venerdì 31 luglio 2009

Con Dario Franceschini e Debora Serracchiani

Con l'annuncio dei numeri del tesseramento e i candidati ufficialmente ai nastri di partenza, di fatto si è aperta la campagna congressuale del Partito Democratico. Un congresso il cui esito non è preordinato in partenza, come accade in altri partiti, e ciò rappresenta garanzia di trasparenza e autenticità del dibattito, delle persone in campo e delle idee che rappresentano.
Tra queste idee, una fondamentale per il nuovo PD è quella espressa da Dario Franceschini quando ha chiesto che siano messi al centro i problemi dei cittadini, non quelli autoreferenziali del partito.
L’approccio del moderno riformismo richiede infatti un partito che, senza ideologie né fideismi, sappia leggere i mutamenti della società con strumenti adeguati e principi saldi, sia strutturato con i suoi recettori ben radicati nella società, sia in grado di fare scelte, di darsi obiettivi e di lavorare per raggiungerli.
Aperto agli stimoli degli iscritti e dell’intero corpo dei cittadini, il PD si rivolge anche ai tanti nostri amministratori, sindaci e dirigenti locali, chiedendo di contribuire con la loro esperienza alla crescita del partito: uno scambio proficuo che già sta accadendo, e cui tentare di opporsi significherebbe voler risalire a forza la corrente della storia, e rimanerne sfiancati e sconfitti.
E’ un’impostazione nuova, quella indicata da Dario Franceschini, con cui il PD può ambire a rafforzarsi nel Paese candidandosi autorevolmente alla sua guida.Allo stesso modo, Debora Serracchiani è candidata autorevole e pienamente legittimata a guidare il Partito Democratico nel Friuli Venezia Giulia. Abbiamo bisogno di una persona come lei, che sappia aprire le porte del partito a chi vuole entrare e impegnarsi, che sia in grado di ridare freschezza ed energia a tutti i livelli, che accenda un nuovo entusiasmo dopo quel duro scontro con la realtà che è stata la sconfitta alle regionali del 2008.
Il suo successo alle elezioni europee è stato dovuto anche alla sua capacità di coinvolgere non solo i militanti, che pure chiedevano cambiamento, ma anche tante persone comuni, soprattutto giovani e donne, che non avevano appartenenze precedenti ma che erano alla ricerca di un’alternativa credibile e che hanno trovato un PD con la faccia e le parole di Debora.
Ora, da deputata europea, Debora è un valore aggiunto straordinario non solo per il PD, ma per tutta la nostra regione. Un valore aggiunto cui non credo sarebbe saggio rinunciare avanzando ipotesi di incompatibilità. Anzi, sono convinto che affidare a lei la guida del PD nel Friuli Venezia Giulia aumenterebbe la forza e la credibilità dell’interlocuzione e dell’opposizione nei confronti del centrodestra ora al governo.
Ettore Rosato, parlamentare PD

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giovedì 23 luglio 2009

La trasparenza a rischio nella P.A.

La riforma della P. A. è a rischio per i contenuti del decreto legislativo sull’autonomia della commissione di valutazione e controllo alla quale non viene garantita piena indipendenza e autonomia e sul sistema di incentivazione disciplinato troppo dettagliatamente non lasciando spazi alla contrattazione collettiva. Inoltre è a rischio la trasparenza della P. A. cosi come prevista dalla legge n. 15 del 2009.
Editoriale del senatore Pietro Ichino pubblicato sul Corriere della Sera - 21 luglio 2009
Con l’introduzione del principio di “accessibilità totale” dei dati e informazioni circa il funzionamento delle amministrazioni, sul settore pubblico si è recentemente accesa una luce forte; tanto forte che alcuni la ritengono addirittura eccessiva. Ora c’è chi quella luce vorrebbe tornare a spegnerla. Penso che ai lettori del Corriere interessi conoscere questa vicenda in tempo utile per potere, una volta tanto, dire la loro, prima e non dopo che la decisione di tornare indietro venga presa.
Posso raccontare la vicenda dall’interno per averla vissuta di persona. Nel testo del disegno di legge che uscì, nel dicembre scorso, dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato era, sì, previsto l’obbligo delle amministrazioni pubbliche di garantire la trasparenza della propria organizzazione e del proprio funzionamento; ma non si era riusciti a inserirvi una enunciazione piena ed esplicita del principio della “trasparenza totale”. Questa enunciazione vi è stata inserita solo in una seconda fase dell’iter parlamentare, con un emendamento ispirato al principio della full disclosure già da tempo in vigore in Svezia, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Era toccato a me presentarlo al Senato nel corso della sessione plenaria, esplicitando la sua diretta derivazione dalle due leggi che con lo stesso nome ‑ Freedom of Information Act ‑ regolano la materia in questi ultimi due Paesi. Nonostante che l’emendamento provenisse dall’opposizione, e che in un primo tempo la Commissione lo avesse ritenuto “eccessivo”, in Aula il relatore di maggioranza sul disegno di legge, Carlo Vizzini, espresse parere favorevole e altrettanto fece in quell’occasione il ministro Renato Brunetta a nome del Governo: ciò di cui va reso merito a entrambi. Ne sono usciti i commi settimo, ottavo e nono dell’articolo 4 della legge n. 15/2009, in vigore dal marzo scorso, dove si stabilisce innanzitutto che “la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet”, di tutti i dati e le informazioni sull’organizzazione e l’andamento delle amministrazioni. Si stabilisce inoltre che “Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale” (comma nono).
Per avere un’idea di che cosa questo può concretamente significare, si consideri che è stata proprio una disposizione di full disclosure come questa a consentire a una giornalista britannica di mettere le mani su documenti fino ad allora inaccessibili e di scatenare lo scandalo dei rimborsi-spese di parlamentari e funzionari, da cui il Governo di Gordon Brown ha rischiato di farsi travolgere nelle settimane scorse. Si può ben capire, dunque, che questa norma oggi susciti molte preoccupazioni in casa nostra; e che contro la nuova norma, come vi era da attendersi, si torni ad alzare la bandiera della tutela della privacy dei dipendenti pubblici.
Lo scopo della nuova norma è proprio di voltar pagina rispetto a un quindicennio durante il quale la protezione della privacy dei pubblici dipendenti è stata sistematicamente, quanto indebitamente, utilizzata per sottrarre al controllo dell’opinione pubblica informazioni di grande importanza circa l’andamento delle amministrazioni. L’idea è che non c’è nulla di più pubblico dello svolgimento di una funzione pubblica: tutto di essa deve dunque essere interamente conoscibile da chiunque vi abbia interesse. La linea di confine tra vita privata e svolgimento della prestazione resta pur sempre netta: per esempio, nessuno potrà pretendere di conoscere la natura della malattia che ha colpito l’impiegato o il funzionario; ma il fatto che la sua prestazione sia rimasta sospesa per malattia, per quante volte e per quanto tempo, certamente sì. E anche la sua retribuzione, le sue mansioni, le sue promozioni e le valutazioni del suo operato.
Ora, c’è chi torna a ritenere, invece, che tutto questo sia eccessivo: a meno di quattro mesi dall’entrata in vigore della nuova norma, il senatore Filippo Saltamartini, relatore di maggioranza su di un altro disegno di legge ‑ il n. 1167, attualmente all’esame del Senato ‑ ha presentato un emendamento che ne dispone la soppressione. L’approvazione di questo emendamento, resa probabile dalla qualifica del suo presentatore, avrebbe il significato inequivoco di una convalida, anzi rafforzamento del vecchio regime, nel quale il baluardo della privacy contribuiva egregiamente a garantire gli arcana imperii, l’inconoscibilità dell’organizzazione e del funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
Bisogna sperare che ciò non avvenga. Ma se questo ha da essere l’esito, che lo sia, almeno questo, alla luce del sole, sotto gli occhi attenti dell’opinione pubblica.

