giovedì 31 ottobre 2013

Effetti della rivalutazione dell’euro

Articolo di Lucrezia Reichlin pubblicato sul Corriere della Sera il 30 ottobre 2013
La famosa «maledizione dell’euro» colpisce ancora. Nonostante la ripresa della sua economia sia fragile e il Fondo monetario internazionale preveda un ben magro tasso di crescita annuale del Pil - meno 0,4 per cento nel 2013 e più 1 per cento nel 2014 contro l’1,6 e il 2,6 per gli Stati Uniti - l’euro ha raggiunto il picco degli ultimi due anni contro il dollaro e si è rivalutato di circa il 10 per cento rispetto alle valute dell’insieme dei suoi partner commerciali.
Le ragioni sono molte. In parte, ma non solo, spiegate dalla incertezza sul futuro dell’economia Usa, provocata dalla caotica discussione sul debito pubblico negli Stati Uniti e dalla aggressività della politica monetaria giapponese. Ma la verità è che, qualsiasi cosa succeda altrove, appena la situazione comincia a migliorare la nostra moneta si apprezza. E infatti, nonostante le nostre prospettive di crescita siano modeste, il peggio sembra essere passato e, dalla seconda meta di quest’anno, i segnali di ripresa sono emersi in modo sempre più convincente sia nel Sud sia nel Nord della zona euro.
Con una moneta forte le nostre merci all’estero sono più care (a meno che non si compensi l’effetto cambio con un taglio dei costi). Questo implica una perdita di competitività nel breve-medio periodo che potrebbe rallentare la crescita delle nostre esportazioni fuori dell’area euro, cioè in quelle economie che mostrano un maggiore vigore della domanda.
C’è chi obbietta a questa osservazione che la competitività di un Paese non si gioca sul cambio, ma sulla produttività, l’innovazione, la capacità di conquistare nuovi mercati e che l’euro forte non ha impedito ai Paesi membri, Spagna e Irlanda per esempio, di passare da un grande deficit della bilancia commerciale a un surplus.
I Paesi della moneta unica hanno risposto alla crisi contraendo la domanda interna e, con più o meno successo, accrescendo la quota delle esportazioni sul Prodotto interno lordo (Pil). Nel 2013 il Fondo monetario stima che la zona euro nel suo insieme raggiungerà un surplus del 2,5 per cento del Pil. Chi ce l’ha fatta ha ottenuto risultati scommettendo sui mercati esteri, in particolare sui Paesi emergenti.
Nonostante queste osservazioni, un euro che a questo punto della congiuntura europea si rafforza ulteriormente è un fattore preoccupante che potrebbe mettere a rischio la ripresa. Le ragioni sono due.
La prima: il surplus della bilancia commerciale in Paesi come Italia e Spagna è finanziato da un eccesso di risparmio nel settore privato in una situazione in cui la domanda di consumo e investimento è debole. Le banche, nonostante il buon andamento dei depositi, non prestano sia perché devono aggiustare i loro bilanci, sia perché la domanda è debole. D’altro canto lo Stato - indebitato - deve piazzare i suoi titoli pubblici e questi vengono comprati dalle banche. Nello stesso tempo le imprese, complessivamente, hanno un eccesso di liquidità.
Questo meccanismo ha reso Paesi come Spagna e Italia meno vulnerabili alla volatilità degli investitori esteri poiché il debito pubblico è sempre più in mani domestiche, ma ha «imbastito» l’economia. Con una domanda interna debole che con ogni probabilità rimarrà tale anche con la ripresa, il fattore trainante della crescita sono le esportazioni e in particolare quelle al di là dei confini dell’eurozona. Colpirle ora significa correre il rischio di perdere il treno della ripresa dell’economia mondiale e rendere molto più doloroso l’aggiustamento necessario all’assorbimento del debito. La seconda ragione è dovuta al fatto che l’euro forte esercita una pressione al ribasso sui prezzi in un contesto in cui l’inflazione, all’1,1 per cento, è così contenuta da far temere l’entrata in un regime di deflazione simile a quello vissuto dal Giappone negli ultimi vent’anni. La deflazione (la generale diminuzione di prezzi) agisce negativamente sul consumo: chi spende oggi se ci si aspetta che i costi saranno più bassi domani? Inoltre, accresce il peso reale del debito che, insieme alla bassa crescita, è un fattore di rischio per la sua sostenibilità. Come il Giappone insegna, una volta che la deflazione si innesta, è molto difficile liberarsene. Essa modifica i comportamenti dei consumatori e spinge l’economia verso la stagnazione.
Mario Draghi ha recentemente dichiarato di guardare con preoccupazione alla rivalutazione dell’euro, non tanto per i suoi effetti diretti sull’export ma per quelli indiretti su Pil e inflazione. La Banca centrale europea, come la Federal Reserve, non ha un target esplicito sul tasso di cambio, ma deve agire con forza se la dinamica di quest’ultimo dovesse avere l’effetto sui prezzi che è ragionevole prevedere. Ci auguriamo che lo faccia con forza, utilizzando le cartucce che ha ancora a disposizione.

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mercoledì 30 ottobre 2013

Riscriviamo Verona al Congresso PD

Il gruppo di Riscriviamo Verona ha sparigliato le componenti nazionali del PD, legate attraverso una linea verticale alle realtà locali, e liberato Verona per la prima volta dagli schemi anacronistici e verticistici che non lasciano spazio al libero pensare ed a una lettura della realtà veronese offuscata dalla fedeltà ad un leader nazionale. Questo è il primo risultato positivo di questo raggruppamento: Verona non è una colonia.
Un gruppo di persone, legate da comuni valori e dal desiderio di risollevare le sorti del PD veronese, ha condizionato le varie componenti locali con la propria proposta di cambiamento. Fanno parte di questo gruppo persone che in passato hanno lavorato insieme su alcune problematiche, hanno dimostrato un alto livello di appartenenza al PD ed hanno espresso valutazioni e proposte che se fossero state tenute in considerazione dal vecchio gruppo dirigente il partito si sarebbe presentato in condizioni migliori. Infatti, queste persone, posizionate in modo diverso a livello nazionale, hanno scelto da subito di dar vita a questo raggruppamento prima che le componenti locali si esprimessero.
Diego Zardini ed Alessia Rotta sono stati tra i primi a sostenere l’iniziativa ritenendola importante per il bene di Verona e del PD locale. Il gruppo storico di Civati ha scelto dalla prima ora Riscriviamo Verona. Anche le molte persone vicine alle idee di Matteo Renzi sono confluite nel gruppo. I deputati Gianni Del Moro e Vincenzo D’Arienzo, il consigliere regionale Franco Bonfante, il sindaco di San Giovanni Lupatoto Federico Vantini ed i consiglieri della Provincia di Verona Lorenzo Dalai, Silvia Allegri e Franca Rizzi hanno aderito a Riscriviamo Verona.
Qualcuno, in particolare Roberto Fasoli, ha scelto di non aderire al progetto di Riscriviamo Verona, ritenendo che si dovessero riprodurre anche a Verona le divisioni nazionali. Scelta questa legittima ma dall’incerto esito politico perché quando si dissente e si hanno delle idee alternative, occorre rappresentarle nel partito con le modalità stabilite dal regolamento congressuale.
La scelta di Roberto Fasoli è una scelta parziale in quanto partecipa attivamente alla scelta del segretario cittadino.
Pippo Civati ha rilasciato la seguente dichiarazione sui pacchetti di tessere nel PD: “Ho consigliato ai miei di non fare così e se qualcuno che sostiene la mia mozione si comporta in questo modo, io lo prendo a calci nel sedere”. Farebbe bene Civati ad includere quanto prima nei suoi appuntamenti Verona per affrontare tale questione nel modo che ha dichiarato.
Il Congresso del PD si svolge in un momento non certamente favorevole per la crisi economica e sociale e per tutti gli avvenimenti succedutosi dalle ultime elezioni politiche in poi. I democratici sono sfiduciati perché non hanno gradito alcune scelte del PD e sono propensi a contestare ed a esprimere sfiducia. Questi iscritti al PD sono facilmente inclini a votare non per una proposta di cambiamento del partito locale ma per chi cavalca strumentalmente la contestazione sterile e non ha nulla da offrire se non le parole in contrasto con il concreto operare fatto di democrazia interna, di trasparenza, di franchezza, di valori e soprattutto di cultura politica, nata dallo studio, dall’approfondimento e dall’esperienza di vita.
Alessio Albertini e Orietta Salemi non sono identificabili con la gestione passata del PD veronese e non possono essere oggetto di fuorvianti dichiarazioni finalizzate ad ottenere consensi facili e strumentali. Questi due candidati mettono a disposizione del partito la loro persona ed il patrimonio di valori e conoscenza che rappresentano per realizzare un salto di qualità nella gestione del PD e soprattutto nell’attenzione verso i problemi concreti della città, la quale ha bisogno di nutrirsi di speranza e di voglia di cambiamento. Per conseguire tali obiettivi occorrono persone credibili e stimate per il loro impegno politico, per la loro professione e per le loro testimonianze concrete che fanno parte di una visione ancorata alla solidarietà, alla trasparenza, alle competenze ed all’onestà.
In questo congresso non bisogna lasciare spazio alle scalate di potere, alle furbizie, alle scelte di comodo ed alle reazioni vendicative che possono dare una soddisfazione individuale al momento ma che non risolvono i problemi in prospettiva. Quindi, è necessario porre attenzione alle scelte da effettuare in sede congressuale perché è in gioco il nostro futuro e quello della città che ha bisogno per la sua bellezza di essere gestita con amore e lungimiranza.
Sono convinto che le scelte di comodo o dettate da ambizioni esagerate non potranno uscire vittoriose perché alla fine la trasparenza e la verità prevalgono. Pertanto, poniamo impegno alle scelte congressuali e liberiamoci dei fardelli individuali per effettuare una scelta comunitaria e responsabile.
Alessio Albertini e Orietta Salemi rappresentano l’unica opportunità per rompere con il passato, per realizzare la discontinuità necessaria per cambiare e costruire un futuro di speranza e partecipazione.
I risultati del congresso cittadino del PD registrano 14 seggi a favore di Orietta Salemi e 10 per Federico Benini. Rimangono 3 circoli per concludere il congresso cittadino dove sicuramente Orietta Salemi riporterà i maggiori consensi.

