giovedì 28 luglio 2011

Diego Zardini interviene sulla trasparenza

Diego Zardini, capo gruppo del PD in Consiglio provinciale, prende atto positivamente che l’Amministrazione Provinciale ha accolto le proposte contenute nell’interrogazione presentata ed ha provveduto a rendere pubblici nel sito istituzionale dati ed informazioni riguardanti il Nucleo di valutazione e precisamente: - Curriculum di tutti i componenti del Nucleo di valutazione; - Le modalità di funzionamento, di organizzazione e le attività e funzioni assegnate al Nucleo di Valutazione.
Per concludere l’operazione trasparenza dell’organismo di valutazione, afferma Diego Zardini, si richiede che vengano pubblicate nel sito istituzionale, specificatamente nella cartella dedicata al Nucleo di valutazione, l’ammontare delle retribuzioni percepite annualmente dai membri dell’organo di valutazione, le delibere adottate, i pareri espressi e le relazioni presentate dal Nucleo stesso a partire dal 2009.
“Si ritiene che tale richiesta, continua Zardini, sia essenziale per mettere nelle condizioni i consiglieri provinciali, i cittadini, i giornalisti, i ricercatori e gli studiosi di conoscere e valutare il funzionamento e l’organizzazione del Nucleo di valutazione in rapporto al miglioramento della performance organizzativa dell’Amministrazione Provinciale. Inoltre, la suddetta richiesta è prevista e disciplinata dall’art. 11 del D. Lgs. n. 150 del 2009 che per la prima volta definisce la trasparenza “come accessibilità totale ……. allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità”.
Diego Zardini propone di completare il sistema della trasparenza totale invitando l’Amministrazione Provinciale di Verona ad implementare l’elenco dei dati, la cui pubblicazione sul sito istituzionale è obbligatoria, indicati nell’allegato 1 delle “Linee guida dell’Upi” e tra questi si indicano i seguenti:
- Sistema di misurazione e di valutazione della performance;
- Informazioni concernenti ogni aspetto della organizzazione;
- Indicatore dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture (indicatore tempestività dei pagamenti) nonché tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi con riferimento all’esercizio finanziario precedente;
- Misure organizzative adottate per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti.
Diego Zardini afferma che, nonostante la disponibilità espressa in precedenti comunicazioni dal Presidente della Provincia, il Consiglio Provinciale non è stato coinvolto, ai sensi dell’art. 42, comma 2, lettera a) del D. Lgs. n. 267/2000, nella definizione dei criteri generali di adeguamento dell’ordinamento degli uffici e dei servizi ai principi del D. Lgs. n. 150/2009 (riforma Brunetta.
L’adeguamento effettuato impropriamente dalla Giunta Provinciale, senza l’ausilio del Consiglio provinciale, è parziale in quanto non comprende i contenuti più rilevanti delle “Linee Guida su performance, trasparenza e integrità nelle province italiane” redatto dall’Upi.
Si invita a valutare positivamente la proposta di convenzione tra l’Amministrazione Provinciale e l’Università di Verona in quanto “le Province devono guardare a tutto il territorio provinciale, e possono diventare un punto di riferimento per la diffusione dei processi di innovazione e di modernizzazione anche nei comuni più piccoli”. Tale convenzione mira a conoscere lo stato di attuazione della riforma delle PA negli enti locali della Provincia ed a sostenere i comuni che si trovano in difficoltà a realizzare il cambiamento richiesto.
Si ritiene importante realizzare la trasparenza totale in quanto incide sul livello di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e la collaborazione con l’Università al fine di svolgere una indagine conoscitiva ed aiutare i comuni, particolarmente quelli piccoli, ad innovarsi.

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AGSM e Hellas Verona

La decisione di Agsm di Verona di sponsorizzare la società di calcio Hellas Verona approda in parlamento con una interrogazione presentata dai parlamentari Antonio Borghesi e Federico Testa al Ministro dell’Interno.
Si ricorda che nel mese di marzo dello scorso anno su proposta del Comune di Verona, firmata dal sindaco Flavio Tosi e dall’Assessore allo Sport Federico Sboarina, è stata approvata una campagna pubblicitaria a favore di Agsm negli impianti sportivi gestiti dal comune per un costo totale 130 mila euro più Iva.
La campagna pubblicitaria, approvata lunedì scorso dal Consiglio di Amministrazione di Agsm, a favore di Hellas Verona costerà alla società Agsm complessivamente 700 mila euro nel 2010 e nel 2011. Tale intervento non tiene conto dell’indebitamento finanziario di Agsm che si è attestato nel 2010 a euro 247.778 mila, a fronte di euro 228.490 mila dell’esercizio precedente (vedi tabella), che tende ad avvicinarsi al patrimonio netto del gruppo che ammonta a euro 297.044 mila ed ai limiti oltre i quali la gestione finanziaria è a rischio. Dalla relazione di bilancio 2010 si legge che per il 2011 si prevede un aumento del deficit finanziario.
Bene avrebbe fatto Agsm a dedicare tale importo alla riduzione dell'indebitamento con conseguente riduzione degli oneri finanziari o ad una revisione delle tariffe in assenza di una strategia di crescita della società. Agsm allo stato attuale è una società radicata a Verona ed in qualche comune della Provincia senza alcuna ambizione di sviluppo oltre gli ambiti territoriali della Provincia.
Nell’interrogazione dei parlamentari veronesi viene posta attenzione all’aspetto normativo che impedirebbe alla società veronese di mettere in atto simili operazioni.
Si riporta l’interrogazione integralmente l’interrogazione presentata dai parlamentari veronesi Borghesi e Testa. 
Per sapere - premesso che:
l'Azienda generale dei servizi municipalizzati di Verona (AGSM) ha annunciato la scorsa settimana che sarà lo sponsor ufficiale della società di calcio cittadina Hellas Verona, militante nel campionato di serie B;
il contratto di collaborazione commerciale ha un valore di 350.000 euro ed è stato presentato nella sede del Comune di Verona, alla presenza del sindaco, Flavio Tosi, dell'assessore allo sport Federico Sboarina e del presidente dell'Agsm Paternoster. Il sindaco è da sempre tifoso e fiancheggiatore del tifo più oltranzista della squadra (le brigate gialloblù);
Agsm, originariamente azienda municipalizzata, è una società per azioni, che, come risulta dalla lettura del suo bilancio è in realtà un gruppo costituito da AGSM Verona spa e dalle società partecipate AGSM Energia spa, AGSM Distribuzione spa, AGSM Trasmissione srl e dal Consorzio Industriale G. Camuzzoni scarl. Il gruppo è radicato sul territorio comunale di Verona ed in alcuni comuni della provincia;
Agsm spa è controllata al 100 per cento dal comune di Verona, che ne è il socio unico;
l'articolo 6, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 ha vietato le sponsorizzazioni da parte degli enti locali;
secondo sentenze della Corte di Cassazione ad essere vietati sarebbero in generale gli accordi di patrocinio comportanti spese; ciò che la norma tende ad evitare sarebbe dunque proprio la concessione del patrocinio - che preveda oneri, da parte delle amministrazioni pubbliche - ad iniziative organizzate da soggetti terzi, ad esempio la sponsorizzazione di una squadra di calcio;
a nulla rileva il fatto che Agsm abbia la forma giuridica di spa, poiché essendo controllata al 100 per cento da parte del comune è come se la sponsorizzazione fosse realizzata direttamente dal comune, che ne è socio unico;
tra l'altro la società opera limitatamente al territorio veronese e quindi è del tutto fuori luogo immaginare che possa svolgere una funzione di promozione commerciale in qualunque stadio italiano ove la squadra giocherà nel prossimo campionato;
la società risulta debitrice di somme rilevanti (circa 750.000 euro) nei confronti del comune di Verona :
se il Ministro sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e se non ritenga di dover intervenire al fine di chiarire che l'articolo 6, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, vada interpretato nel senso di escludere anche le società a totale partecipazione pubblica o, in caso contrario, se non intenda assumere un'iniziativa normativa volta a includere espressamente tali soggetti nel divieto di cui all'articolo 6, comma 9, del citato decreto-legge.

