venerdì 27 settembre 2013

Dario Nardella: confronto tra i modelli organizzativi

Testo integrale dell’intervista a Dario Nardella, parlamentare del Partito Democratico, ex vice-sindaco di Firenze, docente di Legislazione dei beni culturali e musicista, a cura di Antonino Leone pubblicata su Sistemi e Impresa n. 6 – settembre 2013 con alcuni tagli per motivi di spazio. 
Nell’ultimo anno molte sono state le pubblicazioni che hanno posto attenzione al sistema politico ed ai partiti. Questo interesse è scaturito a causa della crisi economica e sociale che l’Italia attraversa da diversi anni e della sfiducia dei cittadini nei confronti del sistema dei partiti.
L’impresa prosegue nel suo cammino di cambiamento ed adattamento organizzativo ed i partiti sembrano rimanere fermi, incapaci di adattarsi ai mutamenti avvenuti nelle organizzazioni.
Una comparazione, realizzata con l’on.le Dario Nardella,  tra i modelli organizzativi dell’impresa e dei partiti potrebbe aiutarci a capire quali fattori e strumenti l’organizzazione partito potrebbe utilizzare per avviare una nuova e positiva prospettiva di cambiamento.
I partiti politici sono stati influenzati dallo Scientific management  di Taylor ed alcuni studiosi rilevano che la conseguenza nelle organizzazioni è la formazione dell’oligarchia. Si pensi al modello di partito teorizzato da Gramsci. Vuole spiegare quali fattori e caratteristiche i partiti hanno replicato dallo Scientific Management e se tali elementi continuano a persistere nonostante i cambiamenti avvenuti nel pianeta? L’oligarchia tanto osteggiata può essere superata?
I partiti sono organizzazioni di donne e uomini orientate al cambiamento della società e a questo fine ultimo  ambiscono - attraverso le competizioni elettorali - ad aggiudicarsi  le scelte di allocazione delle risorse e dell'autorità pubbliche.
Di conseguenza, i partiti politici devono essere strutture permeabili ai mutamenti sociali, culturali ed economici che la società vive, capaci di modificarsi per meglio essere in grado di comprendere e rappresentare i bisogni e le aspettative dei cittadini.
Quando questo processo non si realizza - ed in questi anni non è successo - i partiti perdono la propria capacità di rappresentanza e si trasformano in strutture chiuse ed autoreferenziali.
Il partito taylorista era una risposta ad una società industriale ben strutturata, con classi sociali fortemente definite, con una scarsa mobilità sociale ed una fortissima identificazione culturale tra l’individuo e la classe di appartenenza.
La cd. "società liquida" di epoca postindustriale - invece- perde queste rigidità identitarie e impone un'organizzazione molto più flessibile, aperta; orientata all’ascolto più che al proselitismo.
In questa era i partiti devono farsi carico di nuove domande di senso, facendo prevalere in questa ricerca gli strumenti di partecipazione diretta per la costruzione di una identità collettiva il più possibile plurale e accogliente.
In un contesto del genere c’è sempre meno spazio per l’oligarchia.
E' anacronistica l'idea di un gruppo ristretto di potere “illuminato”, un’avanguardia immutabile e inamovibile.
Oggi i gruppi dirigenti devono essere “sfidabili” attraverso strumenti di selezione aperti e trasparenti, solo così possono essere autorevoli.
Lo Scientific Management viene sottoposto a pesanti critiche da parte dei teorici delle relazioni umane e della scala dei bisogni umani, i quali  sostenevano l’importanza dei fattori emotivi e micro-ambientali nel determinare il rendimento dei lavoratori e  contestavano l’organizzazione come variabile indipendente rispetto alle risorse umane. Il modello della produzione di massa entra in crisi per tali motivi e soprattutto perché il mercato non riesce ad accogliere la produzione senza limiti delle fabbriche.
I partiti di massa, caratterizzati da grande mobilitazione e scarsa democrazia, iniziano a subire una lunga ed inarrestabile stagione di sfiducia. Che cosa non ha funzionato e quali sono la cause del rapporto di sfiducia tra i partiti ed i cittadini?
I partiti sono, oltre che organizzazioni politiche, grandi strumenti di identificazione e di rappresentanza; esistono e prosperano solo quando riescono a rispondere efficacemente a questa esigenza di identificazione.
La resistenza delle oligarchie al cambiamento ed il cattivo esempio nell’utilizzo delle risorse pubbliche hanno allontanato sensibilmente i cittadini dai partiti che vengono sempre più riconosciuti come meri strumenti di promozione individuale orientati al bene privato piuttosto che strumenti di promozione sociale e politica orientati al bene comune.
Se nella prima fase della nostra storia democratica non poteva esistere democrazia senza partiti, oggi l’esplosione di strumenti di rappresentanza diretta, l’associazionismo, l'esistenza diffusa dei comitati locali, i nuovi strumenti del web rendono possibile per un cittadino far sentire la propria voce al di là dei partiti, direi purtroppo nonostante i partiti.
In altre parole, i partiti non hanno più l’esclusiva della partecipazione, quindi o riescono a competere sul terreno della trasparenza, della capacità di rappresentanza offrendo ai cittadini uno strumento diretto per incidere nelle scelte pubbliche e per partecipare alla vita istituzionale o saranno soppiantati dalle forme di autorganizzazioni della società o da salvifici quanto velleitari movimenti personalistici.
Le persone assumono sempre più importanza nelle imprese per la conoscenza e le competenze che rappresentano. La visione dei partiti rispetto alle persone competenti come si pone?
Il problema è sempre quello. La classe dirigente dei partiti, figlia del '900, ha ereditato un metodo di selezione che è quello della cooptazione interna.
Oggi questa forma di selezione, tanto più in partiti sempre più isolati dalla società, promuovere più facilmente la fedeltà ad un capo piuttosto che la competenza.
Quanto più l’oligarchia si sente sotto attacco tanto più imbriglia il processo di selezione di nuova classe dirigente.
Le primarie stanno scardinando tutto questo offrendo a chi ha qualcosa da dire l’opportunità di farsi conoscere e sfidare il ceto politico.
Ovviamente perché forme di selezioni aperte come le primarie possano essere efficaci serve un partito che sappia dare strumenti e spazi a tutti - il neofita come il politico navigato - garantendo così il diritto dei cittadini a partecipare attivamente alla vita associativa ed istituzionale.
Il paradigma dell’impresa Tayloristica e Fordista viene superato dal sistema Toyota per merito di Eiji Toyoda e Taiichi Ohno. Gli elementi della produzione di massa sono sostituiti dalla specializzazione, dalla flessibilità, dalla produzione per piccoli lotti, dalla qualità del prodotto e dall’eliminazione degli sprechi. Nasce cosi la Lean Production che si estende nel mondo e dal settore dell’auto alle altre industrie.
I Partiti politici nel frattempo continuano ad essere pesanti e costosi grazie anche al finanziamento pubblico. Per quali motivi i partiti non hanno recepito o recepito solo in parte tale cambiamento di paradigma?

