mercoledì 31 ottobre 2012

Verona PD: Politiche sociali

Conferenza Programmatica del PD di Verona. Documento del gruppo Politiche Sociali coordinato da dall’on.le Federica Mogherini
Premessa
Di fronte alle difficoltà economiche che sta attraversando il nostro paese, con evidenti riflessi sulla qualità della vita dei singoli e delle famiglie e problemi di tenuta del tessuto sociale del paese, va riaffermato con forza che le politiche sociali di per sé non sono un costo, ma un investimento e –pur in una prospettiva di riqualificazione e riorganizzazione del welfare- non possono essere più subordinate a sole logiche di bilancio, perché la loro azione tocca bisogni e diritti fondamentali. Le politiche pubbliche devono promuovere l’autonomia delle persone, prima condizione per la libertà (art. 3 Costituzione).
A partire da questa affermazione di valore, l’azione politica e amministrativa del PD, nel proporsi di superare le politiche di esclusione che hanno caratterizzato l’operato del centro-destra, si pone i seguenti obiettivi:
• ricostruire i legami civili e sociali a partire da politiche pubbliche che concretizzino diritti e doveri connessi alla cittadinanza, incluso quello fiscale;
• promuovere la cultura della salute e del benessere attraverso un’attenta regia del sistema dei servizi adattandolo ai cambiamenti demografici e sociali intervenuti;
• ricostruire le politiche sociali, scegliendo le priorità e gestendo i processi di partecipazione;
• costruire reti con Terzo settore e volontariato come interlocutori principali e prioritari.
Finalità della realizzazione di un efficace welfare di comunità: puntare all’inclusione sociale, alla costruzione di una società che consenta a tutti i cittadini, vecchi e nuovi veronesi, (attraverso scelte mirate) di vivere la loro cittadinanza in pienezza, permettendo loro di sviluppare le proprie potenzialità umane a prescindere dalle condizioni sociali e culturali di partenza.
Ambiti prioritari di intervento:
Le politiche per le persone
Per ogni politica sociale programmata è necessario valutare gli effetti sulla vita concreta delle donne e degli uomini. L’analisi dell’ ‘Impatto di Genere’ è lo strumento fondamentale per evitare conseguenze negative delle politiche pubbliche rispetto al genere, per migliorarne la qualità e l'efficacia, e costruire politiche che tengano conto di necessità che sono differenti per cittadine e cittadini. E’ necessaria un’attenta valutazione e un adeguamento dei ‘tempi e servizi della città e del territorio’, che sia teso a promuovere un equilibrato rapporto tra lavoro e cure parentali: la cura dei piccoli, degli anziani e dei disabili non deve gravare solo sulle spalle delle donne, è necessario cambiare l’organizzazione dei servizi per facilitare la conciliazione tra lavoro e cura e ciò produrrà anche un miglioramento della condivisione. A favore delle famiglie: al di là di un familismo ideologico e di facciata, è ancora lacunosa nel nostro territorio una politica che sostenga efficacemente le famiglie nella cura e nella formazione, con una politica tariffaria rigorosamente improntata al rapporto reddito/carico familiare. Un’attenta politica sociale riconosce inoltre la pluralità delle forme di comunione di vita in crescita nella nostra comunità cittadina e nel nostro territorio veronese, tutelando i diritti costituzionali e contrastando ogni forma di discriminazione, garantendo parità dei diritti (casa, assistenza, scuola, cultura, sport) e dei doveri In particolare si possono individuare le seguenti aree di intervento:
• sostegno economico e materiale alle madri e ai padri single, alle famiglie separate e divorziate e alle famiglie con neonati in seria difficoltà economica (utilizzando efficacemente la normativa vigente);
• agevolazioni tariffarie relativamente ai servizi degli Enti Locali e delle aziende partecipate per le famiglie in particolari condizioni per numero di componenti o per cure parentali o per difficoltà economiche (tra le altre, si può pensare la sospensione temporanea dalle tariffe per le famiglie con componenti licenziati o in cassa integrazione).
• politica della casa in quartieri vivibili, accessibile per giovani e famiglie che, grazie a mirati interventi pubblici, favorisca ristrutturazioni (a partire dal patrimonio immobiliare pubblico offerto a canoni calmierati) e riqualificazioni a favore delle giovani coppie e delle famiglie con difficoltà economiche. Progetti di cura e animazione per gli spazi pubblici (dai marciapiedi alle scuole).
A favore di bambini e bambine, ragazzi e ragazze
Una città e un territorio che riconoscano loro pieno diritto di cittadinanza devono dotarsi di una struttura organizzativa e decisionale che lo interpreti e promuova: nelle nostre realtà sarà necessario istituire il "Garante comunale dei diritti dei bambini, delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze". Tale scelta, per essere efficace, dovrà essere inserita in una più organica visione di città a misura di minori, ripensando a questo fine programmazione urbanistica, viabilità, servizi educativi e culturali.
- a favore dei bambini di 0-3 anni: I servizi per l’infanzia non sono un costo ma un investimento sul futuro: potenziare ed espandere l’offerta formativa e di cura, mirando al raggiungimento degli standard europei del 33% di bambini che possano usufruire di strutture educative (asili nido, nidi integrati, “tempo per le famiglie”, tages mutter) e potenziando la formazione di specifiche figure professionali in questo ambito; rinnovare attenzione all’insieme del sistema educativo, rilanciando il servizio nidi in qualità e quantità adeguata alla domanda e tornando a “fare sistema” tra Comune, con ruolo di indirizzo, coordinamento e accompagnamento, scuola statale (primaria e secondarie) e scuole paritarie attraverso convenzioni eque e verifiche periodiche della qualità del servizio.
- a favore di bambini e ragazzi di 3-14 anni: contribuire a garantire servizi post scolastici qualificati per sopperire alle carenze di tempo pieno nelle scuole statali; riqualificare funzione e gestione dei Centri aperti e dei Centri diurni, che favoriscano la prevenzione del disagio nelle età dell’infanzia e della preadolescenza; potenziare le modalità di trasporto a scuola “riconquistando” ai bambini il territorio, attraverso le esperienze di “pedibus” e “vado a scuola da solo”, nonché le aree a “zona 30” attorno ai luoghi privilegiati di vita e tempo libero di bambini e ragazzi (così da favorirne autonomia e crescita); potenziare le strutture di educazione alla partecipazione civica e democratica dei/lle ragazzi/e di 10/14 anni;
- a favore dei ragazzi di 14-18 anni: attivazione di un osservatorio permanente sulla condizione giovanile; attivazione di luoghi di ritrovo e valorizzazione della creatività giovanile (musicale, artistica, espressiva) con finalità di orientamento, prevenzione, promozione; potenziamento (in accordo con ULS 20 e UST) di servizi territoriali di consulenza psicologica e prevenzione del disagio.
Qui ‘Centro affidi’
Le politiche giovanili: all’interno di una visione più complessiva che si basa sull’elaborazione e realizzazione di politiche non più solo settoriali ma con le persone e per le persone, le politiche giovanili nel nostro territorio veronese devono mirare a ricercare la relazione e la conoscenza con tutti i giovani presenti nel nostro contesto, mettendo in campo reali modalità di ascolto e confronto, favorendo il concreto coinvolgimento e il protagonismo attivo, sostenendo anche attraverso risorse e spazi adeguati la loro autonoma progettualità ed espressività.
Il territorio deve aprirsi ai giovani rendendosi più accessibile ai loro bisogni informativi, culturali, sportivi e di divertimento, sostenere e dare valore alle produzioni giovanili (anche attraverso la riappropriazione di spazi pubblici di aggregazione, la diffusione di luoghi di promozione della creatività artistica, musicale ed espressiva, il favorire l’organizzazione di spazi virtuali di ritrovo e di informazione); promuovere la loro partecipazione nell’ottica che essi sono in tutti i sensi cittadini dell’oggi (e non solo del domani), tenendo presente che i temi legati all’immigrazione e all’integrazione, oltre che alla dimensione territoriale ed alle differenze (di genere, di età, di cultura, di interessi, ecc.), rappresentano elementi trasversali che caratterizzano fortemente tutte le dinamiche giovanili; agevolare, attraverso una specifica “Carta giovani”, la fruizione a tariffe agevolate di servizi, beni e spazi rivolti al mondo giovanile; si tratta inoltre di accentuare l’attenzione specifica ai giovani per agire anche attraverso interventi mirati al superamento del gap economico/sociale che condanna i giovani del ceto basso alla marginalità, ma limita pure la mobilità verso l’alto dei giovani del ceto medio (si possono sostenere azioni per favorire la possibilità di esperienze formative o lavorative all’estero, la concessione di prestiti d’onore vincolati al primo reddito lavorativo o azione di microcredito).
Giovani e lavoro
– La crisi economica, che ha ripercussioni negative anche nel Nord-Est produttivo e nel nostro territorio, ricade in particolare sui giovani, sulle possibilità di trovare una occupazione dignitosa e duratura. La precarietà, la provvisorietà, la ricattabilità, sono alcuni degli elementi che caratterizzano l’occupazione giovanile quando questa si presenta. Ma il problema principale rimane quello della difficoltà dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. La questione diventa particolarmente grave per i giovani che hanno abbandonato precocemente la scuola e che provengono da famiglie in condizioni socio-economiche disagiate.