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mercoledì 22 luglio 2009

Donata Gottardi sostiene Franceschini alla segreteria del PD

Ho scelto di appoggiare la candidatura di Franceschini a segretario del PD e il suo programma per una serie di motivazioni che vorrei condividere.
Il mio impegno politico diretto è recente, benché sia convinta che sia stato tale anche il lavoro di attuazione e di elaborazione delle scelte del centrosinistra in campo di lavoro e di stato sociale, sia al governo sia all’opposizione.
Ora, in vista dei complicati appuntamenti autunnali del partito, sento di dovermi ricollegare alla fase costituente, che ho vissuto con entusiasmo, a partire dal primo Manifesto dei valori. Ripensando a quel periodo – che solo la frenesia con cui ormai tutti bruciamo gli eventi ci fa apparire lontano – ho preso consapevolezza di quanto sia necessario ritornare a quelle che sono le nostre basi, alle grandi intuizioni. Forse non eravamo pronti, ci siamo trovati troppo velocemente catapultati in una prospettiva, per il nostro Paese, ancora sconosciuta. La bontà della scelta è stata, però, dimostrata con le elezioni europee e il risultato deludente in ogni Paese dello schieramento socialista o socialdemocratico. Ecco perché penso che si debba ripartire da lì, dalle basi del Pd, dalle intuizioni dei segretari che decisero di sciogliere i precedenti partiti, e rileggere e verificare se sono ancora attuali e non sia venuto il momento di approfondirle e applicarle.Ricollegarsi alla fase costituente, ai suoi contenuti e ai suoi metodi, non significa non vedere cosa nel frattempo non abbia funzionato. Le critiche sono tantissime e non è il caso di esercitare per l’ennesima volta una operazione in cui eccelliamo. Le critiche sono però necessarie anche per comprendere quali correttivi apportare, come ad esempio all’insuccesso del modello di rappresentanza paritaria di donne e uomini e dei tempi della politica attiva.Il mio impegno ha questa caratteristica: riprovarci davvero! Credo che ora siamo finalmente nelle condizioni di farlo. Sui temi del lavoro e dello stato sociale ho sottoscritto un documento, che adotta un approccio equilibrato: non accetta di abbassare i diritti, ma si cimenta nella innovazione, nella consapevolezza che le disuguaglianze inaccettabili stanno diventando esplosive, che dobbiamo progettare ‘sul serio’ nuovi modelli di sviluppo, mettendo al primo posto il futuro delle persone e della terra in cui ci troviamo a vivere. E’ per questo che il documento prevede l’impegno a occuparsi di tutti i lavori, da quello di cura fino a quello imprenditoriale, con una base minima comune di diritti e responsabilità, proponendo un patto tra generi e generazioni.Sono altrettanto convinta che il dialogo sulla laicità dello Stato debba continuare e non trovi ostacoli mettendo alla base quello che, fin dal primo documento sui valori, Pietro Scoppola ha definito ‘patriottismo costituzionale’.E questo significa impiegare i prossimi mesi a rilanciare il progetto, per un partito che raccolga tutte le idee e le energie per combattere la deriva che sta vivendo l’intero paese.
Donata Gottardi

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martedì 21 luglio 2009

Abano Terme festa democratica


Intervento di Antonino Leone alla Festa Democratica di Abano Terme nell'incontro con i volontari di Debora Serracchiani

