è di fondamentale importanza. Quindi l’approvazione con il Sì al prossimo Referendum sarà anche un completamento e una attuazione dell’articolo 1 della Costituzione. Un passo avanti per tutto il mondo del Lavoro”.
L’attuale suddivisione delle competenze in materia di lavoro con le politiche attive del lavoro attualmente di competenza regionale non ha portato benefici e risultati positivi a favore dei disoccupati ed a una conseguente diminuzione visibile delle somme erogate a favore degli ammortizzatori sociali. Quindi, è necessario unificare la politica del lavoro (politiche attive e passive del lavoro) ed affidarla al Governo centrale così come è già avvenuto da molto tempo in Francia, Germania e Gran Bretagna.
Si ritiene essenziale ed urgente approvare la riforma costituzionale in quanto con essa si pone fine alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni, le quali hanno comportato un aumento rilevante del contenzioso presso la Corte Costituzionale ed un ritardo negli interventi programmati dal Governo in settori molto importanti, ed al bicameralismo perfetto che rallenta il processo legislativo rispetto ai problemi urgenti del paese.

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venerdì 11 novembre 2016

Diego Zardini pone alcune questioni dell’INPS

L’Inps, a seguito dell’incorporazione degli enti soppressi, è chiamato ad amministrare circa 28.921 dipendenti, con un onere finanziario di 2.051 milioni, 22.097.249 occupati (99,7 per cento dei lavoratori), 18,1 milioni di beneficiari di trattamenti pensionistici, per un importo di circa 259.400 milioni di euro di spesa pensionistica (15,85% del prodotto interno lordo) e 3.567 milioni di spese di funzionamento (1,16% delle spese istituzionali). Da un confronto con gli istituti previdenziali europei risulta che l’Inps, dopo l’incorporazione dell’Inpdap ed Enpals, rappresenta il più grande ente previdenziale dell'Europa.
Considerata l’importanza strategica dell’Inps in materia di Welfare, Diego Zardini ha presentato una interrogazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministro dell’economia e delle finanze al fine di affrontare le problematiche passate ed attuali che l’Istituto vive nell’attuale momento: - Organizzazione; Risorse umane; Governance.
La performance dell’Inps rischia di subire un calo a causa del blocco turnover. Di recente il presidente dell’Inps ha dichiarato che ogni mese 100 dipendenti lasciano l’Inps per andare in pensione. Le strutture periferiche dell’Istituto previdenziale (Sedi provinciali ed Agenzie di produzione) a causa della carenza di risorse umane presentano una performance ridotta rispetto agli ultimi anni. In particolar modo le Agenzie non riescono a gestire tutte le prestazioni assegnate pur rimanendo fermi i costi delle strutture. Il decentramento dell’Inps realizzato nel corso degli anni rischia di saltare o di disattendere le aspettative degli utenti e gli obiettivi per i quali è stato realizzato. Inoltre, occorre riorganizzare l’Istituto ed adattarlo alle nuove esigenze degli utenti ed ai cambiamenti intervenuti alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione.
Si riporta integralmente il testo dell’interrogazione presentata dall’on.le Diego Zardini.
“- Per sapere – premesso che:
diversi e consistenti, nel corso degli anni, sono stati i cambiamenti intervenuti nell'Inps in materia di governance;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha modificato la gestione commissariale dell'ente previdenziale in una gestione monocratica, attribuendo al presidente le competenze e le responsabilità del soppresso consiglio di amministrazione;
le funzioni di Inpdap ed Enpals sono state trasferite all'Inps a decorrere dal 1 gennaio 2013, al fine di unificare il sistema di welfare in un unico ente e migliorare l'efficienza e l'efficacia in termini rispettivamente di riduzione dei costi di gestione ed incremento della qualità dei servizi pubblici e facendo dell'Inps il principale istituto pubblico di welfare d'Europa con quasi 29 mila dipendenti;
da tempo è in corso un dibattito sulla opportunità di rivederne la governance;
la Corte dei conti, nella sua relazione del novembre 2011, ha espresso evidenti perplessità sulla gestione monocratica dell'Inps;
i limiti della gestione monocratica legati all'attuale sistema di governance dell'istituto previdenziale si sono manifestati anche in occasione del recente regolamento di riordino, con una evidente conflittualità che si è tradotta anche in ricorsi giudiziari;
la riconsiderazione seria e responsabile degli organi dell'Inps e delle loro competenze può essere utile ed opportuna per rilanciare la strategia dell'Istituto e perseguire gli obiettivi di carattere sociale che fanno capo all'istituto stesso;
occorre riflettere sulle nuove competenze del consiglio di indirizzo e vigilanza, composto da 24 membri designati dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi;
la performance dell'Inps rischia inoltre di subire un calo, a causa del blocco del turnover che si ripercuote negativamente soprattutto nell'ambito delle strutture periferiche dell'istituto –: se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative per ridefinire la governance dell'Inps, prevedendo la presenza del consiglio di amministrazione con una conseguente razionalizzazione di ruoli e funzioni e quali iniziative intenda adottare per migliorarne la funzionalità anche attraverso un rafforzamento delle risorse umane”.
Nella precedente legislatura il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore si era assunto l'impegno di presentare un nuovo modello di governance per gli istituti previdenziali ed assistenziali ed a seguito della discussione delle mozioni dei deputati Silvano Moffa e Donata Lenzi; su tale argomento è stata approvata nel mese di maggio 2012 una mozione unitaria dalla Camera dei deputati al fine di superare l'attuale fase di gestione monocratica dell'Inps.
Il Partito Democratico ha avanzato la proposta (atto Camera 556 del 26 marzo 2013, proposta di legge Damiano Cesare) che prevede, tra l’altro, la fine della gestione monocratica dell’Istituto e la presenza del consiglio di amministrazione – così come avviene in tutte le imprese pubbliche e private, tenendo conto che l'istituto gestisce servizi essenziali per i cittadini e per lo Stato e una quantità notevole di risorse finanziarie.
“Il recupero di credibilità, afferma Diego Zardini, tra le istituzioni ed i cittadini avviene anche attraverso la gestione democratica e trasparente delle articolazioni dello Stato; l'attuale gestione monocratica dell'Inps non contribuisce a rafforzare la fiducia nelle istituzioni e amplia la possibilità di effettuare delle scelte non in sintonia con gli obiettivi di carattere sociale che l'ente persegue”.

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mercoledì 9 novembre 2016

Diego Zardini sulla riforma costituzionale

Le schede con cui Diego Zardini, deputato del Partito Democratico, ha voluto illustrare gli aspetti principali della Riforma Costituzionale che siamo chiamati ad approvare con il Referendum del 4 Dicembre.

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martedì 8 novembre 2016

Io voto SI il 4 dicembre

Voto “SI” al referendum Costituzionale perché l’Italia è bloccata da molto tempo ed è urgente avviare un grande cambiamento a cominciare dal referendum confermativo sulla Costituzione. Il pianeta è in continua evoluzione e l’Italia ha bisogno di adattarsi al mondo globale per diventare più competitiva ed efficace altrimenti vi è il rischio concreto di rimanere fermi e di non essere più annoverati tra i paesi più sviluppati ed in crescita.
La riforma costituzionale offre la possibilità di essere più competitivi tra l’altro con i seguenti mutamenti:
- La fine del bicameralismo perfetto che permette di velocizzare il processo legislativo del Parlamento. Cosa molto importante perché è necessario ed urgente dare risposte con provvedimenti legislativi in tempi ragionevoli e brevi in quanto una risposta a determinati bisogni preparata oggi con l’approvazione del Parlamento tra 6 mesi o un anno significa dare risposte tardive e non puntuali ai bisogni del paese;
- L’eliminazione delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni ed il superamento della riforma del 2001, la quale ha causato numerosi problemi tra i quali si elencano i seguenti: - Crescente contenzioso tra Stato e Regioni (nel 2000 il contenzioso pesava per il 5,91% sulle pronunce della Corte, nel 2015 il peso superava il 40,94%, dopo aver raggiunto negli anni precedenti picchi del 47%); Sprechi, Ritardi, Inefficacia degli interventi.
Le competenze concorrenti tra Stato e Regioni hanno inciso negativamente nei seguenti settori:
- Turismo (178 ambasciate regionali all’estero nel 2010);
- Politiche attive del lavoro inefficienti rispetto all’Europa. La gestione delle politiche passive (i sussidi) è di livello nazionale, in quanto affidata all’INPS, mentre la gestione delle politiche attive è affidata alle Regioni. Questa metodologia ha funzionato male o non ha funzionato per nulla in alcune regioni. Tutti i Paesi Europei si sono dotati di una Agenzia Nazionale, con un duplice compito: erogare i sussidi e spingere i beneficiari a cercare lavoro, assistendoli nella ricerca.La Francia lo ha fatto venti anni fa; in Germania esiste da un secolo. E anche in Gran Bretagna le funzioni gestionali sono unificate presso il Ministero del Lavoro. In questi stessi Paesi, l’investimento in una unica struttura efficiente ha comportato rilevanti risparmi nella spesa per gli ammortizzatori sociali ed inoltre una maggiore efficacia nelle politiche attive del lavoro. La riforma Costituzionale affida la competenza legislativa in via esclusiva allo Stato e pone le basi di un’importante ristrutturazione delle nostre politiche del lavoro.
- Formazione professionale non correlata alle politiche attive del lavoro;
- Infrastrutture e grandi opere (ritardi nella cooperazione tra le regioni);
- Politiche sociali (fondo nazionale per gli asili nido utilizzati con ritardo o non utilizzati);
- Commercio estero (frammentazione e debolezza delle iniziative di promozione del commercio estero).
La riforma Costituzionale ed i cambiamenti menzionati rafforzano la competitività del nostro paese e lo pongono in una posizione di adattamento continuo ai cambiamenti che intervengono nel pianeta.
Per i motivi espressi e cosciente della necessità di un cambiamento radicale per soddisfare i bisogni dei cittadini al referendum costituzionale voto SI.