In questi casi necessitano interventi articolati che integrino il sostegno alla ricerca del lavoro con la formazione al lavoro, attraverso l’apprendistato, o con il rientro nei percorsi di istruzione e formazione professionale. In questo quadro va rivalutata l’istruzione tecnico-professionale garantendo e rafforzando la presenza delle istituzioni scolastiche tecnico-professionali presenti in città e in provincia.
Le amministrazioni locali (provinciale e comunali) devono farsi parte attiva per promuove l’incontro tra scuola e lavoro coinvolgendo le istituzioni scolastiche e imprenditoriali al fine di intercettare l’abbandono scolastico promuovendo allo scopo programmi di recupero e di sostenere l’alternanza scuola/lavoro ampliando le occasioni di apprendistato.
Anziani: in una realtà come la nostra, formata per oltre il 22% della popolazione da ultra 65enni, l’attenzione agli anziani deve diventare una tra le priorità, sia nel sostenere l’agio (che valorizzi le potenzialità e l’esperienza delle persone anziane, a vantaggio di se stesse e della collettività), sia nel prevenire (o attenuare) il disagio.
Tra gli interventi: rafforzare l’assistenza domiciliare (in accordo con l’USL 20 per gli aspetti più specificamente sanitari), attraverso misure che consentano all’anziano di rimanere a vivere nel suo quartiere; puntare a maggiore integrazione tra assistenza domiciliare sanitaria integrata (Adi) e assistenza domiciliare sociale (Sad); sostenere una progettualità complessiva per la valorizzazione delle strutture protette e delle case di riposo (necessità di impegno politico per ottenere nel Piani di Zona un riequilibrio per la storica carenza di posti letto convenzionati nella nostra città) per gli anziani stabilmente o temporaneamente non autosufficienti, che preveda sia riqualificazione dei servizi sia la consueta integrazione delle rette da parte dei servizi comunali; sostenere e potenziare progetti di residenzialità extra-ospedaliera per gli anziani non autosufficienti; attuare specifici “Progetti Alzheimer”, da sostenere in partnership con Fondazione Cariverona, Aziende socio-sanitarie, altri potenziali Enti senza fini di lucro; definire progetti che prevedano una maggior regolarizzazione e qualificazione delle “badanti”; attivare e/o potenziare progetto specifici che vedano gli anziani protagonisti attivi nei quartieri e nei paesi dove vivono; potenziare le attività ricreative, sportive, turistiche (turismo sociale) e culturali rivolte in particolare alla terza età.
Creazione sportello per le assistenti familiari (badanti) per fare emergere il mercato nero con il sistema dei buoni erogati dall'ente locale, per incentivare le famiglie alla regolarizzazione, favorirne la formazione e l’istituzione dell’Albo delle badanti, in collaborazione con le realtà pubbliche e del privato sociale che già operano positivamente in questo ambito.
Politiche per la disabilità: sostenere iniziative e progettualità che mirino ad un’efficace inclusione sociale, a partire dal garantire un’effettiva funzionalità delle Consulte per l’handicap, formate da associazioni effettivamente rappresentative della realtà (disabilità fisica, sensoriale, intellettiva) rileggendo i bilanci degli Enti locali alla luce dei diritti di cittadinanza delle persone con disabilità per promuovere una visione trasversale alle competenze.; potenziare piani per una mobilità libera da barriere architettoniche; in collaborazione con le Aziende socio-sanitarie, ripensare e riqualificare Centri Diurni e Ceod; valorizzare i progetti relativi alla “Vita indipendente” dei disabili, con un più costante contributo economico.
Le politiche per la salute
I Sindaci devono riappropriarsi delle proprie funzioni di responsabile della salute pubblica e garantirà a tutti gli abitanti, in particolare alle fasce più fragili della popolazione (anziani, disabili, malati cronici, bambini, stranieri), una rete diffusa di cure primarie in grado di assicurare equità nell’accesso alle prestazioni sanitarie. Particolare rilievo ha la prevenzione e la tutela di bambini e bambine, ragazzi e ragazze per gli aspetti di salute fisica e psichica (interventi e presa in carico integrati tra agenzie sanitarie, sociali ed educative del territorio).
Riqualificare l’offerta dei Consultori familiari in rapporto alle caratteristiche della domanda, con riferimento anche all’esigenza di una politica attiva di prevenzione e ascolto dei problemi di disagio e salute dell’età adolescenziale, in rapporto anche con le istituzioni scolastiche.
Accoglienza, integrazione e lotta alle povertà: nel territorio veronese, ad una fascia di popolazione cronicamente marginale (senza fissa dimora, anziani soli con pensioni al minimo), si sono aggiunti in questo periodo di crisi economica famiglie numerose monoreddito, donne con figli sole, famiglie di cassintegrati o disoccupati, di separati o divorziati; in questo contesto è necessario: mantenere e potenziare un efficace piano di accoglienza per senza fissa dimora (gestito in collaborazione con associazioni del terzo settore), con attenzione specifica anche alla realtà femminile; potenziare i sostegni economici a copertura degli affitti; attivare una politica tariffaria che tenga conto in maniera specifica delle condizioni economiche; utilizzare in maniera politicamente significativa i fondi di rotazione per l’edilizia;
altre marginalità: il mondo del carcere (una realtà nella città) va colto come struttura che nel garantire sicurezza ai cittadini offre opportunità di crescita a chi è detenuto; vanno perciò sostenuti progetti per formazioni scolastica e professionale, spazi per lettura e preparazione culturale, occasioni lavorative; valorizzare il ruolo del Garante dei detenuti e realizzare il progetto di un centro di accoglienza e ospitalità per i parenti dei detenuti.
Immigrazione come risorsa. La provincia di Verona deve essere un territorio in cui i diritti fondamentali – al lavoro, alla salute, all’istruzione, alla libertà di culto, alla sicurezza – siano patrimonio di tutti gli abitanti, qualunque sia il loro luogo di partenza.
La presenza numerica degli immigrati si sta stabilizzando, così come deve stabilizzarsi la qualità dell’integrazione dei “nuovi veronesi” nel territorio provinciale, attraverso politiche che valorizzino gli aspetti formativi e culturali, a fianco a quelli sociali e della legalità. In particolare: sostegno all’integrazione scolastica, tramite potenziamento dell’azione di mediazione linguistica e culturali; valorizzazione del ruolo della Consulta degli immigrati, quale organo di partecipazione, consultazione, proposizione delle comunità degli immigrati a Verona; organizzazione di iniziative culturali (mostre, feste, momenti celebrativi) che favoriscano la conoscenza reciproca tra comunità immigrate e tra “nuovi” e “vecchi” veronesi; sostegno attivo nel disbrigo delle pratiche per permessi lavorativi e di soggiorno (in raccordo con Questura e Prefettura); coinvolgimento di rappresentanti delle diverse comunità in azioni di educazione, formazione e rispetto della legalità.
Per coinvolgere gli stranieri nelle decisioni politiche della città è fondamentale riconoscere il diritto di voto. Per i referendum e le altre consultazioni comunali, tale diritto può essere introdotto con una semplice modifica dello Statuto.
La mediazione dei conflitti sociali: una risorsa per migliorare la convivenza. - Le amministrazioni locali devono prendersi cura delle relazioni tra i cittadini, perché è il primo elemento di benessere di una comunità. Promuove la mediazione dei conflitti sociali rappresenta un obiettivo importante per garantire alla comunità la convivenza sociale e la serenità nei rapporti. L'Ente locale, avvalendosi delle Associazioni di volontariato già impegnate nelle problematiche della convivenza civile, deve promuovere la formazione dei mediatori sociali e attivare iniziative volte a far conosce alla popolazione tale opportunità, promuovendo incontri a livello di circoscrizione nelle scuole, tra le associazioni (sportive, culturali, formative ecc.), nei luoghi di aggregazione.
Metodologia
In un contesto di profondi tagli da parte del governo agli enti locali, diventa prioritaria una strategia per garantire che le politiche sociali non subiscano riduzioni o contenimenti proprio in una contingenza socio-economica di particolare gravità.
Si possono ipotizzare tre strade:
• razionalizzazione degli interventi gestiti storicamente dai Comuni (nonché servizi a scavalco tra Comune e Provincia, come il lavoro), per mantenerne l’efficacia comprimendone eventuali costi impropri o verificare l’opportunità di riutilizzare risorse per rispondere a bisogni più urgenti;
• Convogliare risorse da fonti di finanziamento diverse, a partire dai fondi EU;
• attivazione di uno “sportello unico” (tra Comune, USL e Provincia) che miri alla razionalizzazione dei servizi socio-sanitari, ad un loro riequilibrio e a una loro sostanziale integrazione (valorizzando in questo senso il significato dei Piani di Zona, come strumento politico di programmazione dei servizi alla persona);
• realizzazione di osservatori che monitorino costantemente un fenomeno e una fascia d’età (anche in relazione alle condizioni famigliari), così da rendere più rispondenti, puntuali ed efficaci gli interventi; • definizione di progetti mirati ad urgenze sociali, che vedano la compartecipazione di Fondazioni o altri Enti con capacità di finanziamento senza lucro;
• coinvolgimento più fattivo del terzo settore nella progettazione, gestione, programmazione e valutazione di interventi sociali sul territorio comunale e provinciale, sulla base di un accordo che definisca le regole di un percorso comune tra Enti locali e Terzo Settore: questo consentirebbe da un lato di rispondere ad un’idea partecipata di sociale (legata al concetto di sussidiarietà, da valorizzare), dall’altro di preservare i servizi pur in un contesto di difficoltà finanziarie e garantire una buona qualità di erogazione, dipendente da una forte motivazione.