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domenica 27 ottobre 2013

Sostegno a Alessio Albertini e Orietta Salemi

Continuano le dichiarazioni a sostegno di Alessio Albertini, candidato a segretario provinciale del PD veronese, e di Orietta Salemi, candidata a segretario cittadino del medesimo partito.
Riscriviamo Verona continua a ricevere consensi nonostante la posizione contraria di chi ha deciso di non partecipare alla competizione congressuale. Si riportano le dichiarazioni in risposta ad alcune affermazioni che non corrispondono alla verità.
Silvia Allegri, consigliere della Provincia di Verona
Orietta è una persona intelligente, colta e preparata. Sa essere presente nel partito con molta discrezione, sapendo ascoltare le opinioni altrui con vero interesse, qualità che si trova di rado negli ambienti politici. Inoltre, ha una capacità che ritengo sia il suo pregio principale: riesce a dare il suo contributo in modo sintetico e con il sorriso sulle labbra, dimostrando sempre una grande partecipazione.
Nel mio caso, poi, Orietta mi rappresenta anche grazie alla comune passione per l'insegnamento: un lavoro difficile, vista la terribile precarietà della scuola e la scarsa attenzione agli investimenti educativi che purtroppo caratterizzano il nostro paese; ma al tempo stesso una vera e propria 'missione': abbiamo la responsabilità di trasmettere ai ragazzi l'amore per la cosa pubblica e per i valori, che dovranno poi accompagnare i cittadini verso una maggiore consapevolezza, che si potrà e si dovrà esprimere anche nelle scelte elettorali e nella partecipazione attiva al dibattito politico.
Dunque, un impegno nella vita, nel lavoro e nella politica, che rende Orietta, a mio parere, la candidata ideale per questo incarico oneroso e complesso.
Marcello Deotto,dei giovani del PD
Credo che Orietta Salemi sia la persona giusta perché ho avuto modo di apprezzare le sue capacità nel riuscire a mettere insieme persone che la pensano diversamente, perché credo che le sue abilità nel lavorare in squadra siano fondamentali per avere un partito sempre più vicino alla gente. Inoltre Orietta ha da sempre avuto particolare attenzione sulle questioni concrete che interessano ai cittadini, a cominciare dalle battaglie a difesa della cultura e della formazione che da sempre l'hanno contraddistinta.
Serena Capodicasa, consigliere della terza circoscrizione
Per me un partito è una squadra. Non ci sono super uomini o super donne, ma ogni competenza e capacità va valorizzata. Serve una persona di valore e di sintesi per condurre un partito cittadino a maggiore partecipazione e a vincere le elezioni, e Orietta è una figura perfetta per questo. So che punterà sulla formazione perché da insegnante non la usa come specchietto per le allodole ma ci crede davvero, so che si prenderà cura dei problemi di tutta la città perché essendo al secondo mandato da consigliere comunale li conosce bene. So che sarà un supporto organizzativo per ogni circolo perché farà in modo che ci sia uno scambio di competenze e un grande gioco di squadra tra i circoli.
Mi rattrista sentire che si parli della candidatura di Orietta come "calata dall'alto". Mi pare che in nessun circolo sia stata discussa né una né l'altra candidatura prima della loro ufficializzazione, o sbaglio? So solo che chi, per vincere, deve prendersela con l'avversario, non ha grandi argomenti. Parliamo di contenuti e di capacità, solo questo modo di discutere è degno del Partito Democratico. Il resto è fuffa.
Lorenzo Dalai, capogruppo PD in Consiglio Provinciale
Resto alquanto perplesso di fronte alle enunciazioni congressuali di alcuni personaggi di spicco del Partito Democratico.
Devo dire che fin dall'inizio del percorso delineato soprattutto di concerto con l'ex collega e ora Deputato Diego Zardini, mi sono trovato concorde, anzi portando contributi positivi, sull'ipotesi di progettualità che avrebbe dovuto riportarci alle posizioni che il Centrosinistra deteneva nel 2004: 51% in città e 48% in provincia...
Si trattava quindi di rivedere le modalità di programma e di alleanze che queste posizioni non erano state in grado di mantenere. Ricordo che il Centrosinistra amministrava, oltre al capoluogo, anche tutti i comuni più popolosi della provincia: Villafranca, Legnago, San Martino B.A., San Giovanni Lupatoto, Negrar, ecc.
Le linee programmatiche dovevano poi trovare gli interpreti più idonei, raccogliendoli trasversalmente tra tutte le sensibilità del PD ed anche dall'esterno.
A questo si è voluto opporre un rifiuto aprioristico e, vagheggiando una alleanza tutta orientata a Sinistra, Roberto Fasoli ha cercato di coagulare i malumori originati dalle vicende nazionali (governo con il PdL, episodio dei 101, ecc.).
Ma come?! Con quel tipo di alleanza alle ultime comunali di Verona abbiamo portato a casa un misero 16%, su di una platea elettorale sensibilmente ridotta ,rispetto alle precedenti, da un astensionismo pesante. Tant'è che, ad esempio, in terza circoscrizione si è passati dai 9.439 voti del 2007, quando vinse Tosi per la prima volta,quindi con una debacle già consolidata, ai 4.772 del 2012, seconda vittoria di Tosi...
Che poi si venga a proporre Federico Benini come candidato dei Circoli mi pare alquanto bizzarro, visto che la notizia della sua candidatura, sia il sottoscritto come gli altri colleghi, sia provinciali che comunali, l'abbiamo appresa dalla stampa. Tra l'altro nei rispettivi circoli siamo sempre presenti!
Sicuramente si tratta di una autocandidatura che ha trovato alcuni sostegni, ma, soprattutto, la spinta determinante da parte di Roberto Fasoli.
Spero che il dopo congresso riesca a far riassorbire le ecchimosi provocate da questi personalismi assolutamente improduttivi, riportando alla ribalta programmi veri, frutto di approfondite analisi e conoscenze del territorio, improntati da valori condivisibili ad ampio spettro, per riportare il Partito Democratico veronese ad essere protagonista del nostro Futuro e quindi non più forza marginale come qualcuno vorrebbe.
Damiano Fermo, consigliere del comune di Verona
Di candidature nate e cresciute sull’arrivismo ne abbiamo avute tante. Beninteso, l’ambizione, sempre se tradotta nella voglia di affermarsi, anche personalmente, per il bene della collettività, è un valore primario. Ma in questa fase, il PD, per essere a servizio della collettività, deve puntare sui programmi innovativi e alternativi e sulle strategie capaci di attuarli. Per questo abbiamo lavorato per superare le divisioni. Chi invece sente sempre il bisogno di contarsi,personalmente, all’interno del partito, in questo momento non è utile, al partito stesso e alla società in cambiamento. La realtà ci chiede interventi e risposte, non carriere autoreferenziali e staccate dalle questioni epocali che ci troviamo ad affrontare. Per quelle carriere c’è stato un tempo, che non c’è più!
Alcuni passaggi del congresso non sono stati abbastanza condivisi con la base del partito e di questo ci scusiamo. Ma la base deve cambiare e diventare una cellula che diffonde sul territorio partecipazione, raccolta di idee, proposte e soluzioni, non solo un luogo di discussione chiusa e di periodica elezione di dirigenti poi incapaci di far lavorare un organizzazione capillare. Il progetto avviato siamo certi darà i frutti che tutti speriamo di raccogliere da anni. Ed è un progetto che vuole ridare un senso proprio al ruolo della militanza, degli iscritti del PD.
Giuliano Rigo, consigliere comunale
Sostengo Orietta Salemi come candidata alla segreteria cittadina del PD di Verona perché ha dimostrato una grande capacità di trasmettere idee positive e di fare squadra. Perché per svolgere bene il ruolo di segretario cittadino non basta essere capaci di organizzare e gestire l'ordinarietà, ma è necessario suscitare emozioni, testimoniare dei valori, dare forza alle idee. Perché il ruolo del PD nella nostra bella Verona non può essere quello di giocare di rimessa, ma quello di proporre una visione di città positiva, aperta ed europea, fortemente alternativa a quella città provinciale e chiusa su stessa concepita dalle destre negli ultimi anni. Perché la competenza e la professionalità devono essere sempre accompagnate da una forte umanità per poter produrre i risultati migliori.