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mercoledì 27 luglio 2011

Miozzi in confusione con e-mail e riunioni

Diego Zardini, capo gruppo del PD in Provincia, replica alla risposta di Giovanni Miozzi, presidente della Provincia di Verona, alla sua interrogazione finalizzata a rendere trasparente le attività e le competenze del Nucleo di Valutazione.
Dalla risposta di Miozzi si apprende che il Nucleo di valutazione si è riunito 6 volte nel 2009, 5 volte nel 2010 e  2 volte nel 2011. Inoltre, Miozzi specifica che in modalità telematica, utilizzando la posta elettronica, l’organismo di valutazione si è riunito 4 volte nel 2009, 2 volte nel 2010 e 2 volte nel 2011.
"Da questi dati si evince chiaramente, dichiara Diego Zardini, che il Nucleo di Valutazione si riunisce poche volte in un anno e di conseguenza risulta poco integrato al sistema organizzativo ed alle risorse umane della Provincia. Si rileva, inoltre, che nel 2010, anno in cui bisognava operare per l’attuazione del D. Lgs. n. 150 del 2009, il Nucleo di Valutazione non ha incrementato il numero delle riunioni rispetto all’anno precedente (6 riunioni nel 2009 e 5 riunioni nel 2010). Sembra che il Nucleo di valutazione non abbia espletato in modo indipendente l’attività preparatoria relativa all’attuazione della riforma delle PA o peggio che si sia limitato ad esprimere pareri favorevoli alle politiche ed alla azione della Amministrazione Provinciale finalizzata a confermare l’esistente. L’attuazione della riforma, stabilita dal D. Lgs. n. 150 del 2009, ha avuto un approccio normativo e top down che non ha consentito un’appropriata gestione del cambiamento ed una prassi localistica in assenza di una logica unitaria di performance management”.
"Il Nucleo di valutazione della Provincia di Verona, continua Diego Zardini, pare rientrare per analogia tra i casi aziendali della letteratura manageriale, la quale asserisce che tali organi sono autoreferenziali, si limitano a poche riunioni all’anno dedicate agli aspetti formali della erogazione dei premi e delle retribuzioni di risultato, operano in un’ottica amministrativa e formalistica ed esprimono una scarsa capacità di incidere in modo sostanziale sul funzionamento organizzativo delle amministrazioni”.
Nel caso di Verona i membri esterni del Nucleo, impegnati prevalentemente come docenti nelle Università di Verona e di Genova ed in altri impegni professionali, sembrerebbero aver espresso un basso livello di propensione a riunirsi presso la sede dell’Amministrazione Provinciale.
L’ultimo comma dell’art 60 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi recita “ Per l’espletamento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 57, comma 3, i pareri dei componenti del nucleo possono essere espressi anche non contestualmente attraverso l’utilizzo di sistemi informatici”. Tale articolo prevede la possibilità di richiedere e di fornire pareri utilizzando le applicazioni informatiche.
Con riferimento alle riunioni in modalità telematica Diego Zardini fa presente che “la posta elettronica, pur trasmettendo gli allegati e sottoscrivendo i pareri ed i verbali, è una applicazione che non consente di collegare in tempo reale i membri di un organo che si trovano in luoghi diversi e di effettuare delle riunioni a distanza in quanto sono assenti gli elementi essenziali di tale istituto. Sono altre le applicazioni informatiche che consentono di realizzare riunioni a distanza ed in tempo reale”.
“L’ordinamento Provinciale, afferma Diego Zardini, non prevede e non disciplina le riunioni in modalità telematica del Nucleo di valutazione e, pertanto, non possono essere istituite e definite tali le richieste di pareri, le risposte e lo scambio di informazioni. L’erronea definizione delle riunioni serve solo ad incrementare il numero degli incontri effettuati nell’anno e, di conseguenza, l’efficacia e l'efficienza del Nucleo di valutazione. Pertanto, le comunicazioni effettuate con la posta elettronica, che lei chiama erroneamente “riunioni in modalità telematica”, sono state: - 4 nel 2009; - 2 nel 2010; - 2 nel 2011”.
Considerata la posizione dell’Amministrazione Provinciale a favore del Nucleo di valutazione e ribadita la proposta del PD favorevole all’istituzione dell’Organismo indipendente di valutazione, Diego Zardini propone “di ampliare le competenze del Nucleo di Valutazione assegnando ad esso le funzioni previste dall’art. 7 e 14 del D. Lgs. n. 150/2009 al fine di creare le condizioni per la realizzazione della riforma in materia di performance e di trasparenza”.
Si osserva che l’Amministrazione Provinciale non ha dato fino a questo momento attuazione completa al D. Lgs. n. 150 del 2009 e predisposto una riunione del Consiglio provinciale al fine di stabilire i criteri generali di adeguamento del Regolamento degli uffici e dei servizi ai principi della riforma delle PA varata dal governo di centro destra e ostacolata dalla Giunta Provinciale di Verona anch’essa di centro destra.
Linee Guida UPI
Dati da pubblicare Province