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martedì 30 ottobre 2012

PD Verona: Sanità

Conferenza Programmatica del PD di Verona. Documento del gruppo Sanità coordinato da Franco Bonfante, Vice-Presidente del Consiglio Regionale Veneto
La situazione oggi
Anche se ovvio non è fuori luogo ribadire – a Verona – che la sanità deve rimanere pubblica, mantenendo il carattere universalistico, finanziato dalla fiscalità generale.
La riduzione dei costi in sanità deve riguardare gli sprechi, le inefficienze, i clientelismi, non il servizio ai cittadini.
Deve essere equa e trasparente e porsi l’obiettivo di premiare il merito.
Sono sotto gli occhi di tutti le contraddizioni e le carenze nelle scelte sanitarie nella nostra Provincia: dall’ipertrofia dell’Ospedale di Borgo Trento, alle spese folli per centinaia di milioni di euro per strutture che poi si dichiara di voler dismettere, alla mancata riconversione degli ospedali chiusi o in fase di chiusura al ruolo storicamente secondario, se non marginale, in cui è relegata la sanità territoriale in genere
Confusione e ritardi dettati da scelte miopi, intrecci di politica e affari, campanilismi arcaici.
Il PDL, da quando è al governo nella Regione, ha concentrato la sua attenzione in particolare sugli appalti, la Lega Nord, che detiene l’Assessorato alla Sanità dal 2005, si è distinta nella gestione del potere e in un campanilismo oltranzista che ha ritardato la soluzione dei problemi esistenti.
Il PD deve distinguersi con una politica che guardi avanti: sì alla qualità, all’eccellenza, alla prevenzione, al territorio, all’appropriatezza ed anche ad una nuova cultura della salute.
Gli ospedali chiusi o in fase di chiusura vanno contestualmente riconvertiti a favore delle nuove esigenze che i cambiamenti demografici e scientifici impongono.
Le schede territoriali, per la prima volta inseriti nel nuovo Piano Socio Sanitario su proposta del PD, devono essere approvate ed attuate assieme alle schede ospedaliere con una presa d’atto di come già oggi la cronicità sia gestita quasi esclusivamente sul territorio nei servizi ambulatoriali, domiciliari e nelle residenze extraospedaliere. Le nuove schede territoriali dovranno essere anche strumento di programmazione e progettualità : ad ogni chiusura di reparto deve corrispondere una riallocazione delle risorse resesi disponibili sia di personale che di strutture, un adeguato utilizzo degli spazi e delle strutture: c’è bisogno di hospice, posti per non autosufficienti, lungodegenza, riabilitazione; c’è bisogno di un serio piano regionale per l’emergenza. E c’è bisogno di guardare con una visione fortemente integrata tra ospedale e territorio per garantire la continuità delle cure che metta al centro il cittadino che ha bisogno.
Le promesse di riduzione delle liste d’attesa fatte già nel 2005 dall’allora assessore alla sanità Tosi e ripetute ora da Zaia, a distanza di 7 anni, con la stessa enfasi e con la stessa assenza di idee, sono fallite e saranno analogamente destinate al naufragio se non vengono adottati provvedimenti concreti quali assunzioni di personale ed idoneo utilizzo delle tecnologie. Del resto il Partito Democratico a livello nazionale, già nel 2007, aveva fatto approvare norme incisive al riguardo poi inattuate dal governo Berlusconi.
L’Azienda Ospedaliera veronese, due anni fa, si è integrata con l’Università, a differenza di Padova che ha mantenuto la distinzione.
La scelta, corretta sul piano teorico, non ha ancora visto i risultati sperati: il Presidente del Consiglio d’Indirizzo si è da poco dimesso, la Regione si è disinteressata, intervenendo solo quando si decide di posti, potere, primariati.
I docenti universitari sono avviliti, il personale sanitario in genere lasciato senza indirizzi.
Il PD ritiene che il cammino dell’Azienda Integrata vada seguito con attenzione e valorizzato nel percorso.
Il suo fallimento coinvolgerebbe l’intera sanità veronese e veneta: sarebbe la fine dell’eccellenza in questo settore!
Verona ha un’importante presenza della sanità privata; il PD ritiene che questa possa essere una risorsa utile e al servizio dei cittadini se il rapporto con la Regione viene improntato alla correttezza ed alla trasparenza.
Nella sanità veneta così come è oggi organizzata non vi è una competizione “di mercato”, poiché gli accreditamenti ed i contributi non corrispondono a criteri oggettivi, ma a valutazioni in gran parte soggettive.
Peraltro chi, come noi, crede alla priorità della sanità pubblica deve anche assumersi l’onere di pretenderne la massima efficienza e qualità.
Il territorio
Il PD considera altrettanto importante rispetto alla ridefinizione del ruolo dell’ospedale come luogo impatto tecnologico e ad alta intensità, ma ad altissimo costo, il potenziamento dei servizi territoriali come capacità di intercettare e fornire una adeguata risposta di primo livello alla domanda di salute del cittadino e in particolare una adeguata gestione della cronicità oltre che della prevenzione ed educazione alla salute.
Il territorio attualmente sopporta un carico di domanda e di assistenza poco conosciuto per la sua dimensione e intensità, ma indubbiamente con strumenti organizzativi e gestionali che devono essere potenziati per garantire cure di qualità ed economicamente sostenibili in una ottica di equità e di universalità.
In particolare le schede territoriali dovranno prevedere non solo le strutture residenziali (RSA, hospice, Ospedali di comunità…), ma guardare alle residenze (temporanee o permanenti) in una visione dinamica e integrata del sistema complessivo delle cure. In questa visione la programmazione delle AFT nelle ULSS veronesi dovrà trovare spazio nelle schede territoriali in quanto rappresenta la definizione di nuovi modelli organizzativi che si configurano come “reparti” di sanità territoriale che H12/24 garantiscono servizi ambulatoriali, domiciliari e nelle residenze extraospedaliere, oltre che di prevenzione. Lo sviluppo delle AFT dovrà costituire un forte momento di integrazione interprofessionale e intraprofessionale con competenze di professionalità differenti sia sanitarie che sociali, con forti elementi di integrazione tra sociale e sanitario e recuperando un ruolo forte dei comuni nella programmazione e nella gestione di una parte dei servizi.
Il territorio avrà anche un compito fondamentale nelle strategie di prevenzione e della diagnosi precoce, nel favorire una cultura della salute, l’uso appropriato dei servizi sanitarie e delle risorse, l’attenzione agli stili di vita, l’empowerment del cittadino e l’auto-mutuo aiuto come strumenti efficaci di promozione della salute.
Anche la rete dei dipartimenti di prevenzione andrebbe potenziata uniformando le procedure ed applicandole ad un livello territoriale più ampio rispetto quello delle attuali ULSS.
Le prossime scadenze
A novembre inizierà in Consiglio Regionale l’esame delle nuove schede ospedaliere e – si spera – territoriali; entro dicembre saranno nominati i nuovi Direttori Generali e, subito dopo, i Direttori Sanitari, Amministrativi e del Sociale.
Inoltre vanno ridefiniti i territori nelle ULSS per adeguarli agli indirizzi del nuovo PSSR che prevede territori ottimali tra i 200 ed i 300.000 abitanti.
Per Verona tutto questo significa:
- forte riduzione dei posti letto per acuti (si parla di 2.000 posti letto in meno nel Veneto e di circa 500 in meno nel veronese);
- necessità di incrementare le strutture riabilitative, gli hospice per i malati gravi, i posti per i non autosufficienti, i servizi di day hospital;
- ridefinizione dei territori nelle ULSS, poiché l’ULSS 21 di Legnago ha una popolazione inferiore ai 200.000 abitanti.
Su questi temi delicati, che riguardano la salute dei cittadini, il PD non abdicherà alla propria funzione di partito di governo, pur dall’opposizione.
Noi riteniamo che, come già detto, le scelte debbano essere chiare, coraggiose, tese al futuro, vicine alle esigenze dei cittadini, prive di connotati clientelari o meramente campanilistici.
Per cui:
a) è giusto avviare una riflessione sul numero delle ULSS nella nostra provincia che probabilmente troverà soluzione nella prossima legislatura;
b) le nuove schede ospedaliere devono essere approvate e attuate contemporaneamente alle schede territoriali, cosicché per ogni struttura si conosca il futuro prossimo, senza infingimenti e prese in giro;
c) la riduzione dei posi letto deve essere equa per tutto il Veneto, senza penalizzazioni per Verona, senza punizioni per la sanità pubblica, che è stata messa in ginocchio da scelte politiche scellerate non certo dal lavoro dei sanitari, che, invece, hanno dimostrato a più riprese elevata professionalità e competenza;
d) La riduzione dei posti letto ospedalieri deve trovare una coerente ed efficace risposta nel potenziamento della capacità di presa in carico complessiva del territorio attraverso la riallocazione delle risorse, la promozione del riordino delle cure primarie attraverso le AFT, una adeguata programmazione della residenzialità extraospedaliera, la ridefinizione del ruolo dei distretti e del ruolo dei comuni;
e) Il Presidente Zaia ha un’occasione per dimostrare nei fatti un modo diverso di governare rispetto al suo predecessore: basta con le nomine oggetto di scelte partitiche e spartitorie. Il PD non chiederà quote, non sponsorizzerà amici o tecnici d’area: non ci sarebbe perdonato dagli operatori e ancora meno dai cittadini. Soprattutto non daremmo alcun servizio positivo alla società, che si attende da noi “il cambiamento possibile”, una svolta nel metodo e nel merito. Saprà fare altrettanto Zaia? Sapranno fare altrettanto i partiti che lo sostengono?

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PD Verona: servizi pubblici locali

Conferenza Programmatica del PD di Verona. Documento del gruppo Servizi Pubblici Locali coordinato da Federico Testa, deputato e responsabile nazionale Energia e Servizi Pubblici Locali.
1) I servizi pubblici locali
- ruolo fondamentale per garantire qualità della vita dei cittadini;
- al di là delle riserve di legge, il ruolo del pubblico può essere quello di erogatore diretto (come è per lo più stato nel passato) o di chi definisce il quadro di regole (qualità del servizio, diritti dei consumatori, tutele delle fasce deboli, modalità di definizione dei costi in alcuni casi);
- la scelta del soggetto erogatore, pubblico o privato, va comunque fatta individuando nell’efficienza e nell’efficacia delle prestazioni ai cittadini le variabili sulla base delle quali selezionare, per un tempo definito, tale soggetto;
- in questo senso, le imprese locali di pubblici servizi devono essere capaci di “mettersi in gioco”, valorizzando il proprio capitale di competenze, e chiedendo agli Enti locali chiamati a bandire le gare di attrezzarsi per far sì che i bandi privilegino la qualità del servizio per i cittadini e non le rendite per i soggetti gestori;
- non è tollerabile la riduzione dei servizi pubblici per mancanza di risorse quando molte di esse sono ancora sprecate tra cattive gestioni, ridondanti consulenze e dubbie sponsorizzazioni;
- è importante avviare la riflessione sul superamento delle normative trasversali ai vari servizi pubblici verso regole specifiche per ogni tipologia di servizio, così da cogliere le diverse peculiarità industriali.
2) La situazione e le prospettive strategiche delle società di servizi pubblici a Verona
- chiusura in sé per tutelare la spartizione degli incarichi, che vede prevalere la vicinanza politica rispetto alle competenze, con conseguente sostanziale isolamento rispetto alle aggregazioni in atto.
- In particolare:
- AGSM/AMIA: il trasferimento di amia ad AGSM ha perseguito unicamente finalità di trasferimento di risorse al Comune di Verona. Non a caso non si sono realizzate né la razionalizzazione dei consigli di amministrazione, né significative sinergie industriali. Per quanto riguarda nello specifico AGSM, permangono forti preoccupazioni relativamente alla possibilità prospettica di spuntare condizioni vantaggiose di acquisto delle materie prime energetiche sui mercati globali, che tendenzialmente premieranno la grande dimensione e le sinergie d’acquisto, al di là delle condizioni favorevoli degli ultimi tempi, legate alla particolare situazione dei mercati spot. Quanto al settore dei RIFIUTI, le recenti esperienze, hanno dimostrato l’importanza di mantenere la gestione in una dimensione circoscritta a territori omogenei. Questa decisione consente di favorire economie di scala è in grado di dare risposte immediate ai bisogni dei cittadini. In particolare nella provincia di Verona vanno determinati ambiti territoriali che consentano di sfruttare tutte le potenzialità delle aziende che già vi operano. Tali società debbono essere in grado di elaborare strategie virtuose capaci di produrre benessere, anche economico, alla cittadinanza nella massima trasparenza e nell’obiettivo comune di una gestione ambientale oculata e rigorosa. Ciò si ottiene investendo gli utili in azienda o in diminuzioni tariffarie, promuovendo su tutta la provincia la raccolta differenziata porta a porta con metodo spinto con utilizzo degli ecocentri, anche nel Comune di Verona, e favorendo l’insediamento di impianti che consentano di valorizzare completamente il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti al fine di non rendere necessaria la costruzione di nuovi inceneritori.
- TRASPORTO PUBBLICO LOCALE: da anni assistiamo allo scadimento del servizio di trasporto pubblico locale offerto al nostro territorio. Nel contempo, permangono situazioni di evidente spreco di risorse pubbliche tra cui citiamo solo la più emblematica, il persistere di tre società dedicate ovvero ATV, partecipata da AMT e APTV, società che moltiplicano incarichi e costi fissi senza creare sinergie. Si propone di sopprimere da subito AMT e APTV, con partecipazione diretta al capitale di ATV da parte degli Enti Pubblici, l'integrazione, la razionalizzazione ed il rafforzamento delle linee, la diminuzione del costo del trasporto pubblico per rilanciarne l'utilizzo diffuso e alleggerire il traffico veicolare.
- AEREOPORTO: la pesantissima situazione patrimoniale attuale non può essere affrontata dai soci rimuovendone le ragioni di fondo o scaricando sui singoli individui l’incapacità di visione strategica e l’acquiescenza alle scelte del management dimostrate. L’individuazione del piano industriale e di uscita dalla crisi attuale devono basarsi da un lato sul mantenimento delle radici locali di una struttura fondamentale per il territorio, sulla valorizzazione del tradizionale bacino territoriale che comprende, oltre a Verona, il lago di Garda, l’asta del Brennero, i territori mantovano e bresciano, e dall’altro sulla apertura del capitale a partnership industriali.
- FIERA: l’apertura del capitale a soggetti privati, pur trovando originaria motivazione nella necessità del Comune di Verona di “fare cassa”, può favorire l’individuazione di un progetto di consolidamento e crescita della società, che deve puntare allo sviluppo di manifestazioni proprie che consentano di aumentare il tasso di utilizzazione delle infrastrutture e “proteggano” dal rischio di “scippo” delle manifestazioni. In questo senso è fondamentale la capacità della società di individuare tempestivamente le possibili linee strategiche dei potenziali nuovi mercati.
- ACQUA: Rispetto alla situazione giuridica che si è venuta a determinare per la gestione dell'intero ciclo dell'acqua, la Provincia veronese presenta situazioni non uniformi, con la permanenza in vita di alcune esperienze di gestione locale rispetto alla scelta del consorzio che ha dato origine alla nascita di Acque Veronesi Scarl, che si occupa del servizio nella stragrande maggioranza del territorio provinciale. In questo quadro è doveroso ricordare che ci sono ancora comuni privi di rete fognaria o acquedotti con perdite di rete elevate. Il momento di crisi in cui versa il paese può determinare anche un aumento dei costi di gestione, ciò nonostante è indispensabile intensificare gli investimenti per garantire a tutti i cittadini il diritto all'accesso sicuro all'acqua.
-AGEC - attribuirgli funzioni non proprie con ingente esposizione finanziaria ha indebolito la situazione economica dell'azienda che fatica ora a mantenere in stato di efficienza la sua attività principale, gli edifici esistenti necessitano di urgenti investimenti per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica. Inoltre il regolamento sulle assegnazioni degli alloggi viene utilizzato anche per propaganda politica invece che per rispondere alle esigenze della fasce più deboli della popolazione, in questo serve armonizzazione a livello almeno della Provincia al fine di tutelare il diritto alla casa.
3) Alcune "regole del gioco" finalizzate alla trasparenza ed alla partecipazione e controllo da parte dei cittadini
- nomine: proposte da singoli cittadini, invio curriculum via internet, pubblicazione delle decisioni con relative motivazioni comparative; - società di secondo livello: componenti dei consigli di amministrazione scelti dal livello superiore con compenso omnicomprensivo e manager della controllante, pubblicazione del bilancio delle società di secondo livello nel sito della controllante; - introduzione di un codice etico che regolamenti i conflitti di interesse e le incompatibilità; - rappresentanza delle minoranze negli organismi di controllo; - raccolta e pubblicizzazione da parte dei soggetti erogatori, anche in collaborazione con le associazioni dei consumatori, di indicatori di risultato e prestazioni che consentano ai cittadini la valutazione, anche in termini comparativi, dell'efficienza aziendale e della qualità dei servizi forniti, cosi da introdurre le migliori pratiche nell’azienda.