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sabato 26 ottobre 2013

L’adattamento organizzativo dell’Inps

Nelle PA l’Inps emerge per il gran lavoro di adattamento organizzativo e per aver realizzato il sistema di misurazione e valutazione della performance al quale è collegato un fondo incentivante per i dipendenti delle sedi che hanno raggiunto gli obiettivi programmati. Ne parliamo con Antonio Pone, direttore regionale dell’Inps Veneto.
Può descrivere l’evoluzione organizzativa dell’Inps?
L’Inps può a buon titolo definirsi antesignano nell’implementazione delle logiche di misurazione e valutazione della performance, e più in generale di management by objectives nel settore pubblico. Già nei primi anni ottanta l’INPS introdusse la funzione di pianificazione e controllo di gestione all’interno del suo schema organizzativo, sia a livello periferico (provinciale o regionale) che centrale, associando elementi e procedure di misurazione dell’attività svolta, secondo logiche raffinate.
Sul finire di quel decennio, la L. 88/89 marcò i tratti di autonomia gestionale ed operativa dell’Inps, e creò le condizioni affinché la misurazione delle attività e della performance, nel frattempo affinatesi, potessero tradursi in vera gestione per obiettivi attraverso la previsione di un apposito fondo, dotato di un meccanismo di alimentazione a valere sul volume della contribuzione raccolta, destinato a remunerare progetti speciali di recupero delle criticità e più in generale a finanziare la parte di retribuzione connessa al raggiungimento dei risultati.
Il lettore noterà che si tratta di periodi ben antecedenti alla prima legge, la L. 142/90 di “Ordinamento autonomie locali”, che normalmente viene presa a riferimento come data iniziale di quel successivo movimento di implementazione delle logiche del controllo di gestione in ambito pubblico, che è stata il tratto caratterizzante del dibattito sul public management per tutti gli anni novanta e che è culminato con il D.Lgs. 286/99 di riforma dei controlli interni.
Come definisce l’Inps?
L’Inps, a tutti gli effetti, su un piano operativo è una moderna azienda di servizi. Rispetto ad una normale azienda multiservizi, il tratto caratterizzante è l’estrema numerosità e varietà delle linee di prodotto. Si tratta, infatti, di un ente che, caso unico a livello europeo e probabilmente mondiale, concentra tutte le gestioni pensionistiche e le forme di sostegno del reddito e di prestazioni assistenziali.
Come avviene la misurazione e la valutazione della performance?
Il monitoraggio della performance richiede, quindi, in primis, un eccezionale livello di analiticità, tale da corrispondere a tale complessità. Nel catalogo INPS sono enumerati circa 400 prodotti, via via estendendosi man mano che nuove competenze o nuove attività vengono svolte dall’INPS.
Naturalmente, sin dagli anni ottanta, nell’ambito dell’implementazione del sistema, si pose il problema di una molteplicità di prodotti diversi, apparentemente non confrontabili tra loro. Come valutare la produttività individuale di un dipendente che liquida contestualmente, ad esempio, pensioni di vecchiaia e pensioni di invalidità, oppure indennità di disoccupazione e indennità di mobilità?
La risposta fu individuata nell’individuazione di un elemento, il tempo medio assorbito per la specifica lavorazione, che poteva fungere da elemento di misurazione e confronto di attività diverse tra loro, attraverso la misurazione del consumo di quello che risultava essere il principale fattore di produzione utilizzato per l’ottenimento del prodotto, ossia il lavoro, e quindi il tempo di lavorazione. Attraverso una tradizionale logica di misurazione di tempi e metodi, si pervenne a definire il tempo medio di lavorazione di ogni prodotto in catalogo. A questo punto era possibile assumere un prodotto come riferimento ideale (il “metro” di riferimento ), nel caso di specie la liquidazione di una pensione di vecchiaia, e porlo convenzionalmente come pari ad 1, e pesare ogni singolo altro prodotto inserito in catalogo rispetto all’unità, a seconda del tempo assorbito per la sua lavorazione, attraverso un semplice rapporto di proporzione dove:
tempo di lavorazione pensione di vecchiaia: tempo di lavorazione (ad esempio) indennità di disoccupazione = 1:X
In questo modo, al catalogo dei prodotti, è possibile associare un catalogo dei cd. “coefficienti di omogeneizzazione”, ossia i pesi attraverso i quali il volume di singoli prodotti di natura diversa possono essere resi confrontabili tra loro.
Il sistema di misurazione e valutazione è stato aggiornato?
Negli ultimi anni, pur mantenendo inalterato il quadro concettuale di riferimento, il sistema dei coefficienti di omogeneizzazione è stato aggiornato sostituendo il tempo di lavorazione di un prodotto campione con un’unità di tempo pari a 60 minuti, in modo da permettere una più diretta rilevazione e valutazione dei dell’assorbimento di risorse e dei relativi costi. Naturalmente, il sistema comporta una continua attività di manutenzione e di aggiornamento per tener conto delle variazioni apportate al catalogo dei prodotti, ai flussi di lavorazione nonché alle procedure informatiche.
L’Istituto, come pochissime altre realtà di amministrazione pubblica, è quindi in grado di disporre di misure estremamente raffinate di produttività individuale e collettiva. Nell’ambito dell’impostazione del sistema di management by objectives, la scelta fu da sempre a vantaggio di un sistema che più che la produttività individuale mirava a quella collettiva. Questo partendo dall’assunto che il tipo di comportamenti da incentivare nell’ambito dei processi operativi INPS fosse soprattutto di tipo cooperativo e di mutuo supporto e sostituzione, che sarebbe stato ostacolato da un approccio individuale alla misurazione della performance. Sul piano organizzativo, infatti, dalla fine degli anni novanta l’INPS ha superato il tradizionale schema funzionale, caratterizzato da elevata segmentazione settoriale e da pluralità di livelli gerarchici, in favore di un assetto organizzativo lean, imperniato sul gruppo di lavoro come cellula base, formato da operatori tendenzialmente polivalenti, e che deve essere in grado di seguire sotto ogni profilo la specifica tipologia di utente assegnata (assicurato/pensionato, percettore prestazioni di sostegno del reddito, percettore di prestazioni assistenziali, soggetto contribuente).
La performance collettiva è misurata non solo con riferimento agli aspetti di produzione in termini di volume assoluto e di produttività, ma anche in termini di qualità, attraverso l’individuazione di indicatori e di specifici parametri-obiettivo. Ad esempio, relativamente al prodotto pensioni, la qualità consiste nella liquidazione tempestiva dell’assegno, in forma definitiva, e senza successive rilavorazioni. Sulla base di questa definizione dei fattori di qualità sono enucleati una serie di indicatori che ne consentono la misurazione (% di pensioni liquidate entro certo tempo dalla domanda in rapporto al totale delle liquidate; % pensioni liquidate in forma provvisoria sul totale delle liquidate; % ricostituzioni contributive sul totale delle liquidate, ecc.) , ai quali, nell’ambito del piano-budget sono associati specifici valori obiettivo da conseguire.
E' stato realizzato il benchmarking tra le sedi decentrate dell'Inps?
La grande ricchezza di informazioni statistiche e di indicatori di cui il sistema di PCG dell’INPS si è nel tempo dotato, unitamente al fatto di avere sul territorio, in ambito provinciale, realtà operative tendenzialmente omogenee tra loro, ha consentito di introdurre nel sistema componenti di competitività tra le sedi e di benchmarking, che si affiancano, sul piano motivazionale, allo stimolo incentivante connesso al sistema di gestione per obiettivi. A partire dal 2004, infatti, è stato implementato un ulteriore strumento gestionale, il cd. “cruscotto direzionale”, che nella sua versione iniziale prevedeva un carnet di 99 indicatori (divenuti 252 alla data odierna), ponderati tra loro attraverso un sistema di pesatura, che consente di mettere a confronto le singole sedi, indicatore per indicatore, e anche a livello complessivo, di ottenere una graduatoria sintetica delle sedi più “virtuose” sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza riscontrata negli indicatori di riferimento.

