venerdì 31 ottobre 2014

Quali fattori per il cambiamento?

Negli ultimi decenni si è registrata nel pianeta un’accelerazione straordinaria in direzione del cambiamento. Alcuni studiosi hanno elaborato e proposto i fattori di cambiamento che le organizzazioni (imprese, istituzioni, partiti) dovevano utilizzare per adattarsi all’ambiente. Purtroppo in molti casi tali studi non sono stati considerati dalle organizzazioni con gravi ripercussioni nell’economia e nella società.
L’organizzazione tayloristica continua a sopravvivere con effetti negativi sul cambiamento. Questo purtroppo avviene nell’organizzazione statale (crisi della pubblica amministrazione), nei partiti sempre più lontani dai cittadini, nelle imprese che escono dal mercato perché non più competitive con effetti devastanti sull’occupazione.
La resistenza al cambiamento è un fatto reale e viene utilizzata da coloro che hanno paura di perdere ruolo e funzioni garantite dal permanere dello status quo. I vecchi strumenti di intervento non vengono sostituiti e le nuove visioni fanno fatica ad affermarsi al fine di realizzare una società equa e solidale. Si tratta di far saltare i vecchi equilibri per crearne dei nuovi ed in questi nuovi equilibri non viene garantita la permanenza di obsolete e logore figure del passato. Infatti, la nuova stagione del cambiamento non può essere affidata a coloro che fanno resistenza e non credono nella costruzione di un futuro diverso e migliore.
Diversi sono gli insegnamenti di studiosi per realizzare il cambiamento. Se ne citano alcuni molto significativi anche se datati ma comunque attuali.
“La conoscenza è l'unica risorsa importante. I tradizionali fattori di produzione – terra, cioè le risorse naturali, manodopera e capitale – non sono scomparsi. Ma sono diventati secondari. La conoscenza, che, nel suo nuovo significato, è conoscenza come utilità, conoscenza come mezzo per ottenere risultati sociali ed economici”(Peter Drucker, 1993). Per tale motivo occorre intervenire efficacemente sul sistema educativo e sulla formazione professionale poiché dalla qualità e dal livello della conoscenza deriva la produttività del lavoro e l’innovazione dalle quali dipende la posizione competitiva di un paese nel mondo globale.
Vi sono altri autori che individuano alcuni elementi di trasformazione che guidano l’evoluzione impetuosa: - Velocità; - Interconnessione; - Aspetti immateriali (conoscenza, informazioni). Le regole del passato collegate al mondo industriale oggi sono meno applicabili - produzione di massa, segmentazione dei prezzi, standardizzazione delle mansioni - (Stan Davis e Christopher Meyer, 1999). Occorre tenere presente che l’interconnessione e la rete hanno sostituito le vecchie regole dell’economia: - l’abbondanza genera valore; - il pensiero a sciame di tipo bottom up (Kevin Kelly, 1999).
John P. Kotter, docente emerito e guru del cambiamento, indica otto stadi per realizzare il cambiamento e tra questi: - Creare il senso dell’urgenza del cambiamento. Per ottenere l’indispensabile cooperazione a favore del cambiamento è essenziale comunicare ed accrescere il senso dell’urgenza, ridurre l’acquiescenza e l’autocompiacimento, scegliere persone non coinvolte nelle gestioni passate. Inoltre, occorre mettere in cantiere misure audaci e rischiose che non sempre vengono capite immediatamente.
Gli elementi indicati sono essenziali per realizzare nel nostro paese il cambiamento dopo tanti anni di immobilismo. Tale cambiamento interessa i partiti e la macchina dello stato come organizzazione.
In una intervista Piero Fassino, sindaco di Torino,afferma: “Io sono lieto di essermi formato in un grande partito ….. Ma quel partito era figlio del ‘900 e del fordismo, che non era solo un modo di organizzare la produzione, ma di organizzare la società; era fordista anche il Pci. ….. Creare nuove forme di presenza nel territorio e di coinvolgimento attivo dei cittadini. Puntare su forme di democrazia diretta come le primarie. Trasformare la rete e il web da strumento di stalking politico a strumento di partecipazione”. Inoltre, Fassino pone attenzione alle due variabili spazio e tempo ed afferma che la decisione politica è troppo lenta e tardiva.
Condivido le riflessioni di Fassino e credo che per avviare il \cambiamento occorre uscire dall’organizzazione tayloristica che ha creato indiscutibili benefici durante la prima rivoluzione industriale ma che oggi rappresenta un grande impedimento per le organizzazioni che intendono innovarsi.
Qualche governante del passato difende le scelte del suo Governo in tema di lavoro e non considera che è stato fatto meno di quello che il paese richiedeva e di quello che dovrà essere costruito. Infatti le condizioni del nostro paese derivano dalla gestione negativa degli ultimi 20-30 anni che si è accontentata di piccoli mutamenti che non hanno inciso o scalfito il sistema. A questa condizione va aggiunta la crisi finanziaria del 2007 che ha colto l’Italia impreparata ad affrontare i conseguenti effetti devastanti.
I contestatori del cambiamento radicale proposto da Renzi sono impegnati a sostituire il senso dell’urgenza, comunicato giustamente da Renzi al paese, con l’annuncite e a definire di destra la velocità, la quale è un fattore di misurazione e valutazione della qualità dei processi decisionali e di produzione delle organizzazioni.Tali denigratori dimenticano che sono di destra e conservatori tutti coloro che non intendono uscire dal Taylorismo e che si contrappongono alla costruzione del futuro.
Quasi tutti affermano di condividere i valori dell’equità, della solidarietà e della giustizia sociale. La differenza nasce dalla scelta degli strumenti per concretizzare i valori indicati.Alcuni prediligono continuare ad applicare i vecchi strumenti del passato, camuffandoli come nuovi, per contrastare la povertà e la disoccupazione e garantire i diritti delle persone, dimenticando che l’utilizzo di tali strumenti non ha prodotto nel passato risultati efficaci. Altri esponenti intendono sperimentare nuove vie: - tutelare le persone e non l’ingessatura dei posti di lavoro; - costruire una macchina statale snella e veloce; - uscire dalle anacronistiche metodologie di lavoro, le quali sembrano cerimonie religiose immutabili (concertazione), che hanno prodotto scarsi risultati rispetto ai bisogni del paese.
Occorre abbandonare la deformazione della realtà per interessi di bottega e le posizioni strumentali che sono infinite per affrontare in un quadro serio ed efficace di cambiamento i problemi concreti del paese con strumenti nuovi ed adeguati.
Oltre ai fattori di cambiamento descritti occorre una politica che si richiami alla trasparenza ed alla franchezza perché le bugie e l’opacità portano inevitabilmente ai disastri economici e sociali.

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