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domenica 24 luglio 2011

Riflessioni sulle Province

Articolo di Valerio Onida pubblicato su Corriere della Sera il 23 luglio 2011
Da qualche tempo, in nome della necessità di ridurre i «costi della politica», ha ripreso vigore l' idea di abolire le Province come enti locali. Ma davvero sarebbe una buona idea? Naturalmente non basta l' argomento che le Province «costano». Tutte le istituzioni «costano». Il problema è se «servono». Le Province «enti inutili»? È vero che alla Costituente si era pensato che la creazione delle Regioni le avrebbe reso superflue. Ma poi l' idea rientrò; e l' esperienza successiva ha condotto viceversa ad un progressivo rafforzamento delle funzioni del livello di governo provinciale, pur dopo l' istituzione delle Regioni. Sono lontani i tempi in cui si diceva che le Province servivano solo per strade, manicomi e assistenza agli illegittimi. Le Province continuano ad occuparsi di strade, ma le loro funzioni sono andate crescendo. Nella legge del 1990 sulle autonomie locali e nel testo unico del 2000 la Provincia è definita come l' «ente locale intermedio tra Comune e Regione», che «rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo». Tra le funzioni delle Province vi sono quelle riguardanti «vaste aree intercomunali o l' intero territorio provinciale», nei settori della difesa del suolo, della difesa dell' ambiente, dei trasporti, dello smaltimento dei rifiuti, dell' istruzione secondaria di secondo grado. Alla Provincia fanno poi capo rilevanti funzioni di programmazione, in particolare il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio. Chi dovrebbe svolgere queste funzioni, se venissero soppresse le Province? Non è pensabile che compiti di «area vasta» possano essere attribuiti agli oltre 8.000 Comuni (dei quali circa 7.500 con meno di 15.000 abitanti): dunque essi andrebbero in gran parte alle Regioni. In teoria sarebbe anche possibile immaginare un sistema di «enti intermedi» costituiti da associazioni di Comuni, con uffici e strutture condivisi. Ma l' esperienza dice che mettere d' accordo fra loro 20 o 100 Comuni della stessa area per esercitare insieme delle funzioni è assai complicato, e non è detto costi meno che affidare tali funzioni ad un ente autonomo come la Provincia. Né, ovviamente, è proponibile un accorpamento massiccio dei piccoli Comuni: l' autonomia comunale si nutre della storia e del senso di autoidentificazione delle comunità, grandi e piccole, sul quale è destinato ad infrangersi ogni disegno «razionalizzatore» astratto. Sarebbe anche possibile immaginare che la Regione decentri i suoi uffici nel territorio. Le unità organizzative (e il personale) però non diminuirebbero. Si «risparmierebbe» solo l' elezione di presidenti e di consigli: ma siamo sicuri che l' accentramento politico in capo alla Regione, che ne risulterebbe, sia una soluzione soddisfacente? Uno dei timori e dei rischi che da sempre caratterizzano il nostro sistema delle autonomie è quello del «centralismo» regionale. Non è affatto detto che un semplice decentramento amministrativo della Regione sia in grado di soddisfare le aspirazioni di autogoverno delle popolazioni. Il punto, semmai, è un altro. Le realtà regionali non sono tutte eguali. La Lombardia ha 9 milioni di abitanti e oltre 1.500 Comuni: immaginare che tutte le funzioni di «area vasta» siano governate dal Pirellone sarebbe follia pura: provate a dire agli abitanti dei piccoli e grandi Comuni del Comasco o del Bresciano che tutto ciò che è sovracomunale deve dipendere politicamente da Milano! Non è lo stesso se si tratta di una Regione piccola o piccolissima. La Valle d' Aosta (125.000 abitanti e 74 Comuni) non è suddivisa in Province. Si può discutere se davvero il Molise (320.000 abitanti e 136 Comuni) debba essere articolato in due Province. Ma nelle grandi Regioni l' esigenza di avere enti intermedi rappresentativi delle popolazioni è difficilmente negabile. Allora non si tratta di abolire tout court le Province, programma irragionevole e impraticabile. Semmai di limitare le spinte localistiche impedendo che nascano sempre nuove piccole Province (come le otto in cui da ultimo si è frammentata la Sardegna). E, viceversa, di dare vita finalmente, nelle aree metropolitane, a cominciare da Milano, a un vero ente di governo (elettivo) di dimensione corrispondente, che sostituisca la Provincia e riunisca in sé non meno, ma più funzioni rispetto ad essa. È la Città metropolitana, prevista da dieci anni nella Costituzione e mai realizzata (mentre si è costituita la nuova Provincia di Monza e della Brianza). Si eviterebbe così che i problemi del territorio della «grande Milano» - dalla pianificazione territoriale dei grandi insediamenti agli interventi per evitare le periodiche esondazioni del Seveso - restino affidati all' asimmetrico rapporto fra un Comune capoluogo dai confini ristretti ma che ogni giorno è «usato» anche da centinaia di migliaia di abitanti dell' hinterland, e un gran numero di Comuni piccoli o medi privi di voce in capitolo. Meno retorica dell' antipolitica, e più capacità di affrontare i problemi con razionalità: è chiedere troppo, nell' Italia di oggi?

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Isola della Scala: Giovanni Miozzi mortifica la trasparenza

La decisione del Consiglio Comunale di Isola della Scala di introdurre la trasparenza e le competenze in materia di nomine è stata accolta e diffusa positivamente dalla stampa e dai blog in un momento in cui la classe politica veronese è interessata ad occupare il potere ed a privilegiare la casta.
Precisamente il Consiglio Comunale di Isola della Scala con la delibera n. 36 del 28 giugno 2011 ha deciso “di stabilire che per quanto riguarda la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune presso Enti, Aziende ed Istituzioni si proceda prioritariamente alla pubblicazione di un avviso pubblico, per la durata di almeno sette giorni, rivolto a tutti coloro che sono interessati e che sono in possesso dei requisiti previsti negli indirizzi, con obbligo di presentare, unitamente alla domanda, il proprio curriculum”.

Il Sindaco del Comune di Isola della Scala con provvedimenti dell’8 luglio ha designato i rappresentanti del Comune nel Comitato di Gestione della Scuola Materna Domenico Savio di Pellegrina, della Scuola Materna San Giorgio di Tarmassia, della Scuola Materna Don Adami di Isola della Scala, dell’Associazione Gemellaggi Veronesi e dell’Università del Tempo Libero. Tali atti del Sindaco non hanno rispettato la decisione del Consiglio Comunale che responsabilmente ha introdotto il fattore della trasparenza in materia di nomine per consentire ai cittadini interessati di presentare domanda e per recuperare il rapporto con la comunità locale.
I Consiglieri Comunali Chiara Chiappa, Alessandro Meneghelli e Maurizio Rodegheri del gruppo consigliare “Isola nostra il bene comune” hanno immediatamente presentato una interrogazione al Sindaco per conoscere i motivi di tali decisioni non rispettosi della volontà del Consiglio Comunale e la eventuale ineleggibilità ed incompatibilità, ai sensi dell’art. 60 e 63 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, dei consiglieri comunali nominati nei suddetti comitati.
Sugli atti del Sindaco di Isola della Scala, Giovanni Miozzi, vi sono alcune brevi considerazioni da fare:
- Le modalità di nomina scelte dal Sindaco dei rappresentanti del Comune nei vari Comitati di Gestione non hanno consentito la presentazione di candidature indipendenti della società civile. I fattori della trasparenza e della pubblicizzazione, previsti dalla delibera del Consiglio Comunale, non sono stati considerati; 
- La previsione, da parte degli enti, di rappresentanti del Comune nei Comitati di Gestione consente ai partiti di occupare e condizionare gli spazi di partecipazione della società civile. Pertanto, tale regolamentazione va riconsiderata, eliminando la presenza dei rappresentanti del Comune, al fine di privilegiare un rapporto ed un confronto libero tra gli Enti e l’Amministrazione Comunale;
- La presenza nei Comitati di Gestione degli Enti di Consiglieri Comunali accentua la visione di parte ed i condizionamenti alla libera partecipazione negli Enti oltre a creare problemi di ineleggibilità ed incompatibilità nei confronti dei consiglieri designati nel caso in cui vi siano finanziamenti del Comune a favore di tali Enti. 
In definitiva Miozzi non solo non rispetta le delibere del Consiglio Comunale ma occupa attraverso i propri rappresentanti politici, persone fidate e fedeli, i gangli della società civile di Isola della Scala, la quale ha bisogno di essere liberata da abbracci soffocanti e condizionanti e crescere liberamente nella democrazia e nella responsabilità delle scelte.

