mercoledì 28 settembre 2016

La riforma per cambiare l’Italia

Articolo di Irene Tinagli pubblicato su La Stampa del 27 settembre 2016
Fissata la data del Referendum resta ora l’obiettivo più importante: informare i cittadini su tutte le implicazioni della Riforma, soprattutto in quelle materie economiche e sociali che li toccano più da vicino. Per aspetti economici non si intendono i risparmi derivanti dall’abolizione di Senato, ma qualcosa di più profondo e che vale molto di più. Quanto vale poter completare opere strategiche senza impantanarsi in ricorsi di anni? Quanto vale poter riorganizzare porti e aeroporti secondo criteri di competitività nazionale anziché di spartizione e propaganda politica locale? Quanto vale poter varare un piano nazionale di politiche sociali con criteri omogenei e che non cambiano da regione e regione?
Questi sono solo alcuni degli aspetti toccati da una parte di Riforma poco o per nulla spiegata ai cittadini: la parte che modifica il Titolo V, ovvero i rapporti tra Stato e Regioni. Viene banalizzata parlando di “riaccentramento”. Ma in realtà si tratta di ridare allo Stato gli strumenti per adottare delle politiche economiche e sociali coordinate, evitando duplicazioni, sprechi, e soprattutto evitando gli infiniti ricorsi costituzionali che dopo la Riforma del 2001 hanno intasato la Corte paralizzando l’azione dello Stato a danno dei cittadini. Un indicatore di queste disfunzioni è l’incidenza dei giudizi della Corte Costituzionale legati al conflitto Stato Regioni è aumentata di otto volte. Dal 2000 al 2015 è aumentata di otto volte. Se nel 2000 questa pesava per il 5% sulle pronunce della Corte, nel 2015 il peso superava il 40% (dopo aver raggiunto picchi del 47%). Questo contenzioso non solo ha bloccato opere importanti, gettando nell’incertezza cittadini, enti ed investitori, ma in molti casi ha impedito o indebolito l’adozione di politiche nazionali in materie come il turismo, il commercio estero, le infrastrutture strategiche, le politiche sociali e quelle del lavoro.
Pensiamo per esempio alle politiche sociali. La Riforma Costituzionale ne riattribuisce la potestà legislativa allo Stato dopo che la Riforma del 2001 l’aveva interamente attribuita alle Regioni. Pochi sanno che all’indomani di quella Riforma, le Regioni hanno impugnato quasi tutte le principali iniziative e strumenti nazionali in materia di politiche sociali. E che a seguito di quei ricorsi sono stati aboliti, perché dichiarati illegittimi, il Fondo per gli asili nido(sentenza 370/2003), il Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano asilo nido (sentenza 320/2004), il Fondo di garanzia per prestiti agli studenti meritevoli (sentenza 308/2004). Sono state inoltre dichiarate illegittime norme che direzionavano risorse alle politiche abitative per le giovani famiglie, o ancora la norma che istituiva un cofinanziamento per le Regioni che istituissero un “reddito di ultima istanza”. Tutti dichiarati incostituzionali perché, ai sensi della Riforma del 2001, lesivi dell’autonomia delle Regioni (sentenza 423/ 2004).
L’unico modo con cui lo Stato può affrontare determinate priorità sociali è tramite un accordo con la Conferenza Unificata Stato-Regioni. Ma gli accordi sono spesso lunghi nei tempi e disomogenei nell’implementazione. Prendiamo quello del 2007 sul Piano straordinario per i servizi per la prima infanzia (su cui il Governo aveva stanziato fondi mai visti su questa voce di spesa). Ci volle quasi un anno per la prima intesa, alcune regioni hanno impegnato anni per completare le procedure (bandi, accreditamenti, etc.) mentre altre non sono riuscite a fare programmazione e spendere le risorse stanziate. Di fronte alle emergenze sociali, alle disparità territoriali, e all’inadeguatezza del nostro attuale assetto a farvi fronte, l’ultima cosa di cui i cittadini hanno bisogno è una speculazione teorica sul federalismo. C’è invece bisogno di risposte incisive, che non richiedano anni di intese per essere attuate, e che possano realizzare eguaglianza di opportunità per tutti i cittadini. E questo è il senso della Riforma. Le regioni continueranno ad avere autonomia di programmazione e organizzazione, e quelle economicamente virtuose potranno anche chiedere una “deroga” all’esclusiva statale (in base al nuovo articolo 116),ma lo Stato sarà responsabile del coordinamento e delle priorità delle politiche sociali. Certo, anche lo Stato dovrà dimostrare di esserne all’altezza. E questa sarà la vera sfida.