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venerdì 26 ottobre 2012

Parentopoli Veronese: querela archiviata

“Dopo l’archiviazione della querela della moglie di Tosi, Stefania Villanova, dopo quella del portavoce di Tosi, il sig. Bolis, è stata archiviata anche quella dell’uomo di Tosi nelle società partecipate Sardos Albertini, il quale mi aveva querelato per via delle mie affermazioni nella vicenda di Parentopoli. Il giudice ha considerato la mia una legittima critica politica e, soprattutto, la verità”. Dichiara Franco Bonfante, vice presidente del Consiglio Regionale Veneto.
Articolo di F. M. pubblicato su L’Arena il 26 ottobre 2012
Parentopoli e nipoti? Non è diffamazione
L´avvocato Sardos Albertini querelò gli esponenti del Pd Bonfante, Fasoli e Puppato. Il pm di Padova ha archiviato: «Si tratta di diritto di critica politica»
Parentopoli, incarichi affidati a congiunti, perplessità e querele. Ma la critica politica si distingue dalla diffamazione e le perplessità espresse nei luoghi a ciò deputati, in questo caso la Giunta regionale, non entrano nell´ipotesi punita dal codice penale. E così l´ennesima querelle che vede contrapposti Franco Bonfante all´«entourage di Tosi», come lo definisce lui stesso, è finita in nulla, anzi in archivio.
A sollevare dubbi sulla regolarità delle assunzioni nelle società partecipate o controllate del Comune di Verona furono, con un´interpellanza alla Giunta del Veneto, i consiglieri regionali del Pd Franco Bonfante, Roberto Fasoli e la capogruppo Laura Puppato. Sempre la legge 133/2008, sempre la verifica sul rispetto della «massima trasparenza» nelle assunzioni e nel lungo elenco di ingressi che per i consiglieri era da verificare venne inserito anche quel «il nipote di un noto avvocato della lista Tosi». La dichiarazione risale al maggio 2011, la querela per l´ipotesi di diffamazione a mezzo stampa presentata dall´avvocato Gian Paolo Sardos Albertini è di agosto e l´archiviazione disposta dal gip di Padova è di qualche tempo fa. Ma ufficiale: «il pm ha ritenuto che nei fatti non è ravvisabile alcun illecito penale», recita la richiesta del pubblico ministero, «in quanto le dichiarazioni attribuite ai tre indiziati, consiglieri regionali, attengano a fatti (assunzioni da parte della giunta comunale di Verona) su cui hanno esercitato un diritto di critica politica da ritenere legittimo attesa la valenza pubblica del contesto. Né vale attribuire rilevanza penale alla loro condotta la circostanza, segnalata in denuncia per cui uno degli assunti non era nipote dell´esponente bensì della moglie di questi». «Evidentemente ogni “aggressione” dell´amico Flavio non produce l´effetto sperato perché dico la verità», il commento del consigliere Bonfante, «sto attento a quel che dico e non racconto bugie, non insulto nessuno e quella perplessità sollevata in Regione rappresenta una delle prerogative di un consigliere regionale. Ho solamente chiesto verifiche sulla base del diritto e del potere di effettuare una critica politica che mi spetta». E per la terza volta la posizione dell´«indiziato» Bonfante è finita in archivio. «Nessuna rilevanza penale».

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giovedì 25 ottobre 2012

Berlusconi molla ma rimane il ragno

Berlusconi ha deciso di non ricandidarsi come premier alle prossime elezioni politiche e propone per metà dicembre le primarie per scegliere il candidato alla premiership.
Nel Pdl sono in tanti ad esultare perché intravedono spazi di potere da occupare ma non comprendono che il ragno è presente e condizionerà la politica della destra. Alcuni esponenti del Pdl intravedono formalmente nella proposta delle primarie la possibilità di avviare un rinnovamento del partito.
Il Pdl rischia di trasformarsi in un arcipelago in assenza di un leader autoritario che ha dominato, senza concedere spazi, la scena politica degli ultimi decenni.
“Con il ritiro di Berlusconi dalla scena politica italiana, dichiara Alessandra Moretti portavoce del team di Pierluigi Bersani e vice sindaco di Vicenza, finisce un'era caratterizzata dal partito azienda e dal Governo guidato dall'uomo solo al comando. Si é trattato di una fase della storia di questo Paese che ha visto la politica perdere il suo autentico significato: quello di servizio e di impegno civico spesso sostituito da una visione affaristica ed egoistica del fare politica. L'epoca berlusconiana ha inoltre contribuito a danneggiare l'immagine e la dignità della donna troppo spesso usata come trofeo da esibire, sminuendo così il ruolo e il valore delle capacità femminili in tutti i campi, compreso quello della politica". “Mi auguro, conclude Alessandra Moretti, che si apra una nuova stagione fatta di persone oneste, capaci e competenti, coraggiose e ricche di spirito di innovazione e di cambiamento. La prossima legislatura sarà difficile e richiederà di mettere a disposizione le migliori risorse. Anche per questa ragione ritengo decisiva la vittoria di Pierluigi Bersani alle primarie del centro sinistra: perché questa volta scegliamo il prossimo Presidente del Consiglio al quale affidare il destino dell'Italia e degli italiani".
Un partito, il Pdl, che negli ultimi 20 anni non ha mai praticato la democrazia interna ed ha selezionato la classe dirigente in base alla fedeltà ed alla subordinazione nei confronti di Berlusconi non è in grado di realizzare dalla sera al mattino la partecipazione democratica, libera da condizionamenti soffocanti e da interessi di potere.
Nel Pdl non esiste, perché mai praticato, un patrimonio di valori che sono alla base del sistema politico e democratico di un paese.
Il Pdl è un ragno formato da una testa centrale che impartisce ordini e dai membri che ubbidiscono agli ordini ricevuti in assenza di un processo decisionale che coinvolga l’intero corpo. L’art. 49 della Costituzione, il quale assegna ai cittadini il “diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, non è stato realizzato dal Pdl con Berlusconi leader. Al contrario Berlusconi ha realizzato per primo, con Forza Italia e poi con il Pdl, un modello di partito come organizzazione personale. Tale modello, utilizzato poi da altri partiti, ha tradito lo spirito costituzionale, ha prodotto consensi elettorali nel modo più strumentale senza risolvere i problemi del paese ed ha generato il Pdl, un partito che rappresenta una mescolanza di interessi, di lobbies, di interessi professionali e corporativi.
Non bisogna dimenticare che Berlusconi ha utilizzato il suo partito per interessi personali (processi, leggi ad personam) senza la pur minima contestazione da parte della classe dirigente del partito.
Berlusconi ha avuto anche la capacità di incidere sulla cultura del paese e dei cittadini, i quali si sono sentiti autorizzati ad assumere comportamenti finalizzati agli interessi individuali e non a quelli dello Stato.
Berlusconi ha rivolto la sua attenzione alla mano invisibile del mercato per risolvere i problemi del paese e non risolvendoli è stato costretto alle dimissioni. Il lavoro che i partiti democratici dovranno svolgere è duro e faticoso per recuperare ai valori della democrazia quei cittadini che hanno trovato in Berlusconi la giustificazione dei loro comportamenti negativi.
Occorre recuperare la cultura della legalità e della democrazia per ricostruire un paese che ha bisogno di uscire dalla crisi economico e sociale e di realizzare la giustizia sociale. Di solito i partiti si interessano di consensi e di alleanze trascurando i fattori immateriali che stanno alla base dell’impegno politico: legalità, trasparenza, sincerità, onestà, competenze e pluralismo. Questi sono i presupposti dell’impegno politico perché la politica buona, realizzata nell’interesse dei cittadini, non è costituita da imbrogli, bugie e furbizie.
Occorre ricordare che l’inganno e le bugie non ripagano e che prima o dopo le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione rendono trasparenti i comportamenti non improntati alla sincerità ed alla sobrietà.