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domenica 30 ottobre 2016

Il Popolo del PD esiste ed è vivo

Si è conclusa la manifestazione del Partito Democratico in piazza del Popolo a Roma. Grande affluenza e partecipazione a dimostrazione del fatto che il popolo del PD esiste, è vivo e sostiene la riforma costituzionale. “Il fronte del no, afferma Matteo Renzi, è il vero partito della Nazione che vuole bloccare tutto. Dentro il no “c’è di tutto e di più: Brunetta, Bersani, De Mita, Tremonti, Travaglio e D’Alema”. Finalmente con questa dichiarazione Renzi chiarisce in modo inequivocabile che il Partito Democratico non ha nessuna intenzione di trasformarsi in partito della nazione. Ho ascoltato le opinioni di alcuni partecipanti che hanno partecipato alla manifestazioni che riporto integralmente.
“Giornata di popolo in Piazza del Popolo di Roma, dichiara Diego Zardini deputato veronese del PD, per sostenere le riforme necessarie al Paese e rafforzare la nostra idea di Europa. La sinistra, quella che vuol guardare al futuro, che vuole governare la globalizzazione sostenendo equità e eguaglianza, era in piazza a dire sì”. Importante l’affermazione di Zardini perché fa capire che la sinistra del PD era in piazza per sostenere la riforma costituzionale.
Lorenzo Dalai, coordinatore di Bastaunsi Verona Futura, con la sua dichiarazione risponde alle strumentalizzazioni ed interpretazioni di comodo: “Che alcuni, dichiara Lorenzo Dalai coordinatore di Bastaunsi Verona Futura, abbiano tentato di far passare il messaggio che in Piazza del Popolo a Roma vi fosse solo una metà del Partito Democratico è totalmente e volutamente fuorviante. In piazza c'erano tutti, iscritti e simpatizzanti, ministri e deputati, provenienti da tutta Italia, persone con le più svariate provenienze politiche e con sensibilità diverse, ma tutte con un unico obiettivo: il cambiamento. Mancavano solo tre persone, non tremila o trentamila, tre; di queste una è stata citata nel suo discorso dal Premier Matteo Renzi, cioè Massimo D'Alema, e quando l'ha menzionato dalla piazza è partito un boato di disapprovazione all'indirizzo di quello che ormai è ritenuto un corpo estraneo al PD, un personaggio ormai senza seguito, prigioniero del suo passato di fallimenti”.
“Un popolo in una piazza, conclude Dalai, che ha capito bene che tra trentasei giorni si deciderà il futuro dell'Italia, la scelta tra un Paese più moderno ed in grado di decidere per il miglioramento della comunità o altri trent'anni di regressione, pasticci inconcludenti, ingovernabilità. Tra D'Alema e Renzi il PD ha scelto da tempo con chi stare”.
“E’ stato un incontro affollatissimo, dichiara Anna Maria Bigon ex sindaco di Povegliano ed attualmente consigliere comunale, quello a piazza del Popolo a Roma, composto da persone che credono finalmente in un vero cambiamento per l’Italia. Renzi ha confermato la linea del partito precisando che l’unità è fondamentale. La riforma costituzionale porterà ad una velocizzazione del processo legislativo, ad una riduzione dei costi della politica ed a un vero coinvolgimento dei cittadini. Strumentale e senza motivo è il no a questa riforma. Dobbiamo tutti lavorare per il bene del paese e non per ambizioni personali”.
“Piazza piena di entusiasmo, dichiara Clara Scapin sindaco di Legnago: tanti giovani, tante famiglie, tutti pieni di volontà di far capire alla gente l’importanza del referendum e del si alla riforma. Bravo Renzi a parlare delle riforme importanti per superare il populismo e far ripartire il Paese”.
Tali dichiarazioni sono piene di entusiasmo verso il Partito Democratico e di speranza in un esito positivo del referendum costituzionale. Importante e la dichiarazione di Massimiliano Saladino, giovane del partito democratico, che esprime le aspettative dei giovani: “Ieri in piazza del Popolo si respirava una grande voglia di cambiamento, tanti giovani e tante famiglie si sono radunate per dimostrare che siamo finalmente pronti ad un importante cambiamento. Tanti giovani democratici erano presenti provenienti da tutta Italia. Un bel clima di festa ma soprattutto un clima di unione di tutto il partito democratico sotto questo obiettivo comune. Per gli under 35 questa riforma è particolarmente decisiva: si semplifica finalmente il sistema statale dando seguito a promesse lunghe 20/30 anni. Sarà più facile fare impresa e dare stabilità ad un sistema che con le sue frizioni politiche ha costretto molto giovani ad emigrare in paesi più accoglienti perché più stabili! E’ ora di cambiare e tanti giovani si stanno battendo per questo”.