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lunedì 20 luglio 2009

Debora Serracchiani e David Sassoli alla Festa Democratica di Abano Terme

Un’esperienza fuori dal comune senza ombra di dubbio; fuori dal comune non solo perché a 1400 km dalla mia città ma anche, soprattutto, per il clima che ho avuto la possibilità di vivere. Ambiente amichevole, bella gente, gente determinata, son questi i flash che mi vengono alla mente se penso alle prime impressioni che ho avuto.
Politica, come si suol dire, con la P maiuscola. Politica fatta da gente vera che lo fa per passione e con immensa passione. Persone che si entusiasmano ad un discorso, che decidono di abbracciare una causa perché la condividono pienamente senza secondi fini, che vogliono far parte di un progetto politico, promuoverlo e farne parte integrante.
Grazie alla festa dei Volontari di Abano Terme, ho potuto vivere un’esperienza straordinaria, un’esperienza a cui è valsa la pena partecipare per rendermi davvero conto che la politica in Italia non è finita. Ho toccato con mano che con Debora Serracchiani e il gruppo di Primavera Democratica per Semplicemente Democratici si vive la vera politica.
Ogni componente del gruppo dei volontari si impegna con piacere perché crede in ciò che fa, ognuno è importante per il progetto e la forza del singolo è indispensabile per la forza dell’intero gruppo.Ho preso parte con entusiasmo a questa iniziativa, ho vissuto un sabato sera fatto di giovani e meno giovani accorsi per condividere tutti insieme il successo di Debora che è anche successo di tutti e per seguire un interessantissimo dibattito in cui David Sassoli e la Debora che conosciamo non si sono risparmiati a sottolineare quali dovranno essere le linee programmatiche della politica da mettere in atto ora, in previsione del Congresso e anche dopo, quando si sarà alle prese con imminenti ed importanti scadenze elettorali.Ho deciso di scriver questa nota per coloro che non hanno avuto possibilità di intervenire, per coloro che magari sono ancora scettici nei confronti di Debora, di Primavera Democratica, soprattutto per coloro che sono sfiduciati dalla politica ma che vorrebbero farla attivamente, ma se ne stanno in disparte. Facevo parte anche io di questa larga schiera. Lo sono stato fino al 21 marzo. In questi mesi e sabato sera, Debora mi ha insegnato molto.La realtà politica in cui viviamo non è di certo facile. Per chi, soprattutto, sente di esser di sinistra. Mi rivolgo agli amici della Campania, di tutto il sud Italia che tengono alla loro terra e vogliono impegnarsi per opporsi a quella politica vecchia e sterile, fossilizzata, politica in cui il politico è sicuro dei consensi che riceve e si adagia su tali certezze, politica fatta di interessi personali, accordi trasversali e clienti. Lottiamo per una politica che torni a parlare alla gente, nei territori in cui viviamo, facciamo conoscer loro le nostre intenzioni, le nostre idee. Se vogliamo, possiamo rendere il PD una risorsa in cui crescere e formarci tutti, un partito che coinvolga e consideri tutti, che accolga tutti purché si sia rispettosi della politica, del partito e del simbolo. Torniamo a far vivere i circoli, apriamone di nuovi ma, soprattutto, riapriamo e rendiamo vivi quelli che già ci sono rendendoli luoghi di confronto per esperienze comuni e nuove iniziative. Facciamo capire alle persone che ci siamo, che vogliamo fare, che siamo determinati a voler cambiare la politica per renderla di tutti e dimostrando che al centro dei nostri interessi ci sono uomini e donne che stiano insieme e che camminino insieme. Facciamo capire a tutti che uguaglianza, solidarietà, giustizia sono temi indissolubili, a noi cari, temi che vogliamo far valere nei confronti di coloro che nel nostro partito non la pensano così e nei confronti della destra che è al governo, destra in cui non c’è confronto o discussione ma solo autoritarismo e sudditanza.Questo il messaggio che Debora cerca di diffondere e che mi sento di condividere pienamente.Sentiamoci parte di un Partito Democratico in cui non vi siano più correnti di pensiero diverse, in cui non si facciano più distinzioni e non vi siano più sensi di appartenenza ai DS e alla Margherita.Cerchiamo di essere parte integrante del PD, cerchiamo di esserne parte viva e linfa vitale, con Debora Serracchiani e gli amici Semplicemente Democratici.
Alfonso De Stefano - Napoli

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domenica 19 luglio 2009

Semplicemente democratici



Aderisci anche tu ai "Semplicemente democratici" con
Francesca Barracciu
Rita Borsellino
David Sassoli
Debora Serracchiani
a sostegno di Dario Franceschini.
Solo la politica può cambiare il nostro Paese.
Di fronte ad una società narcotizzata non è possibile stare a guardare: il Partito Democratico è oggi lo strumento della partecipazione. Nel PD ci sono donne e uomini che credono che il rigore, la lealtà, il lavoro costante, l’ascolto siano le qualità indispensabili per essere utili alla nostra comunità.E’ a loro che ci rivolgiamo perché la proposta di Dario Franceschini sia il punto di partenza di una forza politica che vuole governare l’Italia. Il prossimo congresso sarà l’occasione per scommettere su un partito con orizzonti nuovi, aperto, radicato, partecipato. Un partito che discuta, sappia decidere e parli con concretezza ai cittadini. Noi vogliamo andare avanti e ci saremo al congresso e alle primarie del 25 ottobre con la lista “Semplicemente democratici” che vogliamo promuovere con tutti coloro che ogni giorno sono impegnati nei nostri circoli, nei territori e nella vita quotidiana per costruire una nuova storia.Aderisci all’appello e costruisci con noi la lista “Semplicemente democratici”.
Compila il modulo online che trovi su
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.semplicementedemocratici.net%2F&h=69c1c9c91a511e702d1eafb28d3d3da0
Per informazioni scrivi a: aderisci@semplicementedemocratici.net
Semplicemente democratici è presente su Facebook.
Per la provincia di Verona puoi rivolgerti a Leone Antonino cambiamentoorg@gmail.com specificando e-mail e cellulare per essere contattati.