Cogliere questo cambiamento avrebbe significato perdere una buona fetta di potere mettendo all’improvviso in discussione carriere politiche fondate da sempre su uno specifico cursus honorum.
Per questo le classi dirigenti hanno continuato a comportarsi come nei partiti novecenteschi perdendo però, di anno in anno, quella base sociale che è stata la grande legittimazione delle forme partito storiche.
L’impresa e il marketing hanno capito prima di altri che gli individui chiedevano sempre più diversificazione e non omologazione, specializzazione e non generalizzazione, le identità diventavano sempre più individuali e sempre meno collettive.
Le forme flessibili di organizzazione economica e del lavoro hanno infatti ulteriormente rafforzato la struttura policentrica e fluida della società.
La sinistra ha bollato questo processo come "individualismo consumistico" combattendolo inefficacemente per qualche decennio.
In questo modo si è negata la possibilità di comprendere una trasformazione sociale in atto e di costruire una nuova identità politica riformista, plurale e libertaria.
Quasi tutti i partiti in Italia sono un’organizzazione personale e padronale che rispondono ad interessi di parte e di lobbies. Ori Brafman e Rod A. Beckstrom nella loro pubblicazione “Senza Leader” classificano le organizzazioni in due modelli: - Stella Marina; - Ragno. La stella marina non ha una testa centrale, se tagliata si replica e le decisioni provengono dai membri del corpo che cooperano. Al contrario il ragno è formato da una testa centrale, dagli occhi e dalle zampe che fuoriescono da un corpo centrale e rappresenta una struttura centralizzata e gerarchica. La testa del ragno invia comandi alle zone periferiche del corpo che vengono eseguiti senza partecipare al processo decisionale. Nelle organizzazioni complesse e nei partiti non è facile attuare il modello Stella marina perché l’organizzazione ha bisogno di identificarsi in una leadership autorevole e capace di esprimere una visione condivisa. Il suo partito potrebbe adottare le caratteristiche della stella marina per valorizzare le persone e la partecipazione alla vita democratica? E se si come?
Non esiste un'organizzazione senza una sana ed efficace leadership. Il mio partito, invece, ha troppo a lungo avuto paura di un leader ritrovandosi poi ingessato dai veti incrociati delle correnti e dei gruppi di potere.
Un leader è una persona sufficientemente autorevole e riconoscibile capace di guidare un corpo complesso come un partito assumendosi fino in fondo le scelte coraggiose da compiere, anche quando si tratta di pagare un prezzo.
Avere un leader, sia chiaro, non vuol dire negare la possibilità di dare vita ad una struttura a rete, a stella marina, ma vuol dire offrire a questa reticolare e diffusa uno strumento di identificazione e azione unitaria.
Un altro discorso è avere dei partiti capaci di sopravvivere ai suoi leaders.
Un partito moderno, aperto alla società e alle tante esperienze associative esistenti, dotato di strumenti di selezione della classe dirigente partecipati è sempre in grado di rinnovare i suoi leader e rafforzare la sua rete di partecipazione. In questo caso c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Sono i partiti oligarchici, invece, che si identificano solo nel leader senza il quale è annullata la stessa identità collettiva.
Il leader, a sua volta, non ha alcun interesse personale ad animare e rafforzare la struttura reticolare che diventa un ricettore di ordini dall'alto ma non trasmette più input al vertice dell'organizzazione.
Troppa partecipazione, infatti, rischia di diventare una minaccia per un leader consumato invece di una fonte di legittimazione politica.
Numerosi sono gli esempi di leader riconosciuti ed innovativi che hanno portato al successo la propria impresa senza pensare di rimanere al loro posto per tutta la vita. Nei partiti cosa succede in materia di leadership? Che tipo di leadership il suo partito ha bisogno per recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini?
In qualche modo ne abbiamo già parlato. Noi abbiamo bisogno di leadership forti, legittimati da una grande partecipazione di base, disponibili a mettere a verifica i risultati del proprio mandato con gli stessi strumenti di partecipazione.
In questo momento è anche molto forte il bisogno di una leadership nuova, giovane, non condizionata dal peso degli errori del passato.
Una leadership che rappresenti una nuova stagione.
La fiducia dei cittadini è un bene prezioso, delicato, difficile da conquistare ma che si può perdere in maniera rapidissima.
Riconquistarla significa dare segnali in controtendenza, riportare la politica a parlare lo stesso linguaggio dei cittadini condividendone sacrifici e bisogni.
Sarebbero segnali importanti riforme che riducano il peso della politica sulle spalle dei cittadini eliminando privilegi, riducendo indennità e numero dei parlamentari, eliminando il bicameralismo perfetto, mettendo un tetto alle pensioni d’oro, solo per fare alcuni esempi.