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mercoledì 20 luglio 2011

Macelleria sociale con la manovra

articolo pubblicato da Famiglia Cristiana numero 30 del 2011
Una “casta” politica litigiosa, attenta solo a salvaguardare i propri privilegi, ha approvato la manovra economica in tempi rapidissimi.
Ma è un “miracolo a metà”, con un risvolto iniquo e vergognoso, che dà la misura della pochezza di questa classe politica. Si chiedono pesanti sacrifici ai cittadini, ma la politica non ci rimette un solo euro. L’amara medicina è solo per il Paese, non per il Palazzo. Lievi i tagli agli abnormi costi della politica. Per lo più simbolici o rinviati al futuro. Chi non assume, in prima persona, lo stesso fardello dei cittadini, non ha nessuna credibilità. È delegittimato.
In più, il miracolo è stato “dimezzato” dalla natura dei tagli, lineari e indistinti, che salva le caste e aumenta le disuguaglianze. Una“macelleria sociale” contro il ceto medio e le famiglie con figli. I “soliti noti”, che già pagano abbastanza. E che esclude, invece, chi può essere chiamato a maggiori sacrifici. Le famiglie si ritrovano, ancora una volta, nell’occhio del ciclone. Non è un bel segnale vedere “tagli indistinti” su tutte le agevolazioni fiscali per la famiglia: dagli asili nido ai mutui. E, al contempo, agevolazioni per le rendite finanziarie, o per specifiche categorie professionali.
Una “buona politica” deve saper distinguere e distribuire gli oneri. Come anche difendere ciò che è essenziale: dal sostegno al lavoro (soprattutto giovanile), alle famiglie con figli. E ridurre, invece, i costi che spesso rispondono a interessi capaci di bloccare il Paese o anche il Palazzo, come hanno fatto gli “avvocati in Parlamento”.
Un’occasione persa, quella del “miracolo”di una politica, per una volta, responsabile. Che perde credibilità per mancanza di“buon esempio”. Poco affidabile. Incapace di tagliare costi e privilegi, e pensare al “bene comune”. Arrogante con i deboli e pavida con i forti. Vogliamo davvero vivere in un Paese così? Dove i parlamentari hanno i più ricchi assegni d’Europa, e dove esistono otto milioni di poveri, di cui tre davvero nell’indigenza assoluta? Quota, questa, che annovera, con sempre più frequenza, le famiglie numerose. Quasi a dire che la nascita di un figlio, in Italia, è un fattore di povertà.
È chiaro che, oggi, il Paese deve restare unito, contro le speculazioni. Se vuole uscire dalla crisi e tornare a crescere. Ma, proprio per questo, occorre più coraggio. E investire in chi genera progetto e futuro. Nei giovani, soprattutto, che entrano nel mondo del lavoro; nelle famiglie con figli; nelle imprese che investono i profitti in occupazione (e non in rendite finanziarie parassitarie e rapaci). Una sfida impegnativa che ha bisogno di una nuova classe di “traghettatori”, all’altezza della gravità dei problemi. Dopo anni passati a illudere il Paese che «la crisi è già alle spalle». E che occorreva finirla con «i corvi del malaugurio».

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sabato 16 luglio 2011

Manovra economica ingiusta ed insufficiente

La manovra economica proposta dal Governo ed approvata dal Parlamento in tempi rapidi è la manovra esclusiva del centro destra e non registra alcuna condivisione da parte dei partiti dell’opposizione, i quali hanno votato contro il provvedimento in modo chiaro e visibile.
Chi vuole intravedere nel comportamento responsabile delle opposizioni una forma di connivenza è un irresponsabile ed un bugiardo.
I partiti dell’opposizione hanno soltanto aderito all’appello del Presidente Giorgio Napolitano di licenziare il provvedimento economico in tempi stretti per il bene dell’Italia pur non condividendone i contenuti. L’approvazione della manovra non elimina i rischi dell’Italia nei confronti della speculazione internazionale perché è finalizzata esclusivamente ad eliminare il debito pubblico. Gli altri fattori sui quali è posta l’attenzione del mercato finanziario non sono stati trattati e nemmeno sfiorati dal provvedimento. Mi riferisco alla credibilità, alla crescita, alle riforme strutturali ed alla eliminazione degli sprechi. Da questi fattori dipende il superamento della crisi italiana.
Gli interessi sui titoli dello Stato Italiano sono aumentati, non essendo credibile la manovra, e registrano una differenza di circa 300 punti rispetto ai medesimi titoli tedeschi. Questo dato significa che la spirale del debito pubblico continua ad aumentare senza controlli in assenza di interventi credibili e responsabili finalizzati alla crescita del paese, la quale consente di riacquistare credibilità nei mercati internazionali e, quindi, di ridurre il differenziale sui titoli pubblici con la Germania e di accumulare nuove risorse da destinare all’abbattimento del debito pubblico.
La manovra è ingiusta perché impone sacrifici esclusivamente ai ceti medi che si impoveriscono sempre di più ed ai ceti più deboli che da molto tempo ormai non riescono a sopravvivere.
La manovra è depressiva perché non prevede una politica di crescita dell’economia italiana, la quale è affidata ad una eventuale congiuntura favorevole dell’economia internazionale ed alle libere forze del mercato.
La manovra è inefficace nei confronti della spesa pubblica improduttiva e degli sprechi e, pertanto, non prevede un nuovo equilibrio dalla parte delle uscite che elimini burocrazia e organi pletorici, preveda accorpamenti di enti, organi, comitati e doppioni vari e riconsideri secondo gli standard europei i compensi dei parlamentari e di tutti coloro che vengono designati nelle diverse società, organi e comitati.
Una nuova stagione di crescita e di credibilità per l’Italia può essere realizzata soltanto con il superamento di questo Governo, il quale esprime confusione, posizioni di parte e contraddizioni, non considera per niente i veri problemi degli italiani e non è capace di avviare una politica di risanamento e di crescita del sistema paese.
Finché rimane alla guida del Governo Berlusconi la credibilità del paese peggiora e con essa la fiducia nel nostro sistema. Il fattore della credibilità può essere recuperato con nuove elezioni e con un governo diverso da quello attuale.
Gli emendamenti dell’opposizione non sono stati presi in considerazione e tra questi quello presentato dai senatori Finocchiaro, Morando, Legnini, Agostini, Carloni, Giaretta, Lumia, Lusi e Mercatali finalizzato alla riduzione degli sprechi ed una riconsiderazione efficace della spesa pubblica.
Si riporta l’emendamento.
A.S. 2814
Emendamento
Art. 9 – Sostituire il comma 1 con i seguenti:
1. Dato l’obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica, il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con i Ministeri interessati, presenta al Parlamento entro il 20 settembre 2011, contestualmente alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011, un Piano industriale preliminare per la riorganizzazione della spesa pubblica. Il Piano prevede in particolare, in coerenza con i principi della legge 4 marzo 2009, n. 15, le linee-guida per la fusione delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell’amministrazione dello Stato e la loro concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale, il coordinamento delle attività delle forze dell’ordine in vista della loro progressiva integrazione, l’accorpamento degli enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione dell’organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete, la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica e, comunque, individua, anche attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche inerenti alle possibili duplicazioni di strutture e le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate.
1-bis. Nell’ambito della risoluzione parlamentare recante l’approvazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011, sono indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2012-2014, mediante i quali il Governo viene delegato ad attuare le predette riorganizzazioni.
1-ter. Entro dieci giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, il Ministro dell’economia e delle finanze conferisce a un vice ministro un’apposita delega ai fini della predisposizione del Piano di cui al comma 1 e della relativa attuazione.
1-quater. Ai fini dell’esercizio delle deleghe di cui al comma 1-bis, nonché per garantire l’uso efficiente delle risorse, il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, a partire dall’anno 2012, d’intesa con i Ministeri interessati, dà inizio ad un ciclo di «spending review» mirata alla definizione dei fabbisogni standard propri dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. In particolare, per le amministrazioni periferiche dello Stato sono proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi fabbisogni, anche ai fini della allocazione delle risorse nell’ambito della loro complessiva dotazione.