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venerdì 17 luglio 2009

Dirigenti disperate di Chiara Lupi

Chiara Lupi ha pubblicato il libro “Dirigenti disperate” per la casa editrice Este.
Perché le donne non siedono ai posti di comando?
È possibile, oggi, impostare un modello di azienda più vicino alle esigenze delle donne?
Che importanza danno le nostre aziende ai ruoli femminili?
Quale il ruolo della Direzione Risorse Umane per agevolare la carriera delle donne in azienda?
Che valore danno le organizzazioni alla diversità?Che strumenti mettono a disposizione le imprese per favorire la conciliazione?Le donne, ora, si laureano prima e meglio degli uomini. Quali impatti avrà questo trend all’interno delle organizzazioni?Come si costruisce un percorso di successo?Quale il ruolo della formazione?Per rispondere alle tante domande che il tema suggerisce, il libro dà voce a manager e imprenditrici che testimoniano il loro impegno quotidiano nella realizzazione di sé e del percorso professionale che hanno scelto. Senza escludere la maternità.
Chiara Lupi ha 42 anni e due figli, Andrea di 14 e Giovanni di 11 anni. È Direttore Editoriale della casa editrice ESTE, Direttore Responsabile di Sistemi&Impresa e si occupa del coordinamento di Persone&Conoscenze.
La casa editrice ESTE è dal 1955 il principale punto di riferimento italiano per pubblicazioni di management, organizzazione aziendale, nuove tecnologie e risorse umane

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Franceschini Programma Candidatura


Il testo integrale dell'intervento

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giovedì 9 luglio 2009

Dario Franceschini Segretario del Partito Democratico

Comitato di Verona a sostegno di Dario Franceschini alla Segreteria del Partito Democratico
Siamo un gruppo di persone che si riconoscono nel Partito Democratico e che hanno sostenuto nelle ultime elezioni al Parlamento Europeo Debora Serracchiani, la quale è stata premiata con 144 mila preferenze dagli elettori per la freschezza, onestà e competenza della sua proposta politica e per la capacità di rinnovamento che ha espresso chiaramente. Il PD, grazie all’impegno di Dario Franceschini, ha contenuto le perdite rispetto alle previsioni effettuate subito dopo le dimissioni di Walter Veltroni ed il centro destra ha iniziato la fase di declino.
Adesso ci aspetta un compito altrettanto arduo con il congresso del PD:
- Ripensare il Partito Democratico;
- Avviare un grande cambiamento nel paese.
Questo processo di cambiamento intendiamo realizzarlo con Dario Franceschini alla Segreteria del Partito Democratico ed insieme a Debora Serracchiani, Piero Fassino, Pietro Ichino e tanti altri che hanno una chiara visione riformista e non ideologica dell’impegno politico.
Non crediamo ad un Partito Democratico degli iscritti, delineato da Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema, ma aperto al contributo della società e disponibile a farsi carico dei problemi emergenti (crisi economica, lavoro, diritti civili, equità, povertà, rischio della povertà) e non solo di una parte pur significativa dei problemi (laicità) così come avviene con la candidatura di Ignazio Marino.
”Il partito che fa riferimento prioritario agli apparati, afferma il senatore Pietro Ichino, tende a considerare soltanto gli interessi organizzati; in materia di lavoro, gli interessi rappresentati dai sindacati e dalle associazioni imprenditoriali. Un partito fondato sulle primarie è un partito il cui leader sa scoprire gli interessi di lavoratori che non hanno rappresentanze organizzate, di coloro cui nessuno dà voce”.
Le nuove organizzazioni rappresentano la stella marina e non sono chiuse in se stesse ma aperte al contributo della società (Partito degli elettori). Le organizzazioni a ragno rappresentano una struttura centralizzata e impermeabile nel momento in cui i servizi ed i prodotti sono realizzati dalle aziende tramite la cocreazione dei consumatori. Per una organizzazione politica cocreare valore significa ascoltare gli elettori, aprire le porte al loro contributo e cocreare proposte politiche insieme a loro. Oggi i cittadini, siano essi elettori o consumatori, vogliono partecipare ed incidere nelle scelte e nella creazione del valore che può essere un prodotto, un servizio, una proposta politica. Lasciarli fuori significa creare una organizzazione avulsa dalla società che propone progetti al di fuori dal tempo. La testa della stella marina è rappresentata da tutto il corpo tramite il decentramento, la partecipazione e l'apertura alla società. La testa del ragno è centralizzata e basta colpirla per distruggere l'organizzazione (Partito degli iscritti).
Dobbiamo fare del Partito Democratico una stella marina dove la testa è rappresentata da tutto il corpo: decentramento del potere decisionale, partecipazione e territorio, valori condivisi e testimonianze concrete. Il Partito Democratico dovrà essere caratterizzato da: democrazia e partecipazione, creatività, pari dignità tra uomini e donne, laicità, merito e scoperta dei talenti, innovazione, integrazione e presenza nel territorio, cultura dei problemi. Un Partito Democratico laico in uno Stato laico.
Dobbiamo essere presenti nei luoghi dove si incontrano le persone e dove si crea opinione per testimoniare la nostra visione del paese e della società: piazze, aziende, scuole, sindacato, bar. Per tale motivo propongo agli elettori di iscriversi al Partito Democratico per svolgere in vista del Congresso un’azione efficace per il cambiamento del PD e della società.
Invito tutti coloro che sostengono Dario Franceschini e che risiedono nella provincia di Verona di comunicare i loro dati (indirizzo e comune di residenza, e-mail, cellulare) a Leone Antonino (promotore dell’iniziativa) tramite e-mail a cambiamentoorg@gmail.com al fine di organizzare una presenza significativa nel territorio veronese a favore di Dario Franceschini. Creiamo insieme un grande gruppo di base che possa al prossimo congresso sostenere Dario Franceschini alla Segreteria del Partito Democratico al di fuori degli apparati e delle correnti organizzate.