Inoltre, la fiducia dei cittadini si conquista avendo fiducia in loro e nelle loro scelte, questo avviene - prima di ogni altra cosa - dando loro la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, cosa che tuttora il porcellum impedisce.
I partiti in Italia hanno assunto un sistema di decentramento uguale a quello delle istituzioni. In prospettiva con la eliminazione delle Provincie come dovrebbe essere organizzata la rete decentrata del suo partito? Esiste un processo di valutazione delle strutture periferiche del suo partito?
Non mi pare ci sia una discussione di questo tipo. Abbiamo a lungo sottolineato il ritardo che i partiti hanno nell’adeguarsi ai mutamenti sociali, in questo caso i partiti non sono stati in grado - nelle istituzioni - di realizzare una riforma vecchia di venti anni (quella delle città metropolitane) figuriamoci se si sono attrezzati per cambiare se stessi.
Secondo me dovrebbe valere un principio sacrosanto, per i partiti come per ognuno di noi: se vuoi il cambiamento, prima di tutto cambia te stesso.
Così se i partiti propongono una democrazia aperta, europea, federale, che faccia delle grandi realtà urbane i nodi di una rete di innovazione e sostenibilità su cui fondare la nuova Europa, prima di tutto realizzino questi progetti trasformando le proprie strutture.
Dagli studiosi di management e dalle imprese arrivano proposte ed esperienze di cambiamento: co-creare valore con i cittadini, valorizzazione delle competenze, trasparenza, comunità di passione, adattabilità e creatività, combattere la povertà realizzando profitti ed altro. Queste innovazioni se utilizzate dal partito potrebbero rivoluzionare in positivo tale organizzazione? Quale è la sua proposta di cambiamento del partito a cui appartiene?
E' così. Questa è l'era 2.0 che presuppone partecipazione, condivisione, co-working, interattività, contaminazione.
Se questo vale per le aziende, figuriamoci per i partiti.
I partiti devono essere assolutamente comunità di passioni capaci di trasformare i sogni e i desideri dei propri sostenitori in un progetto di governo, in un'idea di futuro. Devono essere capace di mobilitare tutte le risorse umane ed economiche di una Nazione verso un fine comune.
Il partito che vorremmo costruire, insieme a Matteo Renzi, è un partito che sappia farsi carico di queste aspettative coinvolgendo prima, durante e dopo, i cittadini nelle scelte principali che dovrà andare a compiere, un partito che - grazie anche alle nuove modalità di partecipazione - sappia mantenere uno stretto rapporto con cittadini senza però limitare la sua vita associativa ai soli momenti congressuali.
Un partito è un organismo comunitario e vive se quotidianamente tutti partecipano alla sua alimentazione e al suo rinnovamento. Come tutti gli organismi viventi, senza nutrimento e senza rinnovamento continuo delle sue cellule c'è solo la morte.
Si parla tanto di concorrenza e si disconosce il fatto che molte imprese non hanno concorrenti a causa del prodotto innovativo e di qualità che offrono ai consumatori. Tale strategia è presentata da W. Chan Kim e Reneè Mauborgne nel libro “Strategia oceano blu”. Al contrario nelle competizioni elettorali in Italia fino a quando non viene scrutinato l’ultimo voto non si conosce il vincitore. Il Partito Democratico sarebbe in grado di prospettare all’intero corpo elettorale una proposta talmente innovativa da non temere concorrenti e, quindi, vincere senza competere?
Fermo restando che la competizione in politica è un bene assoluto, l'alternanza è la garanzia al buon funzionamento del sistema.
Diciamo che, visti i precedenti, avere un Partito democratico in grado di vincere sarebbe già un gran bel successo. Non siamo riusciti a vincere nemmeno quando avevamo la vittoria in tasca.
Sono fermamente convinto che il PD , se saprà ritrovare le ragioni della sua fondazione e - quindi - se saprà guardare al futuro con coraggio ed entusiasmo invece che con la paura di cambiare, avrà tutte le carte in regole per vincere e tornare al governo del paese.
Dobbiamo però essere in grado di guardare a noi stessi con distacco e occhio critico, saper mettere in discussione alcuni tabù ereditati dal passato, cominciare a rivolgerci a tutta la società italiana e non solo ad alcuni settori sociali ed economici, mettere al centro dei nostri programmi il merito dando a tutti la possibilità di far valere fino in fondo le proprie capacità.
Un PD rinnovato oggi rappresenterebbe senza dubbio la proposta politica più competitiva, questo comporterebbe automaticamente una nuova fase per i nostri avversari che dovranno finalmente confrontarsi, non più su uno scontro ideologico e personalistico, ma sui contenuti e sulle proposte concrete.
A vincere alla fine  - comunque vadano le elezioni -  sarà certamente il nostro Paese.