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martedì 25 ottobre 2016

Corte d’Appello conferma le ragioni dei distaccati di Serenissima

La Corte d’Appello di Venezia con sentenza rigetta il ricorso di Serenissima Costruzioni Spa e Autostrada BS-Vr-VI-PS Spa avverso la sentenza del Tribunale di Verona e dichiara cessata la materia del contendere tra le società appellanti ed i lavoratori assunti da Serenissima e distaccati presso la Società Autostrada BS-Vr-VI-PS Spa.
La Sentenza del Tribunale di Verona, confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, recita: “accerta e dichiara l’illegittimità dei provvedimenti di distacco disposti da Serenissima Costruzioni Spa nei confronti dei ricorrenti e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze di Autostrada BS – PD Spa con decorrenza per ciascun lavoratore dal primo provvedimento di distacco”.
“Grande soddisfazione, esprime Diego Zardini, per la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che conferma la sentenza del Tribunale di Verona, le legittime aspettative dei ricorrenti avverso il licenziamento e la valutazione effettuata dal sottoscritto con l’interrogazione presentata al Ministero del lavoro e dell’Economia, sottoscritta da Cesare Damiano, presidente della commissione lavoro della Camera dei deputati, e Maria Luisa Gnecchi, capo gruppo del PD in commissione lavoro. Adesso è necessario che le società applichino le sentenze e non assumano comportamenti dilatori che danneggiano le società stesse ed i lavoratori che aspettano il reintegro nei posti di lavoro presso la società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova Spa”.
Occorre scoprire e rendere trasparenti i veri motivi di queste assurdi licenziamenti, particolarmente adesso che le società in questione sono controllate dalla spagnola Albertis. E’ possibile che la strategia del gruppo A4 Holding non debba salvaguardare i posti di lavoro e che l’efficienza debba essere perseguita solo con il taglio dei posti di lavoro, come se non ci fossero altre metodi e strategie?
“Il Gruppo A4 Holding, afferma Diego Zardini, controllato da poco tempo dal gruppo spagnolo Albertis, di cui fanno parte Serenissima Costruzioni Spa e Autostrada Bs Vr Vi Pd Spa, presenta un significativo miglioramento dei dati economici e finanziari e registra un utile netto per il 2015 di 42,5 milioni in crescita del 28% rispetto ai 33 milioni del 2014. Nonostante i dati positivi Serenissima Costruzioni ha ricorso ai licenziamenti dei distaccati dalla stessa società, dove sono stati assunti, alla società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova Spa. Questo comportamento ed il ricorso giudiziario avverso la sentenza del Tribunale di Verona, favorevole ai lavoratori, lasciano pensare che l’equità e la solidarietà sono inesistenti nella gestione di tali imprese”.
Due ingegneri distaccati delle società hanno espresso le seguenti opinioni: - Gabriele Sordo “La corte d’Appello di Venezia ha emesso sentenza ed ha confermato quanto dichiarato dal Tribunale di Verona in primo grado. Sono ben contento che anche in appello siano state dichiarate giuste e fondate le nostre istanze. E’ scoraggiante che in uno Stato di Diritto siano necessari i pronunciamenti di due gradi di giudizio per definire illegittima la procedura di avere come controllori proprio dipendenti e per considerare illegittimo il distacco. Mi auguro che ora il gruppo A4-Holding ottemperi a quanto stabilito dalla Magistratura e che gli Organi di controllo dello Stato svolgano le loro funzioni. Mi auguro altresì di poter riprendere la mia attività lavorativa al più presto e di porre così fine ad un periodo di angosce per le angherie e le ingiustizie subite”; Aniello Andreozzi "Avrei piacere di capire quale è la posizione e la volontà dell'azienda e del gruppo dirigente attuale sulla vicenda, visto il passaggio da pochi mesi dell'azienda al gruppo spagnolo Abertis. Alla luce di questa sentenza di secondo grado che ci vede dipendenti di Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova Spa da oltre 10 anni, come cita la sentenza (dal primo provvedimento di distacco) quindi anche con contratti retroattivi, per capirci antecedenti alla legge Fornero. Vorrei capire come intende procedere nel merito l'azienda, se intende ottemperare alla sentenza, assumendoci, oppure vuole continuare a non rispettare la legge italiana. Vorrei però che questa posizione, sia a favore che contraria venga resa pubblica, anche attraverso una comunicazione scritta, al fine di rendere inequivocabile la posizione dell'azienda sulla vicenda”.
La sentenza del Tribunale di Verona non riconosce i requisiti, previsti dalle vigenti disposizioni di legge, dei distacchi effettuati dalla società Serenissima Costruzioni Spa. Occorre considerare che in caso di distacco privo del requisito d’interesse da parte del datore di lavoro, nel caso specifico la Serenissima Costruzioni, (art. 30, c. 1, del D. Lgs. 10/9/2003, n. 276) l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (art. 18, c. 5-bis, del D. Lgs. 10/9/2003, n. 276).
Le due società coinvolte sono a partecipazione pubblica e, quindi, avrebbero dovuto, più di altre, per ragioni di equità rispettare le leggi che disciplinano i distacchi dei lavoratori. Al contrario tali società non solo non hanno rispettato i provvedimenti legislativi che disciplinano l’istituto del distacco ma non hanno dato esecuzione alla Sentenza del Tribunale di Verona. Operando così le due società hanno dimostrato di operare, come qualsiasi società privata, senza avvertire il vincolo delle disposizioni di legge in materia e, di conseguenza, di negare gli interessi legittimi dei lavoratori interessati. Si spera che venga data immediata esecuzione alla sentenza della Corte d’Appello di Venezia in caso contrario vuol dire che vi è la volontà in prospettiva di chiudere o disfarsi della società Serenissima.

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sabato 22 ottobre 2016

Pietro Ichino sulla riforma costituzionale




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domenica 16 ottobre 2016

Pietro Ichino e Diego Zardini a Arbizzano di Negrar per il SI

Continua l’impegno di Bastaunsi Verona Futura a sostegno del Si al referendum Costituzionale. La prossima iniziativa si svolgerà il 21 ottobre alle ore 20,30 presso l’Auditorium Villa Albertini di Arbizzano di Negrar (Vr), via San Francesco, 17.
All’incontro interverranno:
- Pietro Ichino che espone i precedenti, l’iter parlamentare ed i contenuti della legge Boschi;
- Diego Zardini che illustra gli effetti economici e sociali della riforma.
"Dopo trent'anni, afferma Pietro Ichino, di tentativi falliti, finalmente il Parlamento è riuscito a condurre in porto la riforma costituzionale per la quale hanno lavorato in passato generazioni intere di politici italiani, da Nilde Iotti ad Aldo Bozzi, a Ciriaco De Mita, da Roberto Speroni a Massimo D'Alema, da Luciano Violante a Gaetano Quagliariello. Con alcuni difetti, certo, dovuti alla necessità del compromesso tra forze politiche molto diverse tra loro, ma pur sempre una riforma che contiene tutti gli elementi considerati essenziali da coloro che su questo tema si sono affaticati per decenni: superamento del bicameralismo perfetto, Senato come rappresentanza delle Autonomie locali, abolizione della "terza Camera" costituita dal CNEL, abolizione delle Province come "quarto livello" elettorale, cui si aggiunge il superamento di quella competenza concorrente tra Stato e Regioni, che nell'ultimo quindicennio ha dato complessivamente cattiva prova. La conferma referendaria di questo passaggio essenziale per lo sviluppo democratico del Paese rafforzerà la sua credibilità sul piano internazionale e la sua autorevolezza nel processo di costruzione della nuova Unione Europea.
Diego Zardini riferendosi al 4 dicembre dichiara che l’Italia si troverà davanti ad un bivio: “Raccogliere la sfida del cambiamento e rilanciare verso una grande stagione di riforme che finalmente tocchino il sociale, guardino agli ultimi, diano una possibilità di progresso ed emancipazione, oppure farsi spaventare dalla novità, rifugiarsi in una posizione conosciuta per quanto sia evidente come lo status quo abbia prodotto disagio sociale, sudditanza della politica alla finanza, disillusione verso le istituzioni ed i partiti, perdita di fiducia nell'istituto della rappresentanza.
Qualora prevalesse il no al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe inevitabile un periodo di forte instabilità ed incertezza e i primi a pagarne il prezzo sarebbero certamente i soggetti più deboli. Quelli che la sinistra ha storicamente sempre difeso”.
“La riforma nel merito, conclude Zardini, dà continuità alle battaglie progressiste, ottiene ciò che inseguiamo da tempo come sinistra e dà al paese un volto di moderna e matura democrazia di governo e dell'alternanza. Non tocca la prima parte relativa ai principi fondamentali e relativi ai poteri del governo. Rende certi i tempi del procedimento legislativo consentendo alle istituzioni democratiche di rispondere adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Solo innovando la Costituzione possiamo riuscire a custodirne i valori".
Il coordinatore del Comitato, Lorenzo Dalai, afferma che “ci sono moltissimi effetti positivi che la Riforma Costituzionale potrà portare a tutti i livelli. Uno, ad esempio, potrà averlo nel contrasto alle povertà: oggi se ne occupano Comuni e Regioni a macchia di leopardo, mentre lo Stato contribuisce residualmente con la carta acquisti. Con un sistema di finanziamento nazionale, affiancato da un cofinanziamento locale si responsabilizzerebbero gli enti locali, in modo da verificare che i fondi vadano davvero a chi ha bisogno ed a spingere chi può a lavorare. Un altro esempio è la riforma degli strumenti per la concessione di assegni di invalidità: oggi la competenza è divisa fra Inps, Regioni e Asl con sovrapposizioni evidenti, lungaggini e contenziosi infiniti. Se ipotizziamo di affidare tutto all'Inps, perché è necessario avere metodi di valutazione omogenei in tutte le Regioni, con la vittoria del Sì, lo Stato riavrà il potere di regia”.
La caduta di Renzi e del suo Governo, suffragate dalle posizioni ideologiche non rapportate alla realtà del paese, sono il vero obiettivo del Comitato del no contro la riforma costituzionale. La Riforma è urgente e necessaria per cambiare il paese e adattarlo all’evoluzione continua ed incessante del pianeta. Per questi ed altri motivi occorre votare SI al referendum costituzionale e rendere partecipe il popolo al processo di rinnovamento dell’assetto istituzionale.