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Manovra economica insufficiente

Articolo di Alesina Alberto e Giavazzi Francesco pubblicato su Corriere della Sera il 15 luglio 2011
I mercati non si sono tranquillizzati. Martedì pareva che si fossero un po' calmati, ma solo perché la caduta dei prezzi era stata arrestata dall' intervento della Banca centrale europea che ha acquistato molti titoli pubblici italiani. Ma c' è un limite a quanto anche la Bce possa fare. Un' alternativa è che sia il Fondo europeo per la stabilità finanziaria ad acquistare titoli italiani, ma ciò significherebbe rendere ancor più trasparente il trasferimento fiscale dai contribuenti tedeschi a quelli italiani. Ma la riluttanza della Germania a farsi carico dei problemi di altri Paesi è sempre più evidente. Ecco perché gli investitori si stanno chiedendo se l' Italia possa farcela da sola. Da lunedì scorso la nostra posizione è cambiata: ora non stiamo più con Francia e Germania nel gruppo dei Paesi «sicuri», ma con la Spagna: il rendimento dei Btp italiani è ormai uguale a quello dei titoli spagnoli e lontano trecento punti dagli analoghi Bund tedeschi e dagli Oat francesi. Ciò significa che gli investitori non pensano più che un default dell' Italia (l' incapacità cioè di rimborsare i titoli di Stato) sia un evento con possibilità pressoché nulla. A questi prezzi, sui mercati si calcola che, in un orizzonte di cinque anni, la probabilità che l' Italia possa restituire solo 50 centesimi per ogni euro avuto in prestito è pari al 20%. Un default italiano rimane comunque una possibilità molto remota, ma ciò che si sta facendo per evitarlo non basta.  Qui il resto del postÈ per questo che la nuova manovra finanziaria non ha convinto i mercati. Per due motivi: le misure sono ancora troppo sbilanciate sul 2013 e 2014, cioè dopo le prossime elezioni. Nel 2011 la manovra sarà di tre miliardi, di sei nel 2012 su una dimensione totale di 79 miliardi. Si deve anticiparne e di molto l' impatto. È per di più troppo sbilanciata sul lato delle entrate e fa poco sul taglio delle spese. L' annuncio che ripartiranno le privatizzazioni «nel 2013», cioè quando ci sarà un nuovo governo, anziché tranquillizzare i mercati li ha probabilmente preoccupati ancor di più, perché rende evidente che considerazioni elettorali prevalgono sulla gravità della situazione. Inoltre l' Italia paga il fatto che misure per la crescita, deregolamentazione di certe professioni, miglioramenti nel campo della giustizia civile e nei costi burocratici per le imprese, vengono annunciati all' ultima ora sull' orlo del tracollo invece che costruite con calma anni orsono. E anche questo i mercati lo capiscono benissimo: danno cioè l' impressione di essere scelte preterintenzionali e non meditate. L' esperienza di altre crisi finanziarie insegna che la metà di agosto è un momento propizio per gli attacchi: i mercati sono poco liquidi e le decisioni di un piccolo numero di investitori sono facilmente amplificate. È accaduto nell' agosto del 1998 con il default della Russia e nell' agosto del 2007 quando scoppiò la crisi dei subprime americani. Il governo ha poche settimane di tempo per evitarlo. Ma ciò non significa concentrarsi su misure contabili di breve periodo che aumentano una pressione fiscale già alta. Bisogna anche annunciare riforme credibili che accelerino la crescita. È vero che queste riforme strutturali non daranno risultati sullo sviluppo immediati, ma in questo momento l' effetto annuncio, se credibile, può molto aiutare. I mercati devono convincersi che l' Italia sta cambiando passo. Altrimenti chi vorrà continuare a investire in un Paese che non cresce? Illudersi di avercela fatta solo perché stiamo per approvare questa manovra sarebbe un errore gravissimo.