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mercoledì 24 ottobre 2012

Spianà, area al servizio dei cittadini

Il piano degli interventi varato dall’Amministrazione Tosi prevede un grande intervento di impianti sportivi effettuato dai privati in località Spianà. Tale intervento sottovaluta l’esigenza di realizzare nella terza circoscrizione delle aree di verde attrezzato al servizio dei cittadini.
Il progetto del Comune non interessa tutta l’area della Spianà, la quale in parte rimane non utilizzata con il pericolo che successivi interventi possano comprometterla.
Nella terza circoscrizione di Verona vi è un rapporto abitanti/verde ed abitazioni/verde molto alto rispetto a tutte le altre circoscrizioni del Veronese e per tale motivo la Giunta Tosi avrebbe dovuto intervenire per rendere vivibile l’area territoriale e non per effettuare interventi di privati che limitano lo spazio verde per i cittadini.
“Il progetto del Parco della Spianà, dichiara Lorenzo Dalai consigliere provinciale del PD, era nato trent'anni fa dalla cessione al Comune di Verona di aree della zona acquisite da imprese che, non potendo compensare con Verde Pubblico alcune nuove costruzioni in zone diverse della città, avevano così assolto gli obblighi dati dall'allora vigente PRG. Quindi si tratta di aree destinate a Verde Pubblico, che tali dovrebbero restare, per rispetto al Territorio”.
Per Territorio, continua Dalai, io intendo quel Filo Rosso che collega Padri e Nonni a Figli e Nipoti, ovvero la capacità di realizzare interventi che abbiano un minimo di proiezione nel Futuro, un po' di lungimiranza, qualità che oggi sembra essere ormai impossibile da trovare tra le doti dei nostri amministratori pubblici”.
Qui il resto del post“La trasformazione in verde ad uso sportivo, conclude Lorenzo Dalai, snaturerebbe la destinazione, visto che gli impianti sportivi necessitano di una serie di servizi (spogliatoi, ristorazione, parcheggi) che collocano le aree così definite a mezza strada tra il verde pubblico e le zone urbanizzate. Perciò, se si vogliono realizzare impianti sportivi in questa zona, occorre che il progetto sia inserito in una totale sistemazione dell'area, non si deve assolutamente procedere a stralci, perché così si aprirebbe la possibilità di passare ad una urbanizzazione quasi totale”. “Il Partito Democratico da anni si è impegnato, dichiara Federico Benini segretario del Circolo Pd, per impedire che alla Spianà spetti una fine simile. Non è stata sufficiente la nostra raccolta firme nella primavera 2011 per chiedere che vi fossero delle macro aree del parco destinate alla comunità, non sono stati sufficienti gli emendamenti presentati in Consiglio comunale sul Piano degli Interventi”. “Ora vogliamo fare, conclude Benini, un’altra proposta concreta a questa amministrazione: preso atto del campo sportivo previsto dal Piano degli Interventi, puntiamo sulle opere di compensazione. Il Comune si impegni a rivedere il progetto delle aree adiacenti all’attuale campo da mini-golf (già esistente), le acquisti (la proprietà è suddivisa tra pochissimi privati) e se ne ottenga una vasta area di 120.000 mq dove realizzare un grande parco (più grande del San Giacomo) con tanto di alberi e laghetto, a disposizione di tutta la città”. “Ho saputo in questi giorni che gran parte del terreno della Spianà verrà utilizzato per creare impianti sportivi e strutture, quali spogliatoi e posti di ristoro, collegate”. Ha dichiarato Paola Lorenzetti della segretaria comunale del Pd. “In un primo momento ho pensato, continua Lorenzetti, che tutto sommato è una buona cosa, lo spazio per fare sport a Verona non è mai troppo, e una zona abbandonata prima o poi diventa anche luogo di traffici poco puliti. Poi però mi è venuto spontaneo pensare ai grandi progetti del passato per la Spianà, che la raffiguravano come il futuro polmone verde di Verona: un'enorme distesa di terra tutta regalata alla natura, con alberi, aiuole fiorite, panchine, giochi per bambini, percorsi della salute con esercizi all'aperto. Non sarebbe stato bello così? Un grande parco accessibile a tutti, un semplice parco dove passeggiare, riposare, leggere, giocare... con tanti alberi che forniscono ossigeno in una zona dove l'aria è sempre più inquinata. Tutte le grandi città europee, Londra, Parigi, Madrid, hanno parchi splendidi, curati, abitati, per riposare e ricreare la mente. Da noi no, non è possibile niente del genere. Se non roviniamo tutto con colate di cemento non siamo contenti. Niente polmone verde quindi, perché i pochi fili d'erba degli impianti sportivi non svolgeranno certo la funzione di tanti alberi; e niente condivisione di spazi da parte dei cittadini, perché gli impianti sportivi sono di fatto preclusi a chi non pratica lo sport”. Pazienza..., conclude Paola Lorfenzetti, continueremo a respirarci quest'aria sempre più contaminata, senza alcuna prospettiva positiva per il futuro. E gli anziani, invece di sedersi all'ombra, d'estate, a guardare i nipotini giocare, continueranno ad osservare i cantieri delle case che crescono, crescono... anche se non servono a nessuno, perché a Verona ci sono circa 10.000 appartamenti sfitti! Il Circolo Pd della terza circoscrizione ha organizzato domenica mattina, dalle 10,30 in poi, una passeggiata-castagnata attorno a tutte le aree coinvolte dal Piano degli Interventi e verranno presentate dei rendering per dimostrare come l’amministrazione vuole ridurre l’area e la proposta di verde con le relative immagini.

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Avviso Pubblico in Veneto contro la mafia

Articolo di Pierpaolo Romani pubblicato dal Corriere del Veneto il 24 ottobre 2012
Sconfiggere le mafie è possibile: occorre essere organizzati e non delegare tutto e solo a magistrati e forze dell’ordine. Anche la scuola, lo sport, l’economia e la politica devono fare la loro parte. È necessario costruire un progetto di “legalità organizzata” che si deve opporre alla “criminalità organizzata”.
Di tutto questo si discuterà a Padova dal 25 al 27 ottobre, alla multisala MPX di via Bonporti e al Centro culturale S. Gaetano, nell’ambito della quarta festa nazionale dell’associazione “Avviso Pubblico”, una realtà che dal 1996 ad oggi ha messo insieme più di duecento enti locali impegnati in progetti di formazione civile contro le mafie, di cui ventuno in Veneto (www.avvisopubblico.it).
Tre giorni intensi, che coinvolgeranno studenti, docenti, sportivi, cittadini, amministratori locali, imprenditori, sindacalisti, liberi professionisti, che avranno occasione di ascoltare e di confrontarsi con ospiti d’eccezione come don Luigi Ciotti, Presidente di Libera e del Gruppo Abele, che affronterà il tema Cittadini non si nasce ma si diventa; Pietro Grasso, Procuratore nazionale antimafia, con il quale si discuterà del riciclaggio di denaro sporco nell’economia; Sonia Alfano, Presidente della Commissione parlamentare antimafia europea, che si confronterà con tre sindache calabresi – di Isola Capo Rizzuto, Rosarno e Monasterace – minacciate dalla ‘ndrangheta perché amministrano in nome del bene comune; Damiano Tommasi e Alex Zanardi, uomini e sportivi esemplari; Michele Prestipino, Procuratore aggiunto a Reggio Calabria e lo storico Enzo Ciconte, che svolgeranno una riflessione sulla presenza della ‘ndrangheta nel settentrione del nostro Paese; Luigi De Sena, vice presidente della Commissione parlamentare antimafia che, insieme ad esperti e amministratori locali di diverse regioni italiane, affronterà il tema del gioco d’azzardo, un settore delicato in cui si intrecciano business, criminalità e una nuova forma di dipendenza che, nel recente decreto Balduzzi, è stata riconosciuta come malattia. Uno spazio importante sarà dedicato anche alla memoria: venerdì 26 ottobre, Franco La Torre e Simona dalla Chiesa, ricorderanno le figure dei loro padri, dopo la proiezione del documentario intitolato Uomini soli, curato dal giornalista Attilio Bolzoni, anch’egli ospite della festa di Avviso Pubblico. La presentazione del libro Porto Franco (Dalai editore) di Francesco Forgione, già presidente della Commissione parlamentare antimafia, sarà l’occasione per parlare della presenza delle mafie nel Veneto e nel Nord Est, un territorio in cui vi sono ottantaquattro beni confiscati e in cui recentemente sono stati arrestati latitanti di rilievo, sono state condotte importanti operazioni antimafia e in cui si registra un aumento delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette e dei sequestri di droga. Di questo ne discuteranno Roberto Terzo, magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Venezia; Vittorio Borraccetti, già Procuratore della repubblica della città lagunare e attuale membro del Consiglio superiore della magistratura; il consigliere regionale Roberto Fasoli, relatore della proposta di legge per prevenire e contrastare le mafie e diffondere una cultura della cittadinanza attiva e responsabile attualmente in discussione a Palazzo Ferro Fini. Non solo incontri, confronti e presentazioni di documentari e di libri. La chiusura della festa di Avviso Pubblico, sabato 27 ottobre al Centro S. Gaetano, è stata affidata al teatro. Giuliano Turone, ex magistrato noto per le sue inchieste sulla loggia massonica P2 e sull’omicidio dell’avvocato Ambrosoli, reciterà lo spettacolo La diritta via. La Costituzione e Dante Alighieri senza distinzione di razza né lingua di cui egli stesso è l’autore. Da Padova e dal Veneto parte un messaggio chiaro all’Italia degli onesti: organizzare la legalità è possibile e conveniente. Solo contrastando e sconfiggendo mafie, corruzione e malaffare il Paese potrà ripartire e la qualità della nostra democrazia migliorare.

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lunedì 22 ottobre 2012

Spianà: si al verde; no all’area sportiva

Lettera aperta di Gianfranco Caodoro al Sindaco di Verona pubblicata su l’Arena il 21 ottobre 2012
Caro Sindaco, sono un docente di Scienze naturali al Liceo Montanari e collaboro da 35 anni con il Museo di Storia Naturale di Verona. Nel corso delle mie ricerche naturalistiche nel mondo, ma soprattutto nel nostro eccezionale territorio, ho scoperto alcune decine di specie nuove per la scienza. Dal 2004 ho anche l´onore di essere presidente di World Biodiversity Association, un´associazione internazionale che si occupa di studio e tutela della biodiversità.
Ho deciso di scriverle, perché recentemente ho letto su L´Arena che il Comune di Verona ha approvato un progetto per la realizzazione di una «area sportiva» alla Spianà. Lei non può immaginare cosa significa per noi abitanti di Borgo Milano avere vicino ad una delle vie più inquinate d´Italia (corso Milano), un´area di campagna come la Spianà, in pratica l´ultimo polmone verde di Verona: campi, siepi, boschetti, capezzagne. Venga, signor Sindaco, una domenica mattina a vedere che meraviglia! C´è tanta gente, come me, che usa la Spianà come una palestra: poche macchine, tanto verde, uccelli che cantano e aria sana!
E adesso? Leggo su L´Arena di un mega-progetto che prevede piscine, campi da calcio, campi da golf, campi da tennis... Ma alla Spianà non sarebbe meglio lasciare campi e basta? E non è finita: apprendo che il Comune vuole costruire anche parcheggi, bar, ristoranti e strade vere al posto delle capezzagne! Ma dove volete portarci? Al cimitero prima del tempo? Siamo già sommersi da macchine, rumori, smog e inquinamento! Fermatevi! Basta costruire su aree verdi!
Che ne dice, signor Sindaco, del nuovo Decreto Legge «salva-suolo» del governo Monti? Perfino Roma si è accorta che non si può continuare a cementificare il nostro (ex) Bel Paese al ritmo di 100 ettari al giorno!
È vero che noi veronesi siamo un po´ «sprovveduti» (per non usare un termine dialettale più appropriato...). Ma la mia impressione è che vi stiate impegnando al massimo per distruggere l´ultima grande area verde inglobata nella città; area che quarant´anni fa l´architetto Rudi aveva proposto di trasformare in Parco. Oggi Verona avrebbe un Parco vero, e se ha avuto modo di visitare Central Park a New York (l´anno scorso, mi pare), ha capito bene a cosa mi riferisco.
Come vedrei io la Spianà? Dato che ho a cuore le mie radici culturali e sono molto sensibile alla tutela del mio territorio, la Spianà per me dovrebbe diventare il «Parco della Civiltà Contadina Veronese», perché ultimo lembo di territorio agricolo dentro la città. Un´area che ha mantenuto i caratteri tipici della tradizione agricola veronese. I campi, ancora coltivati, si alternano a siepi e boschetti, con una rete di canalette per la distribuzione delle acque irrigue.
Ci vorrebbe poco per trasformare un´area come questa in parco per i veronesi. Basterebbe impiantare qualche vigneto, un pioppeto e qualche boschetto di querce, che un tempo ricoprivano tutta la pianura; destinare alcune aree a orti, e realizzare un piccolo specchio d´acqua per ricreare le condizioni delle aree umide (sguazzi, risorgive, paludi) della pianura veronese.
Lei non può immaginare che cosa potrebbe diventare un´area del genere per i veronesi, un´oasi di pace e di natura dentro la città... Il progetto glielo farei io, gratuitamente. Senza neppure rimborsi spese... Nella nostra Associazione abbiamo architetti, ingegneri, forestali, agronomi, geologi e professionisti vari, tutti pronti a lavorare gratis per il bene della città! Sarebbe un modo anche per Lei, signor Sindaco, di essere ricordato dai concittadini come il sindaco che ha trasformato la Spianà in un «Parco della veronesità».
Glielo assicura un veronese innamorato di Verona e del suo territorio.
Gianfranco Caoduro
Foto della Spianà

