venerdì 30 settembre 2011

Trasparenza a Milano. E a Verona?

E’ passato circa un anno da quando un gruppo di democratici ha lanciato la proposta di EntiTrasparenti al fine di superare l’occupazione del potere e innovare il processo di nomina nei consigli di amministrazione delle società controllate dagli enti locali. Le adesioni al documento sono state centinaia, provenienti da diverse province, anche se il gruppo dei fondatori ha cercato di incidere specificatamente sul Partito Democratico di Verona.
Si è ritenuto che: i fattori della trasparenza e delle competenze fossero rilevanti in materia di nomine; la politica dei partiti non dovesse occupare la gestione degli enti; gli spazi della società civile non dovessero essere insediati dai fattori dell’appartenenza politica e della fedeltà.
A distanza di un anno apprendiamo che i radicali a Milano hanno condotto la stessa battaglia al fine di rendere trasparenti i curriculum vitae di coloro che si candidano ad assumere importanti responsabilità nell’ambito di aziende ed enti a proprietà pubblica.
Il Garante della privacy ha dato il via libera alla pubblicazione dei c.v. dei candidati nelle società controllate dal comune di Milano.
Il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, insieme al Consiglio Comunale, ha sostenuto la proposta dei radicali ed ha chiesto l’intervento del Garante della privacy.
Questo avvenimento rappresenta una conquista per coloro che credono nella trasparenza e significa anche che nel Comune di Milano possono essere presentate le candidature nei consigli di amministrazione delle società comunali.
Al contrario di Milano, il comune di Verona e la Provincia non prevedono la presentazione di candidature indipendenti della società civile. Infatti a Verona nel comune le candidature debbono essere sottoscritte dai consiglieri comunali e nella Provincia non è prevista la presentazione delle candidature, le quali sono votate in Consiglio Provinciale dai gruppi consiliari in rapporto alla loro consistenza.
L’espediente del Comune di Verona di far sottoscrivere le candidature dai consiglieri comunali serve soltanto a caratterizzare la provenienza politica delle candidature ed a mettere nelle condizioni il Sindaco ad effettuare le nomine secondo l’appartenenza (maggioranza e minoranza).
Nella Provincia e nel Comune prevale la lottizzazione del potere e non la conoscenza, le competenze e l’indipendenza.
In una intervista Walter Veltroni rimette in discussione l’occupazione del potere da parte dei partiti e dichiara: “Partiti che raccolgano la spinta della società civile a impegnarsi su singoli temi o grandi questioni ideali, che si ritraggano dalle aree della società impropriamente occupate”.
Alla domanda dell’intervistatore “Da quali campi i partiti dovrebbero ritirarsi?” Weltroni risponde: “Dai consigli di amministrazione di qualsiasi forma o fatta. Si trovino meccanismi perché non ci sia più lottizzazione, dalle aziende comunali all’Eni, dalle Asl all’Enel, dalle aziende di trasporti alla Rai. Guardi la barbarie che stanno compiendo ai danni di una istituzione come la Banca d’Italia. Il PD approvi un severo e moderno decalogo per separare ovunque la politica dalla gestione e lo sottoponga a “primarie politiche”, a un referendum tra iscritti e elettori”.
Gli avvenimenti citati dimostrano che il Partito Democratico di Verona era ed è nelle condizioni di sperimentare un modello nuovo che: privilegi la società civile e non il potere; valorizzi le conoscenze e le competenze in materia di nomine; applichi la trasparenza al fine di recuperare un rapporto di fiducia con la società civile perché senza la conoscenza dei fatti e delle decisioni i cittadini si mantengono distaccati dalle istituzioni e dai partiti.
Per rappresentare una valida alternativa a Tosi alle prossime elezioni amministrative ritengo che sia necessario un cambiamento su questi temi che rivestono una importanza strategica per l’opinione pubblica veronese.
Di conseguenza trasparenza e competenze nel partito e negli enti locali. In quest’ultimi occorre che i gruppi consiliari del PD presentino una proposta organica delle regole che disciplinano le nomine e che sia coerente con quanto scritto (presentazione delle candidature indipendenti e valutazione delle conoscenze e competenze).
EntiTrasparEnti su Facebook

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giovedì 29 settembre 2011

Organismo indipendente di valutazione delle PA

La Riforma Brunetta ha istituito l’organismo indipendente di valutazione, composto da esperti nominati secondo le direttive della CiVIT che richiedono competenze e professionalità elevate, che valuta annualmente la performance organizzativa ed individuale degli enti, propone la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e svolge le altre attribuzioni assegnate dalla legge. Tra gli enti che hanno scelto l’obsoleto Nucleo di valutazione e non l’Organismo indipendente di valutazione vi sono il comune di Verona e di Bussolengo e la provincia di Verona.
Sono passati due anni e a livello locale le cose non sono andate poi così bene: molti tra comuni e regioni non hanno ancora nominato i membri di questo organo.
La giornalista Rosita Rosa, per conto della trasmissione Agorà, ha intervistato Antonino Leone, responsabile PA del PD di Verona, Stefano Ceschi, consigliere comunale di Bussolengo, e Pietro Michele, docente di Performance in Inghilterra.
Per guardare il video clicca sul seguente link:
Video Rai.TV - Agorà 2011 - 2012 - Commissioni di Controllo

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martedì 27 settembre 2011

Roberto Fasoli, elezioni per il sindaco di Verona

Dopo l’intervista ai consiglieri regionali Gustavo Franchetto dell’Idv e Franco Bonfante del PD ho intervistato Roberto Fasoli, consigliere regionale del PD, sulle prossime elezioni amministrative di Verona.
I contributi dei consiglieri regionali scaligeri Franchetto, Bonfante e Fasoli sono molto interessanti e  complementari in rapporto al prossimo appuntamento elettorale di Verona.

Un programma dei partiti del centro-sinistra sottoposto al giudizio degli elettori è una condizione sufficiente per vincere la competizione elettorale amministrativa del prossimo anno a Verona?
E’ una condizione necessaria ma non sufficiente. Serve un’idea di città da contrapporre al centro-destra. Serve un candidatura autorevole che sappia raccogliere consenso e fiducia e serve, infine, una forte azione dal basso condotta in modo unitario senza privilegiare i particolarismi. Le priorità devono essere poche, chiare e concrete. I cittadini non sopportano più i discorsi confusi e devono potersi fidare dei loro rappresentanti i quali, a loro volta, devono dimostrare con i loro comportamenti di considerare la politica come un servizio al bene comune. Servono competenza e serietà.
Il centro-destra ha fatto una serie di annunci e di promesse ma ha concretizzato ben poco ed il suo sindaco-immagine, Tosi, è molto più presente sui media nazionali che in Consiglio comunale. Ormai ha assunto il ruolo di politico nazionale tradendo il mandato che i cittadini gli avevano affidato in cambio di una promessa di presenza e interesse costante per Verona. Verona è diventata invece per Tosi un trampolino di lancio per giocare un ruolo a livello nazionale e di ciò ormai non si fa più mistero ed ogni giorno che passa diventa sempre più evidente.

Si vocifera della sua candidatura a Sindaco alle elezioni amministrative del comune di Verona. La notizia è vera? Le candidature devono essere costruite con prudenza e serietà ed essere frutto di una vera convergenza. Devono soprattutto avere un ampio consenso dei cittadini sia in fase di elezioni primarie, indispensabili, sia, soprattutto, nel momento delle elezioni. In nessuna sede formale si è mai avanzata la mia candidatura. Che alcuni lo pensino non può che fare piacere a livello personale, ma io oggi ho scelto di fare il consigliere regionale e sono stato votato da oltre 9000 persone alle quali devo rispetto e gratitudine per la fiducia concessami. Rimango molto legato alla mia città ma il mio impegno è di fare una cosa alla volta e di cercare di farla al meglio. Chi si candiderà a sindaco di Verona, ruolo molto diverso da quello di consigliere, deve impegnarsi a rimanere al suo posto in Consiglio anche in caso di sconfitta e deve essere un punto di riferimento per l’azione della minoranza in città. Non possiamo candidare persone che finita la campagna elettorale tornino alle loro attività lasciando il gruppo consigliere senza un punto di riferimento forte.

In un momento in cui la credibilità dei partiti è bassa quali possono essere gli effetti di un candidato sindaco del centro-sinistra che rappresenti la nomenclatura dei partiti? Io penso che sia possibile trovare a Verona una persona, uomo o donna, che sia in grado di raccogliere un vasto consenso senza dover ricorrere a candidature troppo connotate in termini di appartenenza partitica. Non ho alcun pregiudizio ma bisogna evitare di proporre persone che partano svantaggiate nella corsa alla elezione per vicende legate alle stagioni politiche precedenti. Se non ci dovesse essere una grande personalità capace di raccogliere un consenso vasto e indiscusso è consigliabile attingere alle risorse della società civile in grado di rappresentare un elemento di novità. E’ bene però essere chiari fin da subito. Nessun viaggio premio e nessuna compensazione per chi accetta di mettersi in gioco. Un sostegno forte, leale e convinto a fronte di un impegno a restare in
Consiglio per consolidare il lavoro fatto.

Il centro-sinistra veronese ha bisogno di intercettare l'elettorato moderato per vincere le elezioni amministrative di Verona? In che modo può riuscire in questa impresa ardua? La situazione politica è in grande fermento e nessuno può sapere cosa potrà succedere nei prossimi mesi. L’alleanza tra Lega e PDL è sempre più precaria e il sindaco Tosi, tra i primi, ha fiutato l’aria mettendo in discussione apertamente la leadership di Berlusconi arrivando a criticare in modo netto la recente manovra economica, chiedendo al premier un passo indietro per il bene del Paese. Da qui alle elezioni amministrative può succedere di tutto, compresa la caduta, auspicabile e necessaria, del Governo Berlusconi con la possibilità di elezioni politiche anticipate. Ciò cambierebbe lo scenario obbligando anche il centro ad una scelta di campo. I partiti di centro sono chiamati a scegliere tra due proposte politiche. Noi pensiamo che oggi sia percorribile un’alleanza se nessuno alza barriere ideologiche preconcette e se si assumono con chiarezza alcune priorità accettando le mediazioni necessarie. A livello nazionale un’alleanza tra il centro-sinistra e il centro porterebbe ad una vittoria sicura e a Verona, in caso di precipitazione della crisi con scenari che si potrebbero modificare radicalmente, potrebbe mettere un po’ di pepe in una competizione che tutti i commentatori pensano che Tosi sia destinato a vincere a mani basse. Le recenti elezioni amministrative hanno dimostrato che le sorprese sono all’ordine del giorno e si sa che le prossime amministrative si svolgeranno in primavera, in periodo pasquale, in tempo di sorprese appunto.