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giovedì 14 luglio 2011

Sacrifici e sprechi coesistono

articolo di Emanuele Costa pubblicato su  Il Futurista il 13 luglio 2011
Si sprecano, in questi giorni, i richiami all'unità per uscire dalla crisi economica che stringe in un abbraccio soffocante il Paese. Ciò che non è sufficientemente chiaro, però, è se il richiamo è indirizzato a tutti i Cittadini indistintamente, solo una parte di essi (quelli con un reddito elevato) oppure limitato esclusivamente alla classe politica. L'appello, nei primi due casi, è fuori luogo perché i Cittadini, chi più o chi meno, nel bene o nel male, hanno sempre dimostrato di essere uniti nel momento del bisogno, non sottraendosi ai loro obblighi civici e tirandosi su le maniche ogni volta che si è manifestata la necessità di sacrificare il personale interesse di fronte a quello generale. Nel terzo caso, invece, non è sostenibile la medesima conclusione, perché le liti, i pettegolezzi, le ripicche e gli sprechi di denaro pubblico sono all'ordine del giorno e tristemente sotto gli occhi di tutti. 
. Pertanto, se la congiuntura economica generale e le finanze pubbliche sono così disastrate non si può certo attribuirne la responsabilità ai Cittadini, ma la stessa è da imputare in maniera univoca all'incapacità dell'apparato politico, qualunque sia il colore, di trovare soluzioni eque e, soprattutto, idonee per uscire dall'impasse e migliorare lo status quo. Conseguentemente, non si riesce a comprendere per quale motivo i danni prodotti da questi comportamenti debbano essere addebitati ai contribuenti sotto forma di maggiore tassazione oppure tagli indiscriminati ai vari servizi pubblici e sociali. Non è forse giunta l'ora di agire su altre componenti della spesa, con particolare attenzione a quella improduttiva? Non è forse maggiormente credibile, prima di colpire i cittadini, abbattere la scure sulle spese per consulenze ed incarichi, la cui utilità è spesso costruita artificialmente intorno alla persona che ne trae beneficio, piuttosto che a concreti e reali bisogni della collettività? E' proprio da qui che sarebbe opportuno iniziare per evitare ancora una volta che i sacrifici da fare non si traducano in un nulla di fatto. Ogni altra proposta ha il rischio di essere sterile demagogia.

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mercoledì 13 luglio 2011

Confronto Alleva, Fassina e Ichino

La tavola rotonda ospitata da Micromega nel numero di giugno tra Piergiovanni Alleva, direttore della Rivista giuridica del lavoro, organo della Cgil, Stefano Fassina, responsabile nazionale dell’economia per il Pd, e Pietro Ichino, senatore e docente universitario di diritto del lavoro, è riuscita per la sua chiarezza ed efficacia.
Ritengo che tale confronto possa essere utile agli addetti ai lavori, ai giovani precari ed a tutti coloro che sono sensibili ai problemi del lavoro e del fenomeno del precariato.
Le posizioni iniziali di Stefano Fassina posizionate sulla crescita hanno visto tutti e tre gli interlocutori affermare che la crescita economica deve accompagnata da modifiche normative del mercato del lavoro.
Le posizioni di ciascuno dei partecipanti non sono cambiate di molto:
- Stefano Fassina pone l'attenzione sulla crescita dell'economia e propone l’allineamento contributivo dei lavoratori autonomi a quello dei lavoratori dipendenti, una riforma dell’apprendistato e l’ampliamento delle tutele per lavoratori autonomi ed i professionisti;
- Piergiovanni Alleva pone l’attenzione sull’illegalità diffusa, la trasparenza delle banche dati dei lavoratori e propone la Cassa integrazione guadagni per tutti i lavoratori come strumento per evitare il licenziamento;
- Pietro Ichino propone una riforma del mercato del lavoro, un nuovo sistema di tutela per i nuovi assunti a tempo indeterminato e la possibilità di licenziamento da parte dell’imprenditore per motivi economici ed organizzativi. La proposta di Ichino prevede l’assunzione dei lavoratori a tempo indeterminato e l’eliminazione dei contratti che hanno causato il fenomeno del precariato con esclusione dei contratti a termine e stagionali.
Ritengo che la proposta più valida per eliminare il precariato è quella di Ichino. Mentre quella di Fassina è finalizzata alla crescita economica. La proposta di Alleva è finalizzata a non interrompere il rapporto di lavoro attraverso lo strumento della cassa integrazione.
Tavola rotonda Micromega

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Debito pubblico e credibilità dell’Italia

Articolo di Tito Boeri pubblicato su La Repubblica del 12/07/2011
Ieri lo spread fra i nostri titoli di Stato e i Bund tedeschi si è ulteriormente allargato raggiungendo un nuovo massimo storico: 304 punti base. Stiamo ormai superando la Spagna nella percezione del rischio. Siamo noi a essere considerati i “next on the line”, i prossimi a rischio di contagio nella crisi del debito. Non c’è un complotto. Quella della speculazione orchestrata contro di noi per distrarre dai mali altrui è una tesi deresponsabilizzante e fuorviante: serve solo a coprire gli errori della classe politica e attribuisce agli investitori capacità di coordinamento che non hanno neanche i governi. La verità è che il mercato non crede più al risanamento dei nostri conti pubblici. E non servirà certo il divieto di vendite allo scoperto, che la Consob ha saggiamente rinviato, a invertire la tendenza.
Ciò che è venuto davvero allo scoperto in queste ultime settimane è lo sfacelo di una maggioranza che litiga su tutto e di un Presidente del Consiglio che si concede un trasferimento di 750 milioni (poi rivelatisi 560) mentre chiede agli italiani nuovi sacrifici, che pensa solo alle sue intricate vicende famigliari mentre il Paese va alla deriva. È un comportamento che lascia senza alcun freno i sempre più numerosi partiti che compongono l’attuale maggioranza. Consapevoli che oggi perderebbero le elezioni (lo ha confessato Scajola a Mirabello), cercano di prendere tempo accontentando in qualche modo le loro basi elettorali. Per questo il mercato non crede ai saldi scritti nella manovra.
Gli investitori che poi guardano a fondo i numeri della manovra hanno ulteriori motivi per preoccuparsi. Non è solo il rinvio ai posteri dell’aggiustamento che colpisce. Il fatto è che nel 2011 e 2012 si fanno tante spese aggiuntive, che sono coperte solo sulla carta. Il Fondo Interventi Strutturali per la Politica Economica (Ispe) un vero e proprio bancomat in mano al Tesoro per offrire copertura in corso d’anno a interventi di ogni tipo, viene dotato nel 2012 di ben 5 miliardi e 850 milioni che verranno presumibilmente destinati a prebende elettorali. La tassa sui depositi titoli si sta già rivelando un controsenso nel momento in cui bisogna incoraggiare gli italiani a comprare titoli di Stato. Molti sono pronti a scommettere che verrà abolita. Anche gli esigui risparmi sulle pensioni sembrano destinati ad evaporare. Le Spending Reviews ci sono solo sulla carta, un inglesismo con cui ingentilire una manovra, privo di gambe su cui camminare, già depotenziato in partenza. E si potrebbero fare molti altri esempi.
La crisi di credibilità può essere fermata solo coi segnali forti. Ci sono tagli che si possono fare subito senza alcun vincolo normativo ed effetto depressivo. Al contrario, servono per la crescita del Paese. Esempi? Non mancano. Si può abolire il Fondo Ispe destinando tutte le sue risorse alla riduzione del disavanzo. Meno prebende fanno bene all’economia. Si può porre un tetto al monte compensi dei parlamentari: non potrà eccedere i compensi medi dei loro omologhi in Europa o negli Stati Uniti (dove percepiscono un terzo in meno dei nostri) moltiplicati per 300. Se vogliono guadagnare di più, dovranno essere di meno. Sarà un potente incentivo a ridurre il numero dei parlamentari: non ce ne servono più di 300 se guardiamo al rapporto fra popolazione e parlamentari nelle democrazie consolidate. Si possono calcolare le pensioni dei parlamentari col metodo contributivo, quello che ormai si applica a tutti gli italiani. È possibile sciogliere immediatamente gli organi politici delle Province sostituendoli con un’assemblea dei sindaci (già pagati) presieduta da quello del comune capoluogo. Si possono ancora aggregare i Comuni (due terzi dei quali hanno meno di 5.000 abitanti) rendendo quelli più piccoli solo organi consultivi, come i vecchi consigli di quartiere, privi di sedi amministrative e personale. Sono tutte operazioni che tagliano spese e fanno bene alla crescita del Paese perché aumentano la concorrenza, spiazzando chi vive di trasferimenti pubblici, e migliorando la selezione della classe politica. È difficile trovare un bravo sindaco in un Comune di 83 abitanti; più facile trovare un amministratore capace tra 5.000 o più concittadini.
Sono tutte operazioni che darebbero un segnale importante ai mercati e porterebbero a ridurre il deficit già nel 2012: fino a un punto di pil di disavanzo in meno. Servirebbero anche a rendere comprensibili agli italiani i sacrifici cui verranno comunque chiamati. Serviranno a far capire agli europei perché oggi bisogna aiutare il nostro Paese. Perché l’Europa può e sarà costretta ad aiutarci se non vuole assistere imbelle al disfacimento dell’euro. Non basta la “moral suasion” di una Angela Merkel che telefona al nostro Presidente del Consiglio. Importante che il fondo di stabilità europeo sia messo in condizione di acquistare titoli di Stato sul mercato secondario. La Banca Centrale Europea può anche intervenire acquistando nostri titoli di Stato sul mercato secondario, oltre che accettarli in garanzia. Sarebbe un modo per evitare che siano le nostre banche a imbottirsi di buoni del tesoro, in quello che rischia di diventare un abbraccio mortale: oggi i nostri istituti di credito soffrono, in attesa della divulgazione dei risultati degli stress test, soprattutto perché imbottite di Btp. E offrirebbe alla Bce, una volta superata la crisi, plusvalenze utili a compensare le perdite patrimoniali subite negli interventi a favore della Grecia.
Rimane, comunque, il problema politico di un governo che non c’è e di un’opposizione che comincia solo ora a dare qualche segnale di responsabilità. Non è la mia materia, ma il momento è talmente grave da spingermi in territori inesplorati. Ci vuole al più presto una manovra potenziata, con riduzione del disavanzo già nel 2011 e 2012 ad esempio come proposto sopra, e il voto del Parlamento che le dia forza di legge. Se fosse l’ultimo atto di questo Governo, troverebbe più facilmente il sostegno dell’opposizione e, quel che più conta in questo momento, l’approvazione dei mercati. Perché l’impressione è che oggi solo un Governo del Presidente sarebbe in grado di salvare il nostro Paese dalla crisi di credibilità. Il presidente Napolitano è l’unica persona che oggi ha l’autorevolezza sul piano internazionale e la popolarità sul piano interno necessarie per portarci fuori dalla tempesta.