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Invalidi civili: l’Ulss n. 22 di Bussolengo si adegua

Arrivano ottime notizie per gli invalidi civili del territorio di competenza dell’USLL n. 22 di Bussolengo, la quale dopo l’interrogazione del consigliere regionale Franco Bonfante si adegua alle disposizioni  organizzative stabilite al fine di realizzare quelle forme di collaborazione ed integrazione necessarie per abbassare i tempi di definizione delle prestazioni a favore di tali categorie.
Si descrive l’iter degli interventi effetuati per affrontare i tempi alti del processo di definizione delle prestazioni a favore degli invalidi civili.
Nella interrogazione presentata dal consigliere regionale Franco Bonfante alla Giunta Regionale ed all’Assessore regionale alla sanità sono stati esposti i problemi gestionali dell’Ulss 22 di Bussolengo, causati dal mancato allineamento dell’ente sanitario al modello organizzativo che prevede forme di collaborazione ed integrazione con l’Inps attraverso l’utilizzo di specifiche procedure informatiche messe a disposizione dall’Istituto previdenziale.
L’interrogazione di Diego Zardini e Alessia Rotta, deputati del Partito Democratico, presentata al Ministro per la pubblica amministrazione e la Semplificazione ed al Ministro per gli affari regionali e le autonomie chiedevano: - di rendere trasparenti tramite l'Inps gli indicatori qualitativi (tempi di effettuazione delle visite sanitarie e di definizione delle pratiche) e quantitativi (giacenze) delle prestazioni di invalidità civile al fine di poter intervenire e migliorare la performance del prodotto su tutto il territorio nazionale; - di conoscere gli importi degli interessi corrisposti per il ritardato pagamento delle prestazioni; - di intervenire per il tramite dell'ispettorato della funzione pubblica onde verificare se l'Asl n. 22 di Bussolengo (Verona) nella gestione delle pratiche di invalidità civile rispetti i principi di efficienza e di efficacia nell'azione amministrativa.
Gli effetti del mancato adeguamento dell’Ulss n. 22 di Bussolengo sono stati: - l’innalzamento dei tempi per l’effettuazione delle visite sanitarie e, quindi, per la liquidazione delle prestazioni di invalidità; - impossibilità per l’Inps ed i patronati di dare informazioni attendibili in tempo reale agli utenti per il mancato aggiornamenti dei fascicoli elettronici; - aumento delle code degli utenti in attesa delle visite ed in cerca di informazioni; - produzione di una mole di documentazione prodotta in formato cartaceo; - l’aumento dei costi per interessi per le prestazioni poste in pagamento dopo 120 giorni dalla data di decorrenza della domanda.
Dopo la presentazione delle interrogazioni è intervenuto il Comitato Regionale dell’Inps, il quale ha inviato, dopo un’apposita riunione, una lettera al Presidente della Giunta, all’Assessore Regionale alla Sanità ed all’Assessore Regionale al Sociale per sollecitare la soluzione delle problematiche relative agli invalidi civili causati dalla cattiva gestione dell’Ulss n. 22 di Bussolengo.
La Giunta Regionale ha effettuato una ricognizione in tutte le Ulss al fine di verificare l’operatività della cooperazione applicativa con la procedura Inps dell’invalidità civile e ha preso atto che tutte le Ulss hanno implementano operativamente tale collegamento e che solo l’Ulss n. 22 di Bussolengo sta procedendo con l’attivazione della cooperazione applicativa con l’Inps di Verona.
Inoltre, si afferma nella risposta che il Direttore Generale dell’Ulss 22 di Bussolengo ha chiesto all’Inps la collaborazione necessaria per lo scambio dei dati telematici e l’integrazione del sistema informatico tra i due enti per la gestione del processo invalidità civile.
Si è appreso, inoltre, dal Direttore dell’Inps di Verona che l’Ulss 22 di Bussolengo utilizza a regime dal 19 settembre il modello organizzativo e la piattaforma informatica predisposta dall’Inps dopo un periodo formazione e di sperimentazione.
Adesso occorre recuperare e definire le prestazioni di invalidità civile trattate anteriormente all’adeguamento dell’Ulss 22 di Bussolengo e realizzare una conferenza di servizi per integrare ulteriormente i due enti perché vi sono altri problemi da risolvere.
Secondo Bonfante “adesso occorre recuperare e definire le prestazioni di invalidità civile trattate anteriormente all’adeguamento e realizzare una conferenza di servizi per integrare ulteriormente i due enti perché vi sono altri problemi, tra i quali la effettuazione delle revisioni sanitarie che sono di competenza dell’Inps e vengono eseguite anche dall’Ulss,rischiando così di invitare due volte gli interessati a visita medica”. “Da questa vicenda comunque si deduce che è ancora difficoltoso realizzare rapporti di collaborazione tra enti diversi che gestiscono le diverse fasi di un unico servizio. Inoltre, conclude Bonafante, si dimostra come nell’attività politica occorra privilegiare la cultura dei problemi e non quella della propaganda”.
Diego Zardini e Alessia Rotta affermano che “l’intervento tramite le interrogazioni al Parlamento e alla Regione Veneto non ha lasciato alternative all’Ulss di Bussolengo se non quella di adeguarsi al modello organizzativo di integrazione e collaborazione con l’Inps di Verona. Per troppo tempo gli invalidi civili hanno dovuto sottostare alle inefficienze burocratiche ed autoritarie della struttura sanitaria, la quale si è dimostrata indifferente alle esigenze degli utenti. Il problema sembra essersi risolto ma occorre vigilare. Adesso occorre che l’ente sanitario e l’Inps di Verona valutino insieme il posizionamento organizzativo dell’integrazione e mettino in atto ulteriori accordi per migliorare ulteriormente gli indicatori di qualità e quantità delle prestazioni”.