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lunedì 26 settembre 2011

Pietro Ichino replica a Cesare Damiano

Il dibattito in corso su Europa in materia di politica del lavoro per un verso mostra quanto sia difficile, nella discussione interna al Partito democratico sulle politiche del lavoro, mettere a fuoco l’oggetto stesso dei dissensi; quindi quanto sia vischiosa questa discussione, quanto immobili le posizioni. Per altro verso, alcuni passaggi della discussione pongono in evidenza delle vere e proprie contraddizioni nella posizione dei dirigenti che “dettano la linea”. Questa volta, però, a ben vedere si osserva un piccolo passo avanti, anche se compiuto – per così dire – un po’ troppo in sordina.
1. Difficoltà di mettere a fuoco i dissensi. - A un articolo di Nicola Rossi e mio del 15 settembre Sergio D’Antoni aveva risposto martedì scorso criticando il progetto Flexsecurity per due aspetti che non corrispondono al suo contenuto: non è vero che questo progetto “toglie protezioni a chi oggi è garantito”, perché esso si applica soltanto ai rapporti di lavoro che si costituiscono da qui in avanti; e non è vero che questo progetto “appiattisce tutto il mondo del lavoro imponendo un unico contratto di lavoro per tutti”, perché esso lascia in vita tutti i tipi legali di lavoro oggi previsti, limitandosi a prevedere una disciplina universale del licenziamento, applicabile a tutti i rapporti caratterizzati dalla dipendenza economica del lavoratore dall’azienda. Mercoledì dunque ho replicato a Sergio D’Antoni, sempre su Europa, cercando di superare questi due equivoci. Ma le stesse cose le avevo scritte, in tutte le salse, almeno altre cento volte. Come può un dibattito progredire, se gli interlocutori non si ascoltano a vicenda?
A quest’ultimo mio articolo giovedì, sempre su Europa, replica Cesare Damiano con un editoriale intitolato Perché Ichino non convince. Ci si potrebbe attendere che, superati i due falsi problemi evidenziati nel mio articolo immediatamente precedente, il capogruppo Pd della Commissione Lavoro della Camera affronti finalmente i veri punti del dissenso sul progetto Flexsecurity. Invece i primi due terzi del suo articolo parlano di tutt’altro: polemizzano con il Governo e il centrodestra per la mancanza di una politica industriale e per i contenuti recessivi delle ultime manovre finanziarie. Quando, finalmente, ben oltre la metà dell’articolo, Damiano arriva a parlare del progetto Flexsecurity, la sola cosa che egli dice al riguardo è che “questa proposta non è condivisibile”. Nel seguito dell’articolo non si trova una sola parola che riguardi i contenuti del progetto circa la nuova disciplina del licenziamento o il meccanismo delineato per garantire sicurezza economica e professionale al lavoratore nel passaggio dal vecchio posto al nuovo. Così, il lettore resta con l’interrogativo: che cosa di quella proposta non è condivisibile, e perché? E ritorna la domanda: a che cosa serve un dibattito nel quale un interlocutore si limita a dire che gli argomenti dell’altro non lo convincono, senza mettere a fuoco i punti di dissenso e contro-argomentare?
2. Vischiosità della discussione. - L’articolo di Cesare Damiano riprende quindi subito a parlar d’altro, affermando che “ciò che servirebbe è la semplificazione delle numerose tipologie contrattuali a disposizione delle imprese: un vero e proprio supermercato dei lavori”. In particolare, ad avviso di Damiano, un punto essenziale della riforma auspicabile dovrebbe consistere nella soppressione del “contratto a chiamata” e dello staff leasing. Ora, quello del “lavoro a chiamata” è il contratto con il quale, da tempo immemorabile, vengono assunti i camerieri per i banchetti, o le hostess per i congressi; le persone coinvolte con qualche frequenza in questo tipo di contratto in Italia sono poche migliaia; sono questi i rapporti che l’ex-ministro del Lavoro intende vietare? Quanto allo staff leasing, esso consiste in una forma di organizzazione del lavoro che prevede rapporti di lavoro a tempo indeterminato, protetti dall’articolo 18 dello Statuto e da tutte le altre norme del nostro diritto del lavoro; anche di questo tipo contrattuale, attualmente, in Italia si contano poche migliaia di casi. Tornare a vietare lo staff leasing non può dunque avere nulla a che fare con la soluzione del problema del precariato permanente, che riguarda milioni di lavoratori italiani privati non solo dell’articolo 18, ma anche della maggior parte delle altre protezioni. Poiché questa cosa è stata detta e scritta da molte persone oltre che da me una infinità di volte in questi ultimi anni, Damiano dovrebbe farsi carico di replicare: indicare dove sta il nostro errore, confutare l’argomento. Altrimenti, a che cosa serve discutere?
3. Una contraddizione tra Cesare Damiano e Sergio D’Antoni . L’ex-ministro del Lavoro, come si è appena visto, auspica “la semplificazione delle numerose tipologie contrattuali a disposizione delle imprese: un vero e proprio supermercato dei lavori”. L’ex-segretario della Cisl, invece, nel suo articolo di martedì scorso aveva imputato al mio progetto di appiattire il mondo del lavoro imponendo un “contratto unico”. L’uomo della strada, a questo punto, non capisce più quale sia la linea del Pd: la pluralità dei tipi contrattuali va conservata o no?
4. Il passo avanti. - Cesare Damiano sembra dare una risposta a quest’ultimo interrogativo, indicando un altro cardine della riforma auspicabile nell’istituzione di un “Contratto unico di inserimento formativo”, della durata massima di tre anni, destinato a costituire un canale universale di accesso al lavoro a tempo indeterminato: “un periodo di apprendistato o di prova anche lungo (tre anni) … In questa logica possono allora essere definiti contratti a ‘tutela progressiva’”. Di questa apertura a un “contratto a tutela progressiva” nel corso dell’assemblea programmatica di Genova del giugno scorso dedicata al tema del lavoro non era stato fatto alcun accenno: le uniche due proposte di intervento normativo menzionate in quell’occasione erano state la parificazione dei contributi previdenziali per il lavoro “parasubordinato” rispetto al lavoro subordinato e la riforma dell’apprendistato (sulla quale si è registrato ultimamente l’accordo sindacale, con successivo suo recepimento in legge). Benissimo. Ma perché questa importante novità nella linea del partito viene tenuta quasi nascosta?
5. Invito a un dibattito più aperto. - I frequentatori di questo sito sanno quanto quelle due proposte uscite dall’assemblea di Genova mi fossero parse insufficienti, di fronte al drammatico e colossale problema del dualismo del nostro mercato del lavoro. E’ un fatto molto positivo, dunque, che finalmente si faccia qualche passo avanti su questo terreno. Ma allora, per favore, discutiamo apertamente di quale possa e debba essere la disciplina di questo “contratto unico a tutela progressiva” e di quale spazio intendiamo attribuirgli nel tessuto produttivo del nostro Paese. È evidente a tutti che questa proposta ha una valenza diversissima a seconda che, per esempio, il “contratto unico di inserimento” di cui parla Cesare Damiano sia destinato soltanto a sostituire gli attuali contratti di apprendistato e “di inserimento”, oppure a sostituire anche i contratti a termine e di lavoro a progetto, oppure ancora a sostituire qualsiasi contratto di lavoro dipendente. Forse è il caso di riconvocare una conferenza programmatica per chiarirci le idee su questo punto.

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AGSM e AMIA, quanta confusione!

Nell’ultima settimana la Giunta Comunale di Verona è impegnata a risolvere i problemi finanziari del Comune, considerati i tagli del Governo Berlusconi sugli enti locali e gli effetti negativi sul bilancio comunale di Verona.
I giornali riportano la notizia dell’ acquisto di AMIA da parte di AGSM e della fusione di AGSM e AMIA. La comunicazione è contraddittoria perché si tratta di due operazioni distinte:
- La fusione delle due società controllate dal Comune (AGSM e AMIA);
- L’acquisto da parte di AGSM di AMIA.
Le due operazioni sono cosi diverse che richiedono delle valutazioni finanziarie, economiche e sociali distinte. Pertanto, fino a quando non si conoscono le reali intenzioni della Giunta non ci si può avventurare in precipitose analisi supportate dal nulla.
Esponenti della Giunta Comunale e delle società interessate hanno espresso valutazioni positive in quanto l’operazione consentirebbe “economie di scala, servizi migliori a minor costo, maggiore capacità nei confronti della concorrenza ed altro”. Ma tutte queste cose perché non sono state realizzate prima? Quali sono stati gli impedimenti?
Molti sono gli esempi di imprese con assetto proprietario diverso e concorrenti nel mercato che realizzano una strategia di collaborazione per elevare la competitività dei loro prodotti o servizi a vantaggio dei consumatori. Nel caso di AGSM e AMIA la collaborazione poteva essere realizzata più facilmente in quanto le due società dipendono dalla medesima proprietà e non sono concorrenti.
A monte delle suddette operazioni vi è l’esigenza prioritaria di avviare un confronto efficace tra le forze politiche per ridisegnare la Governance delle imprese, controllate dal comune di Verona, che gestiscono i servizi pubblici locali. Infatti, allo stato attuale vi sono troppe società controllate indirettamente dal Comune, troppi Consigli di Amministrazione, troppi organi e troppi dirigenti.
Per far funzionare il sistema di gestione dei servizi pubblici locali si spende troppo a discapito dei cittadini veronesi che devono mantenere questa architettura elefantiaca con il pagamento delle tariffe.
E’ sterile esaltare il conseguimento degli utili di gestione delle diverse società locali poiché il risultato di gestione di ciascuna società dipende dal livello delle tariffe applicato che coprono i costi inutili, gli sprechi ed i doppioni.
Una diversa Governance efficace dovrebbe semplificare ed eliminare tali costi ed avviare un piano di riduzione delle tariffe, a qualità invariata dei servizi, rapportato ai risparmi ed all’economicità di gestione.
Per semplificare il sistema delle società occorre incorporare in AGSM la società controllata Agsm Trasmissione ed è necessario che il gruppo Amia a sua volta incorpori le società Ser.it, Transeco, DRV ed Amia consulting. All’interno di Agsm ed Amia possono essere costituite delle business unit per gestire le attività rilevanti delle società incorporate. Inoltre, occorre chiudere le società Atm e Aptv per l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale poiché non gestiscono da diverso tempo il trasporto pubblico locale che è stato affidato alla società ATV.
Un altro problema non secondario è che le persone nominate alla guida della società e nei relativi consigli di amministrazione vengono scelte e valutate in rapporto ai requisiti dell’appartenenza politica e della fedeltà ad un partito politico o ad una corrente o all’esponente politico che ha garantito la designazione.
La proposta di nominare degli amministratori unici nasconde la volontà di non semplificare e ridurre il sistema delle società, porta ad una ridotta democrazia industriale e ad una concentrazione di potere.
L’attuale processo di scelta degli amministratori, adottato nel Comune e nella Provincia di Verona, non è trasparente e non consente ai cittadini veronesi in possesso dei requisiti di conoscenza e competenza di presentare la propria candidatura. Inoltre, il sistema favorisce l’occupazione del potere per il potere.
Ritornando alla proposta della Giunta di Verona ritengo che sia necessario effettuare una valutazione efficace e non di schieramento. Per fare questo è necessario che vengano predisposti i seguenti documenti:
- Proposta di Governance delle società di gestione dei servizi pubblici locali;
- Valutazione finanziaria aggiornata della società AMIA;
- Proposta chiara sulle prospettive di AGSM e AMIA (fusione o acquisto?);
- Valutare la prevalenza dell’operazione: migliorare la qualità dei servizi pubblici locali o rispondere al fabbisogno finanziario del Comune.
Ritengo che senza tali documenti e con le sole dichiarazioni riportate dai giornali non si può e non si debba valutare in modo completo e puntuale una proposta che incide sulla strategia delle società di gestione dei servizi pubblici locali.
Occorre in ogni momento ricordare che è in gioco la qualità della vita dei cittadini e la possibilità di accedere ai servizi pubblici locali.
Si fa presente, inoltre, che la trasparenza totale non è applicata alle società controllate e nei siti web di Amia e Agsm dovrebbero essere pubblicati tutte le informazioni utili ai cittadini (statuti, bilanci, organi, compensi).
Il tasso di corruzione dipende dalla trasparenza: più bassa è la trasparenza più alta è la corruzione.