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lunedì 11 luglio 2011

Manovra economica: incoerenze e contraddizioni

Quella del Governo Berlusconi è una manovra di lungo termine che interessa più anni ed interviene in misura pesante nel 2013 e 2014. L’obiettivo imposto dall’Europa è quello di pervenire al 2014 con un bilancio in pareggio e l’annullamento del debito pubblico.
Trattandosi di un piano pluriennale occorreva intervenire con misure equamente distribuite negli anni interessati dalla manovra e con riforme strutturali che consentissero di eliminare il moltiplicarsi della spesa pubblica che continua a crescere senza controllo nelle parti in cui si annidano gli sprechi, le distorsioni ed i doppioni.
Ancora una volta si è scelta la strada più facile dei tagli indiscriminati della spesa pubblica: autonomie locali, sanità, pensioni, lavoro, scuola, assistenza. Questi settori sono stati interessati da tagli negli anni precedenti e adesso riducono ulteriormente l’erogazione di servizi da parte dello Stato e delle Autonomie locali.
Cosi facendo il Governo non si è posto l’obiettivo di diminuire le disuguaglianze sociali, di sostenere la domanda di consumo da parte dei cittadini, i quali con l’attuale manovra diventano più poveri e, quindi, meno propensi al consumo ed al risparmio, e di affrontare il grave problema della sopravvivenza dei ceti più poveri e dell’impoverimento della classe media.
Una scelta facile che non impegna il Governo ad intervenire nel sistema paese con riforme strutturali che possano eliminare la spesa pubblica improduttiva che non crea valore, gli sprechi ed i privilegi e stabilizzare i centri di spesa finalizzati all’erogazione di servizi essenziali.
Durante il Governo Prodi il debito pubblico si era attestato al 105% del Pil ed in seguito il Governo Berlusconi la ricondotto al 120%.
Si assiste impunemente alla moltiplicazione di società, di comitati, di organi e di enti che accrescono la spesa pubblica in assenza di una seria valutazione dell’impatto di tali interventi sui bisogni dei cittadini.
Gli interventi sulla spesa pubblica principalmente sono di due tipi: - Comprimere i servizi pubblici essenziali per i cittadini nel modo, ormai conosciuto, in cui opera il Governo Berlusconi e limitare lo stato sociale; - Intervenire con riforme strutturali per migliorare il sistema, ridurre le disuguaglianze ed eliminare gli sprechi al fine di non abbassare la copertura che i ceti più deboli ricevono dai servizi pubblici essenziali.
Ritengo che un Governo responsabile, capace e sensibile ai bisogni dei cittadini sceglie la seconda soluzione.
Inoltre, la crisi non si affronta solo dalla parte della spesa ma anche con interventi finalizzati alla creazione della ricchezza, alla crescita e, quindi, sul Pil cosi come ha indicato Mario Monti in un editoriale del Corriere della Sera. “Nella politica economica del governo, afferma Mario Monti, anzi dei governi Berlusconi – in carica per 8 degli ultimi 10 anni e per 7 anni ispirata e guidata dal ministro Tremonti – sono sempre più evidenti i danni arrecati dal fatto che la grande, risoluta e indispensabile determinazione contabile non è stata e non è oggi ancorata ad alcuna strategia concreta e credibile di politica economica”.
Se l’Italia avesse conseguito un Pil annuale non inferiore al 2% aumenterebbero le risorse pubbliche e, quindi, si ridurrebbe il deficit del bilancio pubblico. Al contrario una bassa crescita non aiuta il sistema a risolvere i problemi sociali ed economici del paese.
Oggi sul Corriere della Sera Dario Di Vico individua alcuni segnali che lasciano presagire “una sorta di unità nazionale a geometria variabile”. Ritengo che questo auspicio per il bene dell’Italia al momento non è realizzabile in quanto manca l’oggetto di un impegno unitario rappresentato dalle riforme strutturali di cui il sistema paese ha bisogno. La manovra non si pone gli obiettivi di competitività, di produttività, di equità e di crescita.
Inoltre, l’intenzione della maggioranza di ripresentare con un emendamento il lodo Mondadori con efficacia retroattiva non facilità certamente la coesione politica tanto propugnata dal Presidente della Repubblica.
E’ importante ricordare che in Italia non vi è una ricchezza diffusa per cui i sacrifici possono essere sopportati indiscriminatamente da tutti i cittadini. In Italia la ricchezza è concentrata nelle mani di poche famiglie (il 10% delle famiglie detiene il 45% della ricchezza) e, pertanto, non è giusto che l’eliminazione del debito pubblico gravi su chi possiede livelli modesti o bassi  di ricchezza.