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giovedì 19 settembre 2013

I marziani in missione in Italia

Editoriale di Lucrezia Reichlin pubblicato sul Corriere della Sera il 16 settembre 2013
Quasi sessant'anni fa Ennio Flaiano immaginò la storia, divertente e malinconica, di un marziano atterrato a Roma e poi ricevuto dalle maggiori autorità. Ma che cosa accadrebbe oggi, se un inviato proveniente da Marte, terminato un viaggio di ricognizione nel mondo, giungesse in Italia per incontrare ministri e banchieri, politici e industriali, deciso a farsi un'idea del nostro Paese? Proviamo a ipotizzarlo.
Dopo avere intercettato grande ottimismo per la ripresa incipiente, il nostro marziano torna in albergo e riguarda gli appunti preparati dai suoi esperti. L'Italia ha oltre il 130 per cento nel rapporto debito-Pil, in crescita: ben al di là delle previsioni di due anni fa quando i più sostenevano che fosse stato raggiunto il picco.
Le prospettive di rientro - sentenziano i tecnici di Marte - sono inesistenti. La crescita del reddito potenziale è infatti, nelle stime più ottimiste, appena sopra lo zero, l'inflazione presente e attesa è al di sotto dell'uno e mezzo (1,3 in agosto), ma i tassi d'interesse effettivi sono in rialzo. Dati poco incoraggianti per la sostenibilità del debito.
Dai giorni della crisi più profonda - precisano poi gli esperti - l'Italia non ha fatto niente per rilanciare la competitività. Né quella intesa in senso stretto, determinata, cioè, dal tasso di produttività e dal costo del lavoro; né quella più ampiamente considerata, determinata dall'efficienza nelle dinamiche amministrativo-burocratiche e del sistema giudiziario e dall'incidenza della corruzione. La conseguenza, nota il marziano spulciando numeri e percentuali, si fa sentire sugli investimenti e sulle esportazioni che, pur essendo cresciute più della domanda interna, non hanno avuto un andamento dinamico quanto quelle di Madrid, capitale che ha appena visitato. La disoccupazione è in crescita, l'occupazione in calo, mentre il settore bancario resta fra i più fragili d'Europa, con la necessità potenziale di capitali che sfiora i 30 miliardi, secondo le informazioni che gli esperti di Marte hanno raccolto a Francoforte e Bruxelles.
Se questo è il quadro, si chiede il marziano con gli occhi sbarrati dopo una notte a far di calcolo, perché le tante, eminenti personalità incontrate sono ottimiste? Perché non avvertono un senso di urgenza? Non temono di perdere il controllo delle finanze pubbliche, non li inquieta la prospettiva di dover chiedere aiuto all'Europa? Se, invece, gli italiani fossero forzati a comprare titoli di Stato per evitare questa prospettiva, non temono di scivolare lungo la via di un irreversibile declino economico? È davvero motivo di gioia una previsione di crescita del Pil che oscilla dal -1,3% al -1,7 nel 2013 e dal -0,5 al +0,7 nel 2014, visto che, secondo gli esperti, alle stime del governo con il suo +1,3% nel 2014 non crede nessuno?
Come mai, infine, tanti si compiacciono del surplus primario, ma non pensano che con questi dati macroeconomici, attuali e attesi (dal Pil all'inflazione ai tassi d'interesse), è difficile che l'Italia possa arrestare la dinamica perversa del debito?
Essendo la sua conoscenza degli esseri umani ancora molto superficiale, non fidandosi completamente dei suoi esperti, consapevole che gli economisti hanno spesso un approccio limitato ed eccessivamente tecnico, il nostro marziano decide di chiedere aiuto a un guru di Marte, amico suo. Il guru gli risponde così: «L'italiano è una specie particolare di essere umano. Ha età media elevata e, nella media, è ricco. Forse per questo la sua propensione al rischio è scarsa, un ricordo la voglia di emergere del dopoguerra. Si preoccupa soprattutto della tassa sulla casa, ovvero la tassa che incombe sulla sua ricchezza». Poi il guru aggiunge: «Non perdere troppo tempo a ragionare in Italia, ma goditela. È un Paese di grande bellezza». Il nostro marziano è molto occupato e deve terminare il suo viaggio tra gli umani: si ripropone di tornare e portarci suo marito in vacanza (va da sé, si tratta di una marziana). Nel finale del suo rapporto sull'Italia scrive: «Teniamo un occhio aperto. Quando tutte queste belle cose italiane dovranno essere vendute per fare fronte ai debiti, le compreremo a prezzo di saldo e ne faremo attrezzati luoghi di vacanza per i pensionati di Marte e del mondo emergente. La prima idea potrebbe essere quella di mini appartamenti al Colosseo. Bellissimo, nonostante i buchi».

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Seggiovia di Prada: privilegiare la cultura dei problemi

Intervento di Alessia Rotta, parlamentare del Partito Democratico a favore della seggiovia di Prada - Costabella.
“La funivia di Prada, cara a tanti veronesi, amanti della montagna e no. Chi non ha avuto occasione di percorrere immerso nella natura, anche da bambino, questi tre chilometri, sulle caratteristiche bidonvie, poi su, fino al rifugio Fiori del Baldo? Un territorio incontaminato, con una visione ineguagliabile sul lago di Garda e un potenziale da valorizzare, ancora tutto da scoprire: pensiamo agli sport, come il parapendio o alle performance artistiche che spazi immensi potrebbero ospitare, sul modello di quanto avviene in Trentino, con i suoni delle dolomiti. La funivia di Prada è una risorsa che tutti noi, non solo i territori di San Zeno e di Brenzone, non possiamo perdere. Per il suo valore economico, pensiamo all’indotto per gli esercenti della zona, grazie al turismo, ma anche, e soprattutto, per il potenziale culturale che rappresenta.
Ma ripercorriamo insieme gli avvenimenti che ci hanno portati fino a qui. Nel 2004 sono stati spesi 1 milione e 850 mila euro per il ripristino degli impianti della funivia. Una gran quantità di denaro che non è andata ad incidere, tuttavia, sul termine della vita tecnica dell’impianto, fissato nel 2009. In tutta fretta, nel 2009, è stata presentata la richiesta, poi ottenuta, per una proroga di 4 anni.
Non bisogna dimenticare che, tra il 2006 e il 2011, gli impianti sono stati gestiti da un’impresa privata, lasciando la Prada Costabella Srl senza utili. Nel 2011, la cassa torna, però, a mostrare un avanzo, evidenziando tutto il potenziale di questo meraviglioso impianto, ancora inespresso. Circa 42 mila passaggi all’anno che hanno permesso un accantonamento tra gli 80 ed i 100 mila euro all’anno. Numeri che mostrano sicuramente l’interesse di cittadini e turisti per questa struttura e l’immagine di un partecipata che non è al dissesto economico.
Ottenere una proroga è una necessità che sostengo con impegno. Tanti amministratori si sono succeduti nella catena di comando che ha portato la Prada Costabella Srl a questo punto, ed è per questo che è un dovere di tutti, indipendentemente dal colore politico, fare la cosa giusta per questo territorio, mettere da parte ogni rivalità, personalismo o scopo elettorale e cercare di arrivare al prossimo anno con un impianto funzionante, per potere, nei prossimi anni, trovare soluzioni alla radice di questo problema: rinnovare l’impianto”.
L'intervento di Alessia Rotta privilegia i problemi del territorio ed invita tutti ad impegnarsi per garantire la sopravvivenza e la funzionalità della seggiovia. Molte sono state le bugie e le polemiche sterili finalizzate a conquistare strumentalmente i consensi nelle prossime elezioni amministrative. Bisogna superare questo stato di cose è porsi l'obiettivo concreto a favore dei cittadini. I dati finanziari esposti da Alessia sono esatti e provengono dai bilanci della società. Nelle gestioni precedenti al 2011 vi è stato uno scarso ammortamento degli impianti ed una liquidità bassa a causa della scelta di affidare la gestione degli impianti ad una cooperativa esterna. Nessuno dei detrattori discute di questa scelta, dei rapporti intercorsi tra il vertice della cooperativa e le amministrazioni comunali dell’epoca e la lettera di disdetta mai inviata al Consorzio di Cooperative dal Presidente della Prada Costabella Srl Castellani Cipriano.
Adesso le prospettive si presentano in modo diverso se tutti gli attori si impegnano per il funzionamento della seggiovia. La classe politica, non potendo i due piccoli comuni farsi carico da soli della problematica in questione, devono intervenire su due direzioni:
- I comuni di San Zeno di Montagna e Brenzone insieme alla Provincia devono intervenire presso la Regione affinché la seggiovia rientri tra i finanziamenti dei Fondi Fas;
- I parlamentari veronesi devono vigilare e sollecitare il Ministro per le infrastrutture affinché intervenga con sollecitudine per applicare l’ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati che impegna il Governo ad adottare gli opportuni provvedimenti per prorogare il termine decorrente per ciascun impianto.
Si alla cultura dei problemi e no alle strumentalizzazioni che non portano a nulla.
Brava Alessia confidiamo anche nel tuo impegno disinteressato. Difendere la funzionalità dell'impianto non è una posizione di parte ma si muove nell'interesse dei cittadini.