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Performance management nel comune di Verona

L’attuazione del performance management nel comune di Verona è stata effettuata dichiarando che i nuovi strumenti manageriali previsti dal D. Lgs. n. 150 del 2009 (piano della performance, relazione delle performance) sono costituiti dagli strumenti in uso in epoca antecedente all’approvazione del decreto. Tale constatazione si evince dalla delibera approvata dalla Giunta Comunale e dal fatto che non sono stati effettuati interventi significativi al fine di adeguare il modello organizzativo del Comune ai cambiamenti previsti dal decreto.
Attuazione del D. Lgs. 150/2009
Le disposizioni introdotte dal D. Lgs. n. 150/2009 possono classificarsi in due differenti tipologie:
- Norme di competenza esclusiva dello Stato che sono immediatamente applicabili dagli enti locali dall’entrata in vigore del decreto
- Norme che indicano i principi ai quali gli enti locali adeguano il proprio
ordinamento entro il 31 dicembre 2010 (disposizioni richiamate dall’art. 16, comma 2, dall’art. 31, comma 1, e dal’art. 74, comma 2).
La scadenza del 31/12/2010 è stata superata abbondantemente e gli enti locali veronesi, compreso il comune di Verona, risultano operativamente in buona parte inadempienti.
Deliberazione della Giunta Comunale n. 479/2010
 La Giunta Comunale di Verona non ha rispettato le disposizioni vigenti in materia di Regolamento degli uffici e dei servizi ed ha proceduto con deliberazione n. 479/2010 alla modifica ed integrazione del suddetto Regolamento contravvenendo a quanto disposto dal D. Lgs. n. 267/2000, il quale stabilisce il seguente iter procedurale:
- Deliberazione del Consiglio Comunale dei criteri generali in materia di Regolamento comunale per adeguarlo alle disposizioni del D. Lgs. 150/2009 ai sensi l'art. 42, comma 2, lettera a) del D. LGS. n. 267/2000 che recita “Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48 comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi”;
- Deliberazione della Giunta di integrazione e modifica del Regolamento Comunale al fine di adeguarlo ai principi ed alle disposizioni del D. Lgs. n. 150/2009 ai sensi l'art. 48, comma 3, del citato decreto n. 267/2000 che recita “E', altresì, di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio”.
La Giunta Comunale non ha rispettato le competenze del Consiglio Comunale stabilite dall'art. 42, comma 2, lettera a) del D. LGS. n. 267/2000, il quale avrebbe dovuto deliberare sui criteri generali di adeguamento del Regolamento degli uffici e dei servizi al D. Lgs. n. 150/2009 per poi consentire alla Giunta Comunale di modificare ed integrare l’ordinamento.
Tale delibera è incompleta poiché non ha recepito tutti i principi contenuti dal decreto e quelli accolti lo sono stati solo formalmente.
La Giunta Comunale ha evitato così qualsiasi confronto costruttivo con la minoranza in consiglio comunale su un argomento rilevante ai fini del miglioramento dei servizi pubblici comunali: l’attuazione del D. Lgs. n. 150/2009.
Organismo di valutazione
La Giunta Comunale ha deciso di confermare il Nucleo di valutazione e di assegnare ad esso le competenze stabilite per l’Organismo indipendente di valutazione (Oiv) dall’art. 14, comma 4, del D. Lgs. n. 150/2009, non tenendo presente che all’Oiv sono state assegnate altre funzioni importanti indicati in diversi articoli del decreto (esempio: funzione di misurazione e valutazione della performance).
Il regolamento degli uffici e dei servizi non risulta modificato e coordinato con le nuove attribuzioni assegnate al Nucleo di Valutazione.
Con questa decisione la Giunta Comunale non si è avvalsa della discrezionalità di costituire un organismo indipendente e ha confermato il Nucleo di valutazione introdotto nell’ordinamento alla fine degli anni ’90 in condizioni organizzative ed ambientali rapportate a quel momento storico.
La Giunta Comunale non ha considerato che la letteratura manageriale non depone a favore del Nucleo di valutazione per i seguenti motivi: - autoreferenzialità; visione tipicamente formalistica ed amministrativa; - difficoltà di confrontarsi con il personale; - insufficiente impegno sullo sviluppo e miglioramento delle prestazioni e dell’organizzazione del lavoro; - partecipazione a poche riunione all’anno per la maggior parte dedicate all’erogazione del salario accessorio e dei premi di risultato.
Il Segretario/Direttore Generale fa parte del Nucleo di valutazione e limita l’indipendenza dell’organo di valutazione perché nominato dal Sindaco. Pertanto, il Segretario/Direttore Generale è costretto ad allinearsi alla volontà del Sindaco ed a condizionare l’organismo di valutazione nell’espletamento delle funzioni assegnate, sacrificando l’imparzialità e l’indipendenza, per mantenere il rapporto di fiducia e, quindi, il ruolo che ricopre.
Tutto lascia pensare che la scelta di confermare il Nucleo di valutazione sia derivata dal suo stato di dipendenza dalla Giunta Comunale e dalla possibilità di eludere il processo di selezione dei membri dell’organismo con requisiti di professionalità molto elevati, cosi come previsto dalla circolare n. 4 del 2010 della CiVIT n. 4 del 2010 per i membri dell’Oiv. Tali valutazioni sono confermate dal confronto tra i c. v. dei membri del Nucleo (Pezzotti Marco e Darbi Luca) ed i requisiti professionali richiesti ai membri dell’Oiv dalla CiVIT. In particolare nel c. v. di Pezzotti Marco, ex sindaco di Tregnago, non risultano conoscenze e competenze prescritte dalla CiVIT per i membri dell’Oiv.
Si ritiene che l’Oiv assume un’importanza strategica nell’ambito dell’attuazione del ciclo di gestione della performance per l’indipendenza e le competenze di cui è titolare. L’Oiv esercita anche le competenze attribuite a suo tempo al Nucleo di valutazione.
Ciclo di gestione della performance   
L’art. 81 ter del Regolamento degli uffici e dei servizi, modificato dalla Giunta Comunale, afferma che il piano di performance è costituito dagli strumenti di pianificazione in uso (linee programmatiche di mandato, relazione previsionale e programmatica, piano esecutivo di gestione, piano dettagliato degli obiettivi).
Il medesimo comportamento la Giunta Comunale lo ha assunto nei confronti della Relazione della performance, affermando che i documenti già in vigore costituiscono la Relazione della performance (rendiconto della gestione, verifica sullo stato di attuazione dei programmi, verifica sullo stato di attuazione finale degli obiettivi).
In definitiva la Giunta Comunale conferma che tutto è stato fatto e non occorrono miglioramenti ed adeguamenti al D. Lgs. n. 150/2009 in quanto il Comune di Verona ha conseguito la “one best waiy” (il modo migliore).
Non sono stati considerati gli indirizzi della CiVIT e le linee guida dell’Anci ed il legame esistente tra tutti gli strumenti di pianificazione attualmente in uso ed il piano e la relazione della performance.
L’attuazione del ciclo di gestione della performance poggia sui seguenti elementi fondamentali: il piano della performance, il sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale e la relazione della performance.
La Giunta Comunale, asserendo che gli strumenti di pianificazione e controllo in atto costituiscono il piano e la relazione della performance, di fatto non ha introdotto il ciclo di gestione della performance per l’assenza degli strumenti manageriali che lo istituiscono (piano e relazione della performance).
Inoltre, non risulta un adeguamento ed una implementazione del sistema informatico utilizzato nel Comune per adattarlo a sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale cosi come previsto dal D. Lgs. n. 150/2009.
Gli strumenti manageriali sopra richiamati sono talmente interconnessi ed essenziali per la gestione della performance ed il miglior funzionamento dell’Ente che vanno realizzati insieme ognuno nel momento giusto. Infatti, non si possono valutare i dipendenti senza un piano di performance che indichi gli obiettivi da conseguire e non si possono intraprendere azioni di miglioramento durante lo svolgimento del processo in assenza di un sistema di misurazione e valutazione che espliciti l’andamento della produzione dei servizi.
Il ciclo di gestione della performance è collegato con le politiche, le strategie e l’operatività dell’ente attraverso l’utilizzo degli strumenti manageriali indicati che a loro volta comprendono gli obiettivi programmati, gli indicatori, i target, la coerenza tra le azioni intraprese ed il piano, la definizione e la misurazione degli outcome che misurano il valore prodotto nell’erogazione dei servizi per la comunità locale e consentono il coinvolgimento dei cittadini e la valutazione e rendicontazione della performance.
Trasparenza
La Giunta Comunale di Verona non ha ancora realizzato un sistema di trasparenza totale, inteso come accessibilità totale alle informazioni relative al governo e all’amministrazione da parte della comunità locale. Il sito internet del comune è aggiornato alla trasparenza prevista dalla normativa anteriore al D. Lgs. n. 150/2009. Infatti, risultano nel sito le informazioni relative a: curriculum, retribuzioni dei dirigenti, codice disciplinare, tasso di assenteismo, consulenze. Non risultano ancora le informazioni riguardanti gli aspetti dell’organizzazione, le fasi del ciclo di gestione della performance, il sistema di misurazione e valutazione, gli indicatori di efficienza e di efficacia, l’utilizzo delle risorse in rapporto agli obiettivi programmati, le attività del nucleo di valutazione (decisioni, relazioni, proposte, pareri) ed altro.
La connessione degli strumenti manageriali, introdotti dal decreto, e la trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance consente di controllare l’andamento della produzione, compresi gli obiettivi ed i risultati parziali o definitivi, di intraprendere le azioni necessarie nel caso in cui si verificassero degli scostamenti per adeguare l’andamento della produzione dei servizi agli obiettivi strategici, di orientare attraverso la trasparenza interna i comportamenti del management e dei dipendenti al perseguimento degli obiettivi programmati (es. cruscotto aziendale in tempo reale).
La trasparenza totale consente di realizzare un confronto ed un dialogo democratico con gli stakeholder sulla qualità dei servizi erogati. In assenza di tale fattore i cittadini ed i soggetti interessati (consumatori, ricercatori, studiosi, giornalisti) non sono in grado di partecipare alla gestione dei servizi con proposte, interventi, indagini, ricerche e studi.
Inoltre, occorre considerare che nelle PA dove viene applicata la trasparenza totale il tasso di corruzione diminuisce.
Conclusioni
La Giunta di centro destra del comune di Verona, guidata da Flavio Tosi, ha sabotato la prima riforma del Governo di centro destra dandone un’attuazione formale e non sostanziale e realizzativa: cambiare tutto per non cambiare nulla.
Molti sono gli aspetti non condivisibili della riforma Brunetta ma alcuni strumenti come il ciclo della performance, la trasparenza, la valutazione indipendente ed il benchmarking sono rilevanti e da applicare senza incertezze.
Per avviare il cambiamento nel comune di Verona occorre introdurre il ciclo di gestione della performance e gli strumenti che lo compongono (piano della performance che esprima gli obiettivi, le risorse, gli indicatori, i target e gli outcome; sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale; la relazione della performance che rendiconta i risultati conseguiti), la trasparenza intesa come accessibilità totale; la valutazione indipendente della performance; l’organismo indipendente di valutazione; gli standard di quantità e qualità nell’erogazione dei servizi pubblici locali.
Il performance management per essere efficace deve considerare tre prospettive: - creare valore per i cittadini; - conoscere i bisogni dei cittadini e stabilire dopo gli obiettivi strategici; coinvolgere gli stakeholder.
L’attuazione del D. Lgs. n. 150 del 2009 non è stato applicato nel Comune di Verona in modo efficace, non è stata realizzato il performance management e, quindi, non è stato avviato un processo di miglioramento continuo della performance.