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martedì 7 luglio 2009

Debora Serracchiani: La nuova Italia dei democratici

La nuova Italia dei democratici, il Lingotto due anni dopo. L’Europa ed il Paese usciti dalle elezioni sono luoghi di conquista della destra.
Siedono nel nuovo Parlamento Europeo, per la prima volta, ben 119 membri legati alla destra estrema ed a movimenti xenofobi.
In un momento di crisi globale in cui forte è il ritorno alla presenza dello Stato nell’economia e di regolazione del mercato che non è riuscito da sé ad autoregolarsi, le forze europee di sinistra che in questi schemi meglio avrebbero dovuto riconoscersi, non sono riusciti a rappresentare per gli elettori il punto di riferimento. Per usare una metafora calcistica, direi che il campo da gioco è cambiato, ma che nessuno è riuscito a spiegarlo alla squadra.
Qui il resto del post Le società pervase dal disinteresse, dall’individualismo, dall’egoismo, dalla furbizia, dalle scorciatoie, sono società a cui è sempre più difficile parlare di giustizia sociale, di uguaglianza e di solidarietà.
Il Partito Democratico in Italia è riuscito a tenere più di ogni altro movimento di centro sinistra nello scenario europeo. Perché?
Perché ha deciso di percorrere strade nuove, complesse, ma innovatrici. Dove questo non è stato fatto, il centro sinistra ha ceduto al vento, forte, della destra.
Il PD ha il dovere di fare la differenza, ha il dovere di essere un partito credibile che sia portatore di strategie e contenuti persuasivi, percepiti come una vera, netta ed intransigente linea politica “democratica” diversa da quella della destra. Il PD deve creare un modello culturale alternativo a quello basato sull’individualismo e sui piccoli egoismi, che la destra ha saputo imporre nel modo di pensare degli italiani, prima ancora che nelle urne.
Dobbiamo riuscire a parlare alla società italiana se vogliamo aspirare alla guida del Paese, ma dobbiamo dire quale è il Paese che vogliamo prima ancora di dire quale PD vogliamo.
Un Paese che abbia nel principio di laicità dello Stato e delle istituzioni il presidio della libertà e del rispetto di tutti, senza scadere in confusi e disorientati compromessi.
Un Paese nel quale l’evasione fiscale non è una virtù.
Un Paese che pensi al proprio futuro ambientale investendo nella green economy e nelle infrastrutture ecosostenibili.
Un Paese che investa in un sistema scolastico, universitario, formativo e di ricerca reso accessibile a tutti che ricomponga la frattura fra lavoro e sapere.
In questi giorni ho letto la lettera che Rita Clemente, una ricercatrice precaria di 47 anni, ha scritto al Presidente della Repubblica. Rita ha deciso di andarsene dall’Italia portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito alla loro madre. Rita chiederà la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarla, rinunciando ad essere italiana.
Il Pd deve impegnarsi a costruire un paese in cui nessuno decida di rinunciare al proprio diritto di cittadinanza ed al senso di appartenenza al proprio Paese.
Il Paese che vogliamo è poi un Paese che non ritenga che la sicurezza sia di destra e l’integrazione di sinistra. Un Paese nel quale la politica è prima di tutto etica. Un Paese nel quale la questione morale non è la moralità del Presidente del Consiglio, ma il Valore, quello maiuscolo, che appartiene a tutti noi.
Questi solo alcuni dei tratti del Paese che vogliamo.
Il PD deve farsi carico di costruire questo Paese. Come?
In questi giorni ho ripensato al giugno del 2007, al Lingotto.
Avevamo detto che il PD è un partito che nasce da grandi storie politiche, culturali e umane, il che è vero; avevamo detto che non è e non deve essere la conclusione di un cammino, e anche questo è vero; avevamo detto che, diversamente, sarebbe rimasto inchiodato al passato, senza poter diventare la grande forza riformista che l’Italia non ha mai avuto. E qui ancora non ci siamo, ancora non riusciamo a smettere di guardare a noi ed all’Italia dallo specchietto retrovisore. Non siamo ancora riusciti a fare i conti con il nostro passato ed abbiamo dimenticato che il PD per essere una grande forza riformista ha bisogno anche di quelli che un passato non ce l’hanno.
Ora più che mai non dobbiamo più vederci come degli ex, ma come una unione di culture e di sensibilità, di storie e di tradizioni, in cui nessuno chiede all’altro di rinunciare a qualcosa, ma di sentirsi “semplicemente democratico”. “La più bella definizione di sé che un essere umano possa dare”, dicemmo nel 2007.
Bene, diamo concretezza a questa definizione.
Dobbiamo essere un partito strutturato e territoriale, fatto di militanti, di circoli, di feste, di incontri, di amministratori, di base che non è l’ “apparato”.
E quando dico apparato, sapete bene cosa intendo, non certo le persone che con passione dedicano quotidianamente le loro energie al progetto del PD.
Il risultato elettorale ci ha consentito di resistere e di non essere spazzati via.
Da qui dobbiamo ripartire per costruire quel Paese che vogliamo.
Adesso è venuto il momento di darci solidità culturale e credibilità per governare questo Paese.
Per fare ciò, abbiamo bisogno di dare forza a un gruppo dirigente che sia in grado di proporsi come valida e convincente alternativa per il governo del Paese.
E soprattutto abbiamo bisogno di dare quelle risposte, chiare, nette ed uniche, che finora abbiamo pudicamente rinviato.
La laicità.
In molti mi hanno ricordato che una delle prime cose che ho detto riguardava Eluana Englaro ed era, in buona sostanza, un richiamo alla laicità. Una laicità che dobbiamo assumerci la responsabilità di specificare, capire e proteggere. Non va banalmente proclamata o utilizzata per farne occasione di divisione e di contrapposizione fra integralismo religioso e laicismo esasperato.
Dobbiamo spingerci alla ricerca di un’etica il più possibile condivisa.
Dobbiamo ricordare che la legge sul divorzio e quella sull’aborto non sono incidenti di percorso nella storia del nostro Paese, ma esempi concreti di laicità.
Dobbiamo tornare a dare questi esempi concreti e, mi auguro, che questa volta non ci fermeremo alla concessione della libertà di coscienza, ma troveremo il punto di equilibrio, la sintesi.
Libertà di informazione e conflitto di interessi.
Quest’anno l’Italia è stata inserita da Reporter sans frontieres e da Freedom House 2009 nella classifica mondiale della libertà di stampa tra i Paesi in cui pluralismo e libertà di informazione sono a rischio. Quali le cause? Sia Reporter sans frontieres che Freedom House indicano fra le cause il conflitto di interessi del Presidente del Consiglio, le nuove leggi limitanti adottate dal Governo italiano e l’interferenza e le minacce della criminalità organizzata Possiamo dire che è una novità? No, possiamo dire però che quest’anno, per la prima volta, l’Italia è stata retrocessa da Paese “libero” a “paese parzialmente libero”, unico caso in Europa occidentale. Abbiamo sentito parlare di conflitto di interessi per la prima volta nel 1993 e siamo ancora qui a dirci che quel conflitto va risolto.
Abbiamo molto da rimproverarci, ma almeno ora mettiamo in agenda questo problema e iniziamo a dire come intendiamo risolverlo, con quali strumenti.
Il conflitto di interessi si ha quando si verifica un contrasto fra l’interesse pubblico e l’interesse privato; non vorrei arrivassimo al punto in cui passa il concetto che l’interesse di un privato non deve essere turbato da quello pubblico.
Giustizia.
Viviamo in un Paese in cui dei problemi della giustizia si parla solo nelle giornate inaugurali degli anni giudiziari, mentre tantissime persone attendono anni per ottenerla. Una giustizia che non è neppure sfiorata dalle recenti norme di legge, come la normativa sulle intercettazioni, corretta per alcuni aspetti, ma indecente e pericolosa per le conseguenze che rischia di avere non solo sulla lotta al crimine, ma sulla stessa libertà di stampa. In questo Paese la giustizia chiede riforme profonde e coraggiose. Non deve esistere il tabù della giustizia per il PD, a maggior ragione quando uno dei suoi alleati si chiama Antonio Di Pietro.
La legge elettorale, infine.
E’ la regina delle leggi. Dalla sua bontà discende a cascata tutto il sistema della rappresentanza e la salute della politica. Non può essere un tema che teniamo nel cassetto e che al mutare del clima mediatico o delle posizioni degli altri partiti, tiriamo fuori come una bandiera sotto cui raccoglierci per un po’. Abbiamo fatto la nostra battaglia contro il porcellum con coerenza e, diciamolo, in solitudine, durante la campagna referendaria. Ma sarebbe ora un errore gravissimo se non mettessimo in cima alle priorità del PD la riforma del sistema elettorale. E questo significa confrontarci fra di noi e decidere.
Impegniamoci a discutere anche animatamente su questi temi, ma a decidere ed a dare le risposte. Cominciamo ad avere una linea politica chiara e di sintesi. Cominciamo a non accontentarci di essere l’opposizione ed iniziamo ad assumerci la responsabilità di governare questo Paese, costruendo insieme l‘alternativa alla destra.
E non spaventiamoci perché c’è il Congresso.
Non spaventiamoci perché qualcuno dice all’altro quello che pensa.
Non temiamo il confronto.
Parliamo non di noi stessi a noi stessi, ma parliamo al Paese durante il Congresso.
Ne usciremo tutti, proprio tutti, più forti. Ne uscirà più forte il partito. E io credo che finalmente arriverà il PD, un partito “Democratico” per davvero.
Grazie
Debora Serracchiani
Ieri Debora ha partecipato alla Festa Democratica di Verona - San Michele Extra per un'intervista curata da Lillo Aldegheri. I partecipanti all'evento l'hanno accolta con entusiasmo e si sono lasciati andare a lunghi ed innumerevoli applausi. La sua popolarità aumenta grazie alle sue posizioni politiche ed al suo linguaccio che tocca l'animo delle persone.