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mercoledì 18 settembre 2013

PD, oltre le piramidi

Articolo di Lorenzo Dalai, capogruppo PD in consiglio provinciale di Verona

Non ho intenzione di fare un’analisi sulla terribile e drammatica situazione in Egitto, nemmeno di rievocare l’epoca dei Faraoni, voglio invece cercare di dare al mia interpretazione a quella che potrebbe essere la struttura di un partito politico del XXI secolo.
La forma classica del partito storico, quello nato con la rivoluzione industriale, risente fortemente nella sua formulazione strutturale di quella che era l’organizzazione del lavoro di stampo fordista: una base molto ampia ed una serie di livelli gerarchici, via via meno numerosi, fino ad arrivare al vertice decisionale, ristretto e a volte molto chiuso.
L’espressione di questo assetto la riscontriamo ancora in essere nei partiti italiani, dimostrazione di scarso rinnovamento di capacità di adeguarsi ai nuovi assetti del mondo del lavoro e della società in generale.
Infatti ci sono quantomeno quattro livelli: quello degli elettori, scarsamente coinvolti nella vita del partito, non sempre fedeli, che esprimono la loro adesione agli ideali ed ai valori di un partito soltanto attraverso il voto; poi abbiamo il partito degli iscritti, fedeli, che pubblicamente riaffermano la loro adesione alle linee di una formazione politica, che spesso, ma non sempre, si prestano come volontari in azioni come il volantinaggio, le raccolte firme, le feste di partito; salendo troviamo il livello degli eletti, sia amministratori pubblici (consiglieri comunali ecc.) sia quadri del partito (segretari di sezione, provinciali, ecc.). Ultimo il vertice decisionale, cuore e cervello del partito.
Gli eletti di tipo amministrativo pubblico sono retribuiti dall’ente nel quale prestano la loro attività, mentre i quadri di partito non lo sono o lo sono in parte. A questi ultimi si affiancano però i funzionari, addetti alle segreterie, che da dipendenti lavorano per l’organizzazione del partito stesso e l’interscambio tra il ruolo elettivo e l’attività da dipendente crea una situazione che, anziché professionalità in Politica, porta alla professionalità della politica.
A questa forma storica, abbastanza cristallizzata, ma oggi nettamente in crisi, si contrappone, secondo alcune visioni, le cosiddetta “piramide rovesciata”. Esempio attuale di questo modello è il Movimento 5 Stelle: attraverso il web la base elettorale esercita un continuo e costante controllo sugli eletti, non c’è apparato e la struttura è sicuramente più snella. Resta il problema del livello decisionale…Poiché la base elettorale è labile, la fedeltà solo parziale, si rischia di avere una struttura parallela che, molto ristretta, indirizza gli umori degli elettori.
Che fare? Forse la risposta la possiamo trovare nella riorganizzazione del mondo del lavoro che si è operata negli ultimi anni del secolo scorso, cioè l’abbandono della struttura piramidale a favore di quella orizzontale, dove anche l’ultimo assunto, con qualche filtro, può interfacciarsi con il livello decisionale (AD, Direzione,ecc.). Le modalità messe a disposizione dalla tecnologia sono in grado di dare esecutività a queste interconnessioni.
Certo, struttura orizzontale non vuol dire “piatta”, anzi, questo vuol dire che un progetto, un’idea può nascere ed essere sviluppata in un punto qualsiasi dell’asse longitudinale, chiaramente in armonia con gli elementi contermini, valorizzando perciò le capacità di tutti i componenti. Un altro punto di enorme valenza è la possibilità che questa organizzazione sia permeabile ad apporti esterni, ovvero chiunque potrà entrarvi, in uno dei punti che gli saranno più congeniali, senza dover faticosamente scalare i gradini della piramide. Una forma aperta, capace di integrare spinte e ideali esterne, per meglio raccordarsi con la società.
Delle tre tipologie analizzate, l’ultima è sicuramente quella che meglio si adatta ai nostri tempi, così difficili e complessi. Non è detto che sia facile declinare le intenzioni teoriche in una concretezza reale, infatti dipenderà dalle capacità dei soggetti coinvolti. Certo la messa a punto dello strumento non è sufficiente, molto deriverà non dalla forma-partito ma da quella che si intende come “mission” dei Partiti nella società moderna, quale può essere la loro funzione reale e se ha ancora una sua ragione d’essere. Ma questo è un altro problema.