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venerdì 19 ottobre 2012

Legge di stabilità: povertà e famiglie

Articolo di Maurizio Ferrera pubblicato sul Corriere della Sera il 18 ottobre 2012
La legge di stabilità appena varata dal governo è un provvedimento complesso e variegato: i suoi effetti distributivi sul reddito degli italiani sono difficili da stimare. A giudicare dal coro di proteste degli ultimi giorni, la parte più controversa riguarda i tagli a deduzioni e detrazioni fiscali e la tosatura delle prestazioni assistenziali. Quando si toccano i portafogli delle famiglie, le critiche sono inevitabili e spesso hanno carattere strumentale. Più che entrare nel merito di singole misure, conviene concentrarsi sulla direzione generale della manovra. La strada imboccata è quella giusta? Rispondo con una metafora: la strada è giusta, ma il governo ha messo il carro davanti ai buoi. Ha cioè agito senza avere gli strumenti per poter essere davvero efficace ed equo.
Nel nostro Paese il complesso fisco-welfare è un labirinto disordinato e incoerente, con scarsa capacità di sostenere le famiglie disagiate e di contrastare la (vera) povertà. Nel loro insieme, le prestazioni di assistenza sociale riducono il tasso di povertà relativa di un misero 8%, rispetto al 13% di Francia e Germania e al 17% dell'Inghilterra. Nella Ue solo Bulgaria e Lettonia fanno peggio. Circa la metà della spesa va a famiglie che non sono economicamente disagiate (sempre in termini relativi).
Data questa situazione, l'obiettivo di razionalizzare e «mirare» in modo più accurato i trattamenti, a cominciare da quelli di invalidità, in ragione dei bisogni reali e della situazione economica di chi li riceve è sacrosanto e questo governo non è certo il primo ad affrontare il problema.
Il fatto è che non disponiamo (ancora) dello strumento adatto per selezionare bisogni e redditi delle famiglie. Da almeno quindici anni, è su questo punto che «casca l'asino» delle politiche selettive all'italiana. Mario Monti ed Elsa Fornero lo sanno bene. Da mesi il governo sta lavorando proprio sullo strumento: una versione riveduta e corretta del cosiddetto Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), già in uso per l'accesso ad alcune prestazioni a livello locale. Ecco allora la perplessità di fondo. Perché si è usata l'accetta per aggredire agevolazioni e trasferimenti invece di aspettare che il nuovo strumento fosse pronto? E se non si poteva aspettare, perché non si è proceduto più rapidamente con la riforma dell'Isee?
Sempre in tema di famiglie, vi è poi un secondo aspetto che delude: la scarsa attenzione nei confronti di chi si trova in povertà «assoluta» (senza beni essenziali per condurre una vita dignitosa), tre milioni e mezzo circa di famiglie. L'unico sostegno nazionale è rappresentato dalla «carta acquisti», che vale 40 euro al mese: un importo che si commenta da solo. La legge di stabilità ipotizza un rifinanziamento della carta per il 2013. Ma nell'ambito di uno stanziamento complessivo di 900 milioni di euro volto a finanziare «interventi di settore per le università statali, le politiche sociali, le famiglie, i giovani, la ricostruzione dell'Aquila e le missioni di pace all'estero». Quanto resterà per i poveri?
In Francia il «reddito di solidarietà attiva» garantisce a una famiglia nullatenente con due figli un trasferimento di circa mille euro al mese. La prestazione è stata introdotta da Sarkozy nel 2008. Poche settimane fa, Hollande ha imposto un prelievo dello 0,15% sulle pensioni, che raddoppierà nel 2014 per finanziare politiche a favore dei non autosufficienti. Certo la Francia non ha i nostri vincoli finanziari. Tuttavia l'esperienza d'Oltralpe indica un percorso: costruire un welfare più equo ed efficace si può. Ma bisogna prima volerlo, a destra come a sinistra.

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martedì 16 ottobre 2012

Luca Granzarolo: l’inizio dell’impegno politico

Ho intervistato Luca Granzarolo, giovane studente universitario, impegnato nei giovani del Partito Democratico e consigliere della 7^ circoscrizione, per conoscere la sua storia ed i suoi impegni sociali e politici.
Vuoi raccontare il tuo percorso: studi, politica e scelta del PD?
Ho frequentato le scuole elementari Luigi Dorigo a S. Michele, le medie e il liceo classico tradizionale alle Educandato Statale “Agli Angeli” e ora seguo il terzo anno della facoltà di giurisprudenza a Verona.
Mi sono avvicinato alla politica inaspettatamente quando, al quarto anno di liceo, cominciai a leggere qualche quotidiano e mi interessai subito alla gestione della cosa pubblica, con particolare riguardo agli effetti giovevoli o disastrosi che può portare alla società.
Divoravo (e tutt’ora lo faccio) giornali molto diversi fra loro, per esempio “la Repubblica” e “il Giornale”, “Il Corriere della Sera” e “il Fatto quotidiano”, “Lines” e “Micromega”.
Devo dire che ho notevolmente accelerato questo mio percorso conoscitivo durante il primo anno di università, quando risulta palese che il diritto è intrinsecamente legato alla società e alla cosa pubblica, e quindi alla politica, intesa come gestione del bene comune.
Così, dopo aver partecipato a numerosi incontri e dibattiti, l’anno scorso ho deciso di iscrivermi al Partito Democratico, perché ne condivido i valori e la sua struttura democratica e plurale.
La mia scelta ha sorpreso moltissimo i miei familiari, che hanno sempre votato, ma non hanno mai avuto alcuna tessera di partito.
Se dovessi fare una valutazione ad un anno dalla mia iscrizione direi che l’attività di partito mi è servita moltissimo: perché volantinaggi, banchetti, nuove conoscenze e amicizie, qualche sano contrasto su opinioni diverse mi hanno fatto crescere come persona.
Sono orgoglioso di essermi iscritto, come tanti altri, in un momento dove tutti i partiti sono attaccati, dove si fa di tutta l’erba un fascio, dove molti per fini elettorali non distinguono fra i vari partiti e all’interno di essi, fra le singole persone.
Generazione democratica, l’organizzazione dei giovani del PD, di che cosa si sta occupando e quali argomenti ritiene rilevanti per i giovani?
L'obiettivo principale che, come organizzazione giovanile ci siamo dati, é quello di cercare di rappresentare, e mettere al centro della discussione, i sogni e le speranze di una generazione. Lo abbiamo fatto perché pensiamo che i Giovani Democratici non possano e non debbano essere il recinto dei piccoli dirigenti di Partito, ma una fucina di idee, proposte, sfide per migliorare il PD e la società in cui viviamo. I temi trattati sono molti, ne scelgo tre: quello della legalità, che è una condizione imprescindibile per costruire una società democratica, e che abbiamo portato all'attenzione di tutti prima con le iniziative contro la presenza mafiosa al Nord, e poi con le nostre proposte contro la preoccupante diffusione del gioco d'azzardo; poi c'é il tema del lavoro, che vuol dire dignità e possibilità di costruirsi un futuro, e che abbiamo affrontato anche quest'estate, promuovendo un sondaggio sui sogni e le ambizioni dei giovani che ha suscitato l'interesse anche di numerosi Circoli del PD, che lo stanno diffondendo in questi mesi nei loro territori; infine la formazione, che vuol dire ideali, conoscenza ma anche "saper fare", ed é essenziale per costruire una società e un Partito che funzioni bene, promuovendo i più bravi, e coloro i quali hanno l'umiltà di mettersi sempre alla prova, condividendo con gli altri le proprie competenze, le proprie capacità e le proprie idee. Per crescere meglio, e tutti quanti insieme.
Sei stato eletto consigliere della 7^ circoscrizione. cosa e’ avvenuto e per quali motivi siete arrivati allo scioglimento del consiglio?
Appena siamo stati eletti, abbiamo deciso di confrontarci con tutte le altre forze politiche, per verificare possibili affinità programmatiche.
Ovviamente la diversità di idee per il quartiere si è vista subito con la coalizione Lista Tosi-Lega Nord; noi siamo molto più attenti all’ecologia, non appoggiamo questo scellerato progetto dell’inceneritore di Cà del bue, vogliamo un quartiere più vivibile attraverso la creazione di una rete di piste ciclabili, solo per fare qualche esempio.
Abbiamo creato un programma condiviso con Udc e Pdl, diciamo che era per il 90% il programma PD con il quale ci siamo presentati alle elezioni con qualche aggiunta positiva.
Anche il Movimento 5 stelle ha dialogato con noi e ha contribuito alla creazione di un ottimo programma, con qualche idea interessante ma non ha voluto firmare il documento.
Purtroppo la situazione si è cristallizzata; nei vari consigli sono stati discussi due documenti programmatici:
- Uno presentato dalla Lista Tosi-Lega Nord che vedeva otto consiglieri favorevoli, otto contrari (Pd-Pdl-Udc) e due astenuti (M5s, salvo nell’ultima seduta quando un consigliere del M5s ha votato contro e non si è astenuto);
-L'altro presentato da Pd, Pdl e Udc, che vedeva otto voti favorevoli, otto contrari (Lista Tosi e Lega Nord) e due astenuti (M5s).
Così, nessuno è riuscito a raggiungere i 10 voti favorevoli (vista anche l’astensione dei “grillini”) necessari per formare una maggioranza.
La motivazione del M5s è stata data dicendo che, pur condividendo il nostro programma, non possono votare un candidato presidente proveniente da un partito politico.
Hanno chiesto la presidenza della circoscrizione all’unanimità, dicendo di operare democraticamente (come se gli altri non lo facessero!) e di essere super partes (anche se non capisco come possa essere neutrale una forza politica eletta con delle elezioni e che ha preso precise posizioni su alcuni problemi del quartiere).
Comunque credo che siano tutte e tre posizioni politiche legittime, più o meno condivisibili, ma legittime; resta il fatto della mancanza di un consiglio attivo in settima, tutto a scapito dei cittadini.
Sono molto amareggiato e dispiaciuto della cosa, perché avere in mente molte proposte e non riuscire a presentarne neanche una è parecchio frustrante, ma ho la coscienza pulita, perché non ho ceduto a canti delle sirene, sono stato fedele a quello che penso e ho privilegiato il programma a possibile poltroncine.
Mi sento di poter dire la stessa cosa anche degli altri consiglieri PD.
Così, il consiglio comunale approverà la delibera di scioglimento del consiglio della settima e per la prima volta nella storia di Verona verranno indette nuove elezioni per la circoscrizione (la decisione della data delle votazioni spetta al consiglio comunale, lo Statuto la fissa entro tre mesi dallo scioglimento).
Comunque questa esperienza, che intendo fare anche in futuro, mi è stata molto utile.
Infatti parlare con le persone in campagna elettorale (e ovviamente anche dopo!) mi ha arricchito molto; ho capito che con gli slogan magari si possono prendere anche tanti voti ma non si risolvono i problemi e che occorre studiare mappe, convenzioni, atti amministrativi e essere sempre aggiornati per trovare soluzioni idonee ai problemi della circoscrizione.
Quali sono i motivi che ti hanno indotto a sostenere Bersani nelle prossime primarie?
E’ stata una scelta molto complessa, perché qui si sta valutando un possibile presidente del consiglio e non un segretario di partito.
Ecco, dopo aver letto e confrontato le idee dei vari candidati, ho notato di ritrovarmi in molti progetti sostenuti da Bersani.
Ritengo anche che abbiamo tutti bisogno di una persona normale, non ho mai creduto nei super eroi al comando.
Sono fermamente convinto che ci debba essere il rinnovamento di gruppo (infatti se si guardano gli organi nazionali del partito sono stati inseriti molti trentenni e quarantenni) ma credo anche che per fare il presidente del consiglio servano alcune esperienze sul campo e competenze, che nessuno degli altri candidati possiede.
Le conclusioni dell’assemblea nazionale del Pd ti hanno soddisfatto o si poteva fare di più?
Inutile dire che è stato un momento cruciale, perché sono state scelte le regole base delle primarie.
Personalmente sono soddisfatto, non ci sono state rotture e i lavori si sono svolti in maniera abbastanza tranquilla.
Rispetto alle regole, sono d’accordo con l’albo degli elettori, mi pare corretto che voti chi veramente crede nel progetto.
Bersani quali fattori ha utilizzato per conseguire dei risultati unitari nell’assemblea?
Bersani è una persona molto intelligente ed equilibrata. Ha gestito in maniera ottima l’assemblea: da un lato ha fatto ritirare alcuni emendamenti troppo restrittivi, che avrebbero ostacolato la partecipazione, dall’altro è riuscito a individuare (insieme ad altri, ovvio) delle regole che uniscano controllo e partecipazione. Insomma, ha compiuto una sintesi quasi perfetta.
Nell’ultima riunione dell’assemblea nazionale non ha vinto questo o quel candidato, ha vinto il Partito Democratico! Chi può dire di fare una cosa del genere? Le primarie sono uno strumento eccezionale, democratico e partecipativo, nuovo nel panorama politico- culturale italiano.
Proprio perché novità, trovano molte resistenze, sollevano molti problemi, ma quale grande novità non l’ha mai fatto?