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lunedì 6 luglio 2009

Fiorella Kostoris non condivide la scelta di Brunetta

Dopo le valutazioni non positive del senatore Pietro Ichino sull’autonomia e indipendenza della commissione centrale di controllo e valutazione, così come delineata nello schema del Decreto Legislativo n. 82, interviene la prof. Fiorella Kostoris nel corso dell’audizione davanti alle commissioni riunite Affari Costituzionali e lavoro della Camera dei Deputati.
“Gli strumenti fondamentali introdotti in questo Decreto Legislativo, e prima ancora nella Legge Delega, con lo scopo di conseguire un miglioramento della performance ed un incremento dell’efficienza e della produttività nella Pubblica Amministrazione sono 3:
a. la trasparenza;
b. la valutazione;
c. i meccanismi premiali e sanzionatori.
Si ritiene che essi siano gli assi portanti, ai fini di un aumento della qualità e quantità dei servizi pubblici prodotti – a parità di costi -, in assenza di un mercato e di un sistema concorrenziale, che pure a mio giudizio andrebbe promosso nel settore dei consumi collettivi più di quanto non appaia oggi possibile nel nostro Paese.
a) La trasparenza.
L’ottica è quella della customer satisfaction. Nel sistema principale-agente, il primo – il principale – è il cittadino contribuente (lavoratore, produttore, imprenditore, consumatore e così via), mentre l’agente è l’apparato pubblico nel suo insieme. La trasparenza diviene perciò un mezzo significativo, affinché tutti gli stakeholders possano ottenere un controllo diffuso di quanto il pubblico impiego realizza per loro conto. Il mio giudizio su questa parte dello schema di Decreto Legislativo è molto positivo. Intanto la trasparenza è intesa in senso di accessibilità totale, di full disclosure, in ogni fase del ciclo di gestione della performance. E perciò nel testo si precisa che essa non possa venir limitata da ragioni di privacy e che debba intendersi come “livello essenziale delle prestazioni” ai sensi dell’art. 117, II comma, lettera m della Costituzione. Perciò la sua determinazione è competenza esclusiva dello Stato, da garantire su tutto il territorio nazionale. In aggiunta, l’art. 11 dello schema di Decreto Legislativo stabilisce che “in caso di mancata adozione e realizzazione del Programma triennale per la trasparenza… o mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione… è fatto divieto di erogazione dell’indennità di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti”.
b) La valutazione.
Ogni Amministrazione Pubblica è tenuta a misurare e valutare le performance di tutti i singoli dipendenti, delle unità organizzative e del complesso degli uffici, secondo modalità definite nelle linee guida di un organo di valutazione indipendente centrale, chiamato Commissione. Ogni Amministrazione Pubblica deve documentare tale performance in una Relazione Annuale sui “risultati organizzativi e individuali raggiunti” con indicatori precisi, quantitativi e qualitativi, e con illustrazione degli eventuali scostamenti rispettivo agli obiettivi programmati, questi ultimi evidenziati in un documento programmatico triennale a cura delle stesse Amministrazioni. In entrambe le loro Relazioni, oggetto di full disclosure, sono descritte – oltre che la misurazione e la valutazione della performance assoluta e relativa rispetto agli standard nazionali e internazionali – anche la correlazione fra gli obiettivi e gli strumenti, in termini di risorse disponibili, nonché il collegamento con i conseguenti sistemi premiali (ma si tace di quelli sanzionatori), secondo criteri di merito (ma nulla si dice dell’eventuale demerito) nel ciclo di gestione della performance. Complessivamente tale ciclo è ben costruito, è completo ed è rilevante: non si può che plaudere anche a questa parte del Decreto, perché, per la prima volta, esisterebbe nel nostro Paese una valutazione non generica ma specifica, non opaca ma chiara e trasparente su ogni singolo dipendente pubblico, quale premessa per distinguere la sua particolare produttività, efficienza, la sua capacità di raggiungere risultati programmati, donde deriverebbe il trattamento accessorio a questi commisurato.
Ho invece numerose perplessità sul modo in cui nello schema di Decreto oggi all’esame è stato pensato l’organismo centrale di controllo e valutazione chiamato Commissione (artt. 13 e 28). Fermo restando che esso è indispensabile componente del sistema di valutazione, almeno tanto quanto quelli interni alle Amministrazioni Pubbliche, e che ad esso deve essere assicurata “piena indipendenza e autonomia” non certo minore di quella garantita agli organi di controllo interno, secondo quanto scritto nella Legge Delega, personalmente ritengo che, nella traduzione offerta dal presente Decreto Legislativo, questa garanzia sia debole per l’una e per gli altri. In aggiunta, i poteri di cui dispone la Commissione non consentono di lasciare certi della sua efficacia.
Per quanto riguarda il primo punto, rilevo che, pur ribadendosi all’art. 13 del Decreto Legislativo che la Commissione “opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio … e con il Ministro dell’Economia” (formula di per sé già carica di varie ambiguità), essa deve in pratica (i) sottoporre i propri regolamenti “concernenti il [suo] funzionamento e l’autonoma gestione finanziaria” all’approvazione del Ministro dell’Economia (comma 3); (ii) non è libera di scegliere le “modalità di organizzazione”, in quanto esse “sono stabilite” – così recita il comma 10 – con Decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, di concerto con il Ministro dell’Economia”, da cui sono anche “fissati i compensi per i componenti”; (iii) inoltre, la Commissione si vede “dettate” (al comma 11), senza poter esprimere nemmeno un parere, “le disposizioni per il raccordo tra le attività [sue] e quelle delle esistenti Agenzie di valutazione”. Che si tratti di una traduzione debole del principio stabilito nella Legge Delega di “piena indipendenza e autonomia” dell’organismo centrale di controllo, è dimostrato dal fatto che, in una prima versione del Decreto Legislativo predisposta dal Ministro per la Pubblica Amministrazione - versione evidentemente uscita stravolta dopo una serie di passaggi al Preconsiglio e al Consiglio dei Ministri – si leggeva, al contrario, che “l’Autorità definisce con propri regolamenti le norme concernenti l’organizzazione interna, il funzionamento e l’autonoma gestione finanziaria e determina