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giovedì 13 ottobre 2016

Diego Zardini per il SI

Intervista a Diego Zardini, deputato veronese del Partito Democratico, sul referendum costituzionale.
Secondo lei quale significato riveste il SI o il NO al referendum costituzionale?
L'Italia il 4 dicembre si troverà davanti ad un bivio. Raccogliere la sfida del cambiamento e rilanciare verso una grande stagione di riforme che finalmente tocchino il sociale, guardino agli ultimi, diano una possibilità di progresso ed emancipazione, oppure farsi spaventare dalla novità, rifugiarsi in una posizione conosciuta per quanto sia evidente come lo status quo abbia prodotto disagio sociale, sudditanza della politica alla finanza, disillusione verso le istituzioni ed i partiti, perdita di fiducia nell'istituto della rappresentanza.
Qualora prevalesse il no al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe inevitabile un periodo di forte instabilità ed incertezza ed i primi a pagarne il prezzo sarebbero certamente i soggetti più deboli. Quelli che la sinistra ha storicamente sempre difeso.
Esprimere un Si al referendum cosa significa?
La riforma nel merito dà continuità alle battaglie progressiste, ottiene ciò che inseguiamo da tempo come sinistra e dà al paese un volto di moderna e matura democrazia di governo e dell'alternanza. Non tocca la prima parte relativa ai principi fondamentali e relativi ai poteri del governo. Rende certi i tempi del procedimento legislativo consentendo alle istituzioni democratiche di rispondere adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Si rafforzano gli istituti di garanzia per un adeguato contrappeso.
Quindi lei è favorevole alla riforma costituzionale.
Per le ragioni che ho espresso prima ed in coerenza con il mio voto espresso nei tre passaggi parlamentari alla Camera, voterò e inviterò a votare SI per dare all'Italia una Costituzione moderna ed avanzata in un processo che ha dapprima coinvolto noi parlamentari e che il 4 dicembre con il referendum confermativo deve necessariamente passare attraverso la consultazione democratica del popolo sovrano.
È una riforma di responsabilità, con una forte spinta riformista che, rafforzando il governo parlamentare, rafforza la democrazia, avvicinando i tempi della società ai tempi della decisione politica che diventano certi, trasparenti e più efficaci. Il convinto sostegno al SÌ non può che arrivare da donne e uomini con sensibilità di sinistra perché è perfettamente in linea con quei valori, fondanti, sui quali storicamente abbiamo sempre costruito i nostri programmi e le nostre battaglie, dal livello nazionale al livello locale.
La sinistra non può non stare in questo solco di cambiamento ed il cambiamento non può esserci senza la sinistra e la sua aspirazione a migliorare il mondo. Solo innovando la Costituzione possiamo riuscire a custodirne i valori.
La riforma costituzionale del 2001 che effetti ha prodotto concretamente nel paese?
La riforma del 2001 ha causato numerosi ed elevati problemi: Crescente contenzioso tra Stato e Regioni (nel 2000 il conflitto pesava per il 5% sulle pronunce della Corte, nel 2015 il peso superava il 40,94% con delle punte del 47%); Sprechi, ritardi ed inefficacia degli interventi. Tali fattori hanno inciso negativamente in diversi settori tra i quali si ricordano: - Turismo (178 ambasciate regionali all’estero nel 2010); - Politiche attive del lavoro inefficienti rispetto all’Europa a causa del suo decentramento (i Paesi Europei -Germania, Francia, Gran Bretagna ed altri- si sono dotati di una Agenzia Nazionale con un duplice compito: erogare i sussidi di disoccupazione e spingere i beneficiari a cercare lavoro, assistendoli nella ricerca); - Formazione professionale; - Infrastrutture e grandi opere (ritardi nella cooperazione tra le Regioni e queste e lo Stato); - Politiche sociali (fondo nazionale per gli asili nido utilizzati con notevole ritardo rispetto al finanziamento dello Stato o non utilizzati); Commercio estero (frammentazione ed inefficienza delle iniziative di promozione del commercio estero).
La riforma Costituzionale elimina le materie concorrenti fra Stato e Regioni, rimuovendo così l’oggetto dei conflitti tra Stato e Regioni e la causa dei ritardi e dell’inefficacia degli interventi, ed opera una chiara ed efficace ripartizione delle competenze tra lo Stato e le autonomie locali. Così operando le risposte legislative sono più prossime alla domanda del paese e delle comunità locali, le quali non possono aspettare delle risposte lontane nel tempo o meglio quando le condizioni ambientali e sociali sono mutate.

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mercoledì 12 ottobre 2016

Perché SI. Le ragioni della Riforma costituzionale

E’ il titolo del libro curato da Massimo Rubechi che raccoglie la prefazione di Maria Elena Boschi e gli approfondimenti di costituzionalisti e politologi che hanno contribuito alla stesura del manifesto nazionale del Sì, tra cui Carlo Fusaro, Cesare Pinelli, Roberto Bin, Vincenzo Lippolis, Giulio M. Salerno, Andrea Morrone, Francesco Clementi, Tommaso Edoardo Frosini, Tania Groppi, Lorenza Violini, Marilisa D’Amico, Stefano Ceccanti, Peppino Calderisi, Beniamino Caravita, Salvatore Vassallo, Editori Laterza.
Si riporta l’introduzione del Ministro Maria Elena Boschi.
“Ci stiamo avvicinando ad un appuntamento molto importante per la storia delle nostre istituzioni e per il futuro del nostro Paese: il referendum confermativo della revisione costituzionale. Attraverso questo straordinario strumento di partecipazione, tutti noi, cittadine e cittadini italiani, siamo chiamati a scegliere se confermare o meno la riforma costituzionale approvata dal Parlamento lo scorso 12 aprile, dopo due anni di lavoro.
Il referendum è decisivo. Solo insieme potremo decidere, votando sì, di cambiare la nostra Costituzione. Certamente non la prima parte - quella in cui sono sanciti i principi fondamentali, i valori nei quali ci riconosciamo come popolo italiano – ma la seconda, che riguarda l’organizzazione dello Stato.
Qui il resto del post Per anni i cittadini hanno chiesto di ridurre i costi della politica, di diminuire le poltrone e di avere un apparato pubblico più efficiente, senza essere presi sul serio. Per la prima volta, il Parlamento ha ascoltato e ha votato una riforma che riduce il numero dei parlamentari e i costi della politica e che trasforma profondamente le istituzioni.
La decisione spetta però adesso a milioni di uomini e di donne. Affinché la riforma diventi realtà occorre che vinca il Sì al referendum. È allora fondamentale arrivare a questo appuntamento informati, consapevoli della scelta che siamo chiamati a compiere e che ci carica di una responsabilità cruciale. È una occasione unica per poter scegliere insieme il futuro dell’Italia.
Questo volume nasce dal desiderio di fornire gli strumenti indispensabili per poter valutare nel merito la riforma costituzionale che viene proposta al Paese, per poterne conoscere il contenuto, le soluzioni istituzionali, per verificare come dopo anni di rinvii vengano finalmente sciolti alcuni nodi e superate alcune inefficienze del processo decisionale. Alcuni dei più importanti costituzionalisti, politologi ed esperti di istituzioni, di diversa ispirazione, hanno dunque deciso di mettere in luce i tratti principali della riforma, il dibattito che negli anni ha condotto alla elaborazione di questa proposta, gli obiettivi che persegue, i punti di forza di questo nuovo disegno della nostra architettura costituzionale.
Le ragioni che hanno portato gli autori di questa raccolta a sostenere il Sì alle riforme si fondano ovviamente su argomentazioni di carattere tecnico e giuridico, senza voler entrare nel dibattito politico. Ma la Costituzione è di tutti. Non solo dei professori universitari o dei politici, né tanto meno di un partito o di un altro.
La Costituzione è l’insieme dei valori di un popolo, sanciti in un testo scritto, e al contempo lo strumento con cui si disegnano l’equilibrio fra i poteri e le modalità con cui prendere le decisioni, come ci insegna anche questo volume. I diritti che essa riconosce, il modo con cui devono essere garantiti alla popolazione di oggi e alle generazioni future sono di tutti, a prescindere dalla condizione sociale e dalle differenze di sesso, razza, religione e opinioni politiche.
Allo stesso modo, la capacità delle istituzioni di prendere decisioni in tempi utili per rispondere alle esigenze della società non è importante per chi governa, ma per i cittadini e per le imprese, per i lavoratori e per i datori di lavoro. Per tutti noi. Per questo è necessario spiegarla e parlare con un linguaggio preciso ma chiaro, che sia comprensibile a tutti. Perché le cose complicate quasi mai sono le migliori.
Questo volume ha, quindi, il merito di affrontare temi complessi con parole semplici. Non è un testo per addetti ai lavori, ma per chiunque abbia voglia di approfondire i contenuti della riforma. E ci fa capire che quella che verrà sottoposta a referendum in autunno è una riforma equilibrata e fondamentale per rendere il nostro Paese competitivo di fronte alle sfide del nostro millennio.
È una riforma che garantirà meglio i nostri diritti e aumenterà gli spazi di partecipazione dei cittadini; attraverso,ad esempio, l’abbassamento del quorum per i referendum abrogativi e l’introduzione di referendum propositivi e di indirizzo.
È una riforma che fa tesoro di una elaborazione più che trentennale e risponde a problematiche organizzative e di funzionamento che il nostro ordinamento presenta sin dalle sue origini. Una riforma che rende più semplice e più chiaro il procedimento legislativo, superando il bicameralismo paritario.
È una riforma che riduce il numero dei parlamentari, portando da 315 a 100 il numero dei senatori, che riduce i costi della politica mettendo, tra l’altro, un tetto agli stipendi dei consiglieri regionali.
È una riforma che razionalizza la divisione di poteri tra Stato e Regioni, che supera la confusione della competenza concorrente, che semplifica il rapporto tra i diversi livelli di governo nel territorio.
È una riforma che abolisce il Cnel e supera definitivamente le Province.
In poche parole, è una riforma che rende l’Italia più stabile,più semplice e più efficiente.
La conferma della riforma costituzionale con il referendum non è sicuramente la fine del processo di cambiamento profondo che è in atto nel nostro Paese, ma costituisce la tappa cruciale per poter avere istituzioni che funzionano meglio e strumenti più efficienti per affrontare le scelte e le sfide che ancora ci aspettano per rendere il nostro Paese più moderno.
Questo volume rappresenta, quindi, un contributo al dibattito pubblico delle prossime settimane e uno strumento importante per chiunque voglia approfondire le ragioni del Sì ad una riforma storica della nostra Costituzione”.