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lunedì 21 ottobre 2013

Diego Zardini, riqualificazione e reindustrializzazione dei poli chimici

Intervento di rilievo di Diego Zardini alla Camera dei Deputati a sostegno della mozione Speranza
Il settore chimico è fornitore importante di tutti i comparti industriali, ma in particolar modo di quel cosiddetto made in Italy, settori che detengono un'elevata competitività internazionale e che generano un saldo attivo del commercio estero. L'industria chimica rappresenta infatti un partner produttivo e tecnologico in grado di interagire positivamente con le principali filiere produttive del made in Italy, a cui fornisce prodotti e sostanze chimiche che aumentano il valore aggiunto della produzione. A dispetto della crisi l'industria chimica italiana resiste e meglio di quanto avvenga per il comparto manifatturiero in genere, basta guardare i numeri. Nell'ultimo quadriennio, segnato dalla grande crisi, le vendite mondiali dei maggiori gruppi chimici a capitale italiano, sono cresciute del 10 per cento e la quota di produzione estera è aumentata dal 32 al 41 per cento, nonostante la retrocessione di due settori clienti di capitale importanza, quali sono l'auto e le costruzioni. La quota di export sul fatturato è cresciuta di undici punti negli ultimi dieci anni. Se il 2012 ha segnato un arretramento della produzione destinata al mercato italiano e dell'Unione europea, del -4,8 per cento in valore, mentre in pari tempo sono aumentate le vendite destinate al mercato extra europeo del + 6,5 per cento, sempre a valore, il 2013 porta un segno positivo, con una stabilizzazione della domanda interna con qualche spunto di crescita nel secondo semestre dell'anno, mentre l'export mostra un importante rafforzamento. Dopo il pesante calo della produzione nel 2009, la chimica ha chiuso nel 2010 con un recupero significativo e superiore alle aspettative. La produzione chimica italiana, stimata pari a 52, 3 miliardi di euro nel 2012 dovrebbe crescere, a fine 2013, dell'1,9 per cento in valore e dello 0,6 per cento in volume, trainata da una domanda in ripresa a livello mondiale soprattutto nei Paesi extra Unione europea.
La chimica dunque può – e secondo me dovrebbe – essere un fondamentale motore di innovazione per tutti gli altri settori, sotto forma di nuovi materiali e nuovi processi. Quasi tre quarti dei prodotti chimici sono destinati ad altri settori industriali. In Europa, la chimica italiana è seconda solo alla Germania per un numero di imprese innovative, circa mille e 300, e di imprese attive nella ricerca, oltre 800. Se si considera l'introduzione di prodotti nuovi, non solo per l'impresa, ma anche per il mercato, l'Italia supera addirittura la Germania: con quattromila e 900 addetti, la quota del personale dell'industria chimica dedicato alla ricerca è più che doppia rispetto alla media industriale. Nella chimica italiana, la quota di imprese impegnate nell'attività di ricerca e sviluppo, è doppia rispetto all'industria manifatturiera e persino superiore a settori, quali l'hi-tech. In particolare, fanno ricerca anche tantissime piccole e medie imprese. In dieci anni, la quota di imprese chimiche italiane attive nella ricerca è fortemente aumentata. La chimica è un settore industriale sul quale l'Italia deve puntare perché le nostre imprese hanno u  Considerando le imprese con più di dieci addetti, le imprese chimiche innovative in Italia dal 2000 al 2008 sono passate dal 50 per cento al 67 per cento, mentre le imprese con ricerca e sviluppo intra-muros sono passate dal 38 per cento al 47 per cento. Le PMI si concentrano soprattutto in Lombardia, che in termini occupazionali rappresenta circa il 40 per cento, in Veneto con circa il 10 per cento, in Emilia-Romagna con altrettanto 10 per cento e poi nel Mezzogiorno che conta quasi un quinto dell'occupazione. I principali poli chimici italiani sono localizzati a Porto Marghera, Mantova, Ferrara, Ravenna, Novara, Tor Viscosa, Livorno, Busi, Terni, Pisticci, Brindisi, Priolo, Gela, Ragusa, Porto Torres, Assemini, Ottana, dimostrando così una capillare diffusione su tutto il territorio nazionale.   La nostra mozione vuole affrontare un tema di rilevanza strategica per il nostro futuro, visto il ruolo importante che gioca l'industria chimica per lo sviluppo economico del nostro Paese, non solo per le sue dimensioni in termini di occupazione, produzione e valore aggiunto ma anche, e forse soprattutto, per la sua forte integrazione con il resto del sistema industriale, con settori fondamentali quali il tessile, la meccanica di precisione, l'agroalimentare, la farmaceutica e tanti altri. L'Italia, con circa tremila imprese che occupano 115 mila addetti, è il terzo produttore chimico europeo dopo Germania e Francia, l'industria chimica italiana è attiva in tutte le aree, dalla chimica di base a quella fine e specialistica. Secondo i dati di Federchimica la produzione chimica in Italia è suddivisa fra il 37 per cento da imprese a capitale estero, il 22 per cento di gruppi italiani medio-grandi con vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro e il 41 per cento di PMI attive soprattutto nei settori a valle.   Signor Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, mi è stato affidato oggi il compito di illustrare la mozione Speranza ed altri n. 1-00162 concernente iniziative per una politica industriale volta alla riqualificazione e alla reindustrializzazione dei poli chimici, presentata dal gruppo del Partito Democratico. In Italia l'industria chimica ha già superato l'obiettivo per la riduzione dei gas serra fissato dall'Unione europea per il 2020. Sono state evitate emissioni per 34 milioni di tonnellate l'anno, pari a quelle di 18 milioni di automobili. L'efficienza energetica è migliorata del 45 per cento contro la media della manifatturiera del 13. Dal 1989 ad oggi le emissioni in aria dell'industria chimica sono diminuite del 90 per cento. Le spese delle industrie chimiche in questo ambito superano di 1,1 miliardi di euro, con un'incidenza sul fatturato pari al 2,1 per cento. Tali spese includono le bonifiche e il risanamento di siti inquinati, per renderli disponibili a nuovi usi, e si suddividono in investimenti e costi operativi. La chimica verde è, dunque, essenzialmente una risposta alternativa a una serie di problematiche negative della chimica tradizionale, in quanto tiene conto del nuovo ordine di priorità dell'innovazione scientifica e tecnologica basate sull'eliminazione o sulla drastica riduzione di procedure e di sostanze pericolose secondo strategie di minimizzazione dei reflui, dei costi energetici, l'utilizzo di materie prime ricavate da fonti rinnovabili e l'elevata biodegradabilità. A tutto ciò si aggiunge un bilancio più favorevole dal punto di vista dell'emissione di anidride carbonica e la sostituzione di composti obsoleti con altri che mantengono la loro stessa efficacia funzionale riducendone, al contempo, la tossicità, il fattore di rischio nei confronti del  Una via per rilanciare il settore, quindi, non è solo possibile, ma deve essere ricercata con determinazione. La crescita deve essere sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale, affinché dopo gli anni di crisi si possa parlare di una ripresa reale, in grado di rispondere alle sfide che dobbiamo affrontare. Le sostenibilità economica, sociale e ambientale hanno bisogno l'una dell'altra e tutte hanno bisogno della chimica. L'innovazione di prodotto o di processo creata dalla chimica si trasferisce agli altri settori utilizzatori, che possono così offrire un prodotto migliore e più economico rispetto alla concorrenza estera, spesso avvantaggiata dal basso costo del lavoro e da oneri inferiori per la tutela di sicurezza, salute e ambiente. Ecco perché la chimica e la sua industria devono avere un ruolo da protagonista nelle politiche di rilancio dell'economia del Paese. La chimica può far risparmiare risorse naturali, ridurre l'inquinamento, migliorare l'efficienza energetica delle abitazioni, dei trasporti e delle industrie, aiutare a trovare nuove fonti di energia.
Il processo di dismissione dell'ENI ha comportato una pesante contrazione produttiva e occupazionale. Le conseguenze sono lo smantellamento di fabbriche in cui anni prima si erano investiti miliardi di vecchie lire per ammodernarle e la distruzione sociale, culturale e identitaria di un forte nucleo storico di operai, tecnici e dirigenti. Vi è stato un lunghissimo processo di bonifica delle aree volto al suo rilancio produttivo con altre destinazioni, peraltro ancora oggi in fase del tutto iniziale, e la cancellazione di una grande memoria di storie e di lotte collettive che sono state tanta parte del movimento operaio. Anche molti centri urbani nel territorio del Mezzogiorno hanno conosciuto, nell'ultimo ventennio, smantellamenti di antichi comparti industriali, che per decenni costituirono non solo punti di forza produttivi delle rispettive aree ma luoghi di formazione e di accumulazione di saperi ed esperienze di fabbrica. Processi di deindustrializzazione, quelli appena ricordati, cui poi si è cercato di sostituire l'attivo di nuovi insediamenti, favoriti da costosi strumenti della programmazione negoziata come i contratti d'area, con cui lo Stato ha tentato, in qualche modo, di risarcire i territori e le popolazioni delle città che erano state colpite dalle pesanti crisi industriali. Ma quei processi di rigenerazione economica non solo ancora oggi, a molti anni di distanza dal loro avvio, non hanno prodotto i risultati attesi in termini di occupazione e di rilancio delle economie locali, ma già subiscono gli effetti negativi della globalizzazione. L'industria chimica in Italia, riducendosi il peso dei colossi industriali della cosiddetta chimica di base intermedia, si va configurando come un sistema di imprese piccole e di medie dimensioni, fortemente orientate alla innovazione e ai prodotti speciali. Il costo dell'energia, tra i più alti in Europa, incide fortemente sull'economia della chimica di base, mentre gioca un ruolo meno importante per i cosiddetti prodotti speciali, dove il livello di scala ottimale non è molto elevato e giocano un ruolo assai più importante i cosiddetti aspetti intangibili di know-how che non i grandi investimenti fissi. L'importanza della chimica in Italia dal punto di vista dell'occupazione è fortemente diminuita, passando dal 4,5 per cento del 1971 al 2,6 per cento del 2009 dell'intero sistema industriale italiano. La piccola e media impresa chimica, localizzata prevalentemente al nord del Paese, continua a mostrare segni di vitalità. Nel 1971 la PMI impiegava il 29 per cento degli addetti, mentre nel 2009 tale percentuale è passata al 69 per cento degli addetti della chimica in Italia. La maggiore incidenza delle PMI è attribuibile, in realtà, alle dismissione della grande impresa. Dal 1981 al 1996 la grande impresa chimica ha perso il 43 per cento degli addetti, mentre la piccola circa il 9. La chimica è un settore ad elevata intensità di ricerca, le spese di innovazione sfiorano il miliardo di euro, l'11,5 per cento del valore aggiunto, e una quota maggioritaria è rappresentata dalla ricerca e sviluppo intra- muros, che ammonta a poco più di mezzo miliardo di euro. Il grado di internazionalizzazione, ossia il rapporto tra addetti delle partecipate estere e dipendenti in Italia di imprese a controllo nazionale, consiste nel 26 per cento. Sono ben 130 le aziende italiane che hanno stabilimenti all'estero e il 70 per cento di queste sono PMI. Le quote di produzione estera, che di norma non ha sostituito impianti preesistenti in Italia, ma ha cercato piuttosto di servire nuovi mercati, è salita dal 32 per cento nel 2007, al 41 per cento del 2011, tuttavia non mancano le criticità se ampliamo lo sguardo temporale e analizziamo l'andamento del settore negli ultimi trent'anni e se prendiamo in considerazione lo stato di salute di alcune grandi imprese operanti nella chimica, in quella di base in particolare. L'Italia infatti è, tra i Paesi europei più industrializzati, quello con il più elevato deficit di bilancio commerciale, sia nell'insieme del settore chimico, sia nella chimica di base. Dal punto di vista dell’export, l'industria chimica italiana, pur registrando un deficit nella bilancia commerciale, mostra una propensione al commercio estero. Il processo di dismissioni, attuato da ENI negli ultimi decenni, ha provocato gravi conseguenze, non soltanto dal punto di vista occupazionale per la bilancia di settore, ma anche per la competitività del comparto e dell'intero sistema produttivo del Paese. La ridotta presenza di investimenti in ricerca e innovazione si concretizza nell'annunciato taglio al Centro ricerche «Natta» di Ferrara, nella definizione del cracker di Marghera. Il piano Versalis, sui territori da essa presidiati, in Sicilia, a Mantova, a Ravenna e Ferrara, si inserisce in questo quadro strutturale reso più urgente dalle novità che nel settore della chimica dei materiali plastici e delle specialties si stanno orientando l'attenzione e la ricerca dei grandi gruppi europei, che non rinunciano alla petrolchimica, ma contemporaneamente guardano ai possibili terreni competitivi per i prossimi anni.  Una forte base tecnologica e tantissime investono appunto sulla ricerca. Queste hanno saputo internazionalizzarsi per inserirsi nei mercati esteri: diventano così forti esportatori anche di prodotti di eccellenza sul piano mondiale. Le imprese sono in grado di mettere a disposizione un alto livello di specializzazione a disposizione dei settori utilizzatori, soddisfacendo le richieste tecnologiche dettate dai mutamenti degli scenari competitivi. Ciò premesso, con la nostra mozione chiediamo al Governo di impegnarsi: ad avviare una politica industriale finalizzata a riqualificare e reindustrializzare i poli chimici, concordando i percorsi con le amministrazioni locali e regionali.
Infine, la chimica da fonti rinnovabili ha bisogno del sostegno pubblico, in ricerca, ma non soltanto, ed in questo caso tale sostegno sarebbe coerente con la necessità di sviluppare iniziative industriali e prodotti a minore impatto ambientale e sociale, con lo sviluppo della strategia europea e internazionale. L'intervento pubblico è ancor più necessario se visto dal punto di vista della crisi, se considerato come modalità di politica industriale, in funzione anticrisi, per il salvataggio dei poli chimici e la tutela dell'occupazione. Occorre, dunque, che il Governo punti alla promozione di queste potenzialità. Per l'affermarsi della chimica verde è infatti necessario diffondere tra i cittadini italiani informazioni legate agli obblighi derivanti dalla normativa che sarà applicata nei prossimi anni in materia di emissioni e di ambiente, dalle alternative di consumo più compatibili con la salvaguardia ambientale, per aumentare la disponibilità a operare scelte ecosostenibili, alla diffusione di dati reali sulla sicurezza degli impianti di chimica verde per la salute e per l'ambiente, per limitare l'ostilità da parte del territorio verso le nuove iniziative industriali. Le diverse politiche di promozione dell'uso delle biomasse dovrebbero, pertanto, essere complementari e garantire un complessivo impatto positivo volto alla sostenibilità. La sostenibilità di un prodotto deve, quindi, essere valutata caso per caso, non solo sulla materia prima, ma sull'intero ciclo di vita, ivi incluso l'uso dell'acqua. Le metodologie generalmente accettate per misurare la sostenibilità devono considerarsi obbligatorie ed essere usate, come prioritari programmi, nei progetti e nelle azioni politiche. La valutazione deve essere fatta sull'intera filiera, dalla produzione delle materie prime fino al ciclo-vita finale dei prodotti, incluso il riciclo, che deve includere parametri come l'interferenza con le altre priorità quali cibo, gestione dell'acqua e così via. Un approccio che consenta all'industria di fornire alla società prodotti sempre più sostenibili dovrebbe essere incentivato da aiuti nella forma di finanziamenti e da azioni coerenti del quadro politico. Lo sforzo di tutti gli attori, dalla scienza alla politica all'industria, per raggiungere una piena innovazione dell'intero ciclo, dalla ricerca alla diffusione di mercato, sarà il fattore chiave determinante per il successo della chimica verde. Esiste, dunque, l'esigenza di principi guida per l'utilizzo globale delle risorse rinnovabili fondati sul mantenimento della biodiversità, l'uso sostenibile delle biomasse e la distribuzione delle diverse risorse e dei vantaggi derivanti dalle diverse fonti in modo equilibrato e giusto. È uno sviluppo che si fonda sull'innovazione e la sostenibilità, cioè sulle frontiere dei nuovi saperi e delle nuove tecniche, sapientemente innestate sul nostro tradizionale saper fare manifattura, il tutto coniugato con la ricerca dell'efficienza delle rinnovabilità nello sfruttamento delle risorse. La chimica verde si propone quindi di ottenere combustibili e prodotti chimici a partire da biomasse, senza utilizzare il petrolio come materia prima e favorendo il graduale affrancamento dall'importazione di idrocarburi, una scelta tecnologica che porterà ad un sistema economico basato su un crescente utilizzo di prodotti vegetali, che per natura sono rinnovabili. L'uso di materie prime alternative nell'industria chimica sta guadagnando importanza anche alla luce dell'aumento sempre crescente dei prezzi del petrolio e delle limitate risorse fossili. La petrolchimica, infatti, rappresenta in Europa 50 miliardi di euro di valore aggiunto e una infrastruttura strategica per l'industria, in quanto fornisce materie prime e semilavorati a numerosi settori industriali, trasferendo le innovazioni contenute nei propri prodotti all'intero sistema produttivo. L'industria chimica nei prossimi decenni rimarrà basata in modo predominante sulla petrolchimica, ma esiste un enorme potenziale per un maggior ricorso alle materie prime biologiche non solo nelle produzioni di carattere specialistico, ma anche come principale elemento costitutivo di sostanze chimiche ad alto volume. La chimica verde si applica nei settori dei biocombustibili, dei biocarburanti, dei biolubrificanti, degli oli tecnici, dei tensioattivi, delle bioplastiche e dei biopolimeri, dei solventi e così via. Le materie prime utilizzate sono oli vergini di colza, soia, girasole, palma, oli esausti di varia natura provenienti principalmente da importazioni e in parte dall'agricoltura e dalla raccolta differenziata italiana. In una prima fase, i prodotti utilizzati dall'industria potevano anche avere un uso alimentare. Per esempio, la ricerca ha dimostrato che ci sono prodotti vegetali che potrebbero sostituire il silicio nella produzione di pannelli fotovoltaici. La seconda fase vede la rapida affermazione di nuovi processi produttivi a grande potenzialità che sfruttano i prodotti di scarto dell'industria alimentare o piante a rapido accrescimento non destinate ad uso alimentare, fornendo una grande opportunità per l'industria, ma anche per il settore delle imprese agricole. Questa novità può contribuire ad affermare un settore primario meno dipendente dal settore secondario e motore di innovazione per la stessa industria manifatturiera in crisi. Questo richiede un maggior coordinamento tra lo sviluppo agricolo e lo sviluppo industriale per quanto riguarda tutti gli aspetti: maggiori rendimenti e qualità delle materie prime grazie alla ricerca agricola, in particolare biotech, miglioramento della logistica, affidabilità della fornitura, visibilità del prezzo attraverso contratti a medio e lungo termine, preferenza dei clienti. È evidente tuttavia il rischio che i progressi verso l'economia basata su prodotti a base biologica siano troppo lenti rispetto allo sviluppo in Europa della domanda verso questi stessi prodotti. In tal caso, la produzione si svolgerà in altre regioni del mondo per le quali l'accesso a forniture competitive e permanenti di materie prime rinnovabili, così come l'energia, è maggiormente garantito rispetto all'industria europea. Dunque limitarsi alla sola importazione di biomasse non può considerarsi un'opzione valida. Le politiche agricole dell'Unione europea dovrebbero quindi essere adottate in modo da promuovere la produzione di materie prime rinnovabili e per tutti gli usi industriali, senza interrompere l'approvvigionamento alimentare. La chimica verde ha alla base una dimensione dove il know how assume maggiore rilevanza del possesso delle materie prime stesse. Esistono molti progetti guidati e iniziative dell'Unione europea per la costruzione di impianti di produzione per la chimica basati sulle biologie e sui biomateriali, ad esempio la bioplastica. Anche in Europa è prevista la costruzione di impianti dimostrativi e si stanno sviluppando alcuni impianti pilota per la produzione di etanolo da scarti e da rifiuti solidi urbani. Oggi operano circa 120 impianti situati in Germania, Italia, Austria, Francia e Svezia, che producono oltre sei milioni di tonnellate annue di biodiesel. Il tasso di crescita reale della chimica verde sarà determinato da un certo numero di fattori: il prezzo del petrolio e delle materie prime agricole, la velocità del progresso tecnologico, le politiche di supporto e sviluppo delle tecnologie di base in Europa, il supporto da parte degli Stati ai progetti dimostrativi, essenziali per la diffusione di tecnologie sostenibili e per lo sviluppo delle competenze. Le criticità maggiori che lo sviluppo di una chimica verde può indurre sono l'impatto sui prezzi delle materie prime agricole, anche in rapporto alle produzioni alimentari, e l'impatto sugli ecosistemi locali in relazione alla sostenibilità delle filiere. L'uomo e dell'ambiente, fino al potenziale che la chimica verde offre quale alternativa per l'agricoltura e per le economie locali e regionali, dando come priorità la bonifica dei siti contaminati; a mettere in campo strumenti di sostegno per la tenuta della chimica nazionale, evitando, ove possibile, ulteriori chiusure di impianti e promuovendo la realizzazione degli investimenti necessari a riportare a livello competitivo le produzioni presenti in Italia; a promuovere l'avvio di processi di reindustrializzazione e sviluppo in una logica di filiera e nei settori della chimica fine, delle specialità e della chimica verde, avviando, a tal fine, iniziative per favorire i rapporti tra le grandi imprese e PMI; a sviluppare una nuova politica di sostegno all'innovazione che tenga in considerazione i legami tra le varie filiere industriali; a ridurre il differenziale del costo dell'energia con gli altri Paesi concorrenti, adottando in tempi certi un piano energetico nazionale; ad accelerare le bonifiche dei siti chimici di interesse nazionale, promuovendo la rivisitazione dei processi produttivi in chiave di sostenibilità ambientale e favorendo l'insediamento, all'interno di tali siti, di piccole e medie aziende, creando un anello virtuoso di crescita sia per le PMI, grazie alla presenza di centri di ricerca, servizi, energia e disponibilità di personale altamente specializzato, sia per la grande industria, grazie alla riduzione dei costi della logistica e alla produzione mirata al servizio del territorio; a semplificare le procedure burocratiche di autorizzazione per le nuove imprese, al fine di facilitare gli investimenti e attrarre nuovi capitali esteri nel settore; a battersi in sede europea per interventi legislativi a sostegno di imprese e di poli chimici che rispettino le norme ambientali; a sviluppare una politica nazionale di sostegno alla bioeconomia che tenga in considerazione il ruolo chiave delle bioraffinerie nel generare valore a livello locale; a focalizzare le politiche italiane nel campo della gestione integrata dei rifiuti solidi urbani, mettendo al centro la trasformazione in compost di qualità della frazione organica; a fissare target per incentivare, mediante apposite normative e standard, la sostituzione di prodotti critici per l'ambiente; ad attivare misure di incentivo alla domanda di prodotti bio-based di nicchia, quali biolubrificanti, bioerbicidi e pacciamatura agricola, per permettere di trainare lo sviluppo nel mercato finale dei prodotti; a sostenere fortemente l'attivazione del cluster della chimica verde, in quanto strumento chiave per permettere sviluppi dei settori prioritari per l'Italia; ad attivare un tavolo di alto livello tra stakeholder sul tema della chimica verde, mutuandolo dal panel di alto livello sulla bioeconomia da poco lanciato dalla Commissione europea; infine, a riattivare presso il Ministero dello sviluppo economico l'osservatorio chimico nazionale soppresso dai precedenti Governi, come strumento di monitoraggio, valutazione e di proposta per l'intera filiera della chimica. Ecco queste sono le cose che noi riteniamo fondamentali per cercare di rilanciare un settore fondamentale per il nostro Paese che ha un grande margine di sviluppo, e che può dare veramente una misura migliore del nostro sviluppo economico per il nostro Paese.