altresì i contingenti di personale di cui avvalersi. […] Con uno o più Decreti del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, di concerto con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, previo parere dell’Autorità, sono dettate disposizioni per il raccordo tra le attività di quest’ultima e quelle delle Agenzie di Valutazione”. Per fortuna rimangono nello schema di Decreto Legislativo oggi in discussione alcune delle garanzie della “piena indipendenza e autonomia” di quella che non a caso nella prima bozza del Decreto veniva chiamata Autorità, oggi (forse non solo lessicalmente) declassata ad una Commissione. In particolare, resta quanto già illustrato nella Legge Delega, e cioè soprattutto che i 5 membri della Commissione sono nominati con D.P.R., previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione di concerto con quello per l’Attuazione del Programma, “per un periodo di 6 anni e previo parere favorevole delle competenti Commissioni Parlamentari, espresso a maggioranza dei 2/3 dei componenti”.
Così pure (ovviamente) rimangono nel presente Decreto Legislativo i compiti specificatamente assegnati alla Commissione dalla Legge Delega: di “indirizzare, coordinare e sovrintendere alla valutazione”; di “garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione”; di “assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici”. Di conseguenza, secondo le norme del Decreto Legislativo, la Commissione predispone le linee guida con “i parametri e i modelli di riferimento del sistema di misurazione e valutazione”; “definisce i requisiti per la nomina dei componenti dell’organismo” di valutazione interna ad ogni Amministrazione Pubblica; “gestisce il portale della trasparenza”; “promuove iniziative di confronto” con tutti gli stakeholders; “verifica la corretta predisposizione del Piano e della Relazione sulla performance” da parte delle Amministrazioni Centrali e, a campione, analizza quelli degli Enti Territoriali, formulando “osservazioni e specifici rilievi”; “redige la graduatoria di performance delle Amministrazioni Statali e degli Enti Pubblici Nazionali…; a tal fine svolge adeguata attività istruttoria e può richiedere alle Amministrazioni dati, informazioni, chiarimenti”; essa stessa “predispone una Relazione Annuale sulla performance delle Amministrazioni Centrali”.
Questa breve lettura virgolettata delle principali competenze della Commissione già lascia intendere perché poco fa ho accennato ad un secondo suo limite in termini di efficacia, in parte derivante dal primo, a sua volta legato alla non piena indipendenza e autonomia dell’organismo centrale di valutazione. L’efficacia mi sembra minata su due fronti, che chiamerei di widening e di deepening (estensione e approfondimento). Come appare chiaro dalla mia illustrazione delle norme, alla Commissione non è dato il potere di redigere una graduatoria di performance ed una Relazione sulla performance di tutte le Pubbliche Amministrazioni, ma solo di quelle Centrali. Nei confronti delle Amministrazioni a carattere non nazionale, essa non ha alcun potere istruttorio. La Commissione può verificare solo a campione la corretta predisposizione delle Relazioni sulla performance svolte da ciascuno degli Enti Territoriali, sicché lo stesso valore di livello essenziale delle prestazioni assegnato alla piena trasparenza della valutazione nella Pubblica Amministrazione ne viene largamente circoscritto. Tale forte limite nel widening dell’azione della Commissione – che ad esempio non si riscontrava nel Disegno di Legge del PD di pari oggetto (il 746 presentato al Senato il 5 giugno 2008, primo firmatario Pietro Ichino) – dipende dal fatto che la Commissione è un organo statale e non è un’Authority indipendente: quest’ultima, invece, sarebbe capace di divenire “espressione – come scrive la Relazione di accompagno del Disegno di Legge Ichino – delle diverse articolazioni territoriali della Repubblica”, sarebbe atta, quindi, a “svolge[re] le sue funzioni anche nei confronti degli Enti Territoriali autonomi, Regioni ed Enti Locali, nel rispetto dei principi costituzionali, i quali richiedono che funzioni di dimensione nazionale (come l’indirizzo e il supporto dell’attività di valutazione)… siano svolte da Autorità indipendenti, di ambito necessariamente nazionale”. Proprio in questa ottica, nel Disegno di Legge Ichino, così come nel suo immediato antecedente della passata legislatura – il Disegno di Legge Polito-Turci – si prevedeva che gli Enti Territoriali fossero presenti “nella composizione [dell’Autorità]… mediante l’attribuzione della designazione di 2 componenti su 5 da parte del sistema delle Autonomie Territoriali”.
Per quanto concerne, poi, i limiti di efficacia dell’azione della Commissione in termini di deepening, personalmente li vedo nel fatto che il suo conclamato obiettivo di sovrintendere a tutti gli esercizi di valutazione nella Pubblica Amministrazione non trova mezzi adeguati nelle norme: la Commissione può solo “definire” i requisiti per la nomina dei componenti del controllo interno, senza però poterne garantire l’indispensabile indipendenza; è in grado di dare istruzioni alle Amministrazioni Pubbliche, osservandone i risultati, ma con pochissimi poteri di intervento. Infatti, a norma dell’art. 28, la Commissione può solo “proporre” alla Presidenza del Consiglio, con riferimento alla qualità dei servizi pubblici nazionali, “le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità,… i criteri di misurazione… le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all’utenza per mancato rispetto degli standard”. E, “per quanto riguarda i servizi erogati direttamente o indirettamente dalle Regioni e dagli Enti Locali”, la Commissione ha analogo potere solo di proposta alla Conferenza Stato-Regioni. Per il resto, essa non dispone né di strumenti proattivi nei confronti di eventuali omissioni, errori o colpe accertati degli organi di valutazione interna, dei dirigenti responsabili o dei dipendenti pubblici, né tanto meno è in grado di avvalersi, a tale scopo, di poteri ispettivi ministeriali.”
Ritengo che nel caso in cui non viene prevista dallo schema di decreto legislativo una completa autonomia ed indipendenza della commissione di valutazione e controllo si rischia di non avviare alcuna riforma nelle Pubbliche Amministrazioni. Inoltre, occorre ripristinare il nome da commissione ad autorità non per un problema di forma ma di contenuti cosi come previsto dalla legge delega.