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giovedì 6 ottobre 2016

Perché SI. Le nostre ragioni

Dopo l’assemblea nazionale della sinistra a Milano a sostegno del SI in cui sono state spiegate le motivazioni storiche ed attuali per votare SI al referendum della riforma costituzionale, l’on.le Diego Zardini ha organizzato un incontro a Verona.
A Milano è stato espresso il rapporto di continuità e coerenza della riforma costituzionale con l’impegno profuso negli ultimi decenni dalla sinistra democratica: dai comunisti, cattolici democratici e socialisti fino all’attuale Partito Democratico.  E’ stato sottolineato dagli intervenuti le insufficienti ragioni per votare no e l’incoerenza di tali soggetti rispetto alla storia del paese. Basti pensare che nello schieramento del no si trovano insieme forze che per la loro identità sono contrapposte ed alternative ma uniti nel creare difficoltà al paese ed all’attuale Governo in un momento in cui bisogna essere uniti per contrastare la crisi economica mondiale con effetti sulla crescita del paese.
L’Incontro dal titolo “Perché SI. Le Nostre Ragioni” si svolgerà presso la sala della 2^ Circoscrizione, piazza Angelo Righetti – Quinzano di Verona   


 

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mercoledì 28 settembre 2016

La riforma per cambiare l’Italia

Articolo di Irene Tinagli pubblicato su La Stampa del 27 settembre 2016
Fissata la data del Referendum resta ora l’obiettivo più importante: informare i cittadini su tutte le implicazioni della Riforma, soprattutto in quelle materie economiche e sociali che li toccano più da vicino. Per aspetti economici non si intendono i risparmi derivanti dall’abolizione di Senato, ma qualcosa di più profondo e che vale molto di più. Quanto vale poter completare opere strategiche senza impantanarsi in ricorsi di anni? Quanto vale poter riorganizzare porti e aeroporti secondo criteri di competitività nazionale anziché di spartizione e propaganda politica locale? Quanto vale poter varare un piano nazionale di politiche sociali con criteri omogenei e che non cambiano da regione e regione?
Questi sono solo alcuni degli aspetti toccati da una parte di Riforma poco o per nulla spiegata ai cittadini: la parte che modifica il Titolo V, ovvero i rapporti tra Stato e Regioni. Viene banalizzata parlando di “riaccentramento”. Ma in realtà si tratta di ridare allo Stato gli strumenti per adottare delle politiche economiche e sociali coordinate, evitando duplicazioni, sprechi, e soprattutto evitando gli infiniti ricorsi costituzionali che dopo la Riforma del 2001 hanno intasato la Corte paralizzando l’azione dello Stato a danno dei cittadini. Un indicatore di queste disfunzioni è l’incidenza dei giudizi della Corte Costituzionale legati al conflitto Stato Regioni è aumentata di otto volte. Dal 2000 al 2015 è aumentata di otto volte. Se nel 2000 questa pesava per il 5% sulle pronunce della Corte, nel 2015 il peso superava il 40% (dopo aver raggiunto picchi del 47%). Questo contenzioso non solo ha bloccato opere importanti, gettando nell’incertezza cittadini, enti ed investitori, ma in molti casi ha impedito o indebolito l’adozione di politiche nazionali in materie come il turismo, il commercio estero, le infrastrutture strategiche, le politiche sociali e quelle del lavoro.
Pensiamo per esempio alle politiche sociali. La Riforma Costituzionale ne riattribuisce la potestà legislativa allo Stato dopo che la Riforma del 2001 l’aveva interamente attribuita alle Regioni. Pochi sanno che all’indomani di quella Riforma, le Regioni hanno impugnato quasi tutte le principali iniziative e strumenti nazionali in materia di politiche sociali. E che a seguito di quei ricorsi sono stati aboliti, perché dichiarati illegittimi, il Fondo per gli asili nido(sentenza 370/2003), il Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano asilo nido (sentenza 320/2004), il Fondo di garanzia per prestiti agli studenti meritevoli (sentenza 308/2004). Sono state inoltre dichiarate illegittime norme che direzionavano risorse alle politiche abitative per le giovani famiglie, o ancora la norma che istituiva un cofinanziamento per le Regioni che istituissero un “reddito di ultima istanza”. Tutti dichiarati incostituzionali perché, ai sensi della Riforma del 2001, lesivi dell’autonomia delle Regioni (sentenza 423/ 2004).
L’unico modo con cui lo Stato può affrontare determinate priorità sociali è tramite un accordo con la Conferenza Unificata Stato-Regioni. Ma gli accordi sono spesso lunghi nei tempi e disomogenei nell’implementazione. Prendiamo quello del 2007 sul Piano straordinario per i servizi per la prima infanzia (su cui il Governo aveva stanziato fondi mai visti su questa voce di spesa). Ci volle quasi un anno per la prima intesa, alcune regioni hanno impegnato anni per completare le procedure (bandi, accreditamenti, etc.) mentre altre non sono riuscite a fare programmazione e spendere le risorse stanziate. Di fronte alle emergenze sociali, alle disparità territoriali, e all’inadeguatezza del nostro attuale assetto a farvi fronte, l’ultima cosa di cui i cittadini hanno bisogno è una speculazione teorica sul federalismo. C’è invece bisogno di risposte incisive, che non richiedano anni di intese per essere attuate, e che possano realizzare eguaglianza di opportunità per tutti i cittadini. E questo è il senso della Riforma. Le regioni continueranno ad avere autonomia di programmazione e organizzazione, e quelle economicamente virtuose potranno anche chiedere una “deroga” all’esclusiva statale (in base al nuovo articolo 116),ma lo Stato sarà responsabile del coordinamento e delle priorità delle politiche sociali. Certo, anche lo Stato dovrà dimostrare di esserne all’altezza. E questa sarà la vera sfida.