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giovedì 12 settembre 2013

Pensiamo al paese e dimentichiamo Berlusconi

Editoriale di Don Antonio Sciortino pubblicato su famiglia Cristiana il 10 settembre 2013
Far cadere il governo per favorire gli interessi di un uomo solo porterebbe alla dissoluzione, con pesanti conseguenze per le famiglie e le imprese. Affossarlo prima del tempo sarebbe masochismo nazionale.
Le gente non ne può più di polemiche sterili e dannose per il Paese. Da mesi, ormai, non si fa altro che parlare, in modo ossessivo, della decadenza di Berlusconi da senatore, dopo una condanna di terzo grado per frode fiscale. Quasi fosse l’unico problema dell’Italia, alle prese con una crisi che ancora morde duramente. E nonostante, appena fuori i nostri confini, il mondo tenga il fiato sospeso per il rischio di una guerra che dalla Siria può allargarsi, a macchia d’olio, dal Medio Oriente al resto del mondo. Le dichiarazioni di responsabilità si sprecano, ma sono solo parole vuote. Di responsabilità ce n’è davvero ben poca.
Qualsiasi persona di buon senso capisce che gettare oggi il Paese nell’instabilità politica è un’insana follia che porta al caos e alla dissoluzione, del tanto peggio tanto meglio, con pesanti conseguenze sui bilanci delle famiglie e delle imprese che cominciano a intravvedere un barlume di speranza e di ripresa.
Per non dire del giudizio internazionale e dei mercati che approfitterebbero di questa congenita inaffidabilità italiana per colpire con durezza. E tutto ciò, proprio quando il governo Letta, pur con i tanti limiti e sotto continui ricatti, è riuscito a conseguire qualche buon risultato, nazionale e internazionale.
Affossarlo prima del tempo, prima del semestre europeo a guida italiana, senza che sia stata varata una nuova legge elettorale al posto del deprecato “porcellum”, (che tutti però si tengono stretto, Grillo incluso), sarebbe il massimo del masochismo nazionale, che al bene dei cittadini fa prevalere interessi particolari. Ancora di recente in un’intervista a Famiglia Cristiana, il presidente dei vescovi italiani, cardinale Bagnasco, ha ammonito che chi, in questo momento, si impunta per far cadere il governo sarà segnato a “futura memoria”.
Sarà difficile chiedere nuova fiducia agli elettori dopo averli penalizzati.
L’”accanimento terapeutico” per salvare il “soldato Silvio” dopo una condanna definitiva, rischia di gettare il Paese nel caos istituzionale e
sociale.
Senza sbocchi certi per nessuno. A chi giova? Non certo alle famiglie e ai giovani che vedono il loro futuro sempre più incerto. Eppure, quando fu varato il governo Letta, Berlusconi dichiarò che le sue vicende personali non avrebbero influito sulle sorti del governo. Forse, abbiamo capito male, pazienza.

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venerdì 6 settembre 2013

La BCE deve sostenere la crescita

Articolo di Lucrezia Reichlin pubblicato sul Corriere della Sera il 5 settembre 2013
Il consiglio della Banca centrale europea, oggi, non ridurrà i tassi. Questa, almeno, è l'aspettativa dei mercati che guardano, invece, alla conferenza stampa che seguirà la riunione con il consueto messaggio di Mario Draghi. Saranno parole importanti per capire l'orientamento che adotterà l'istituto nei prossimi mesi e dovranno bastare per «domare» l'incertezza sulla politica monetaria dell'euro che deriva, paradossalmente, dalle buone notizie, cioè dai primi segnali di ripresa economica dell'area.
L'istituto dovrà rassicurare pubblico e mercati sul suo impegno a mantenere condizioni capaci di facilitare il credito per accompagnare una ripresa ancora fragile evitando che si formino pressioni sui tassi di interesse a lungo termine.
Nelle recenti conferenze stampa Mario Draghi ha modificato la comunicazione, dichiarando di impegnarsi a mantenere tassi bassi per un periodo prolungato. A differenza della Federal Reserve e della Banca d'Inghilterra, la Bce non è arrivata al punto di specificare un target - ad esempio il tasso di disoccupazione - da raggiungere prima di variare la politica monetaria, ma ha dato un segnale di discontinuità rispetto alla tradizione che non prevedeva nessun impegno ex-ante sulle scelte di politica monetaria futura. Tuttavia i mercati hanno creduto poco al suo messaggio. I tassi da uno a dieci anni sul Bund , che riflettono le aspettative sull'andamento futuro del tasso di rifinanziamento stabilito dalla Bce, hanno seguito gli annunci di politica monetaria di Ben Bernanke più di quelli di Mario Draghi. Sono aumentati troppo per corrispondere alle prospettive di crescita dell'eurozona, estremamente più incerte che negli Stati Uniti.
Per questo Draghi, oggi, dovrà dare nuova credibilità al suo messaggio, riaffermando il fermo impegno a mantenere i tassi ai minimi, fino a che la ripresa europea non sarà decollata in modo convincente e generalizzato. Per fronteggiare la grande crisi, le banche centrali hanno usato nuovi strumenti buoni per salvaguardare la stabilità finanziaria e sostenere l'economia: sono state spesso le uniche istituzioni capaci di intervenire in modo massiccio e tempestivo, in assenza dell'azione di altri agenti di politica economica. Ora stiamo entrando in un'altra fase che definirei di «progressiva normalizzazione». Questa fase comporta rischi e impone un percorso molto stretto per evitare che si creino condizioni troppo restrittive nella concessione del credito destinate a strozzare la ripresa incipiente. Tutto ciò è inoltre complicato dal fatto che, data l'integrazione dei mercati finanziari, è difficile per una banca centrale controllare tassi di mercato sempre più influenzati da fattori globali, in parte determinati dalla politica monetaria degli Stati Uniti.
Proprio per questo un impegno generico a mantenere i tassi bassi non basta. Il mercato, ma anche il grande pubblico, vuole capire se la Bce, come la Federal Reserve e la Banca d'Inghilterra, pur mantenendo il suo obiettivo in termini di inflazione nel medio periodo, terrà ben aperti gli occhi sulla crescita e sull'occupazione nel breve periodo. In economie appesantite dal debito e indebolite da una lunga recessione, un obiettivo in termini di inflazione di medio periodo, pur rimanendo un essenziale elemento della politica monetaria, non è sufficiente per guidarci fuori della crisi. Questo è il tema su cui tutte le banche centrali stanno riflettendo, battendo nuove strade, inclusa appunto quella di una comunicazione trasparente, che riveli le ragioni dell'azione presente e futura di politica monetaria.
Sarebbe molto grave se la Bce, prigioniera di sensibilità diverse all'interno del consiglio, rinunciasse alla chiarezza del messaggio o esprimesse un'eccessiva cautela. La trasparenza non è solo necessaria per legittimare l'indipendenza della banca centrale, ma è anche un mezzo per evitare la volatilità dei tassi. Definire una politica monetaria unica per Paesi diversi è molto complesso, ma non deve essere questa la ragione per rinunciare alla trasparenza. Al contrario è ancor piu necessaria proprio perché la legittimità della indipendenza di una banca centrale, in un'unione monetaria come quella dell'eurozona, è più fragile.
Non farlo avrebbe un prezzo elevato per il costo del credito di imprese e famiglie, in Italia, ma anche in Germania.