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lunedì 15 ottobre 2012

Poliziotti violenti o strumentalizzazione mediatica?

Lettera di Silvano Filippi, segretario regionale Siulp Veneto, sulla nota vicenda del bambino di Padova
“Siccome molti amici mi stanno chiedendo un'opinione sul comportamento dei miei colleghi che hanno eseguito l'ordine di allontanamento del bambino, documentato dal video diffuso su internet, oggetto di pubblica generalizzata indignazione, ritengo opportuno esporre di seguito quanto sto dichiarando agli organi di stampa da stamattina, ricostruendo la vicenda in modo quanto più oggettivo mi sarà possibile:
1) Lo scorso mese di agosto, con un provvedimento irrevocabile, la Corte d'Appello di Venezia ha disposto l'allontanamento del minore dalla madre, per tutelarne le condizioni psico fisiche.
2) un simile provvedimento, assolutamente raro, viene adottato solo in casi estremi, e presuppone decine di visite ed accertamenti effettuati dai servizi sociali, da neuropsichiatri infantili e da specialisti nel settore educativo;
3) da allora ben cinque tentativi di eseguirlo sono andati a vuoto;
4) il provvedimento del giudice ha affidato agli assistenti sociali l'esecuzione dell'allontanamento, ed ha disposto che, nel caso in cui non fossero riusciti nel loro incarico, potessero richiedere l'intervento della Forza Pubblica;
5) si arriva così ai giorni nostri, in cui, per l'appunto, gli assistenti sociali chiedono l'intervento dei poliziotti. I quali si limitano ad assistere all'ennesimo tentativo andato a vuoto di allontanare il bambino con i sistemi tradizionali. E' tra l'altro presente anche uno psichiatra, il quale, vista lo stallo decide di procedere. A quel punto il padre, dopo aver inutilmente cercato di abbracciare il figlio, lo prende per le gambe e lo trascina sul marciapiede.
6) qui entra in scena il mio collega, il quale, visto che il bambino era trascinato in quel modo, lo solleva da terra prendendolo da sotto le braccia. Non usa alcuna forma di violenza, ed anzi impedisce che la decisa azione del padre possa creare danni fisici al minore.
7) A questo punto la domanda: poteva il mio collega agire diversamente? E cosa avrebbe dovuto fare? Starsene a guardare il bambino trascinato come un sacco di patate? Non mi parrebbe la cosa migliore? Poteva la collega starsene zitta? Ecco, forse l'unica imprudenza in tutta questa vicenda è stata questa.
8) Faccio infine presente che un poliziotto che si rifiuta di eseguire un ordine portato da una sentenza di un giudice commette un reato. E questo giusto perché si comprenda, una volta per tutte, che a noi poliziotti farebbe piacere evitare di assistere a simili squallide derive familiari. Ma non abbiamo alcuna possibilità di sottrarci a tali doveri. Se qualcuno lo vuole andare a fare al posto nostro, è il benvenuto.
9) infine, due parole quanto alle scuse chieste dal Capo della Polizia: lo dico come sindacalista, ed in quanto tale con diritto di esprimermi senza pericolo di essere sanzionato (un rischio che altrimenti correrei): ha perso un'occasione per fare una riflessione più approfondita. Ben vengano tutte le inchieste amministrative interne. Noi abbiamo il filmato integrale di quanto avvenuto, perché sul posto c'era un operatore della Polizia scientifica a riprendere il tutto. E questo filmato rappresenta la prova a sostegno della notizia di reato che oggi verrà trasmessa all'Autorità giudiziaria nei confronti di quanti hanno impedito l'esecuzione del provvedimento, così commettendo un reato”.
Articolo di Giusi Fasano

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sabato 13 ottobre 2012

Il merito per una società più giusta

Articolo di Giuseppe Bedeschi pubblicato sul Corriere della Sera il 13 ottobre 2012
Oggi si parla spesso, in riferimento allo schieramento politico di sinistra, di indirizzi e di correnti «riformiste». Il recente libro di Enrico Morando e di Giorgio Tonini, L’Italia dei democratici (ed. Marsilio), porta appunto come sottotitolo «idee per un manifesto riformista». Il riformismo, nella storia della sinistra italiana, non ha mai avuto molta fortuna; esso è stato sempre minoritario, e fatto oggetto degli attacchi più violenti, perché accusato di essere rinunciatario, collaborazionista (con le classi dominanti, con la società borghese) e mirante al solo obiettivo di ottenere qualche concessione. Ma, se si va al di là delle passioni e delle esasperazioni polemiche, e ci si attiene obiettivamente ai dati storici, bisogna dire che il riformismo socialista non ha mai rinnegato l’obiettivo finale della sua lotta: il socialismo. Per i riformisti (si pensi a Turati) si trattava di realizzare gradualmente una serie di riforme che, opportunamente concatenate, avrebbero modificato a poco a poco i rapporti di potere nella società capitalistica, a favore delle classi subalterne, finché si sarebbe giunti a una società di «liberi e di uguali», cioè a una società socialista. Mi sembra però che il nuovo riformismo che si sta delineando oggi nell’ambito della sinistra sia qualitativamente diverso dal vecchio riformismo socialista, e che ciò costituisca una grossa novità. Esso, infatti, non mette più in discussione la società capitalistica; il superamento di tale società non costituisce più il suo obiettivo finale. E ciò perché la società capitalistica viene considerata dai nuovi riformisti come l’unica in grado di assicurare dinamismo economico e crescita. Certo, tale società produce inevitabilmente disuguaglianze (a causa della sua stratificazione sociale, a causa delle vicende del mercato). E quando queste disuguaglianze diventano eccessive, come in Italia (sostengono Morando e Tonini), esse devono essere ricondotte a dimensioni accettabili, socialmente giustificabili. Anzi, Morando e Tonini ritengono che l’economia italiana possa ritornare ad essere dinamica solo se la disuguaglianza tra chi sta in alto e chi sta in basso nella scala del reddito e della ricchezza venga drasticamente ridotta. Queste affermazioni degli autori meritano qualche commento. Intanto, sarebbe bene porsi una domanda: perché la società capitalistica (quando non è anchilosata da monopoli, che possono essere di varia natura) è l’unica società che assicura dinamismo e crescita? Perché, si può rispondere, in tale società si svolge ogni giorno quel processo creativo alla base del quale ci sono gli sforzi di innumerevoli imprenditori, in concorrenza fra loro, per migliorare la qualità dei loro prodotti, per innovare le tecnologie, per ridurre i costi, al fine di conservare e di ampliare la loro presenza sul mercato. La concorrenza, naturalmente, è lotta. Ma «solo nella lotta - ha scritto Luigi Einaudi - solo in un perenne tentare e sperimentare, solo attraverso vittorie e insuccessi, una società, una nazione prospera». È questo meccanismo che si è gravemente indebolito e opacizzato negli ultimi lustri nel nostro Paese, sia coi governi di sinistra che coi governi di destra. Le aziende e il lavoro sono stati fiaccati da una tassazione pesantissima. Di qui la debole o inesistente crescita che affligge l’Italia da almeno quindici anni. Morando e Tonini fanno vari riferimenti ad alcune delle ragioni di questa mancata crescita. C’è, in primo luogo, la cattiva performance della produttività del lavoro: il costo del lavoro per unità di prodotto, nell’ultimo decennio, è cresciuto in Italia del 40%, in Francia del 15%, in Germania dell’8%. Tale andamento del costo del lavoro ha tenuto pressoché fermi i salari italiani. Un risultato, questo, anche del fatto che per lunghi anni si è praticata da noi una struttura centralizzata della contrattazione, imperniata sul contratto nazionale di categoria, che ha sostanzialmente impedito ai lavoratori più produttivi delle migliori imprese italiane di portare a casa la loro quota di produttività aziendale. Ma se si esce dalle aziende e si guarda ad altri settori fondamentali della nostra società, le cose non vanno meglio. Infatti nella pubblica amministrazione, nella scuola, nell’Università, nella magistratura, l’anzianità costituisce il requisito essenziale di progressione di carriera, mentre il merito e la produttività sono sostanzialmente ignorati. Ma se le cose stanno cosi, Morando e Tonini vorranno ammettere che il nostro Paese, se indubbiamente soffre di disuguaglianze sociali molto gravi, che devono essere ridotte, soffre anche di un eccesso di egualitarismo che, frenando lo sviluppo economico, ha reso croniche le disuguaglianze, e anzi le ha aggravate. E che quindi la soluzione dei nostri problemi non può essere trovata in un astratto richiamo all’eguaglianza, bensì nella rimozione degli ostacoli che frenano il dinamismo economico, la produttività, il riconoscimento del merito.