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lunedì 26 settembre 2016

Irene Tinagli e Diego Zardini: SI al referendum costituzionale

Il comitato Bastaunsi Verona Futura ha promosso una conferenza sul tema “La riforma costituzionale per cambiare il paese” che si terrà il 30 settembre, alle ore 18,30, presso Mamma Mia Bistrot, 20/b di Verona.
I relatori dell’incontro sono:
- Irene Tinagli, deputata del PD, che espone L’economia del sì. L’impatto della Riforma sulle politiche economiche e sociali;
- Diego Zardini, deputato del PD, che illustra I tempi e l’efficacia della Riforma.
“La Riforma Costituzionale, afferma Irene Tinagli, è ancora poco conosciuta ai più. Al di là dell’abolizione del Senato, che avrà conseguenze rilevanti sulla governabilità e sulla semplificazione legislativa, ci sono altre parti della Riforma che hanno implicazioni molto importanti sulle politiche economiche, sociali e sulla vita quotidiana dei cittadini. Si creano infatti le condizioni per una riduzione drastica del contenzioso tra Stato e Regioni che per anni ha bloccato il Paese, per un miglior coordinamento tra centro e periferie, e una definizione più chiara delle responsabilità – condizione essenziale per eliminare sprechi, ridurre le diseguaglianze territoriali e migliorare l’efficienza dei servizi e delle infrastrutture. Dobbiamo però riuscire a spiegare questi cambiamenti ai cittadini, perché possano davvero capire la portata della Riforma e compiere una scelta informata”.
“La riforma della costituzione, dichiara Diego Zardini
, avrà un positivo impatto sul sistema istituzionale e politico. Nessuno ancora ha saputo analizzare gli effetti economici e sociali, i miglioramenti dei servizi dovuti alla riduzione dei tempi e alla semplificazione dei processi. Interessante il lavoro dei colleghi parlamentari coordinati dall'on. Tinagli che mi onoro di affiancare in un evento che finalmente entrerà davvero nel merito”.
Gli esperti parlamentari che hanno contribuito alla stesura del documento L’economia del sì, curata da Irene Tinagli, sono: Irene Tinagli, Politiche sociali; Carlo dell’Arringa, Le politiche attive del lavoro; Ivan Scalfarotto, Commercio Estero; Stefano Quintarelli e Irene Tinagli, Processi e Piattaforme informatiche; Flavia Piccoli Nardelli, Cultura e turismo; Chicco Testa, Cultura e turismo; Giampaolo Galli, Coordinamento della finanza pubblica; Paolo Gandolfi, Infrastrutture e grandi reti di trasporto.
“La legge di riforma costituzionale varata dal Parlamento, dichiara Lorenzo Dalai coordinatore del Comitato, e che il prossimo 4 dicembre sarà sottoposta al voto referendario, modificando la Parte Seconda della Costituzione, punta a rafforzare e semplificare il governo del Paese. Il progetto di modifica della Carta è nato dalla necessità di superare la lentezza, l’inefficienza e i costi del bicameralismo paritario indifferenziato, così come l’instabilità di Governo derivante dalla difficoltà ad avere maggioranze conformi nei due rami del Parlamento. Infatti spesso vengono licenziate norme confuse e contraddittorie, nate dalle modifiche intervenute in occasione della “navetta” tra Senato e Camera, con conseguente nefaste sull’Economia e sulla certezza del Diritto”.
“Occorre sostenere il SI al referendum Costituzionale, afferma Antonino Leone della direzione del PD di Verona, perché l’Italia è bloccata da molto tempo ed è urgente avviare un grande cambiamento a cominciare dal referendum confermativo sulla Costituzione. Il pianeta è in continua evoluzione e l’Italia ha bisogno di adattarsi al mondo globale per diventare più competitiva ed efficace altrimenti vi è il rischio concreto di rimanere fermi e di non essere più annoverati tra i paesi più sviluppati ed in crescita”.
Nel terzo millennio rimanere fermi o bloccati significa per l’Italia insufficiente crescita per soddisfare i bisogni più urgenti della comunità tra i quali la povertà e l’occupazione. Per tali motivazioni è necessario sostenere il SI al referendum costituzionale.
Volantino incontro

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sabato 20 agosto 2016

Diego Zardini, locale in una prospettiva nazionale

Articolo di Silvia Maria Dubois pubblicato sul Corriere di Verona il 20 agosto 2016
«Enunciare problemi senza agire a livello parlamentare equivale a perdere tempo. E anche qui accade che anche qualche deputato faccia delle proposte verbali fragorose, magari dopo votando no in Parlamento su proposte similari». A buon interditore poche parole. Sia chiaro: l’onorevole Pd Diego Zardini non fa nomi, ma in un primo bilancio del suo impegno romano per la risoluzione di alcuni problemi locali, lancia un messaggio ai colleghi che lavorano più sulle pagine dei giornali che in aula.
«La qualità e i contenuti delle proposte e la serietà dei rapporti parlamentari permettono di essere considerati classe politica nazionale» spiega Zardini, che aggiunge: «Rappresentare un territorio e porre il localismo in modo fuorviante non produce risultati perché si creano i rapporti di fiducia e stima che sono essenziali per essere ascoltati e creare la solidarietà necessaria per risolvere i problemi. Accade che qualche collega enunci delle proposte verbali in modo fragoroso, poi magari vota no a proposte similari in aula. Questi atteggiamenti sono improduttivi, generano populismo e false aspettative fra i cittadini. Al contrario, occorre dedicarsi ai problemi in modo serio e responsabile, senza steccati e strumentalizzazioni».
Fra le problematiche nazionali con echi locali, il deputato ha lavorato al riconoscimento dell’infortunio in itinere per chi si reca al lavoro in bici, al sostegno della ciclabile Verona-Bologna-Firenze, ma c’è stato anche l’emendamento approvato per ampliare la trasparenza sui siti della pubblica amministrazione. Fra i successi, l’impegno su un problema insoluto: l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, in particolare nella pubblica amministrazione. E, naturalmente, le battaglie sulle emergenze locali: «Uno dei temi cruciali affrontati con la commissione Ambiente e la bicamerale sui rifiuti è stata l’annosa vicenda della discarica di Pescantina - spiega Zardini -, col sostegno all’amministrazione comunale per la soluzione meno impattante possibile: oggi si vede sulle barricate a protestare anche chi ha creato il problema. Altro tema, legato alla competenza della mia commissione, Infrastrutture e lavori pubblici, è quello della variante alla SS 12: io ho dato il mio contributo per sbloccare la progettazione preliminare invischiata nella burocrazia, in modo che i cittadini possano finalmente vedere realizzata questa opera strategica».
Infine, quella che per Zardini è diventata quasi una battaglia «di cuore»: la vicenda dei lavoratori della Serenissima, «ingiustamente licenziati ove neppure le sentenze dei tribunali stanno trovando attuazione. «A settembre si discuterà con il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano l’interrogazione che li riguarda». Sperando in una soluzione.