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venerdì 18 ottobre 2013

Orietta Salemi, perché una donna?

Il PD veronese ha bisogno di risolvere tanti problemi che lo rendono attualmente quasi ininfluente nella vita politica e sociale di Verona. Primo fra tutti vi è una scarsa mobilitazione degli elettori e dei militanti del PD alle iniziative del partito con eccezione degli eventi con la presenza dei big nazionali. Tutto questo è dovuto al rapporto di sfiducia da parte dei cittadini verso il sistema dei partiti ma anche al tipo di gestione verticistica del Partito Democratico di Verona. Pertanto, occorre risolvere i temi della partecipazione e del coinvolgimento delle persone che dipendono dal modello di organizzazione piramidale adottato dal PD locale.
Il confronto nel PD veronese avviene con il congresso locale e specificatamente con l’elezione del segretario comunale del PD in quanto per la carica di segretario provinciale è stata presentata una sola candidatura.
Per il congresso cittadino vi sono due candidature, quella di Federico Benini  e di Orietta Salemi.
Roberto Fasoli, il quale sostiene Federico Benini, afferma che i protagonisti dell’accordo ostentano il fatto di appartenere a livello nazionale a posizioni molto diverse tra di loro, per far risaltare ancor di più il valore dell’intesa sul piano locale. I candidati a livello nazionale hanno però posizioni molto diverse, quando non opposte, rispetto all’analisi di quanto è accaduto nelle ultime elezioni e subito dopo, sulla natura e le prospettive del governo Letta, sulle caratteristiche che dovrebbe assumere il partito e sulle alleanze da ricercare o meno e con chi”…. Quindi, per Roberto Fasoli occorreva prendere in considerazione nel congresso locale le posizioni nazionali dei diversi leader del PD.
Federico Benini dichiara che la sua candidatura è nata dal basso e si pone al di fuori delle correnti. Senza entrare nel merito di tale affermazione ritengo che vi sia una prima contraddizione tra le affermazioni di Roberto Fasoli e quelle di Federico Benini. Inoltre, Federico Benini non può dimenticare la sua partecipazione organica agli incontri della vecchia componente di Franco Bonfante ed attualmente a quella di Roberto Fasoli.
Un’altra osservazione ritengo che sia importante.Perché una donna a segretario comunale del PD?
Dal libro di Helen Fischer si apprende che in media le donne e gli uomini possiedono alcune capacità innate diverse. Molti settori del mondo economico avranno bisogno dei talenti naturali delle donne.
“Le donne hanno sviluppato tutta una serie di capacità: facilità di parola, abilità di cogliere indizi non verbali, sensibilità emotiva, empatia, pazienza, capacità di fare e pensare diverse cose contemporaneamente, propensione a pianificare a lungo termine, abilità di negoziare e interagire e predilezione per la cooperazione, per raggiungere il consenso e dirigere su un livello paritario. Quando le donne pensano, tendono a raccogliere più dati e a incorporare più rapidamente i dettagli”.
“Agli uomini piacciono le regole; amano comandare e controllare e sapere per certo qual’è il loro posto. Amano le strutture gerarchiche e le sicurezze che comportano (questo istinto risale direttamente all’età della pietra).
Molto spesso le strutture gerarchiche esistono non per esigenze organizzative, ma perché la gerarchia e la mentalità maschile vanno a braccetto e perché gli uomini hanno sempre dominato le organizzazioni”.
“Nel corso della storia gli uomini hanno ricoperto ruoli di prestigio e di potere ed è stato sottovalutato l’apporto innovativo delle donne, le quali possiedono specifiche capacità.”
Ritengo che in questo momento nel PD cittadino c’è bisogno del talento naturale delle donne e specificatamente di Orietta Salemi, la quale possiede il talento descritto Helen Fischer. L’impegno che attende Orietta è molto difficile perché occorre ricostruire e reinventare una struttura di partito che solo con le sue capacità e la sua cultura può essere realizzata.
Per quanto riguarda Federico Benini penso che la sua figura comprende ciò che Helen Fischer ha scritto per gli uomini. Federico ha avuto la capacità di perseguire con scelte tattiche le proprie prospettive, gli obiettivi individuali da conseguire e la scelta di slogans che non rappresentano un’orizzonte strategico di cambiamento.
Infine, ritengo assurdo sottovalutare il lavoro effettuato dai partecipanti al "Progetto Riscriviamo Verona" che è nato diversi mesi fa, ha coinvolto in buona parte la base del partito ed ha proposto la candidatura di Alessio Albertini a segretario del PD provinciale e Orietta Salemi a segretario cittadino del PD in assenza di abbracci soffocanti, di condizionamenti e di auto candidature.