Antonino Leone
Responsabile PA
del PD di Verona

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venerdì 23 settembre 2011

I super costi della CiVIT

articolo di Chiara Paolin pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 20 settembre 2011
E la Civit va. Alla faccia dello spread e del tasso di corruttibilità ormai postribolare, l'altisonante Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche prosegue senza indugio la sua fondamentale missione: rendere limpida ed efficiente la macchina statale. Come? Dotandosi innanzitutto di un gran bel gruppo di lavoro. L'ente, istituito nel 2010 per volere del ministro Renato Brunetta, ha appena provveduto a sostituire due membri dimissionari. E non è stato facile, perché sulle nomine s'era scatenata una guerra tra giganti: da un lato Brunetta, strenuo difensore di ciò che resta della sua riforma, dall'altro il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, padre di una similare commissione (Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico delle amministrazioni dello Stato, presieduto da Paolo Cirino Pomicino). In sintesi, ecco l'accusa di Rotondi: basta con la Civit, baraccone da 8 milioni di euro l'anno, il mio comitato ne costa solo 60 mila.
MA ALLA FINE l'istituzione ha prevalso, e, nonostante il parere negativo di Rotondi, due nuove commissari sono stati nominati dopo attento bilanciamento politico, visto che la Civit - nella sua rivoluzionaria purezza - deve ben esprimere l'arco parlamentare. Al posto della professoressa Luisa Torchia arriverà dunque la collega Romilda Rizzo, mentre il rumoroso addio del giovane Pietro Micheli ha fatto da premessa all'ingresso in quota Pd di Alessandro Natalini. Micheli, docente italiano in trasferta in Gran Bretagna e membro dell'omologo ente di controllo britannico, se n'è andato sbattendo la porta: "Tale decisione è dovuta alla valutazione dell'impossibilità, da parte della commissione, di perseguire in maniera soddisfacente gli obiettivi per i quali è stata istituita", scrisse a gennaio. Un mezzo terremoto, uno spauracchio per tutti quelli che, grazie alla Civit, hanno almeno uno stipendio: 14 impiegati, 4 esperti (da 50 mila euro a testa), 2 consulenti tecnici ormai in
scadenza (Fiorella Kostoris, 80 mila euro, e Germana Panzironi, 55 mila euro), un segretario (da 144 mila euro l'anno), 3 revisori dei conti (30 mila euro in tutto), 3 commissari (150 mila euro ciascuno) oltre al presidentissimo (da 180 mila euro) Antonio Martone. Proprio lui, l'ex magistrato di gran carriera - Cassazione inclusa - che l'anno scorso finì nelle indagini sulla P3 per aver partecipato al famoso pranzo in cui Denis Verdini, Flavio Carboni e Marcello Dell'Utri si confrontavano sul Lodo Alfano e altre beghe giuridiche di interesseberlusconiano. In molti chiesero le immediate dimissioni di Martone, lui s'era premurosamente autosospeso per rientrare nel ruolo presidenziale dopo aver raggiunto l'agognata meta pensionistica: fine dei problemi col Csm e questioni varie di opportunità.
IL MATCH Brunetta-Rotondi aveva nuovamente disturbato l'armonia dell'ente che, nel frattempo, ha elaborato importantissime strategie per combattere il malaffare. Basti leggere l'avviso online: "La Commissione ha intenzione di realizzare un progetto sperimentale e innovativo per l'individuazione di un modello standard di processo per il collegamento tra programmazione economico-finanziaria e misurazione della performance nonché l'individuazione di un glossario comune, avente a oggetto la 'Riconciliazione tra ciclo della performance e ciclo di bilancio, per un coordinamento dei sistemi di misurazione e valutazione'. II presente avviso non impegna in alcun modo l'amministrazione alla realizzazione del progetto". Ci mancherebbe. Ma c'è chi borbotta, nei corridoi brunettiani: sarà così che combattiamo i casi di cronaca più recenti, da Milanese a Tarantini? Domanda stupidina solo a leggere come finiva la lettera di dimissioni del giovane Micheli: "Come può una commissione con 30 persone in organico, senza poteri ispettivi o sanzionatori, spingere a migliorare non solo chi è già incline a farlo, ma anche chi non ne ha alcuna intenzione? Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l'auto-esclusione (dal programma di controllo, ndr) sia della Presidenza del Consiglio che del ministero dell'Economia e delle Finanze?". Forse la Civit può lanciare un sondaggio.

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giovedì 22 settembre 2011

Franco Bonfante, elezioni per il sindaco di Verona

Dopo le considerazioni di Gustavo Franchetto, consigliere regionale dell’Idv, sulle prossime elezioni amministrative a Verona ho intervistato Franco Bonfante, consigliere regionale del PD, per capire come si muove e cosa propone il centro sinistra scaligero in vista dell’appuntamento elettorale del prossimo anno.

Un programma dei partiti del centro-sinistra sottoposto al giudizio degli elettori è una condizione sufficiente per vincere la competizione elettorale amministrativa del prossimo anno a Verona?
In una situazione particolare come quella veronese, con il tradizionale consenso del centrodestra, un programma, per quanto condiviso e valutato dagli elettori, non credo potrebbe essere una condizione sufficiente. In questo momento, inoltre, il Sindaco Tosi gode di un consenso figlio non tanto della decantata “politica del fare”, ma di una visibilità derivante dall’esposizione mediatica di livello nazionale ed una spregiudicata gestione della sua immagine. Una figura così può essere contrastata non solo con una condivisione del programma, ma soprattutto con una figura che rappresenti un disegno diverso di città, alternativo, ma naturalmente non minoritario.

In un momento in cui la credibilità dei partiti è bassa quali possono essere gli effetti di un candidato sindaco del centro-sinistra che rappresenti la nomenclatura dei partiti?
La gente è più concreta e ragionevole di quanto non pensiamo; Fassino a Torino rappresenta la nomenclatura, eppure è stato votatissimo. Non è lì il problema. Non è detto che un esponente di partito non possa essere rappresentativo delle vere esigenze di una città: è la sostanza a qualificare una persona, non una mera provenienza.

Il centro-sinistra veronese ha bisogno di intercettare l'elettorato moderato per vincere le elezioni amministrative di Verona? In che modo può riuscire in questa impresa ardua?
Il centrosinistra veronese, come quello nazionale, ora ha bisogno di imparare dai propri errori ed il rincorrere questa idea di elettorato moderato è stato proprio un errore di quelli più frequenti; il centrosinistra deve mostrare un progetto di società che faccia proprie le istanze ed i desideri in cui si possono riconoscere la maggior parte degli elettori: una vera vocazione maggioritaria che sappia ridare entusiasmo e fiducia. Non bisogna guardare ad una semplice fascia di elettori, ma a delle idee e delle speranze che possono essere accumunate sotto specifici principi in modo da esserne portatori e promotori.

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martedì 20 settembre 2011

Quale alternativa a Flavio Tosi?

Il centro-sinistra (Partito Democratico, Italia dei Valori, Sinistra ecologia libertà, Federazione della sinistra e Partito Socialista) si prepara alle primarie di dicembre per scegliere il candidato Sindaco in alternativa a Flavio Tosi, attuale sindaco di Verona.
Per sconfiggere Flavio Tosi il centro-sinistra ha aperto il "Cantiere delle idee" al fine di predisporre un programma condiviso con la società civile che rappresenti una seria e partecipata alternativa all'attuale primo cittadino.
Delle problematiche inerenti alle prossime elezioni amministrative nel comune di Verona ne ho parlato con il consigliere regionale Gustavo Franchetto dell'Idv.

Un programma dei partiti del centro-sinistra sottoposto al giudizio degli elettori è una condizione sufficiente per vincere la competizione elettorale amministrativa del prossimo anno a Verona?
Occorre partire da una valutazione, anche sommaria,del momento politico che si vive a Verona. E qui emergono con evidenza due situazioni: - la prima riguarda il consenso di cui gode l'attuale sindaco Flavio Tosi, che ha saputo costruire sulla sua persona un momento forte di identificazione con i bisogni della comunità veronese ( più di quanto non sia riuscito il suo partito la lega nord); - la seconda riguarda la debolezza in cui si dibattono tutti i partiti, compresi ovviamente quelli del centro sinistra, alle prese con una crisi di fiducia senza precedenti e incapaci di liberarsi dagli schemi dell'appartenenza nella scelta del candidato. Anche le stesse primarie annunciate dalla coalizione progressista, se non offrono scelte innovative, servono a ben poco.

Si vocifera della sua candidatura a Sindaco alle elezioni amministrative del comune di Verona. La notizia è vera? In caso contrario perché ad ogni appuntamento elettorale si propone sempre la sua candidatura?
Ho sentito anch'io parlare della mia candidatura e, a dire il vero, mi è stato chiesto di partecipare alle primarie della coalizione di centro-sinistra. Ringrazio, mi fa indubbiamente piacere, ma non sono a disposizione. Penso occorrano altre scelte, proprio sulla base delle considerazioni fatte prima. La partita a Verona sarà interessante solo se a sfidare Tosi ci sarà una figura riconosciuta, stimata, in grado di dire che si muove con un programma e senza condizionamenti da parte dei partiti. Anzi, i partiti staranno fuori dalle stanze del potere. Un po' come ha fatto De Magistris a Napoli, da solo, contro gli apparati, parlando direttamente alla gente e andando nei quartieri. Servono persone nuove e gente nuova. Magari non ce la faranno a battere Tosi, ma prepareranno il terreno per la competizione successiva.

In un momento in cui la credibilità dei partiti è bassa quali possono essere gli effetti di un candidato sindaco del centro-sinistra che rappresenti la nomenclatura dei partiti?
In qualche modo ho già risposto a questa domanda. Penso possano essere effetti modesti sul piano del risultato e ulteriormente dannosi per gli stessi partiti, che si rivelano incapaci di profondi cambiamenti. Pensi solo alla prima richiesta che nasce dalla Società: tagliare i costi della politica. In un Comune come Verona, la prima cosa da fare è tagliare i tanti consigli d'amministrazione e presidenti di aziende comunali come AMIA, AGSM, AGEC, ATV e rivedere le nomine nelle partecipate. E' evidente che se il sindaco deve accontentare i tanti partiti non potrà fare quello che ritiene più opportuno. De Magistris, a Napoli, ha già tagliato le unghie a oltre duecento società partecipate dal Comune con tanto di nomine.

Il centro-sinistra veronese ha bisogno di intercettare l'elettorato moderato per vincere le elezioni amministrative di Verona? In che modo può riuscire in questa impresa ardua?
Non penso all'elettorato moderato. Tutto l'elettorato, la stragrande maggioranza dei cittadini ha bisogno di un Sindaco di cui fidarsi e al quale affidare le sorti e il futuro della città. Il Centro sinistra o la società civile che si ritiene alternativa all'attuale maggioranza non deve fare altro che trovare un candidato che dia più fiducia, ai veronesi, di Flavio Tosi. Facile come schema, proibitiva la soluzione. Oggi, più di ieri, sono la fiducia, la credibilità, la storia personale a vincere. Tutti gli schemi possono saltare, di fronte ad una proposta coraggiosa di governo ( taglio di tante poltrone e azzeramento di consulenze per fare con le professionalità interne ) che dia la certezza di essere applicata. La gente ha fame di semplicità, verità, trasparenza.

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domenica 18 settembre 2011

Loretta Napoleoni: Il contagio




Riprendiamoci la politica, l'economia, un lavoro, una vita dignitosa: è questo il grido che si leva unanime dalle sponde del Mediterraneo. Monta la consapevolezza che la crisi che oggi minaccia di annientarci viene da lontano, erede di una lunga serie di catastrofi - dall'Argentina alla bolla dei mercati asiatici ai crack statunitensi - ormai troppo numerose per essere casuali. È ora di ammetterlo: è l'alleanza tra una politica sempre più corrotta e una finanza sempre più avida che ha sequestrato la nostra democrazia e ci sta portando alla rovina. Mentre istituzioni di controllo come la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale intervengono a peggiorare la situazione. Dalla primavera araba, che ha abbattuto i regimi dittatoriali della Tunisia e dell'Egitto, arriva una nuova ventata di protesta e di impegno. La rivoluzione sta dilagando in Europa, nella Spagna degli Indignados, in Grecia, in Italia con la mobilitazione referendaria, il popolo Viola, il movimento "Se non ora quando?". La parola d'ordine è: Basta! I protagonisti sono soprattutto i giovani, quelli a cui la politica ha riservato precariato, disoccupazione e lo spettro di una nuova povertà. Sul Mediterraneo, fa notare Napoleoni, si affacciano Paesi molto simili fra loro: economie avariate, oligarchie corrotte, disoccupazione e mancanza di servizi sociali, un sistema che regolarmente sceglie di garantire i privilegi di pochi a scapito della maggioranza.