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venerdì 5 agosto 2016

La conoscenza alla Festa dell’Unità di Quinzano di Verona

Intervento sul tema “La società della conoscenza: scuola, impresa, formazione e crescita
L’impresa pre-industriale presentava le seguenti caratteristiche che non erano adeguate al governo del nuovo modello di impresa:
- Il responsabile si limitava a contrattare la produzione e non conosceva il processo produttivo;
- L’Alta direzione, come insieme di discipline finalizzate alla gestione dell’impresa industriale, non esisteva;
- Le funzioni della produzione ed i poteri nei confronti dei lavoratori (assunzioni, licenziamenti, addestramento, controlli disciplinari) venivano delegate ai capisquadra ed ai contrattisti che assumevano la manodopera necessaria;
- La manodopera assunta dai contrattisti non era qualificata e proveniva dalle attività preindustriali;
- Le attività che il proprietario svolgeva in passato nell’ambiente rurale e pre-industriale non erano funzionali alla produzione di carattere industriale;
- La strategia perseguita dal proprietario era quella della riduzione dei costi al fine di battere la concorrenza e non della qualità dei prodotti.
Fino a questo momento la conoscenza era considerata un bene privato e non pubblico e riguardava la persona: istruzione, modo di porsi e di esprimersi. Per Platone e Aristotele si tratta di non scienze ma di tecniche cioè saperi orientati ad un fine.
Il filosofo Francesco Bacone critica le teorie filosofiche astratte che non hanno un approccio concreto ed operativo e ribadisce che il sapere dovesse portare i suoi frutti nella pratica e che la scienza dovesse essere applicata all’industria.
Società industriale
Dal 1870 si andava delineando la grande impresa industriale caratterizzata dall’applicazione dell’energia e delle tecnologie ad alta intensità di capitale nei settori produttivi e dall’utilizzo dell’economia di scala. La classe dirigente, formatasi negli anni precedenti all’avvento della teoria tayloristica, non possedeva il patrimonio di conoscenze e di esperienze necessario ad affrontare la nuova organizzazione del processo produttivo e del lavoro.
Nel momento in cui le imprese iniziano ad assumere le caratteristiche tipiche dell’era industriale (investimenti in nuove tecnologie ad alta intensità di capitale, che consentono lo sfruttamento di economia di scala) e la produzione comincia a rappresentare il paradigma della produzione di massa cresce la necessità e l’urgenza di poter contare su un corpo di conoscenze manageriali per la gestione delle imprese industriali.
Lo storico Giuseppe Bonazzi afferma che “il motivo storico che spiega il sorgere di un movimento per la rivoluzione manageriale sta nella percezione di una non più tollerabile contraddizione tra le potenzialità produttive di una industria alle soglie della produzione di massa e i metodi ancora arcaici della sua conduzione.”
La nascita della consulenza di direzione coincide con quella della direzione d’impresa, quest’ultima intesa come area distinta di attività umana e come specifico campo di apprendimento, con la moderna fabbrica e con la rivoluzione industriale.
Il manager avverte la necessità di basare le proprie decisioni su un insieme di conoscenze formalizzate e specifiche, nonché immediatamente operative, non potendosi più affidare in via esclusiva all’intuito e all’esperienza nel governo dell’azienda, diventando così quest’ultima contesto per l’applicazione di metodologie e conoscenze caratteristiche.
Taylor è stato l’ideatore dello Scientific Management, elaborò nuovi modelli organizzativi ed una nuovo interpretazione dell’azienda.
Taylor durante la sua attività lavorativa, iniziata nell’autunno del 1878, presso importanti aziende industriali (Midvale,South Bethlehem, Manufacturing Investiment Company, Johnson Company), intervenne nel processo produttivo con alcune sue invenzioni come il taglio dei metalli, l’acciaio per utensili ad alta velocità; sperimentò l’organizzazione del lavoro operaio introducendo il salario differenziale e lo studio cronometrico dei tempi; organizzò la direzione dell’azienda ed i quadri intermedi con precise e chiare responsabilità nella produzione ed infine introdusse un sistema di controllo della produzione. Sulla base di analisi sistematiche, di sperimentazioni e di studi costruì la teoria dell’organizzazione scientifica del lavoro.
Secondo Bonazzi il Taylorismo mira con determinazione a tre obiettivi interconnessi:
- “Accentrare e razionalizzare le linee di autorità all’interno dell’impresa;
- Aumentare la produzione ed il rendimento di impianti e di uomini non solo attraverso la riorganizzazione, ma anche attraverso la trasparenza totale di costi, procedure, tempi e metodi di lavoro;
- Usare la scienza non solo come criterio di azione ma anche come base legittimante delle nuove proposte.”
La divisione del lavoro descritta per la prima volta da Adam Smith nel 1776 per un ambiente manifatturiero, utilizzando l’esempio della produzione degli spilli, divenne dopo quasi un secolo il principio fondamentale della teoria dell’Organizzazione scientifica del lavoro in un contesto di produzione industriale.
Per Taylor il lavoro poteva essere studiato, analizzato e diviso in una serie di elementari operazioni, ciascuna delle quali doveva essere eseguita da ogni lavoratore nel solo modo e tempo giusto e con i suoi strumenti giusti (one best way).
Per Drucker Taylor per primo applicò la conoscenza allo studio del lavoro, all’analisi ed alla tecnica del lavoro.
Società post-industriale
Molti sono gli studiosi di management e di organizzazione che scrivono di questo periodo storico, definendolo in modo diverso (società programmata, società post-industriale, l’era del discontinuo, capitale intellettuale, società dei servizi) e facendo tutti riferimento alla conoscenza ed al sapere.
Si rileva che:
- I colletti blu dell’industria manifatturiera incominciarono a diminuire nel numero, nel potere e nella condizione sociale rispetto ai colletti bianchi;
- La produttività in tutti i paesi sviluppati che applicarono la conoscenza al lavoro è aumentata in modo considerevole;
- Dalla produzione di beni, tipica della società industriale, si passa alla produzione dei servizi, tipica della società post-industriale.
La conoscenza prima della rivoluzione industriale era considerata come qualcosa di applicato all’essere. Con l’avvento della società industriale divenne come qualcosa di applicato al fare.
“Oggi la conoscenza è l’unica risorsa importante. I tradizionali fattori di produzione - terra, cioè le risorse naturali, manodopera e capitale - non sono scomparsi. Ma sono diventati secondari. Possono essere ottenuti, e facilmente, purché ci sia la conoscenza, che, nel suo nuovo significato, è conoscenza come utilità, conoscenza come mezzo per ottenere risultati sociali ed economici” afferma Peter Drucker, uno dei più importanti studiosi che per primo ha scritto della conoscenza e dei lavoratori della conoscenza.
In una società come quella odierna, in cui la conoscenza è diventata la risorsa differenziale per il raggiungimento ed il mantenimento del successo, il futuro appartiene a persone che sanno essere manager della conoscenza e che sanno allocare in modo produttivo questa risorsa: il “knowledge worker”, secondo Drucker, rappresenta l’unico e più grande asset.
L’economista Thurow afferma che “la conoscenza, che un tempo era al terzo posto, dopo le materie prime e il capitale, nella determinazione del successo economico, ora è al primo” ed evidenzia l’esempio di Microsoft che non possiede alcun valore se si esclude la conoscenza.
Tra i grandi fenomeni, che hanno contribuito a riconoscere il ruolo centrale della conoscenza, occorre necessariamente portare alla mente: la globalizzazione, che, abbattendo ogni confine, ha coadiuvato la realizzazione di un mercato di dimensione mondiale e qualitativamente superiore, grazie ad una maggiore facilità di circolazione delle informazioni; la diffusione dell’Information Tecnology; la dissoluzione di forme organizzative aziendali di tipo rigidamente gerarchico, volgendo in favore di organizzazioni più snelle e piatte che semplifichino il processo di valorizzazione delle competenze professionali dei lavoratori impiegati, al fine di migliorare la posizione competitiva.
Per Drucker la conoscenza per essere produttiva deve essere altamente specializzata e contenere due nuovi requisiti:
- “I lavoratori del sapere lavorano in team;
- I lavoratori del sapere devono partecipare di un’organizzazione: se non ne sono dipendenti devono almeno esserne dei collaboratori fissi”.
Parlando di team non si può far riferimento ad una tipologia universale, anzi uno dei requisiti richiesti al lavoratore della conoscenza è proprio quello di possedere la capacità di individuare il tipo giusto di team in funzione del lavoro da svolgere e poi di organizzarlo e integrarvisi.
Ugualmente importante è la seconda implicazione del fatto che i lavoratori del sapere sono, di necessità, degli specialisti; ossia l’esigenza di operare nell’ambito di un’organizzazione. Infatti soltanto un’organizzazione può garantire quella continuità di base di cui hanno bisogno i lavoratori del sapere per esprimere la propria efficacia e solo essa possiede i mezzi per convertire la conoscenza specialistica in performance: nella società basata sulla conoscenza la performance efficace non viene dal singolo individuo ma dall’organizzazione.
L’effetto più evidente che è scaturito dall’avvento dell’economia della conoscenza è stato la convergenza verso un unico pacchetto di prodotti e servizi, ovvero la tendenza verso prodotti e servizi knowledge-intensive: il prodotto oltre al suo aspetto tecnico-operativo si compone di un contenuto conoscitivo, ottenuto attraverso la ricerca e la progettazione originaria, nonché la personalizzazione. Secondo Quinn il valore economico è aggiunto ai prodotti dai beni intangibili.
Definizione della conoscenza
Davenport T. H. e Prusak L. affermano che “la conoscenza è quel fluido misto di esperienze, valori, informazioni di contesto e pareri esperti che forniscono uno schema di riferimento per valutare ed acquisire nuove informazioni. Essa ha origine e si sviluppa nella mente delle persone. Nelle organizzazioni, essa viene spesso incorporata non solo in documenti o repositories ma anche nelle routines organizzative, nei processi, nelle pratiche e nelle norme”.
Diversi sono gli autori che, al fine di elaborare la propria teoria e definire la conoscenza, effettuano una distinzione progressiva tra dati, informazione e conoscenza o tra conoscenza tacita ed esplicita. Anche Stan Davis riprende la distinzione tra dati, informazione e conoscenza però completandola con l’introduzione delle attività di istruzione e di apprendimento, presenti in ogni gradino della scala che conduce al discernimento, come funzioni necessarie per il passaggio da un livello all’altro.
Le quattro fasi vengono così spiegate dall’autore: - “i dati sono modi di esprimere fatti e oggetti; - l’informazione è la disposizione dei dati in configurazioni significative; - la conoscenza è l’applicazione e l’uso produttivo dell’informazione; - il discernimento è l’uso ponderato della conoscenza”.
La conoscenza può essere classificata in tacita ed esplicita.
La conoscenza esplicita: è quella forma di conoscenza che può in qualche modo essere rappresentata, o meglio, che può essere trasferita da un individuo ad altri tramite un supporto fisico, quale può essere un libro o un filmato, o direttamente, attraverso una conversazione o una lezione. Un documentario, un manuale, un corso sono tutti contenitori di conoscenza esplicita.
La conoscenza tacita: è quella forma di conoscenza che ci è più propria, ovvero ciò che sappiamo, anche se a volte non siamo capaci di esplicitarlo. Non tutta la conoscenza tacita è in effetti esplicitabile, e quando lo è, non è detto che lo possa essere completamente. Il «saper fare» qualcosa è conoscenza tacita, così come lo è quella particolare forma di conoscenza al quale diamo il nome di intuizione, e che altro non è che la capacità di utilizzare in modo incoscio la propria esperienza per risolvere in modo apparentemente inspiegabile problemi anche molto complessi.
La maggior parte della conoscenza di un individuo o di un gruppo di individui è tacita e non può essere esplicitata in toto o in parte. In un sistema di conoscenza, quindi, gli esseri umani non sono semplici utenti, ma parte integrante del sistema.
Pasquale Gagliardi afferma che “… formare un professionista è diverso dallo sfornare un laureato …. Il laureato sa, il professionista sa fare. La competenza professionale implica sempre una combinazione di conoscenza ed azione”.
Dalle affermazioni di Davis e di Gagliardi si evince chiaramente il valore strategico per l’impresa della formazione permanente finalizzata alla costante crescita professionale delle risorse umane in vista del conseguimento di un successo duraturo e rapportata alla complessità ed alla velocità dei cambiamenti nel sistema socio economico. Per i motivi esposti assume rilevanza per facilitare la trasformazione in lavoratore del sapere: il rapporto scuola e lavoro, la formazione post-universitaria e l’addestramento in azienda. Anche i professionisti hanno bisogno di continuare ad imparare.
Conoscenza e impresa
In questi ultimi anni il tema della conoscenza ha assunto un ruolo strategico per il singolo individuo, per le imprese pubbliche e private, per le istituzioni e per la società nel suo complesso, tanto che si parla di Knowledge Society (Società della Conoscenza). Lo scenario attuale in cui viviamo è caratterizzato da continui cambiamenti dovuti alla globalizzazione dei mercati, all’intensificazione delle nuove tecnologie, ad un maggior accesso alle informazioni, che fa si, che ogni individuo aggiorni continuamente il proprio sapere per non restare inerme ed essere travolto dalle continue trasformazioni in atto.
La conoscenza, nel corso del tempo, ha assunto un ruolo centrale nelle organizzazioni ed oggi è universalmente riconosciuta come una delle principali risorse – spesso la più importante – tra quelle che possono determinare il successo competitivo delle aziende. Infatti, si è verificato un ribaltamento che ha modificato il tradizionale modo di intendere i fattori critici di successo: elementi come la prossimità alle materie prime o la disponibilità di capitali, che in passato hanno fatto la fortuna di molte aziende, hanno perso gradualmente importanza. Al loro posto emerge, come nuovo fattore critico di successo, la “conoscenza” utile a determinare un “vantaggio competitivo” duraturo nel tempo.
Il crescente interesse che l’argomento “conoscenza” ha assunto per le imprese, può essere ricondotto a diversi fattori principali: la velocità del cambiamento tecnologico, la globalizzazione dell’economia, l’incremento della competizione fra le organizzazioni e la maggiore sofisticazione della clientela, la quale, richiede prodotti e servizi sempre più efficienti.
Nella società basata sulla conoscenza e sui lavoratori del sapere le organizzazioni per rimanere nel mercato sono impegnate nel cambiamento veloce e precisamente:
- Performance efficace proveniente dal miglior utilizzo delle risorse e tra queste la prima è la conoscenza (creazione, sviluppo, gestione, diffusione, applicazione);
- L’applicazione della conoscenza è l’elemento determinante per realizzare un vantaggio competitivo e non più il basso costo del lavoro industriale che appartiene al passato. Dall’applicazione della conoscenza deriva l’innovazione e il livelli della qualità dei prodotti o servizi;
- Lavoratori del sapere che insieme nell’organizzazione esprimono tutte le competenze dell’impresa ed individuali;
- La produttività nelle società avanzate dipende in larghissima parte dallo sviluppo e dalla applicazione della conoscenza. In questo caso, più produttività uguale più occupazione perché nell'area dove questo sviluppo si realizza si produce di più e meglio, si crea un vantaggio competitivo per nuove merci (beni o servizi che siano), si espandono i settori i cui prodotti il mondo richiede.
L’Italia e le organizzazioni per crescere e assumere una posizione competitiva nel mercato globale hanno bisogno sempre di più di creare ed applicare le conoscenze, di aumentare la produttività e di utilizzare al meglio le risorse umane e non.