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sabato 9 luglio 2011

Spesa pubblica improduttiva

La casta politica anche nei momenti di grave crisi economica continua ad ampliare il sotto potere con nuove società pubbliche, comitati ed organismi inutili che incrementano la spesa pubblica e non incidono sulla qualità e quantità dei servizi pubblici di cui beneficiano i cittadini.
Il Governo Berlusconi con l’attuale manovra economica, la quale si pone l’obiettivo imposto dall’Europa di eliminare il debito pubblico, non taglia i rami secchi della macchina pubblica ma si dedica ancora una volta ad abbassare il livello di protezione sociale dei cittadini: tagli indiscriminati ed orizzontali che colpiscono la classe media ed i ceti più deboli.
Si indicano alcuni interventi che si possono effettuare in tempi brevi e senza alcuna incidenza sulla quantità e qualità dei servizi al fine di comprimere la spesa ed il debito pubblico:
- Adeguamento dei compensi dei parlamentari alla normativa europea ed eliminazione del doppio stipendio per i ministri;
- La riorganizzazione degli enti locali: - Contrazione delle Provincie con l’eliminazione di quelle inutili che non corrispondono a criteri di efficienza e di economicità;
-Accorpamento dei piccoli comuni che non sono in condizioni di erogare servizi di qualità nel rispetto del criterio dell’economicità di gestione;
- La realizzazione della trasparenza totale nel sistema pubblico che ricade notevolmente sul tasso di corruzione del paese e sulla competitività delle imprese;
- Eliminazione degli enti inutili che sono rilevanti solo per la spesa che producono. Inchiesta di Repubblica ;
- L’eliminazione del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico delle Amministrazioni dello Stato, presieduto dall’ex ministro Paolo Cirino Pomicino, che rappresenta un doppione rispetto alla Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazione Pubbliche, istituita a fine 2009 ai sensi dell’art 13 del D. Lgs. N. 150 del 2009;
- L’eliminazione del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ), composto da 24 membri, dell’Inps, dell’Inail e degli altri enti previdenziali. I compiti assegnati a tale organo possono essere svolti senza problemi dal Consiglio di Amministrazione, dal Collegio sindacale e dall’Organismo indipendente di valutazione (Oiv), costituito ai sensi dell’art. 14 del D. Lgs. n. 150 del 2009, dell’Ente. Tra le competenze dell’Oiv rientrano diverse funzioni assegnate a suo tempo al Civ;
- La revisione del D. Lgs n. 150 del 2009 nella parte riguardante gli enti locali, i quali stanno facendo poco o niente per migliorare la propria performance, per rendere più incisiva la riforma. La eliminazione del Nucleo di Valutazione negli enti locali, cosi come è stato fatto per i servizi di controllo interno (art. 14), in quanto tale vecchio organismo non corrisponde agli obiettivi che si pone il Decreto ed alle direttive del Civ (trasparenza, indipendenza, valutazione e processo di selezione dei membri). Lasciare solo la possibilità agli enti locali di istituire o meno l’Organismo indipendente di valutazione;
- La riconsiderazione normativa delle 3.662 imprese create dagli 8.100 comuni (2,21 comuni per ogni impresa). Di tali imprese 1.266 si occupano di servizi pubblici locali, 537 di infrastrutture e di edilizia, 266 di cultura, turismo e tempo libero e 140 di istruzione, ricerca e sviluppo. Occorre intervenire per impedire che i comuni continuino a costituire società in settori diversi dai servizi pubblici locali ed accompagnare le imprese che presentano un deficit rilevante a perseguire in tempi prestabiliti il pareggio del bilancio. Si ritiene urgente approvare una legge che regolamenti le nomine nei consigli di amministrazione che devono essere effettuate in modo trasparente valutando le conoscenze e le competenze dei candidati e non l’appartenenza politica e la fedeltà ai potenti di turno. Occorre impedire che la singola società di un comune che gestisce un servizio pubblico locale costituisca altre società collegate con il conseguente appesantimento dei costi di gestione e prevedere in alternativa la organizzazione di business unit. Corriere della Sera;
- L’applicazione di una politica attiva del lavoro che oltre ad attuare politiche di sostegno del reddito per i lavoratori disoccupati realizzi servizi efficaci di riqualificazione professionale e di rioccupazione;
- L’eliminazione dell’attività di docenza retribuita effettuata dai funzionari pubblici nei corsi di formazione a favore di enti ed amministrazioni pubbliche. In tali casi i formatori per il medesimo orario di lavoro sono retribuiti due volte con la retribuzione e con il compenso per la docenza.
Sono stati indicati alcuni degli interventi da effettuare per eliminare la spesa pubblica improduttiva e gli sprechi che non creano valore per i cittadini.
Il sistema pubblico non funziona a dovere e viene appesantito da una produzione legislativa che non porta benefici ai cittadini e per tale motivo occorre porlo sotto controllo ed attuare politiche di miglioramento e di riforme strutturali.
La macchina pubblica spende troppo per i servizi che eroga ed il Governo anziché eliminare gli sprechi e proporre riforme strutturali che migliorino il sistema continua a tagliare in modo indiscriminato la spesa pubblica riducendo i servizi per i cittadini.

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venerdì 8 luglio 2011

Davide Zoggia: riforma degli enti locali




Per Davide Zoggia, responsabile enti locali del PD, “è indispensabile che tutto il centrosinistra lavori ad una riforma comune degli assetti istituzionali per poi confrontarsi con le altre forze dell’opposizione. Evitiamo di procedere in ordine sparso perché abbiamo l’occasione di concordare come realizzare una riforma profonda e concreta degli assetti istituzionali. Non possiamo limitarci agli slogan. Si tratta di partire dai rami alti, prevedendo il superamento del bicameralismo perfetto giungendo così ad istituire un senato federale, con una conseguente riduzione del numero dei parlamentari, arrivando fino all’accorpamento e al superamento delle province e ad un nuovo assetto dei comuni. Le nostre proposte già ci sono, le mettiamo a disposizione sperando che tutti vogliano lavorare per il bene del paese. Con Idv e Sel poi abbiamo già avviato un tavolo di confronto, può essere questo il luogo in cui elaborare una proposta comune per il riassetto delle istituzioni”.
Proposta di legge del PD in materia di enti locali
Lettera di 7 Presidenti di Provincia

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