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giovedì 15 settembre 2011

Trasparenza per l’Ente Fiera di Isola della Scala

Continua l’impegno di Chiara Chiappa e del gruppo Consiliare Isola Nostra – Il Bene Comune a favore della trasparenza. Questa volta tocca all’Ente Fiera di Isola della Scala in quanto questa società di proprietà del comune di Isola della Scala difetta in trasparenza. Infatti nel proprio sito non sono pubblicati i bilanci, lo statuto e tutti gli atti che interessano i cittadini di Isola della Scala.
La trasparenza è uno strumento efficace per informare e realizzare un rapporto di partecipazione con i cittadini sui problemi che li riguardano direttamente e per avviare un processo di cambiamento. Esprimo il mio personale apprezzamento verso il gruppo consiliare Isola Nostra – Il Bene Comune che mantiene fede agli impegni presi con gli elettori.
Si riporta per intero la mozione
I sottoscritti consiglieri del gruppo consiliare Lista Civica "Isola Nostra - IL BENE COMUNE"
- Visto l’art. 11 comma 1 del D.lgs. 150 del 27/10/2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, che così dispone: La trasparenza e' intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità.
- Che la trasparenza costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.”
- Visto l’art. 11 comma 3 del D.lgs. 150 del 27/10/ 2009 relativo alla trasparenza e rendicontazioni della perfomance e integrità delle pubbliche amministrazioni, che dispone che “Le amministrazioni pubbliche garantiscono la massima trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance”
- Considerato che la trasparenza negli atti amministrativi oltre che obbligo di legge è condizione indispensabile per recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni;
- Considerato che il nostro Comune è unico detentore delle quote delle società l’Ente Fiera srl , che ha come scopo la gestione delle manifestazioni nell’interesse dei cittadini di Isola della Scala;
- Considerato che il nostro Comune ha concesso in affitto all’Ente Fiera srl per 25 anni il Palariso “Giorgio Zanotto”, prestando una garanzia ipotecaria per 2 milioni di euro alla banca nell’interesse dell’ Ente Fiera stesso ;
Chiedono
al Sindaco e alla Giunta di disporre affinché l’Ente Fiera srl pubblichi nel sito istituzionale le informazioni richiamate dal Dlgs 150/2009 e specificatamente:
1. lo statuto;
2. le modalità organizzative, la pianta organica, le retribuzioni dei dirigenti e dei consiglieri di amministrazione;
3. i bilanci d’esercizio degli ultimi tre anni in forma non abbreviata e relative relazioni;
4. i regolamenti di utilizzo del Palariso da parte della comunità di Isola della Scala;
5. Le convenzioni in atto tra Ente Fiera srl e Comune di Isola della Scala;
al fine di informare i cittadini isolani delle attività realizzate, dell’entità e delle origini delle spese, delle entrate e dei risultati conseguiti da Ente Fiera SRL, mettendoli in condizione di conoscere e partecipare alla vita amministrativa con proposte e prese di posizione.
Chiara Chiappa
Alessandro Meneghelli
Maurizio Rodegheri

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mercoledì 14 settembre 2011

Enti locali e nomine

La presente raccolta, aggiornata a settembre 2011, di post sulle nomine nelle società partecipate degli enti locali, comprensiva dei preziosi contributi di Pietro Ichino, Federico Testa, Davide Zoggia,  Silvano del Lungo, Maria Guercio e Sergio Chiamparino, si pone l’obiettivo di porre attenzione alla trasparenza del processo in materia di  nomine ed alla valutazione delle competenze dei candidati.
Si ritiene di abbandonare le vecchie modalità che si basano esclusivamente sulla lottizzazione del potere tra i partiti e tra le componenti di ciascun partito per privilegiare le competenze delle persone e realizzare la trasparenza totale in materia di nomine.
Questa proposta è indirizzata:
- al Partito Democratico ed ai democratici al fine di realizzare o recuperare il rapporto con i cittadini attraverso la sincerità, la trasparenza e la valorizzazione delle competenze, fattori essenziali questi per coinvolgere le comunità locali nei processi decisionali del partito;
- agli enti locali veronesi per adeguare i regolamenti comunali che disciplinano il processo delle nomine, comprendendo i fattori della trasparenza e delle competenze.
Il distacco dei cittadini dai partiti e dalle istituzioni, il quale si esprime nelle competizioni elettorali con la vittoria del partito delle astensioni, può essere attenuato se il Partito Democratico prende coscienza che è ora di cambiare le modalità della politica negli enti locali attraverso l’introduzione della cultura della trasparenza e della valutazione delle competenze.
La raccolta è utile per tutti coloro che hanno condiviso l’appello di EntiTrasparEnti ed intendono sostenere la presente proposta in ogni provincia e per i gli amministratori democratici che intendono introdurre i fattori specificati negli enti locali.
Si fa appello al Partito Democratico allo scopo di adottare un codice di comportamento in materia di nomine negli enti locali che si basi sulla trasparenza e sulla valutazione delle competenze che rappresentano i fattori fondamentali del cambiamento.
Raccolta

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martedì 13 settembre 2011

PA: interventi di Diego Zardini

La presente raccolta di articoli degli interventi effettuati da Diego Zardini, capo gruppo consiliare della Provincia di Verona, in materia di Riforma della PA presso la Provincia di Verona testimoniano l’impegno del Partito Democratico in direzione del cambiamento.
Gli interventi di Diego trattano l’attuazione del D. Lgs. n. 150/2009 nella Provincia di Verona al fine di migliorare la performance dell’Ente tramite la concretizzazione dei seguenti strumenti:
- Il ciclo della performance attraverso la realizzazione del piano della performance, il sistema di misurazione e valutazione organizzativo ed individuale e la relazione della performance;
- La trasparenza che consente all’interno (risorse umane dell’ente) ed all’esterno (stakeholder) dell’Ente di conoscere la qualità dei servizi erogati, gli aspetti dell’organizzazione, gli indicatori relativi all’andamento gestionale, l’utilizzo delle risorse. Fattore questo che consente di creare un rapporto di fiducia con i cittadini ed i dipendenti dell’Ente;
- L’istituzione dell’Organismo indipendente di valutazione al posto del vecchio ed inefficiente Nucleo di Valutazione;
- Il cruscotto aziendale che consente ai dirigenti ed ai loro collaboratori di seguire l’andamento dell’erogazione dei servizi in rapporto agli obiettivi programmati ed intervenire nei casi scostamento.
Le risposte del Presidente della Provincia sono state di disponibilità formale e di chiusura realizzativa verso le proposte presentate dal Partito Democratico.
La raccolta è utile per tutti i democratici impegnati nelle Amministrazioni Comunali che intendono sostenere le proposte, descritte nella raccolta, nel proprio comune.
In un momento di grave crisi economica è necessaria una Pubblica Amministrazione efficiente ed efficace per sostenere la crescita e la competitività del sistema e specificatamente delle imprese.
Si rileva che gli elementi positivi del Decreto trovano difficoltà ad essere attuati negli enti locali veronesi e per tale motivo occorre insistere e svolgere un ruolo di opposizione puntuale ed efficace al servizio dei cittadini così come è stato sviluppato da Diego Zardini.
Antonino Leone
Responsabile PA
del PD Verona

Raccolta degli interventi di Diego Zardini

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Pietro Ichino: art. 8 della manovra economica bis

Intervista a Pietro Ichino a cura di Gabriella Piroli, pubblicata su Panorama Economy l’8 settembre 2011
La novità – che sta alimentando tutte le polemiche – viene espressa con poche parole. È nel punto e dell’ormai celebre art. 8 e autorizza i sindacati locali a occuparsi di «conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio».
«Peccato», spiega Pietro Ichino, docente universitario, giuslavorista e senatore del Pd, da tempo impegnato per una riforma radicale della contrattazione. «Peccato perché viene addirittura aggravato il dualismo tra lavoratori regolari delle aziende medio-grandi (per i quali presumibilmente non cambierà niente) e i poco o per nulla protetti delle imprese più piccole, che potranno perdere anche il poco che hanno».

Ci può fare un esempio di licenziamento che oggi non è possibile, ma che con il nuovo art. 8 lo sarà?
La nuova norma non consente al contratto aziendale di derogare sulla nozione di licenziamento legittimo o illegittimo, ma solo in materia di conseguenze dell’eventuale illegittimità. Il contratto aziendale o locale potrebbe, dunque, in teoria, escludere la reintegrazione del lavoratore, limitando le conseguenze dell’illegittimità a un risarcimento. Ma la norma è estremamente fumosa sui requisiti necessari per la validità del contratto aziendale. Inoltre il contratto sarà suscettibile di recesso da parte del sindacato che lo ha firmato, oppure, se stipulato a termine, può non essere rinnovato; col risultato della cessazione dell’efficacia della deroga. Questo fa sì che un’azienda non avrà mai un quadro di certezze sull’efficacia della deroga contrattata. La sola certezza è un aumento del contenzioso, con grande beneficio per gli avvocati.

L’opinione di alcuni è che vengono affidate alla contrattazione locale responsabilità che «bruciano» la corda corta dell’affidavit tipico degli organismi locali. Lei cosa pensa?
Che in questo c’è del vero. Ma è anche vero che al livello aziendale si osservano frequentemente rapporti poco limpidi tra il sindacalista e l’impresa di dimensioni piccole o medie.

Qual'è, a suo avviso, l’obiettivo del Governo? Secondo alcuni potrebbe essere una mossa per far uscire molte Pmi da Confindustria…
Non credo che questo sia nelle intenzioni del Governo. Il suo obiettivo è dare una risposta alla sollecitazione della Banca Centrale Europea, per una maggiore flessibilità nel nostro mercato del lavoro. Ma la flessibilizzazione si può ottenere soltanto in un quadro di certezza del diritto, con un disegno organico di riforma e con un legislatore che se ne assume la responsabilità. Una riforma di questa complessità e delicatezza non può essere delegata alla contrattazione aziendale. A meno che non si voglia solo far finta, per dare un po’ di fumo negli occhi agli operatori internazionali: ma quelli non sono mica stupidi.

Che conseguenze immagina?
Una sicuramente: la rottura tra la Cgil e le altre due confederazioni maggiori, Cisl e Uil. Vedo anche a rischio la ratifica, da parte della Cgil, dell’accordo interconfederale del 28 giugno scorso. Vedendo come è scritto l’articolo 8 del decreto, vien da pensare che fosse proprio questo l’obbiettivo del ministro del Lavoro.