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mercoledì 15 giugno 2016

Assunzione disabili: tante interrogazioni e una risposta non esaustiva

Finalmente dopo tanto tempo dalla presentazione delle interrogazioni da parte di Diego Zardini ed altri deputati il Governo, tramite il sottosegretario alla pubblica amministrazione Angelo Rughetti, risponde sulle assunzioni dei disabili per le quote d’obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni.
Le interrogazioni in questione sono due: n. 5/01607 del 28/11/2013 e n. 4/12383 del 13/6/2016.
Il sottosegretario nel rispondere alle interrogazioni ha affermato che il Dipartimento della funzione pubblica ha già avviato la raccolta di dati informativi per adempiere al monitoraggio previsto dal decreto legge 101/2003 e per rendere effettivo l'obbligo, da parte delle PA, di assunzione dei lavoratori disabili.
“Nel testo della legge n.  124 del 2015, prosegue Rughetti, – una delega sulla riforma del pubblica amministrazione – sono state introdotte disposizioni normative relative ai disabili che assolvono alle finalità richiamate nelle interrogazioni. In particolare, l'articolo 17, comma 1, dispone la previsione della nomina di una Consulta nazionale, composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, dei sindacati maggiormente rappresentativi e delle associazioni di categoria, con una serie di compiti, tra cui quello di controllare l'adempimento dell'obbligo della comunicazione relativa ai posti riservati ai lavoratori disabili non coperti ed al programma sui tempi e sulle modalità di copertura della quota della riserva prevista dalla normativa vigente, oltre a quello – molto importante – di prevedere adeguate sanzioni per i mancati adempimenti”.
“Con i decreti legislativi di attuazione della legge n. 124/2015, afferma Rughetti, si provvederà, quindi, a completare il quadro normativo per rendere la pubblicazione delle quote d'obbligo a favore delle categorie protette uno strumento ancora più efficace ed effettivo”.
Occorre considerare che nel D. Lgs. “Semplificazione in materia di lavoro e pari opportunità” è stato introdotto l’obbligo di istituire la figura del responsabile che si occupi di controllare l’applicazione delle disposizioni in materia di inserimento dei disabili nel mondo del lavoro.
Il sottosegretario Angelo Rughetti non ha comunicato le informazioni del monitoraggio previsto dal decreto n. 101/2003 e sullo stato di assunzioni dei disabili da parte dell’Inps. Questo significa che il monitoraggio è fallito e che le PA non hanno riferito al dipartimento della funzione pubblica i dati e le informazioni previste dal decreto n. 101/2003. Sulla problematica delle assunzioni dei disabili le diverse PA non hanno fatto sistema ed hanno preferito l’opacità alla trasparenza.
Le misure adottate (responsabile del controllo delle assunzioni e consulta nazionale) sono insufficienti e dilazionate se non vengono accompagnate dalla trasparenza. Infatti, l’on.le Diego Zardini nei suoi diversi interventi ha chiesto la trasparenza del monitoraggio degli adempimenti relativi al processo di assunzione dei disabili nelle PA e la pubblicazione sul sito istituzionale di ogni PA delle quote d’obbligo scoperte a favore dei soggetti disabili.
Si è persa l’occasione di inserire nel D. Lgs. 25 maggio 2016, n. 97 l’obbligo per il Dipartimento della Funzione Pubblica e per le PA di pubblicare nei propri siti istituzionali rispettivamente i risultati del monitoraggio sugli adempimenti previsti dal comma 6, articolo 7, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 e le quote di riserva scoperte a favore dei soggetti disabili. Tali obblighi sarebbero stati inseriti tra le materie soggette alla trasparenza e, quindi, all’applicazione di sanzioni per le PA inadempienti, previsti dal D. Lgs. n. 97/2016.
Si ritiene che la trasparenza della materia relativa ai posti vacanti a favore dei disabili pone:
- I cittadini nelle condizioni di conoscere lo stato di reclutamento delle categorie protette;
- Le PA inadempienti di accelerare il processo di assunzione dei disabili nel rispetto del decreto n. 101/2013;
- Gli organi preposti al controllo di intervenire al fine di applicare le sanzioni alle PA inadempienti e velocizzare gli adempimenti relativi al processo di reclutamento dei disabili nel rispetto delle disposizioni di legge.
Purtroppo si è scelta una strada diversa e lunga con la previsione in un apposito decreto legislativo dell’istituzione della Consulta Nazionale.
La lentezza della macchina pubblica ha prodotto dei danni nei confronti dei disabili e delle loro giuste aspettative. Adesso occorre rimediare e velocizzare il processo di reclutamento dei disabili, tutelati dalla legge 12 marzo 1999, n. 68.
Dichiara Diego Zardini che “l’organismo addetto al controllo delle assunzioni ad oggi, non ha dato alcun risultato: si chiede quindi al Governo di redigere un elenco delle pubbliche amministrazioni che hanno la possibilità di assumere personale disabile. È auspicabile che il buon esempio venga dato in primis dalle Istituzioni, a partire dagli enti locali fino alla Camera dei Deputati”.

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