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giovedì 17 ottobre 2013

Alessio Albertini e Orietta Salemi per un Pd vincente

Alessio Albertini e Orietta Salemi spiegano i cambiamenti in atto nel Pd veronese: “Con le nostre candidature cerchiamo di aprire il partito ad un nuovo corso, forse a tratti sperimentale, ma sempre partecipato e teso al superamento dei limiti che fino ad oggi hanno impedito al Pd di convincere i veronesi e di vincere a Verona. Ingeneroso non riconoscere lo sforzo di molti”.
Come tutti gli organismi collettivi anche i partiti rispondono a dinamiche a volte poco comprensibili a chi le guarda dall’esterno.
Soprattutto in questo momento delicato che ci accompagna alla stagione dei Congressi nazionale e territoriale, è comprensibile che gli animi si accendano e che le singole sensibilità cerchino di affermare la propria visione. Ma proprio perché le nostre candidature presuppongono un cambiamento e una svolta rispetto ai metodi e alle pratiche del passato riteniamo sia utile proporre alcuni chiarimenti.
Il percorso che abbiamo intrapreso è forse un po’ anomalo, ma partecipato. Ha visto coinvolto oltre un centinaio di iscritti del PD su più tavoli di riflessione. L’obiettivo di questa riflessione allargata, che ha investito tante persone per ruoli, esperienze, età diverse, è proprio quella di superare logiche di correntismo esasperato e mettere al lavoro le forze del partito per tornare a convincere e far vincere Verona.
Qui il resto del post Per ottenere questo e superare irrigidite incrostazioni pregresse era necessario svincolare il congresso provinciale dalla scelte di riconoscimento nelle mozioni nazionali. Perché riteniamo che il territorio abbia delle priorità e che un grande partito, fatti salvi i principi fondanti e la condivisione coerente di una linea politica che nasce dalla sintesi delle diverse istanze, debba muoversi anche in senso federale, individuando scelte che non tradiscono la propria storia, ma che rispettino l’urgenza di modalità e paradigmi politici nuovi.
Le nostre candidature alla segreteria provinciale e cittadina sono dunque l’esito di un percorso non certo facile, a tratti spinoso, forse imperfetto perché risente del suo carattere sperimentale, come ogni novità,ma troviamo che sia ingeneroso non riconoscere lo sforzo e il coraggio di tantissimi, soprattutto giovani che hanno messo in secondo piano storie personali e anime differenti per cercare aggregazione su un progetto di rinnovamento del partito e per costruire una prospettiva di respiro per la città.
Dunque non ci sono grandi manovratori come si pensa o come si vuol far pensare ma solo la speranza di aprire una nuova stagione, per fare entrare un po’ di aria fresca.
Lasciamo cadere scomposte rivendicazioni e dedichiamo tempo, passione, energie per riscrivere la storia del Pd veronese.
Alessio Albertini e Orietta Salemi

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Orietta Salemi, Riscriviamo Verona

Rinnovamento,organizzazione, spirito di squadra: tantissimi giovani amministratori del PD veronese sostengono ORIETTA SALEMI, candidata alla Segreteria cittadina del PD:“Con lei,torneremo a vincere!”
Fare politica, per noi, è soprattutto passione e servizio. Mettere le proprie idee a disposizione per migliorare la città in cui siamo nati, cresciuti e in cui viviamo. Costruire, passo dopo passo, una Verona rinnovata, dinamica e vincente. E riuscirci insieme, costruendo una squadra, una comunità, un gruppo entusiasta, solido e aperto a tutto coloro che condividono le nostre idee.
Sono queste alcune idee-chiave con cui Orietta Salemi, ha accolto, sciogliendo le riserve e rendendosi disponibile, la proposta per la candidatura alla Segreteria cittadina del Partito Democratico di Verona. Alla guida di un progetto – Riscriviamo Verona – partito dal basso, da un gruppo sempre più ampio di simpatizzanti, appassionati, militanti che, fin dall’estate scorsa, hanno ragionato, scritto, pensato come costruire un Partito Democratico rinnovato, coraggioso, capace di aggregare, per regalare nuove prospettive alla nostra città.
Qui il resto del post Un progetto che ha entusiasmato tanti, uomini e donne di età differenti, e soprattutto moltissimi giovani: e, insieme a questi, molti impegnati già nell’amministrazione, come i Consiglieri Comunali Elisa La Paglia (II° Circoscrizione), Damiano Fermo (VI° Circoscrizione), Stefano Vallani (VII° Circoscrizione); la Consigliera Provinciale Silvia Allegri (II° Circoscrizione) e i Consiglieri di Circoscrizione Elena Lake (I° Circoscrizione), Paola Fresco (II° Circoscrizione), Matteo Dalai (III°Circoscrizione), Serena Capodicasa (III° Circoscrizione), Camilla Mariotto (V° Circoscrizione), Giacomo Marani (VI° Circoscrizione), Yared Ghebremariam-Tesaù (VI° Circoscrizione), Luca Granzarolo (VII°Circoscrizione), Matteo Riva (VIII° Circoscrizione).
Un gruppo che, camminando insieme ai tanti di provata esperienza, rappresenta il futuro del PD veronese: ventenni  e trentenni cresciuti nelle amministrazioni locali nate dalle elezioni del 2012, che hanno saputo privilegiare lo spirito di squadra, lavorare insieme: perché unità, organizzazione, buone idee ed entusiasmo sono gli ingredienti fondamentali per far tornare competitivo il PD in città.
Alle opinioni di sostegno alla candidatura di Orietta Salemi, pubblicate nel precedente post, si aggiungono quelle di Elena Lake e Serena Capodicasa.
“Per le competenze, la qualità del lavoro svolto” – sostiene Elena Lake, Consigliera del PD in Prima Circoscrizione – “e l’energia che Orietta Salemi da anni dedica alla politica e all’amministrazione della città, la ritengo senza dubbio la migliore candidata sulla quale potevamo convergere. Lavorare con Orietta è davvero un piacere”.
"Sostengo con forza la candidatura di Orietta", dichiara Serena Capodicasa, Consigliera del PD in Terza Circoscrizione, "Orietta è al secondo mandato di Consigliera Comunale, ha un buon dialogo con tutti i circoli e una forte conoscenza delle problematiche di tutta la città. Ha pienamente dimostrato di saper giocare di squadra, e per me questa è la cosa che più conta per un Segretario di un Partito come il nostro, che è fatto di condivisione e dialogo".
Invitiamo tutti coloro che vogliono mettere coraggio, entusiasmo, una speranza per il futuro nel Partito Democratico e nel centrosinistra a partecipare ai nostri Congressi, chiamarci, informarsi, discutere con noi!
E a sostenere e votare Orietta. Per iniziare un lungo viaggio da fare assieme. Rilanciando la nostra città. Riscrivendo Verona!
Facendo politica nel modo che ci è più congeniale: inseguendo e realizzando i nostri sogni.
Comitato “Riscriviamo Verona” per Orietta Salemi.

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Roberto Fasoli PD, non condivide l’impegno pre-congressuale

Pubblico il comunicato stampa di Roberto Fasoli sulle vicende congressuali del PD Veronese anche se sono posizionato a favore di Alessio Albertini per la segreteria provinciale del PD e Orietta Salemi per la segreteria comunale del PD.
Non condivido la posizione di Roberto nel rifiutare la sua partecipazione e quella della sua componente al Congresso Provinciale in quanto gli strumenti di democrazia interna vanno utilizzati per esprimere ciascuna posizione politica. Finalmente nel PD veronese si superano le divisioni nazionali per costruire insieme una strategia condivisa per avviare il cambiamento necessario nel PD locale. Giudico positivo l’aver superato tali posizionamenti ed aver privilegiato il territorio.
Si riporta il comunicato stampa.
“Non condivido minimamente la logica e la pratica che hanno portato all’accordo di potere finalizzato al controllo del partito veronese, definendo tutti gli incarichi prima ancora che il congresso abbia inizio.
Ho aspettato qualche giorno a prendere posizione nella speranza, purtroppo vana, che arrivassero delle smentite a quanto anticipato, con dovizia di particolari, dalla stampa locale sul contenuto degli accordi relativi a tutte le cariche del partito.
Non c’è nulla di illegittimo nel fatto che alcune persone si trovino per costruire assieme una strategia e delle proposte di candidatura. Quello che colpisce è che ciò avviene nel mentre la segreteria uscente è impegnata, apparentemente con il sostegno di tutti, a costruire, come le era stato chiesto, una proposta unitaria che nel rispetto delle diversità, potesse rilanciare con un lavoro collegiale un partito che ormai a Verona è ai minimi termini.
La discussione sulle candidature e sul documento che le sostiene però non ha mai coinvolto l’insieme del partito e tantomeno è arrivata nelle sedi dove tutti possono partecipare e confrontarsi e cioè nei circoli e negli organismi dirigenti della città e della provincia.
Sul documento che sostiene le candidature di Albertini e Salemi avanzo due osservazioni.
La prima è che, per quanto riguarda Verona, le cose dette e scritte sono frutto di una elaborazione nota e largamente condivisa da moltissimi. Altrettanto dicasi delle proposte organizzative.
La seconda osservazione riguarda le vicende politiche nazionali. I protagonisti dell’accordo ostentano il fatto di appartenere a livello nazionale a posizioni molto diverse tra di loro, per far risaltare ancor di più il valore dell’intesa sul piano locale. I candidati a livello nazionale hanno però posizioni molto diverse, quando non opposte, rispetto all’analisi di quanto è accaduto nelle ultime elezioni e subito dopo, sulla natura e le prospettive del governo Letta, sulle caratteristiche che dovrebbe assumere il partito e sulle alleanze da ricercare o meno e con chi. Come si possa del tutto prescindere da questo fatto, senza una discussione aperta, e proporsi di rilanciare tutti assieme il partito a Verona rimane, per me, un fatto misterioso, anche perché in politica le questioni accantonate, per opportunità o opportunismo, prima o poi rispuntano e si manifestano in tutta la loro forza.
Ciò non toglie che cercare un’unità a livello territoriale poteva essere e rimane una buona idea sempre che non si fondi esclusivamente su un accordo di potere.
Si parla di unità, trasparenza, rinnovamento nei contenuti e nei metodi senza coinvolgere sulle proposte non solo gli organismi dirigenti ma nemmeno il segretario uscente che, stando a quanto da lui affermato nella riunione della Direzione Provinciale, apprende dai giornali le candidature in campo. Per questo mi è difficile perfino immaginare che fosse a conoscenza dell’esito della distribuzione concordata di tutti gli incarichi prima ancora dell’inizio della discussione congressuale.
Questa è la vera novità. Sappiamo già tutto del futuro organigramma. Almeno così si apprende dalle notizie di stampa, senza smentita alcuna.
La delicatezza del momento politico avrebbe richiesto che la discussione in corso tra alcuni si proponesse di confluire nel solco del lavoro unitario svolto dalla segreteria uscente. Sarebbe servita una discussione aperta che coinvolgesse l’insieme del partito, a partire dai circoli, senza tacere le diverse impostazioni sui grandi temi e cercando di costruire una proposta unitaria. Sarebbe stato un modo per trovare assieme una soluzione politica e organizzativa. Sarebbe sbagliato e poco credibile tentare oggi di spiegare con il pur scarso tempo a disposizione il non avere nemmeno tentato di percorrere questa strada.
Invece niente di tutto questo. All’ultimo momento, assieme alla candidatura di Alessio Albertini per la carica di segretario provinciale, si propone quella di Orietta Salemi a segretario cittadino, con lo stesso slogan, incuranti del fatto che Federico Benini, segretario uscente del terzo circolo, aveva già presentato una sua candidatura alla quale aveva lavorato da tempo, raccogliendo consensi tra i diversi circoli della città.
Sul congresso provinciale quindi la situazione pare già decisa e quindi potremmo dedicarci, e non sarebbe male, alla discussione sui temi nazionali. Ad Albertini l’onere di mostrare un profilo da candidato unitario e non solo unico.
E pensare che tutti invocavano il congresso come luogo e occasione per un confronto libero da schemi preconfezionati! Serve a poco evocare a parole il tema dell’unità se si pratica la discussione fuori dagli organismi; serve a poco parlare di rinnovamento se l’insieme degli iscritti viene chiamato solo a convalidare quanto già deciso.
Il congresso sarà l’occasione per capire se proprio tutti sono così d’accordo su questo impianto che con enfasi viene presentato come unitario e l’occasione per capirlo la avremo dalla quantità dei partecipanti e dai loro interventi, dall’esito del voto sull’unico candidato a segretario provinciale e, soprattutto, dal voto per il segretario cittadino che resta l’unico punto aperto di una discussione, diversamente del tutto chiusa”.