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lunedì 26 settembre 2016

Irene Tinagli e Diego Zardini: SI al referendum costituzionale

Il comitato Bastaunsi Verona Futura ha promosso una conferenza sul tema “La riforma costituzionale per cambiare il paese” che si terrà il 30 settembre, alle ore 18,30, presso Mamma Mia Bistrot, 20/b di Verona.
I relatori dell’incontro sono:
- Irene Tinagli, deputata del PD, che espone L’economia del sì. L’impatto della Riforma sulle politiche economiche e sociali;
- Diego Zardini, deputato del PD, che illustra I tempi e l’efficacia della Riforma.
“La Riforma Costituzionale, afferma Irene Tinagli, è ancora poco conosciuta ai più. Al di là dell’abolizione del Senato, che avrà conseguenze rilevanti sulla governabilità e sulla semplificazione legislativa, ci sono altre parti della Riforma che hanno implicazioni molto importanti sulle politiche economiche, sociali e sulla vita quotidiana dei cittadini. Si creano infatti le condizioni per una riduzione drastica del contenzioso tra Stato e Regioni che per anni ha bloccato il Paese, per un miglior coordinamento tra centro e periferie, e una definizione più chiara delle responsabilità – condizione essenziale per eliminare sprechi, ridurre le diseguaglianze territoriali e migliorare l’efficienza dei servizi e delle infrastrutture. Dobbiamo però riuscire a spiegare questi cambiamenti ai cittadini, perché possano davvero capire la portata della Riforma e compiere una scelta informata”.
“La riforma della costituzione, dichiara Diego Zardini
, avrà un positivo impatto sul sistema istituzionale e politico. Nessuno ancora ha saputo analizzare gli effetti economici e sociali, i miglioramenti dei servizi dovuti alla riduzione dei tempi e alla semplificazione dei processi. Interessante il lavoro dei colleghi parlamentari coordinati dall'on. Tinagli che mi onoro di affiancare in un evento che finalmente entrerà davvero nel merito”.
Gli esperti parlamentari che hanno contribuito alla stesura del documento L’economia del sì, curata da Irene Tinagli, sono: Irene Tinagli, Politiche sociali; Carlo dell’Arringa, Le politiche attive del lavoro; Ivan Scalfarotto, Commercio Estero; Stefano Quintarelli e Irene Tinagli, Processi e Piattaforme informatiche; Flavia Piccoli Nardelli, Cultura e turismo; Chicco Testa, Cultura e turismo; Giampaolo Galli, Coordinamento della finanza pubblica; Paolo Gandolfi, Infrastrutture e grandi reti di trasporto.
“La legge di riforma costituzionale varata dal Parlamento, dichiara Lorenzo Dalai coordinatore del Comitato, e che il prossimo 4 dicembre sarà sottoposta al voto referendario, modificando la Parte Seconda della Costituzione, punta a rafforzare e semplificare il governo del Paese. Il progetto di modifica della Carta è nato dalla necessità di superare la lentezza, l’inefficienza e i costi del bicameralismo paritario indifferenziato, così come l’instabilità di Governo derivante dalla difficoltà ad avere maggioranze conformi nei due rami del Parlamento. Infatti spesso vengono licenziate norme confuse e contraddittorie, nate dalle modifiche intervenute in occasione della “navetta” tra Senato e Camera, con conseguente nefaste sull’Economia e sulla certezza del Diritto”.
“Occorre sostenere il SI al referendum Costituzionale, afferma Antonino Leone della direzione del PD di Verona, perché l’Italia è bloccata da molto tempo ed è urgente avviare un grande cambiamento a cominciare dal referendum confermativo sulla Costituzione. Il pianeta è in continua evoluzione e l’Italia ha bisogno di adattarsi al mondo globale per diventare più competitiva ed efficace altrimenti vi è il rischio concreto di rimanere fermi e di non essere più annoverati tra i paesi più sviluppati ed in crescita”.
Nel terzo millennio rimanere fermi o bloccati significa per l’Italia insufficiente crescita per soddisfare i bisogni più urgenti della comunità tra i quali la povertà e l’occupazione. Per tali motivazioni è necessario sostenere il SI al referendum costituzionale.
Volantino incontro

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