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venerdì 12 ottobre 2012

Più trasparenza e meno privacy

Dopo gli scandali che sono venuti alla luce in quest’ultimo periodo e che hanno interessato anche le autonomie locali diventa più urgente approvare il disegno di legge sull’anticorruzione. Nonostante che il provvedimento sia stato licenziato dalla Commissione competente ed approdato in Parlamento le riserve del Pdl non sono state annullate e probabilmente si ripercuoteranno in sede parlamentare durante l’iter di approvazione della proposta.
Ritengo che per eliminare le diverse forme di corruzione e posizionare tale fenomeno al livello degli altri paesi non è sufficiente, anche se importante, l’approvazione del disegno di legge in questione.
Come si può facilmente notare gli avvenimenti corruttivi sono stati scoperti dalle forze dell’ordine dopo e non prima o durante lo svolgimento del processo di corruzione. Tale analisi induce a capire che la trasparenza totale non si è affermata nel paese e, pertanto, i dati e le informazioni del sistema pubblico sono assenti o carenti e non aiutano a prevenire il fenomeno della corruzione. Inoltre, l’assenza di tale fattore non induce a comportamenti sobri ed onesti in quanto i corruttori ed i corrotti sanno benissimo che i rischi sono bassi rispetto ai benefici e possono farla franca, grazie anche ai tempi della giustizia.
Gli effetti devastanti della corruzione, la quale ammonta annualmente a circa 60/70 miliardi, intervengono sul bilancio dello Stato, sulla concorrenza delle imprese, le quali ritengono inutile innovare nei processi e nei prodotti, e sulla cultura dei giovani, i quali sono convinti che per costruire il proprio futuro non sono sufficienti le competenze, e dei cittadini che continuano ad avere meno fiducia nei partiti e nelle istituzioni.
Secondo il rapporto di Transparency International's 2011 Corruption Perceptions Index l’Italia si posiziona al 69esimo posto a livello mondiale su 182 paesi con un rank di 3,9 (su 10). Nel 2008 il rank dell’Italia era di 4,6. L’Italia è posizionata peggio di paesi come il Ghana, la Slovacchia e il Montenegro. In cima alla classifica (i paesi meno corrotti) ci sono Nuova Zelanda, Danimarca e Finlandia.
L’alto indice di corruzione e la bassa trasparenza scoraggiano gli investimenti esteri in Italia con gravi conseguenze per il sistema economico e la base occupazionale. Per scoraggiare la corruzione occorre non solo una buona legge anticorruzione ma anche un provvedimento legislativo sulla trasparenza totale che consenta, attraverso l’utilizzo efficiente ed efficace di dati ed informazioni appositamente elaborati, di prevenire il fenomeno o di intervenire durante il processo di corruttela.
Il sistema delle PA presenta i seguenti aspetti:
- L’assenza di una legge completa che regoli la trasparenza ed i suoi rapporti con la privacy;
- La frammentazione delle PA che non comunicano fra di loro dati adeguati ai compiti istituzionali nonostante che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione facilitano il compito. Si citano alcuni esempi classici: la riscossione della pensione del pensionato defunto da parte degli eredi ed il falso cieco titolare di pensione di invalidità civile e di patente di guida che vengono scoperti dopo anni dalle forze dell’ordine e non dall’integrazione dei dati tra le PA in possesso delle informazioni;
- L’assenza di tutti i dati ed informazioni utili a prevenire il fenomeno della corruzione e a velocizzare l’erogazione dei servizi;
- L’insufficiente utilizzo dell’informazione analitica nelle Pa per migliorare l’efficacia e l’efficienza della loro azione, nonostante l’ampio possesso di dati (criminalità, evasione fiscale, sanità, contributi pubblici, finanziamento ai partiti ed ai gruppi consiliari);
- La mancata organizzazione di Big Data che creano benefici per le PA (razionalizzazione della spesa, controllo della performance e degli sprechi, lotta all’evasione ed individuazione degli evasori, prevenzione della criminalità) e per i cittadini (velocità nell’erogazione dei servizi, qualità dei servizi).
L’art. 11 del D. Lgs. n. 150 del 2009 ha introdotto la trasparenza per le PA con pessimi risultati in quanto quasi nessuno ha realizzato i principi in esso contenuto. L’assenza di sanzioni per le PA che non hanno ottemperato a tali obblighi e la scarsa attenzione della Civit hanno contribuito a rendere evanescente gli obblighi in materia di trasparenza.
Condivido la posizione del senatore Pietro Ichino, il quale in una recente intervista sulla proposta di legge sull’anticorruzione ha dichiarato: “Considero l’approvazione rapida di questa legge essenziale per l’immagine del nostro paese oltre che per il suo funzionamento. Credo che non sarebbe male che in questa stessa legge o anche in una immediatamente successiva si aggiungesse alle misure che qui vengono adottate una misura fondamentale, quella della trasparenza totale che significa in concreto accessibilità per il pubblico senza condizioni a tutti i documenti delle amministrazioni pubbliche, salvo ovviamente quelli che siano stati secretati con provvedimento motivato. Questo esporre alla luce del sole ogni documento dell’amministrazione pubblica costituisce il disinfettante migliore e produce effetti molto più incisivi di qualsiasi controllo di Corte dei Conti o altra autorità amministrativa”.
In questi giorni è stato presentato un disegno di legge sulla trasparenza dei patrimoni, dei redditi e degli interessi degli eletti a firma di Pietro Ichino, Anna Finocchiaro, Enrico Morando ed altri parlamentari.
Il provvedimento normativo sulla trasparenza, oltre a dettare le regole in tale materia, deve consentire di realizzare quelle piattaforme informatiche necessarie affinché possano essere effettuati i controlli in tempo reale dagli organi competenti, alleggerendo gli interventi ispettivi, e consentire ai cittadini di controllare l’attività delle pubbliche amministrazioni. Ritengo che il Governo dovrebbe adottare con urgenza un provvedimento sulla trasparenza totale al fine di dare una risposta completa ed efficace alla grave emergenza istituzionale conseguente agli episodi di malversazione che si sono verificati negli ultimi tempi.
Il provvedimento per essere efficace dovrebbe ispirarsi al modello Freedom of Information Acts britannici e statunitensi.
Oggi in Italia occorre più trasparenza e meno privacy per contrastare efficacemente la corruzione, l’evasione fiscale e le altre anomalie che il sistema opaco produce.

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mercoledì 10 ottobre 2012

Prospettive del fondo salva stati

Articolo di Lucrezia Reichlin pubblicato sul Corriere della Sera il 9 ottobre 2012
Dopo l'annuncio di inizio settembre dei nuovi interventi della Banca Centrale Europea (Bce) e il via libera al fondo salva Stati (Esm) da parte della Corte Suprema Tedesca, ieri si è svolto in Lussemburgo un incontro simbolicamente importante. I ministri delle Finanze della zona euro hanno inaugurato l'Esm ed eletto il presidente del suo Consiglio, Jean-Claude Juncker. Le cartucce sono pronte, in teoria, per essere sparate.
Eppure l’incertezza sulla capacità dell’Europa di uscire dalla sua crisi non è mai stata cosi pesante; ed è come una nuvola minacciosa in quella che era la serena calma dei mercati. Una calma che, come si è visto ieri sulle Borse, precedeva segnali di tempesta. La Spagna e Cipro, forse anche la Slovenia, si stanno preparando a chiedere aiuti all’Europa, ma per ora aspettano. Pesa l’incognita di come la richiesta sarà accolta dal Bundestag. Anche la Merkel non ha fretta. Quale sarebbe l’effetto sulla fragile architettura costruita in questi mesi se il Parlamento tedesco rifiutasse di autorizzare gli aiuti? La Spagna quindi guarda con ansia alla Germania e alla sua dinamica pre-elettorale. La Merkel si destreggia tra negoziato europeo e politica interna.
L’Italia, a sua volta, osserva il percorso spagnolo e attende di capire come andrà a finire perché sa che non è da escludere che possa essere la prossima a chiedere aiuto. Nulla si muove. Da un lato è rassicurante che non ci sia una corsa agli aiuti, poiché questa eserciterebbe una pressione sull’Esm, politicamente difficile da gestire, e richiederebbe un intervento addizionale da parte della Bce. Dall’altro lato, non usare gli strumenti che ci siamo dati per alleviare le condizioni finanziarie dei Paesi a rischio e facilitare un processo di riforma per la crescita è paradossale.
Il paradosso si spiega con la mancanza di chiarezza sulle modalità dell’uso di questi strumenti e la fragilità politica degli accordi che ne sono alla base. Questa incertezza fa sì che un prossimo, anche piccolo incidente di percorso, possa coglierci impreparati e trascinarci di nuovo nella tempesta. Le incognite sono molte. La prima è la Grecia. Il rapporto della troika sarà pronto a novembre e con ogni probabilità mostrerà che Atene ha bisogno di più tempo per soddisfare le condizioni imposte dall’Europa. A quel punto si alzeranno delle voci in favore della sua uscita dall’euro con il prevedibile effetto di nuova turbolenza sui mercati.
La seconda sono le regole con cui si attuerà l’aiuto alle banche da parte dell’Esm. A giugno abbiamo festeggiato il principio che questi aiuti sarebbero andati direttamente agli istituti di credito invece che, indirettamente, attraverso gli Stati: l’aiuto diretto facilita la separazione tra il rischio bancario e il rischio sovrano legato ai debiti pubblici. Ma ora questo principio è messo in discussione. I ministri delle Finanze dei Paesi del Nord hanno affermato che gli aiuti debbano essere concessi solo per i nuovi debiti e non per quelli, ingenti nel caso spagnolo, ereditati dal passato. Inoltre dovrebbero scattare non immediatamente, ma solo quando la sorveglianza bancaria europea unica sarà operativa.
Si è aperto quindi un nuovo fronte del negoziato tra Nord e Sud dell’Europa in cui si discute su quale sia la percentuale dei debiti bancari ereditati del passato che potrà beneficiare degli aiuti diretti e quale sia la data rilevante per partire con essi: quella della approvazione della sorveglianza unica o quella della sua operatività? Se prevalesse la più estrema delle interpretazioni (attendere i tempi del varo della vigilanza unica bancaria europea) dovremmo concludere che i progressi degli ultimi mesi verso la costruzione di meccanismi di salvaguardia della stabilità finanziaria sono stati un’illusione. È probabile però che il negoziato porti a un compromesso, ma è necessario che queste incognite siano chiarite al più presto. L’incertezza sulle regole del gioco è sempre la principale fonte di instabilità.
C’è infine un’incertezza ancora più grande, che mina in modo sottile ma sicuro la nostra democrazia. È la mancanza di chiarezza su chi sia a decidere. Su quale sia il nesso tra il negoziato tecnico e astruso sull’architettura economica dell’euro e la dinamica politica nei Paesi dell’Unione. Prevalgono le domande. Quale sarà il prezzo da pagare per un governo che decida di chiedere gli aiuti europei? Come questa decisione ne influenza la possibilità di essere rieletto? E che peso hanno i cittadini nel determinare le scelte sulle riforme necessarie a rimettere in moto la crescita? Quanto pesa il voto di un cittadino di un Paese creditore e quanto quello di un Paese debitore? Le nuove politiche economiche europee basate sulla condizionalità hanno dato luogo a inedite incognite per le nostre democrazie. Non sono solo i problemi della Spagna, sono i problemi di tutti. In un Paese come l’Italia, in cui il processo politico è quanto mai caotico, è necessario affrontarli in modo aperto e trasparente, senza demonizzare la possibilità di una richiesta di aiuti.

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