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mercoledì 16 ottobre 2013

Orietta Salemi, viaggio tra i suoi sostenitori

Ho fatto un viaggio tra i sostenitori di Orietta Salemi, candidata alla segreteria comunale del Partito Democratico, per cogliere il pensiero e le opinioni dei suoi sostenitori e capire meglio il perché del loro impegno a suo sostegno. Ne esce fuori un quadro positivo e sorprendente che coglie gli aspetti più interessanti di una donna al servizio della città e del Partito Democratico. Ecco le opinioni.

Elisa La Paglia, consigliere del comune di Verona
Ho conosciuto Orietta tra i banchi del Consiglio Comunale, un anno di lavoro fianco a fianco in commissione cultura, ho conosciuto una TESSITRICE, una tessitrice di RELAZIONI umane fantastiche, non si può camminare per strada con lei senza che qualcuno la fermi per salutarla con affetto, ex studenti, amici di passioni artistiche e sportive, amiche e amici di impegno sociale e di impegno per questa città. Ma anche una tessitrice di PROPOSTE POLITICHE, non solo quelle che si fermano fra i banchi dell'opposizione, anche quelle costruite con tutte le parti in campo, costruite PER LA CITTA', forti come sono forti i VALORI che la muovono.
E' un piacere per me poter imparare dalla sua esperienza amministrativa, ma è soprattutto un'occasione importante imparare dal suo APPROCCIO ALLA POLITICA, non l'opposizione a prescindere, ma l'ascolto e il dialogo che fa avvicinare e vincere tutti e tutte.
Oggi lei ha accettato di mettersi a disposizione del PD di Verona, è una grande occasione per tutti noi, non mi stupisco che vogliano schiacciare il suo profilo su questioni di appartenenze, saper vedere OLTRE non è da tutti, e non tutti possono accettare che da domani il PD CAMBI DAVVERO!
Grazie ORIETTA!
Stefano Vallani,consigliere del Comune di Verona
Credo che la passione e la determinazione siano due concetti che in politica servono a far bene il proprio operato al servizio della Comunità. Questo deve essere la Politica ed Orietta Salemi rappresenta la perfetta armonia dei due sostantivi.
Orietta è una donna che adora confrontarsi e cerca una sintesi sempre costruttiva. Abbiamo lavorato a fianco nella segreteria cittadina, in particolare su un progetto culturale molto articolato per la nostra città ed ho potuto apprezzarne da subito le doti, la sua conoscenza degli argomenti e l'amore, da me condiviso appieno, per la nostra Verona. Durante quest'ultimo anno fianco a fianco in consiglio comunale abbiamo lavorato con molta sintonia. Credo in Orietta come persona in grado di divulgare valori a noi cari e positiva operatività per il Partito Democratico. Ci aspettano anni interessanti politicamente e sono convinto che Orietta Salemi saprà affrontare con tenacia le sfide che le si presenteranno alla guida del Partito Cittadino.
Damiano Fermo, consigliere del Comune di Verona
Orietta Salemi. Così a vederla sembra una trentenne votata alla politica per passione (e non per professione). Docente di professione, quella si, perché per far bene politica un lavoro nella vita reale bisogna averselo sudato. Il prossimo coordinatore cittadino del PD mi piacerebbe proprio fosse questa ragazzina, arrivata 7 anni fa in Consiglio Comunale da indipendente e oggi disponibile a guidare un partito che dovrà finalmente vedersi, sentirsi, distinguersi per una visione di città alternativa alla padronale e arretrata co-gestione di oggi. Imperativo, uscire dai nostri uffici, incontrare tutti quelli che possono e vogliono progettare assieme una nuova idea di comunità, e di persone innamorate del cambiamento, del confronto, ne troviamo ovunque, basta aprire gli occhi e saperci parlare. Ecco, ci vuole una persona che rappresenti questo progetto, che possa dare un giro di energia alla vita dei circoli della nostra città. Perché da li, dalle relazioni che riusciremo a riattivare nei quartieri, può rinascere un percorso collettivo. Buon lavoro ORIETTA!
Luca Granzarolo, consigliere della 7^ Circoscrizione
Io sostengo Orietta Salemi perché ha le capacità, le qualità di relazione e l'autorevolezza necessaria per guidare il partito cittadino in una realtà complessa e articolata come quella veronese. E' considerata e stimata dalla generalità degli iscritti e dai suoi colleghi consiglieri comunali ed ha dimostrato di avere un grandissimo consenso esterno; condizioni, queste, imprescindibili per riaprire il dialogo con tutte le realtà veronesi.
Camilla Mariotto, consigliere della 5^ Circoscrizione
Cosa serve al PD veronese? Unità, ascolto, dialogo, capacità di costruire un progetto comune di lungo respiro, a tratti visionario, che sappia trascendere le correnti nazionali e gli orticelli locali sovrapposti in questi ultimi anni a Verona.
Questi obiettivi possono essere realtà con Orietta.
Orietta ha una capacità innata nel trasmettere empatia ed affetto in ogni gesto e in ogni sorriso, uniti alla perseveranza e all'esperienza di creare solide proposte politiche.
Queste doti umane sono indispensabili non solo nella vita, ma soprattutto nell'agire politico, attraverso il dialogo e l'impegno civile. Solo con questo approccio solidaristico e di conciliazione é possibile rendere competitivo il PD a Verona.
É un'occasione da non perdere, con Orietta!
Matteo Riva, consigliere della 8^ Circoscrizione
Non è difficile trovare motivi per cui sostenere Orietta nella sua candidatura a Coordinatrice Cittadina del PD, non è difficile perché il grande impegno e la dedizione che mette in ogni compito che assume sono evidenti e sinceri per tutti coloro che hanno la fortuna di lavorare al suo fianco. Ho avuto la fortuna di collaborare con Orietta in qualità di coordinatore di circolo e consigliere di circoscrizione e in lei ho sempre trovato un interlocutore ed un sostegno in tutte le attività che abbiamo intrapreso come circolo prima e come gruppo consiliare ora, ha sempre fatto fruttare la sua preparazione e la sua cultura per dare interezza ai progetti ed alle battaglie che, come Partito Democratico, abbiamo intrapreso in questi anni. Sostenere, ora, la sua candidatura a Coordinatrice Cittadina è semplice e spontaneo perché in lei vedo la capacità di far squadra e la volontà di valorizzare chi lavora che sono fondamentali per questo incarico e la sfida che comporta.
Antonino Leone, Circolo 3^ Circoscrizione
Le menzogne e l’opacità hanno causato dei disastri nel mondo dalla guerra in Iraq agli scandali di Enron, Arthur Andersen, Wordcom, Lehman Brothers, Cirio e Parmalat. La cosa diventa ancora più grave quando sono le nuove generazioni ad utilizzare tali disvalori nell’impegno politico di tutti i giorni per accumulare consensi effimeri e facili finalizzati alla scalata del potere.
Orietta Salemi, candidata alla segreteria comunale del PD, ha improntato il suo impegno di donna, di madre e di rappresentante politico alla trasparenza, alla franchezza ed alla sincerità. Fattori questi molto importanti senza i quali non può essere avviata una grande stagione di cambiamento del Partito Democratico veronese. Orietta è una donna tenace, determinata e disponibile al dialogo che ispira la sua azione politica ai valori fondanti del Partito Democratico: solidarietà, visione comunitaria, eguaglianza e merito. La sua scelta non è una scelta di potere ma di servizio a favore dei cittadini veronesi ed è sostenuta da un progetto “Riscriviamo Verona” che ha visto impegnati tanti militanti del PD a cui stanno a cuore il futuro del PD e la crescita della città di Verona all’insegna dell’equità e dello sviluppo. Cogliamo il momento con Orietta Salemi per un futuro migliore.