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giovedì 5 settembre 2013

Inabili: sbloccate le assunzioni

La situazione di crisi del paese e l’ascesa della spesa pubblica ha comportato la necessità di procedere al blocco delle assunzioni per le PA che avessero registrato un’eccedenza di personale rispetto alla rideterminazione della pianta organica. Queste misure avevano coinvolto i soggetti disabili vincitori delle prove di selezione disposte da diverse pubbliche amministrazione e tra queste l’Inps che aveva concluso tali prove senza procedere all’assunzione dei soggetti disabili.
Su tale problematica erano intervenuti i deputati del Partito Democratico Diego Zardini e Alessia Rotta con una interrogazione rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali  per sapere quanto segue:
“- se non ritenga necessario effettuare una ricognizione nelle pubbliche amministrazioni al fine di conoscere lo stato di attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, rendendo accessibili le informazioni scaturite dall'accertamento stesso e di intervenire nel caso in cui venga rilevato che gli obblighi della legge a favore dei soggetti disabili non siano stati rispettati;
- se non reputi urgente accelerare nelle pubbliche amministrazioni ed in particolare nell'Inps le procedure di mobilità collettiva che presentano situazioni di soprannumero e di eccedenze di personale (articoli 6 e 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e dare attuazione al piano di assorbimento dei soprannumerari entro il 31 dicembre 2014 (articolo 2, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) al fine di non disattendere le giuste aspettative dei soggetti disabili risultati idonei nel processo di reclutamento messo in atto dall'Inps;
- se non ritenga necessario valutare la possibilità di effettuare le assunzioni in questione in profili professionali appartenenti ad aree dell'Inps in cui vi sia disponibilità di posti e non posizioni soprannumerarie”.
A tale necessità risponde il Decreto Legge n. 101 del 2003 in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni che all’art. 7, comma 6 e 7, prevede una deroga al blocco delle assunzioni per i lavoratori disabili anche nel caso in cui l’amministrazione interessata presenta una pianta organica con personale in eccedenza o soprannumerario. Le pubbliche amministrazioni avranno l’obbligo di assumere la quota di riserva dedicate alle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, anche in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche.
Le amministrazioni pubbliche sono obbligate a rideterminare il numero delle assunzioni obbligatorie delle categorie protette secondo le quote e i criteri di computo previsti dalla normativa vigente. Dopo la rideterminazione del numero dei lavoratori di tali categorie, ogni amministrazione è obbligata ad assumere un numero di lavoratori pari alla differenza fra il numero rideterminato e quello esistente.
I deputati del Partito Democratico Diego Zardini e Alessia Rotta hanno espresso “soddisfazione per la deroga al divieto di assunzione a favore dei lavoratori disabili che corrisponde ai contenuti rappresentati nella interrogazione presentata al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Sono stati fatti dei passi in avanti rispetto alle aspettative ed alle esigenze dei soggetti disabili che richiedono di entrare nel mondo del lavoro”. “Occorre a questo punto, dichiarano Zardini e Rotta, continuare nella strada intrapresa e modificare ulteriormente la normativa esistente per superare i limiti tutt’ora presenti attraverso le seguenti modifiche normative:
- Modifiche al Decreto Legge 31 agosto 2013 n. 101 del 2013. Garantire l’assunzione dei soggetti disabili, idonei alle prove di selezione, da parte dei datori di lavoro pubblico che hanno stipulato le convenzioni ed effettuato le selezioni, di cui all’art. 11 della legge n. 68/1999, senza concludere la fase di reclutamento a causa del blocco delle assunzioni, utilizzando la graduatoria relativa alle prove di selezione effettuate;
- Modifiche all’art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68. Prevedere la possibilità in caso di completezza del ruolo organico dei datori di lavoro pubblici di inquadrare in soprannumero i soggetti disabili fino al verificarsi della prima vacanza”.
Attualmente l’Inps presenta 495 posti scoperti da destinare ai soggetti disabili, di cui 45 nel Veneto e 5 a Verona. Ai sensi delle nuove disposizioni i posti vacanti da destinare alle categorie protette vanno rideterminati e coperti con le nuove assunzioni.

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