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domenica 11 settembre 2011

Verona: creare valore per i cittadini

Si avverte l’esigenza a Verona di effettuare dei cambiamenti a costo zero in materia di nomine nelle società controllate dal Comune e dalla Provincia di Verona e di trasparenza  per recuperare un rapporto di fiducia  tra i cittadini scaligeri e le organizzazioni, le istituzioni ed i partiti politici e per migliorare la qualità dei servizi pubblici locali.
Tanti sono i problemi da risolvere, di cui si ricordano alcuni episodi che contraddicono una gestione ispirata all’interesse della comunità locale:
- Il presidente di AGSM è il segretario provinciale della Lega;
- Il Presidente del Consiglio Provinciale è stato membro fino al 2010 del Nucleo di valutazione del comune di Garda;
- il PD in Provincia, pur essendo il partito di minoranza più rappresentativo,  non ha rappresentanti nel Consorzio Zai;
- Il gruppo consiliare del PD al comune di Verona ha perso un consigliere in occasione delle nomine;
- Il cumulo delle cariche è diventato una regola del centro destra (es. l’amministratore unico di Agsm Trasmissione Srl è vice presidente della 6^ circoscrizione);
- Il clientelismo del centro destra nelle società controllate è stato contestato dopo una ricerca dal consigliere regionale Franco Bonfante;
- Una gestione del potere spregiudicata (es. il caso Gianluigi Soardi);
- La confusione di ruoli praticata dai nominati nelle società pubbliche locali che rilasciano dichiarazioni ed assumono comportamenti politici e non manageriali;
- L’assenza di trasparenza da parte delle società costituite indirettamente dal Comune e dalla Provincia attraverso le controllate (es. compensi agli organi);
- La moltiplicazione delle società di gestione dei servizi (4 società controllate da Agsm, 3 società di trasporto pubblico locale e Transeco controllata da Amia);
- Le due società, APTV e AMT, non gestiscono il servizio di trasporto locale e producono dei costi, rappresentati dai compensi assegnati agli organi, che ammontano annualmente a 356.367 euro;
- La scelta di Agsm, tanto discussa e contestata, di sponsorizzare la squadra di calcio Hellas Verona ha provocato tra gli utenti l’effetto di abbandonare Agsm per la fornitura dell’energia.
Gli eventi descritti dovrebbero far riflettere i cittadini e le forze politiche per avviare un cambiamento positivo nella città.
La valutazione delle competenze
Nel Comune e nella Provincia di Verona non è consentito ai cittadini veronesi presentare candidature nei consigli di amministrazioni delle società controllate per i seguenti motivi:
- Nel Comune è previsto che le candidature devono essere sottoscritte dai consiglieri comunali. Questo espediente non permette la presentazione di candidature al di fuori del sistema dei partiti;
- Nella Provincia le persone da designare negli incarichi vengono deliberati dal Consiglio Provinciale e non è prevista la presentazione di candidature. Le persone da nominare vengono scelte dai gruppi consiliari senza una seria e responsabile valutazione delle competenze in una logica di spartizione del potere.
Il potere di nomina nelle società controllate o partecipate appartiene al Sindaco ed al Presidente della Provincia ed i sistemi adottati dagli enti per le nomine consentono la lottizzazione del potere tra la maggioranza e la minoranza del consiglio comunale e provinciale.
L’occupazione del potere in atto privilegia la fedeltà e l’appartenenza politica ad un partito o ad una corrente e non considera le conoscenze e le competenze delle persone da mettere al servizio dell’azienda e della comunità locale.
La responsabilità delle nomine è affidata per legge al capo dell’amministrazione e, pertanto, occorre eliminare gli artifici che consentono la situazione descritta e restituire l’onere delle scelte al Sindaco e al Presidente in quanto in questa situazione di confusione e di lottizzazione nessuno risponde delle valutazioni effettuate. Con l’eliminazione di tali espedienti il Capo dell’Amministrazione dovrà rispondere ai cittadini ed alle forze politiche per le scelte effettuate.
Il Sindaco di Bologna in una recente intervista a Repubblica ha dichiarato che occorre, tra le misure da adottare subito, “evitare che sulle partecipate ci sia la mano dei partiti, che diventino il parcheggio di personale in attesa di miglior destino. Destino economico, intendo”.
In una intervista Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino, afferma che “indubbiamente centrale è il tema della qualità delle persone che gli azionisti pubblici chiamano a compiti di gestione. Il vero danno apportato dalla lottizzazione fra i partiti deriva dal fatto che, a quel punto, i nominati, qualunque sia la loro qualità professionale, tendono a rispondere prevalentemente al partito da cui dipende la loro nomina piuttosto che all'ente azionista della società. Ed e' ovvio che non e' affatto scontato che vi sia coincidenza fra gli obiettivi dei partiti e quelle degli enti azionisti, in quanto i primi mirano ovviamente prima di tutto al consenso mentre i secondi dovrebbero puntare alla efficienza ed efficacia dell' azione aziendale. Nella mia decennale esperienza di sindaco ho cercato di trovare una via mediana fra le due esigenze definendo le nomine degli amministratori delegati o dei presidenti con deleghe gestionali al di fuori di qualunque negoziazione con i partiti della maggioranza, discutendo invece con i medesimi ed anche con l'opposizione le nomine per i Consigli di amministrazione sempre sulla base di rose di nomi al cui interno il sindaco si riservava la decisione finale. Nella mia esperienza ho cercato di utilizzare persone che avessero o avessero avuto esperienze manageriali o comunque di gestione di strutture complesse”.
Pietro Ichino, Federico Testa e Davide Zoggia, autorevoli esponenti del Partito Democratico, in una intervista rilasciata a questo blog, ribadiscono l’importanza di nominare nei consigli di amministrazione delle società controllate o partecipate dagli enti locali persone che siano in possesso delle competenze adeguate alla gestione dei servizi pubblici locali.
A Verona sembra che solo gli “esponenti politici locali” siano in possesso di una cultura strategica ed organizzativa elevata che permette loro di gestire qualunque cosa, escludendo le capacità e le professionalità presenti nella società civile. A queste favole non credo per niente anche se è vero che buona parte dei politici possiedono notevoli capacità e competenze in particolari settori.
Occorre introdurre poche regole efficaci per regolamentare la scelta dei candidati:
- Il divieto di cumulo delle cariche;
- La presentazione delle candidature da parte di coloro che ritengono di possedere i requisiti;
- La valutazione delle competenze;
- Il colloquio pubblico così come previsto negli Stati Uniti;
- La trasparenza del processo di selezione e valutazione dei candidati;
- La pubblicazione del curriculum e della valutazione delle persone nominate.
Tutto questo può essere attuato se i partiti prendono coscienza delle problematiche descritte ed iniziano nel proprio interno e nelle istituzioni locali ad avviare un processo di cambiamento che privilegi le conoscenze e le competenze e non l’occupazione del potere.
Giova al PD di Verona ed ai partiti di opposizione accontentarsi di qualche nomina o avviare un grande cambiamento in tale materia che privilegi la trasparenza e le competenze nel partito e nelle istituzioni?
“Il Partito Democratico di Verona, ha dichiarato Vincenzo D’Arienzo segretario del PD di Verona, deve fare della trasparenza e della sobrietà della politica una delle tante bandiere del proprio impegno. Per i costi della politica e la sobrietà penso ad una concreta riflessione tra gli amministratori al fine di formulare mirate proposte per ridurre il peso dell'architettura istituzionale locale. Nell'occasione, gli amministratori sottoscriveranno il codice etico in vigore e il codice di responsabilità degli eletti e degli amministratori democratici quale segnale nella direzione della correttezza e della sobrietà. In futuro il Codice Etico e il codice di responsabilità degli eletti e degli amministratori democratici saranno sottoscritti da tutti i candidati e gli amministratori degli enti. Per la trasparenza, il PD dovrà presentare presso i Consigli elettivi una proposta di regolamento per le nomine dei rappresentanti negli enti partecipati e darsi un regolamento interno che definisca bene i ruoli e le procedure per le nomine che gli Enti locali”.
Occorre che il PD con i propri gruppi consiliari intervenga con proposte organiche per modificare l’attuale stato delle cose in quanto non consente la presentazione di candidature che siano espressione della società civile, la valutazione indipendente delle competenze dei candidati e la trasparenza del processo di selezione e valutazione.
La trasparenza nelle istituzioni e nei partiti
Chi pensa che la politica sia fatta di sotterfugi, di bugie, di mezze verità e di reticenze e si comporta in tal senso procura dei danni incalcolabili alla società in termini finanziari, culturali e di crescita particolarmente nei confronti delle nuove generazioni. Occorre ripristinare la sincerità, la lealtà e la franchezza che sono i valori base di una società che si ispira alla trasparenza ed alla solidarietà.
La politica della falsità ha causato il recente crollo dei colossi finanziari scaraventandoci nell’attuale crisi economica e finanziaria. Altri episodi in passato hanno causato effetti devastanti.
A Verona negli enti locali amministrati dal centro destra la trasparenza è percepita come un adempimento formale, dimenticando volutamente l’attuazione dell’art. 11 del D. Lgs. n. 150/2009 che definisce la trasparenza come accessibilità totale allo scopo di favorire la partecipazione ed il controllo dei principi di buon andamento e imparzialità da parte dei cittadini.
La testimonianza di Chiara Chiappa e del gruppo consiliare “Isola nostra bene comune” ad Isola della Scala rappresenta una strada da seguire perché si propone di effettuare le nomine utilizzando i fattori della trasparenza, della partecipazione e delle competenze.
Ovviamente la trasparenza riguarda anche i partiti, i quali per favorire la partecipazione e recuperare la fiducia ed il rapporto con i cittadini devono applicare tale fattore che è uno strumento di grande cambiamento che incide nei rapporti tra i militanti ed i quadri di un partito, nell’organizzazione politica e nel tipo di leadership.
La trasparenza, al contrario dell’omertà e dell’opacità, impedisce eventuali condizionamenti, minacce, individualismi e conseguenti errori, causati da una falsa rappresentazione della realtà, perché causa un grave danno verso chi prospetta tali stratagemmi.
Non a caso l’omertà mantiene in vita e rafforza la criminalità organizzata.
Per creare valore per i cittadini veronesi è necessario che le competenze e la trasparenza vengano condivise ed applicate nei partiti e nelle istituzioni e si rafforzino nella cultura della comunità scaligera. In caso contrario risulta molto difficile adeguare la gestione dei servizi alle esigenze ed ai bisogni di una città che merita una guida migliore.
EntiTasparentEnti

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martedì 6 settembre 2011

EntiTrasparEnti alla Festa di Borgo Nuovo

Si è svolto un incontro, ospitato dalla Festa Democratica di Borgo Nuovo (Verona), al quale hanno partecipato i rappresentanti di EntiTrasparEnti ed il segretario del PD di Verona, Vincenzo D’Arienzo. Purtroppo il confronto non si è realizzato in quanto D’Arienzo si è allontanato per accogliere Rosy Bindi che nel frattempo era arrivata alla Festa.
L’incontro è stato aperto da Damiano Fermo, il quale ha coordinato i lavori e sottolineato l’importanza del documento EntiTrasparEnti per innovare la politica a Verona ed in Provincia.
Damiano Fermo afferma che “Trasparenza significa franchezza e condivisione: dare alle persone piena informazione sulle cose che accadono e sul perché. Le scelte di un partito, di un'organizzazione devono rispettare un progetto che sia condiviso dai cittadini. Per questo una popolazione matura e un partito trasparente sono due facce della stessa medaglia. E’ soprattutto necessario essere trasparenti per dare un segnale ai meno tutelati in questo momento. Alle nuove generazioni che non hanno un motivo di fiducia. Non hanno garanzia di mobilità. Trovano barriere nei privilegi corporativi. Per chi oggi viene espulso dal mercato del lavoro e si trova davanti ad un baratro”. “Serve coraggio, dichiara Damiano Fermo, ed una possibile soluzione è quella di puntare alla trasparenza nelle istituzioni, nelle organizzazioni e nei partiti per ampliare la partecipazione dei cittadini alla vita sociale, organizzativa e politica del paese.
I partiti devono definire un metodo, semplice, per separare, negli enti economici cui sono chiamati a partecipare, la commistione fra l’indirizzo politico e la gestione aziendale. Un principio, questo, secondo il quale si potrà riguadagnare parte della credibilità persa, tornando a dimostrare rispetto verso chi si pretende di rappresentare”.
Francesco Magagnino ha illustrato nel suo intervento gli obiettivi del gruppo contenuti nel documento sottoscritto da centinaia di cittadini ed iscritti al PD: Partito Democratico capace di innovarsi con la Trasparenza e le Competenze.
“Con grandissimo dispiacere, afferma Francesco Magagnino, duole costatare che non riusciamo a trovare una frequenza condivisa per discutere insieme proattivamente del tema messo al centro con il documento EntiTrasparENTI. Il segretario ha ritenuto di scrivere in autonomia un nuovo documento rinviando così il confronto su quanto proposto, condiviso e sottoscritto da quasi 200 persone. Detto questo, noi, con gran senso del dovere e convinzione della necessità di traguardare l’obiettivo della trasparenza analizzeremo la proposta formulata dal segretario e ne daremo una valutazione confermando eventuali punti di proposta ed evidenziando eventuali lacune”.
Francesco Magagnino aggiunge infine "Ciò che è certo, è che il partito tutto, dal nazionale fino al locale, deve dare mostra di coraggio e di audacia, affrontando le questioni spigolose risolvendole con la forza e la semplicità di coloro che affrontano le questioni con disinteresse senza dover difendere posizioni di potere e meccanismi clientelari".
Chiara Chiappa ha parlato della sua esperienza nel Consiglio Comunale di Isola della Scala, che serve da testimonianza per gli enti locali della Provincia. Lo slogan scelto dal Gruppo Consiliare “Isola nostra bene comune” è “un paese che sia bene comune e non di pochi” gestito con una democrazia partecipativa.
“La proposta, afferma Chiara Chiappa, del gruppo consiliare “Isola nostra bene comune” presentata in Consiglio prevede che le nomine nei vari enti e comitati di gestione avvengano attraverso un bando pubblico, per consentire ai cittadini che ritengono di possedere i requisiti di moralità, competenza ed esperienza di presentare i loro curricula a prescindere dalle appartenenze politiche. Dopo la selezione effettuata da apposita commissione consiliare, il sindaco effettua le nomine pubblicando i curricula dei nominati e motivando i motivi della scelta”.
“Con tale procedura, conclude Chiara Chiappa, si ottiene un duplice risultato: per prima cosa vengono messe a disposizione della comunità le competenze e professionalità migliori anche se sconosciute dai politici; con la trasparenza del metodo si recupera la fiducia dei cittadini verso le istituzioni mai come ora tentati da sentimenti di antipolitica, e si allontana il sospetto che le nomine nascondano clientelismi, favori, politicismi di carriera. La partecipazione della società civile alla vita di comunità è l’unica risposta alla crisi della democrazia rappresentativa, in cui il cittadino dopo le elezioni ha solo il ruolo di semplice osservatore”.
La mozione proposta è stata approvata da tutto il consiglio comunale e qualche giorno dopo oltraggiata dal Sindaco Giovanni Miozzi, il quale ha effettuato alcune nomine senza tenere conto della nuova delibera.
“La complessità dei problemi della società del terzo millennio, afferma Antonino Leone, richiede la scelta di persone in possesso di competenze adeguate. L’impegno e la buona volontà o peggio la sola appartenenza politica in assenza delle competenze risultano insufficienti per svolgere un ruolo efficace nella gestione di enti o società pubbliche che erogano servizi essenziali per la comunità locale”.
“Un altro fattore, dichiara Antonino Leone, da considerare nelle istituzioni, nelle organizzazioni e nei partiti è la trasparenza e la franchezza, la quale se realizzata mette in moto dei meccanismi positivi dal punto di vista sociale (cooperazione, lavoro di gruppo, fiducia, partecipazione) ed economico (diminuzione dei costi delle transazioni, investimenti esteri, successo). La politica delle bugie ha causato nel tempo effetti devastanti (lo scandalo Enron, il crollo dei colossi finanziari nell’attuale crisi, la sfiducia nei partiti). Pertanto, le competenze e la trasparenza sono gli elementi strategici da concretizzare per avviare un grande cambiamento nelle organizzazioni e nella società”.
“I cittadini elettori in disaccordo con la politica del proprio partito, conclude Antonino Leone, scelgono l’opzione uscita per scegliere un altro partito o la lealtà passiva che reprime il dialogo in quanto il dissenso non viene espresso. Occorre creare le condizioni in cui i cittadini possono esprimersi, essere ascoltati ed incidere nelle scelte. La cultura della trasparenza e della franchezza creano le condizioni descritte e condizionano in modo positivo il tipo di leadership di un partito”.
Oggi basta essere collegati alle tecnologie di informazione e comunicazione per smascherare chi bara: la verità prima o dopo salta fuori attraverso un blog o un motore di ricerca. Quindi, conviene a tutti abbandonare la bugia e propugnare la trasparenza e la franchezza.