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martedì 15 ottobre 2013

Alessio Albertini PD candidato di Riscriviamo Verona

Negli ultimi mesi un gruppo ampio di persone aderenti al Partito Democratico provenienti da esperienze diverse e con posizioni differenti rispetto al Congresso Nazionale hanno lavorato con impegno per preparare un progetto di cambiamento per il PD Veronese, partendo da una valutazione oggettiva sino a pervenire  all’individuazione  di una strategia che possa rilanciare il PD nel territorio veronese.  Con la candidatura di Alessio Albertini si è realizzata un’ampia e massima convergenza possibile per guidare il PD veronese, in un momento particolarmente difficile, con discontinuità rispetto al passato ed innovazione per il futuro.
Il PD scaligero non gode di ottima salute e nelle ultime consultazioni elettorali non ha brillato per i consensi ricevuti. Per tale motivo i partecipanti al progetto “Riscriviamo Verona” hanno avvertito il peso di tali risultati e si sono impegnati ad avviare un cambiamento radicale che riporti il PD al centro dell’attenzione dei cittadini nel territorio.
Il percorso non è facile perché non mancano le critiche (accordo di potere, divisione delle cariche) alle quali risponde con puntualità Alessio Albertini.
Infatti, Alessio Albertini afferma:  “Leggo ancor oggi di divisioni di cariche e di spartizioni. Penso che questo sia un danno non tanto a me quanto al partito. Quello che vogliamo è il contrario di questo. Stiamo salpando per un mondo nuovo, dove i riferimenti di ieri non sono più sufficienti e continuare a ragionare per etichette o appartenenze è semplicemente sbagliato.  La mia candidatura unitaria rappresenta il contrario di tutto questo. Non ci sono stati né tavolini né caminetti, ma un passaggio di testimone, si sono saldate generazioni vecchie e nuove, in un rimescolamento di appartenenze che impone di ragionare secondo nuovi schemi. Semplicemente questo è quanto avvenuto con il percorso che ha portato alla mia candidatura”.
“Ci dicono, dichiara Albertini, siete un partito lacerato dalle correnti. Io rivendico il nostro dibattito interno, qui non ci sono capi o padroni. Io favorirò sempre il confronto interno anche aspro. Certo, una volta presa una decisione però non esiste che ognuno esca con la propria dichiarazione. All’esterno si deve essere tutti uniti”.
Alessio Albertini conferma che la sua “candidatura è trasversale e unitaria”, il compito che l’aspetta è difficile ma permette di ripartire “con coraggio e con voglia di vincere”, aprendosi alla società ed ai problemi del territorio”.
Albertini ricorda che “c’è stato un momento non lontano in cui il centrosinistra governava la città e molti importanti Comuni della provincia. Poi qualcosa si è inceppato, ci siamo ritirati in un’area sempre più ristretta. Con la situazione oggettivamente difficile del centrodestra abbiamo davanti una prateria. Da oggi si cambia passo. Si torna a correre e questo congresso è come la pistola dello starter che ci farà scattare con grinta e coraggio”.
Alessio Albertini si pone la domanda “perché il PD sia nei fatti il più grande e strutturato partito nazionale e poi le persone faticano a fidarsi di noi. E’ assolutamente necessario tornare a mettersi in sintonia con i bisogni profondi dei veronesi. Su Rivacciai siamo stati in prima linea e giustamente il Ministro Zanonato ha raccolto l’ovazione dei lavoratori che ora vedono una speranza dopo settimane tragiche. Penso anche al rapporto con le associazioni di categoria, con tutto il mondo dell’agricoltura e dell’agroalimentare, punta di diamante dell’economia veronese, troppo spesso trascurato dal nostro partito. Dobbiamo ripartire da quei soggetti, da quelle aziende, da quei soggetti che continuano a resistere in questi mesi durissimi di crisi. Verso questi mondi dobbiamo tornare ad ascoltare con umiltà e poi fare i fatti, perché le parole non sono più sufficienti”.
Sottolinea Albertini “la necessità di maggiore coraggio e voglia di vincere. Vogliamo smettere di essere anti-qualcuno, sia a Roma che a Verona. Questa è una visione minoritaria che deve cambiare. Non voglio più che, come accaduto a me qualche anno fa a Belfiore, si dica ai nostri giovani candidati “sarebbe anche un bravo ragazzo, ma è del PD. Questo è inaccettabile e non deve ripetersi. Un PD unito e sicuro delle proprie idee non teme il confronto con alcuno e deve avere maggiore coraggio anche rispetto ad alleanze con forze politiche disponibili a condividere progetti comuni.  Non esiste che si abbia paura di confrontarci con gli avversari di ieri o che ci si metta a fare gli schizzinosi sugli elettori che magari dopo aver cambiato idea, decidono di darci la loro fiducia”.
Sulle elezioni amministrative della prossima primavera con oltre 50 comuni veronesi al voto Albertini afferma che sarà il primo vero banco di prova di questa segreteria e daremo fin  da subito il massimo sostegno agli amministratori e candidati, perché è soprattutto rispetto alla provincia che il nostro partito deve cambiare atteggiamento. In quest’opera possiamo contare sul governo guidato da Enrico Letta, persona di grande capacità. Il Governo di servizio non rappresenta certo il risultato che tutti noi speravamo di avere dopo le elezioni di febbraio. Ma oggi, seriamente, è l’unica via per tenere in piedi questo paese e dare una speranza di sviluppo per i prossimi mesi”. 
Infine Alessio Albertini si impegna ad intervenire attraverso i parlamentari veronesi del PD al fine di sostenere le istanze del territorio e dei veronesi.
“Occorre, conclude Alessio Albertini, utilizzare alcuni fattori di cambiamento  al fine di mutare  il metodo di lavoro e di impegno politico: Trasparenza, sincerità e franchezza, visione comunitaria che si basi su dei valori comuni, sistema partito aperto ai cittadini e prospettiva unitaria con tutte le persone di buona volontà che intendono offrire il loro contributo”. 
Breve Curriculum Vitae
Alessio Albertini nasce nel 1983 e cresce a Belfiore, dove tutt’ora vive.
Da sempre attivo nella vita associativa e sportiva del suo paese, coltiva anche l’hobby della musica in una cover band.
Dopo il diploma di Liceo Linguistico si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, conseguendo la laurea triennale presso l’Università di Padova e la laurea magistrale presso l’Università di Verona.
Arbitro di calcio F.I.G.C. –A.I.A. dal 2002 al 2008, ha raggiunto discrete soddisfazioni, arrivando ad arbitrare circa quaranta gare di Eccellenza.
Conseguita la laurea nel 2009 inizia a svolgere la pratica professionale in un importate studio legale cittadino, fino ad ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato nel 2013.
Nel frattempo contribuisce a riattivare la Biblioteca comunale di Belfiore, chiusa da anni, e fonda con altri giovani belfioresi l’associazione giovanile “distil-lab”.
L’attività politica inizia nel 2008 con il Partito Democratico. Fonda nel 2010 il Circolo di Belfiore, prima non esistente e nel  2011 si candida a Sindaco di Belfiore con la lista civica “Belfiore x Voi”, sfiorando la vittoria per soltanto 48 voti. E’ attualmente capogruppo in Consiglio Comunale a Belfiore.
Progetto Riscriviamo Verona

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Orietta Salemi scrive agli iscritti PD

Care amiche e cari amici,

le convulse vicende politiche che si stanno susseguendo dall’esito del voto di aprile, comunque le si vogliano leggere, segnano una rapidissima trasformazione dell’universo partitico, per altro già avviata da tempo, che ha visto affermarsi la “valanga” Grillo, la scomparsa di alcune forze parlamentari, anche di alcuni leader “storici”, e sta assistendo al terremoto interno ai due partiti più rappresentativi del consenso nazionale, PD e PDL (ora “nuova” Forza Italia) con il rischio, in alcuni momenti, della loro stessa sopravvivenza.
È un momento complesso e confuso della vita della Repubblica – lo dimostra l’anomalia per noi, di un doppio mandato del Presidente Napolitano, con il suo accorato e duro appello a responsabilità per il Parlamento, di un governo transitorio di “larghe intese”, nato dall’emergenza dell’ingovernabilità del Paese, complice una legge elettorale vergognosa e imbarazzante.
Dentro questa storia si innesta la scadenza del congresso del Partito Democratico per il rinnovo dei suoi organismi dirigenti.
La fase congressuale prevede prima lo svolgimento dei congressi territoriali, per le province e le città, poi l’elezione delle cariche nazionali ciò per lasciare più libertà sulla scelta delle figure da porre a guida del partito a livello locale e per contenere il rischio di logiche solo correntizie.
Anche il PD di Verona e della sua Provincia, in questi giorni, è chiamato a sostenere la sua scelta territoriale.
Purtroppo i tempi strettissimi non hanno permesso di coinvolgere di più, come si sarebbe voluto; tuttavia dentro il partito, in modo trasversale, è nato da alcuni mesi un vivaio di idee e di confronto in cui ciascuno, di età, storia personale, formazione, sensibilità differente, ha messo a disposizione il proprio tempo e la propria idea per individuare un profilo adatto a proporre un’identità nuova del partito democratico veronese. È nata la volontà, forse ambiziosa, forse un po’ idealista, ma convinta, di impegnarsi a ri-costruire un partito veronese che si vuole lasciare alle spalle modalità di gestione superate e schemi rigidi di vecchie appartenenze, per concentrare tutte le sue energie migliori nell’interlocuzione del mondo fuori dal partito, con una proposta più aperta, più attenta ai tempi, più libera.
In questo percorso, che ha previsto la convergenza di tutti sulla figura di un giovane avvocato di Belfiore, Alessio Albertini, come coordinatore per la provincia, si inserisce la richiesta di assumermi l’incarico di segretario del partito per la città di Verona. Scrivo solo adesso a voi perché la proposta, nonostante qualche diceria della settimana scorsa a cui non avevo prestato particolare attenzione, mi è stata fatta ufficialmente mercoledì e solo venerdì ho sciolto la riserva dopo che ho sentito le motivazioni politiche e le ragioni personali che hanno indotto molti a scegliere il mio nome dentro una rosa di profili individuati.
La disponibilità che ho dato nasce solo ed esclusivamente nella logica di questo percorso di confronto che ha visto tanti, giovani e meno giovani, mettere per una volta, in secondo piano, le proprie appartenenze (le anime pregresse di popolari, ds, oppure le nuove anime: renziani, cuperliani, civatiani e quant’altro) per affermare con coraggio la voglia di un’anima grande del pd veronese che contiene tutte le altre, non le annulla, ma le valorizza nella dialettica, le orienta a una sintesi per arrivare a obiettivi condivisi e più alti.
Purtroppo, in queste ore, è stato detto di tutto per leggere con sufficiente distanza questo passaggio così delicato per il Partito Democratico.
Tanti, che si sono personalmente impegnati in questo percorso faticoso di sintesi, sacrificando - lo dico senza retorica - il proprio tempo personale, si sono sentiti umiliati per lo sforzo non riconosciuto e per l’idea che si vuole far passare e che vuole dipingere il partito come un mercato in cui si svendono nomi, tra cui il mio, in una logica di faida tra personalismi. Non è così. Perché, vivendoci dentro, vedo che si profila uno spirito diverso dal passato, un’aria più fresca, che pur con esiti imperfetti o con tentativi anche maldestri, cerca il cambiamento.
Ovviamente, come sostengo nel breve scritto programmatico accompagna la mia candidatura, non mi sfugge una cosa: la politica ha le sue regole e la capacità di mediazione è la prima di queste. Solo attraverso di essa è possibile creare una sintesi e alimentare un progetto condiviso. E accordarsi per e nella proposta di scelta dei singoli non è compromesso bieco, ma tentativo di equilibrare le diverse istanze dalle quali dovrà nascere la linea di sintesi politica del pd veronese.
Ho creduto nella legittimità del percorso che ha generato la proposta di Alessio Albertini per la segreteria provinciale e ho accettato di dare la mia disponibilità per la segreteria cittadina solo ed esclusivamente dentro questo percorso.
Cosa chiedo
Se credete che il mio contributo in questo progetto possa essere importante,
che impegnerò, come sono capace e come posso,tutte le mie energie in questo ulteriore cambio di passo del partito e che,con orgoglio, andrò a rappresentare il Pd alla città di Verona, partecipate ai singoli incontri di circolo nelle circoscrizioni di appartenenza ed esprimete con il voto il sostegno alla mia candidatura.
Note un po’… tecniche, ma imprescindibili
Può votare solo chi è iscritto al PD. Chi non ha la tessera, e lo ritiene, può farla in questi giorni al proprio circolo
( in orari previsti dalle aperture) o direttamente durante le assemblee congressuali che si terranno in ciascun circolo (appena uscirà il calendario mi premurerò di inviarlo via mail).
Si vota esclusivamente nel circolo di appartenenza (ogni circolo fa capo a una circoscrizione).
L’eventuale iscrizione è valida fino all’inizio delle operazioni di voto, dopo il confronto e la presentazione dei programmi dei candidati. Per la segreteria cittadina le candidature sono due: la mia (ottavo circolo) e quella di Federico Benini (terzo circolo).
Ovviamente chi è già iscritto è sufficiente che rinnovi la tessera per il 2013.
Questa mia lettera per dirvi che, come sempre, ci tengo a farvi partecipi delle mie scelte, a motivarne l’origine e a chiedere il vostro sostegno, solo se convinto, in questa nuova avventura.
Un caro saluto a tutte e a tutti,
Orietta Salemi
Programma

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