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domenica 4 settembre 2011

Le mafie al Nord e a Verona

Dopo le dichiarazioni dei massimi rappresentanti istituzionali di Verona riferite ai contenuti espressi in occasione dell’incontro organizzato dalla Festa Democratica di Borgo Nuovo su Le mafie del Nord, vi sono alcune precisazioni dei relatori.
“I dati che segnalano dette presenze, dichiara Pierpaolo Romani coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, sono contenuti in fonti ufficiali, all’interno di rapporti pubblici come quelli del Ministero dell’Interno, della Direzione investigativa antimafia, della Procura nazionale antimafia e dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Oltre a ciò, nei mesi scorsi, il Corriere e altri quotidiani del Veneto hanno riferito vicende che confermano tali dati.
Ovviamente, continua Romani, l'esperienza più che ventennale di studio sulle mafie mi induce a comprendere, ma non sempre a condividere, la lettura rassicurante che i rappresentanti istituzionali deputati all’ordine pubblico e alla sicurezza tendono a fornire dei territori in cui operano. Tuttavia, in materia di sicurezza, tener conto del buon lavoro svolto non deve impedire di notare eventuali segnali poco rassicuranti che si profilino all’orizzonte.
“Non si tratta di creare allarmismi, conclude Pierpaolo Romani. Tutt’altro: come già evidenziato durante il dibattito alla Festa Democratica dell’altro ieri, nel segnalare l’esistenza di certe “presenze”, la mia intenzione non è di alimentare polemiche ma di contribuire a creare, nella cittadinanza, la consapevolezza dei rischi a cui un territorio può andare incontro quando è infiltrato dal crimine organizzato. Tutto questo al fine di sviluppare una sana cultura della legalità che favorisca la prevenzione e il contrasto, sia alle forme di criminalità mafiosa che agli altri fenomeni di illegalità”.
Interviene nel confronto a distanza Maino Romani, deputato del PD e membro della commissione antimafia, il quale dichiara: “Non credo che nel dibattito alla festa del PD si sia esagerato sui rischi di infiltrazione mafiosa nel Veneto. Al riguardo segnalo quanto afferma la Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia nella sua ultima relazione, relativamente alla 'ndrangheta: "...i dati...fanno ritenere che il Veneto non sia immune da quel tipo di presenze, e che sia giunto il tempo di sviluppare approfondite investigazioni....e' da ritenere che il territorio veneto,ed in particolare quello ricompreso nei territori delle province di Verona, Padova e ( in parte ) Venezia, si stia pian piano trasformando." Come ho detto nel dibattito, la consapevolezza del problema e' la prima condizione per combatterlo”.
"L’attenzione delle istituzioni e dei cittadini, ha affermato Antonino Leone responsabile della PA del PD di Verona, nei confronti della criminalità organizzata non è mai sufficiente per i rischi e per i pericoli che tale fenomeno causa. Certamente la provincia di Verona non è la provincia di Reggio Calabria ma per le condizioni economiche e sociali che esistono attualmente (imprese in difficoltà a causa della scarsa liquidità, delle difficoltà di credito e dei pagamenti ritardati delle pubbliche amministrazioni) e per i fenomeni di criminalità organizzata che si sono già verificati e riportati da il Corriere di Verona, il giorno 20 luglio scorso a pagina 8, occorre non sottovalutare il fenomeno della criminalità organizzata nel territorio veneto e veronese. D’altronde sono sempre più numerose le pubblicazioni che studiano il fenomeno mafioso nel nord est e riportano in modo corretto i risultati ufficiali delle istituzioni relativi alle infiltrazioni mafiose nel territorio interessato. Nella festa Democratica di Borgo Nuovo sono stati riportati tali dati ed è stato lanciato un appello ai cittadini affinché non sottovalutino il fenomeno della mafia in Provincia di Verona e nel Nord Est".

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venerdì 2 settembre 2011

Maino Marchi, le Mafie al Nord

Intervista a Maino Marchi, deputato PD e membro della Commissione Antimafia, a cura di Antonino Leone effettuata in occasione della Festa Democratica di Borgo Nuovo (Verona).

Un anno fa nella trasmissione televisiva “Vieni via con me” lo scrittore Saviano dichiarò: Dove si sviluppa il più alto tasso d’investimenti criminali. Milano è la capitale degli affari ‘ndranghetisti. Non è roba da terroni. Al Nord le cosche parlano con la Lega, vogliono incontrare un consigliere leghista”. A queste affermazioni alcuni parlamentari leghisti sono intervenuti per contestare tali dichiarazioni e Saviano ha confermato quanto dichiarato senza indietreggiare di un solo passo. Per iniziare questo incontro ritengo necessario che gli ospiti rispondano chiaramente ad alcune domande ovvie e semplici. La Mafia ha dei limiti territoriali? Opera oltre i confini territoriali del Sud? Se si quali regioni sono più compromesse dalle infiltrazioni mafiose?
Le mafie non hanno limiti territoriali. Troviamo mafie italiane, come la ‘ndrangheta, in tutti i 5 continenti, Oceania compresa, visto che è presente in Australia, come lo è in America, in Asia, in Africa e ovviamente in Europa. La strage di Duisburg in Germania il 15 agosto 2007 lo ha reso evidente, ma era già insediata. Nello stesso tempo vi sono mafie in altri Paesi, le quali sono presenti anche in Italia. Si parla sempre più frequentemente di mafia russa, dei balcani, rumena, albanese, cinese, asiatiche, nigeriana, sudamericana, e così via. Si è globalizzata l’economia e si sono globalizzate le organizzazioni criminali mafiose. Senza che questo comporti automatismi. Ad esempio nei settori economici più dediti alle esportazioni è più difficile che si insinui la mafia, mentre in settori dove la concorrenza è più su scala locale vi sono maggiori possibilità. Il riciclaggio nell’economia legale delle enormi ricchezze che si accumulano con le attività illegali e criminali sta caratterizzando questa fase della vita delle mafie.  La ‘ndrangheta, ad esempio, per una fase si è caratterizzata con i sequestri di persona. Le risorse accumulate le hanno permesso di inserirsi nel traffico degli stupefacenti e di esserne il principale protagonista nel nostro Paese. Questa attività produce enormi ricchezze che si investono in economia legale. I territori più ricchi sono quelli più esposti. Conseguentemente, in Italia, attraverso diverse vicende e modalità, il Nord. Da tempo le mafie operano oltre i confini territoriali del Sud, delle quattro regioni a insediamento tradizionale (Sicilia, Campania, Calabria e Puglia). Negli ultimi anni questa presenza è sempre più forte e radicata. La prima condizione per combattere le mafie al nord è l’assunzione della consapevolezza del loro insediamento. Bisogna evitare situazioni come nel gennaio 2010, quando davanti alla Commissione Parlamentare antimafia, il prefetto di Milano affermò che in quella realtà non c’erano le mafie con tutto ciò che le caratterizza, ma più semplicemente si facevano affari. Dopo 6 mesi sono scattati 300 arresti tra Milano e Reggio Calabria, che hanno clamorosamente smentito quelle affermazioni. Quindi le mafie al Nord ci sono. Dappertutto. Le regioni del nord che vedono una maggiore infiltrazione sono la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e poi l’Emilia Romagna. Anche il Veneto non è immune, in base alle relazioni della DDA e della DIA. Sia per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, con caratteristiche soprattutto transnazionali ( ad es. nel novembre del 2010 un’operazione della DIA condotta a Verona ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 soggetti, tra albanesi e magrebini), sia per la presenza di mafie italiane. In particolare la DDA sottolinea l’emergenza di presenze della ‘ndrangheta. Allarmante, oltre alla droga, la presenza di armi provenienti da arsenali dell’Est europeo, e di sostanze esplodenti. E anche in riferimento alle armi e agli esplosivi vi è una preoccupazione relativa alla ‘ndrangheta. In particolare si parla di Verona, Padova e Venezia. In un recente libro di Federico Varese “Mafie in Movimento” vi è un capitolo che confronta la presenza della “ndrangheta” tra Bardonecchia e Verona. In un caso è riuscita a controllare settori importanti dell’economia locale e delle istituzioni (Bardonecchia), mentre a Verona questo non si è realizzato. E per varie motivazioni: la dimensione molto più grande rende più difficile il controllo politico, l’economia era più orientata alle esportazioni e l’immigrazione ha prodotto meno lavoro nero. Inoltre vi era una minore domanda di protezione criminale e la ‘ndrangheta non è riuscita ad assumere il controllo del mercato illegale degli stupefacenti. Le recenti relazioni di DIA e DDA sono però a testimoniarci di come nulla è definitivo e i tentativi di infiltrazione sono in continua evoluzione.

Molti ricordano che la Mafia opera nell’agricoltura, nell’edilizia e nei movimenti di terra in particolar modo nel settore delle opere pubbliche. Recenti pubblicazioni segnalano che la Mafia si è adattata e professionalizzata ed interviene nel mondo della finanza e dell’economia. Queste affermazioni sono vere? Quali sono le modalità che la mafia usa per essere presente nei gangli essenziali del paese?   
Sono affermazioni vere. Nel Nord, ad esempio, in più parti e in più territori le mafie sono presenti nel settore dell’edilizia e di tutte le attività collegate, dai movimenti terra ai trasporti, alle opere pubbliche e agli appalti. Così come in agricoltura, ma questo soprattutto nel Mezzogiorno. E’ presente sul piano finanziario con l’usura e il riciclaggio. Ha il supporto di professionisti nei vari campi che servono per le sue attività. Le modalità sono diverse in riferimento alle varie situazioni. Un elemento comune è quello di poter agire con più facilità dove maggiori sono gli spazi di illegalità, più difficile il rispetto delle regole. L’edilizia per le sue caratteristiche, si presta molto bene. I cantieri non sono aziende fisse e quindi più difficili sono i controlli. Lavoro nero, evasione fiscale e contributiva, anche caporalato sono ampiamente presenti. L’attività è svolta nei vari settori da tante imprese, spesso molto piccole, a volte di una sola persona, per cui non a caso si parla di finti artigiani. Non vi sono regole per avviare un’impresa ( una recente legge bipartisan approvata alla Camera e ora all’esame del Senato, che ha unificato diverse proposte di legge, di una delle quali ero primo firmatario, cerca di introdurre alcune condizioni necessarie per avviare e svolgere l’attività di imprenditore edile), i lavori pubblici vengono svolti con subappalti (ed è stata tolta la corresponsabilità appaltante–appaltatore introdotta dal Governo Prodi), l’attività è localizzata . Sono tutti elementi che favoriscono l’infiltrazione mafiosa che punta al controllo totale, al monopolio del settore, nelle diverse località. Lo fa proponendo protezioni e poi colpendo chi non le accetta. Cerca di controllare le assunzioni, conseguendo consenso da chi ne beneficia e espellendo i sindacati. Oppure intervenire nel campo dei pubblici esercizi e della ristorazione. Oppure in quello dei giochi, sia legali che illeciti. Le modalità sono diversificate, ma tendono a sfruttare ogni situazione in cui il mercato non funziona pienamente senza cartelli e limiti alla concorrenza. Le mafie utilizzano tutte le situazioni in cui è presente una richieste di servizi che la pubblica amministrazione non garantisce per far funzionare l’economia secondo le regole e la legalità . In questi spazi le mafie si inseriscono. In sostanza si possono presentare con minacce, ma molto più spesso come “risolutori di problemi” per le aziende: nel rapporto con la pubblica amministrazione, nel rapporto con le altre imprese( es: recupero crediti, sostituendosi a una giustizia civile dai tempi troppo lunghi), nel rapporto con i lavoratori, oppure per erogare liquidità, imponendo tassi usurai. Nessun settore di per sé è immune. Hanno più difficoltà dove l’attività ha una forte propensione alle esportazioni (perché occorrerebbe controllare un territorio troppo vasto) e nei settori a più forte innovazione tecnologica ( non a caso attività come quella edilizia o nei pubblici esercizi hanno minori innovazioni).

L’Italia vive una grave crisi economica e le imprese hanno bisogno di liquidità e di credito per sopravvivere e superare questo momento difficile. La mafia si insinua in queste situazioni di difficoltà per riciclare il denaro di illecita provenienza e per investire il proprio patrimonio? La mafia amministra in modo eccellente il proprio patrimonio?
Si, è l’ultimo esempio che prima facevo delle mafie che cercano di presentarsi come risolutrici di problemi per le aziende, in realtà impadronendosene poco alla volta. L’usura è una forma di investimento del patrimonio delle mafie che è molto cresciuta in questi anni di crisi economica. Le imprese si sono trovate di fronte a un duplice problema di liquidità. Da una parte fanno più fatica ad esser pagate. Sia da clienti privati, che dalla pubblica amministrazione. Con i tempi della giustizia civile italiana se non sei pagato dai clienti ci vogliono anni per recuperare quanto ti spetta.
Non a caso questo è uno dei principali aspetti che scoraggia gli investimenti esteri nel nostro Paese.
La pubblica amministrazione ha allungato i tempi dei propri pagamenti, sia a livello centrale che sul piano locale, in quest’ultimo caso a causa delle regole del patto di stabilità interno. Il PD ha avanzato in più occasioni proposte per cambiare questa situazione e adeguarci al contesto e alle direttive europei. Governo e maggioranza sono sempre stati sordi. Dall’altra parte la crisi ha prodotto una restrizione del credito alle imprese mettendo in difficoltà soprattutto le piccole imprese. Questi due fattori (meno pagamenti e meno credito) hanno determinato forti problemi di liquidità.
Già all’inizio della crisi economica il procuratore Nazionale Antimafia, il Presidente della Repubblica e il Governatore della Banca d’Italia hanno lanciato l’allarme sul rischio che la crisi di liquidità producesse un aumento rilevante dell’usura. Cosa che è puntualmente avvenuta. Il Governo ha fatto finta di niente. Il 31 marzo 2010, nel corso di un’audizione in Commissione Antimafia , ad una mia domanda su questo aspetto il Ministro dell’Interno Maroni si è limitato a dire che le denunce erano calate, ma che avrebbe verificato. E’ un esempio eclatante di come non ci sia un reale contrasto alle infiltrazioni mafiose nell’economia da parte del Governo. Si pensi che è stato dato l’allarme da parte della Banca d’Italia sulle stime che il Fondo Monetario Internazionale ha compiuto sul riciclaggio. Un business che viene calcolato pari al 10% del PIL in Italia, cioè un dato doppio rispetto alla media mondiale, pari al 5%. L’Italia si è data dall’inizio degli anni ’90 una normativa per contrastare con più forza il riciclaggio. E’ però una normativa che non contempla il reato di autoriciclaggio. Se un soggetto compie un reato per il traffico di stupefacenti e ricicla direttamente il denaro acquisito con quell’azione criminale, è perseguibile solo per il traffico di stupefacenti e non per il riciclaggio. Da tempo tutti i magistrati impegnati nella lotta alle mafie ci sottolineano l’esigenza di un cambiamento del codice penale, molto semplice, per introdurre il reato di autoriciclaggio. Il PD lo ha proposto ogni volta che si è discusso di sicurezza, di giustizia, di norme antimafia. La maggioranza e il Governo hanno sempre respinto le proposte, rinviando all’occasione successiva. Ora l’introduzione di questo reato, insieme al ripristino del falso in bilancio e all’irrobustimento delle norme contro il caporalato, fa parte di uno dei 10 punti su cui si basa la proposta alternativa del PD alla manovra finanziaria del Governo. Non a caso nei 10 punti vi sono anche norme più efficaci contro l’evasione fiscale e il contributo di solidarietà dai capitali scudati. Segnalo inoltre un altro settore dove si sta sviluppando l’usura da parte delle mafie. Quello del gioco, lecito ed illecito, che muove ingenti capitali in Italia e che sta producendo forme di ludopatia. In sostanza, le mafie colgono ogni opportunità per amministrare con il massimo profitto il loro patrimonio.

Le mafie per allargare i propri affari e renderli sempre più redditizi hanno bisogno di connivenze, di legami soffocanti e condizionanti con le istituzioni specificatamente con la classe politica che detiene il potere e con i colletti bianchi. Fino a che punto questo circolo vizioso è arrivato e come ci si può liberare da queste relazioni che inquinano le istituzioni e la società?     
La presenza di colletti bianchi nelle organizzazioni criminali mafiosi ( magari i figli dei boss che hanno studiato) o la collaborazione con le stesse fa parte dell’affinamento dell’infiltrazione nell’economia, per cui è sempre più necessario avvalersi di competenze nel campo finanziario, in quello del diritto e nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Le mafie si adeguano continuamente alle nuove esigenze. Il triangolo mafie-economia-politica caratterizza sempre di più l’azione delle organizzazioni mafiose. A partire da enti locali, regioni e sanità, fino allo stato centrale. Diversi comuni sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Occorrerebbe aggiornare la normativa, prevedendo anche interventi nei confronti della direzione tecnica, che ha acquisito più poteri rispetto al passato, e individuando modalità per cui, se in un comune è in corso un iter che può portare allo scioglimento, non si possa aggirare gli effetti con le dimissioni e la possibilità di ricandidarsi immediatamente, com’è successo ad esempio a Fondi.
Siamo di fronte a situazioni che coinvolgono anche uomini di governo, come è stato per il sottosegretario Cosentino o adesso per il Ministro Romano. In commissione antimafia, sia nella precedente che in questa legislatura, si è cercato di affrontare il problema con il codice di autoregolamentazione per le candidature alle amministrative e alle regionali da proporre ai partiti. Voto unanime. Adesione formale. Di fatto vi sono state molte difficoltà ad acquisire tutti i dati su ciò che è successo nel 2010, in particolare per la non collaborazione di alcune prefetture, coordinate dal prefetto di Milano e coperte politicamente dal Ministro dell’interno. Occorrono nuove norme sul’incandidabilità che il Pd ha proposto. Occorre sviluppare tutte le azioni per contrastare questo fenomeno, che è un elemento strutturale della presenza delle mafie. Il Pd ha assunto questo come un aspetto che caratterizza la sua azione a partire dalle tante iniziative di sensibilizzazione politica e culturale sul problema e dalle iniziative delle Regioni e degli Enti Locali in cui governa, su cui voglio segnalare quelle dell’Emilia Romagna, che nell’ultimo anno ha approvato due importanti leggi regionali per contrastare le mafie e in cui, in varie realtà come a Reggio Emilia, si stanno siglando protocolli d’intesa fra la prefettura e le istituzioni locali

Maggioranza e governo si vantano di aver ottenuto risultati nella lotta alle mafie come mai in passato. E’ così? 
In questi anni sono stati ottenuti importanti risultati sul versante del contrasto “militare” alle mafie. Sono risultati che non vanno sottaciuti, ma il cui merito è della magistratura e delle forze dell’ordine. L’unica persona che poteva essere arrestata per decisione politica era il sottosegretario Cosentino, ma Pdl e Lega hanno votato contro la richiesta d’arresto. Magistratura e forze dell’ordine che vedono continuamente tagliati i fondi per la giustizia e la sicurezza, che vedono tentativi per ridurre l’efficacia della loro azione (si pensi ai disegni di legge sulle intercettazione, su prescrizione breve e processo lungo) e a tutto ciò, per la magistratura, si aggiunge la continua denigrazione da parte del Presidente del Consiglio e di tutti gli esponenti della maggioranza. Le norme più efficaci approvate negli ultimi anni sono state prese da proposte del precedente governo o avanzate dal Pd, come quelle sulla tracciabilità negli appalti, all’interno del piano straordinario antimafia, o quelle per evitare che beni confiscati tornino nel possesso delle mafie con la vendita, all’interno della legge sull’agenzia nazionale per i beni confiscati. La presenza dei commissari Pd ha permesso di avere il numero legale per approvare il Codice di autoregolamentazione delle candidature. La Commissione Giustizia della Camera ha fatto proprie le proposte del Pd per correggere in modo rilevante lo schema di codice antimafia proposto dal governo negli ultimi mesi. Soprattutto il governo non ha fatto nulla per contrastare le infiltrazioni nell’economia come ho detto prima. Aggiungo il totale disinteresse della Lega ai lavori della Commissione Antimafia. Non sono quasi mai presenti in commissione. Scandaloso che nella missione a Torino, iniziata alle 9,30, la prima e unica parlamentare della Lega che ha partecipato si sia presentata verso la fine dei lavori, dopo le 18. Non era presente nemmeno la presidente del comitato che si occupa delle mafie fuori dalle zone tradizionali, cioè delle mafie al centro-nord, l’On. Lussana. D’altra parte, nonostante le nostre sollecitazioni, quel comitato è stato convocato solo quattro volte in due anni: una volta per l’insediamento, una per Reggio Emilia e due per Imperia. Da oltre sei mesi non è convocato. Probabilmente la Lega non vuole che si parli di Mafia al nord, perché emergerebbe la differenza tra spot, proclami, pubblicità ingannevole e realtà. Aggiungo: se consideriamo che la criminalità si globalizza, per contrastarla occorre più cooperazione internazionale e più Europa. Ve lo ricordate l’ex ministro della Giustizia Castelli che manifestava contro il mandato di cattura europeo? O che dire della direttiva europea sulle squadre investigative comuni? Direttiva del 2002, che solo ora, dopo tante sollecitazioni del Pd, è stata recepita con una legge approvata dal Senato e che spero venga presto definitivamente approvata dalla Camera. E’ un altro esempio quanto meno di scarsa sensibilità. La realtà è che le mafie sono il primo problema di sicurezza del Paese e organizzano anche la microcriminalità e l’immigrazione clandestina ma la Lega preferisce prendersela con le vittime (gli immigrati).

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