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Speriamo che gli altri si sveglino

E’ l’auspicio che ha scritto il caro amico Antonino mentre ci confrontavamo e riflettevamo su cosa di preciso abbiamo intenzione di fare e che obiettivi a livello locale, regionale e nazionale intendiamo porci.Da questa sua speranza sono nate le mie riflessioni. Riflessioni che vorrei condividere con tutti voi.I gruppi in Facebook che sono nati attorno al nome di Debora Serracchiani sono tanti, stanno aumentando il loro numero di iscritti; sono tante le riflessioni, i pensieri che i simpatizzanti di Debora lanciano come testimonianza di stima, di complimento, riconoscenza nei confronti di una donna che fino a pochi mesi fa era sconosciuta a tutti e che ora ha fatto riavvicinare tanti giovani e meno giovani alla politica, con passione, sollevando entusiasmo e ridando speranza ai tanti iscritti di quel partito dei “disillusi” che in Italia conta più tesserati di PD e PDL messi insieme....
Abbiamo imparato a conoscere Debora Serracchiani da quel discorso di Roma del 21 marzo, ne abbiamo apprezzato la sua semplicità, la sua chiarezza, le sua ferma e pacata decisione a puntare il dito contro la dirigenza di quel Partito Democratico che dovrebbe fare opposizione e dovrebbe esser la massima espressione del popolo italiano che sta a sinistra, che crede in una propria storia, che convintamente radica le sue idee e i suoi ideali in un passato trascorso a perseguire libertà, democrazia, bene comune, uguaglianza. Purtroppo, tutte belle parole proferite da chi, nella realtà politica che viviamo, adotta solamente nei propri discorsi, ma mai mette in pratica.Da quel 21 marzo Debora Serracchiani è diventata colei che sa esprimere lo scontento generale del popolo di sinistra, che con le sue parole sa esprimere tutto quello che tutti pensano. Abbiamo imparato a conoscerla in campagna elettorale per il parlamento europeo, abbiamo provato soddisfazione e contentezza quando ha ottenuto il grande successo di cui tutti siamo a conoscenza. Lo abbiamo fatto anche grazie a Facebook, ai gruppi, alle foto pubblicate, al sito di Primavera Democratica. Anche da lontano. Tutti quelli che la conoscevano vi si iscrivevano, riconoscendole il pregio di esser una persona capace, in gamba, una che meritava fiducia e sostegno.Debora è stata eletta, è un’europarlamentare, con modestia ha manifestato la sua intenzione di non candidarsi a segretario del PD e di appoggiare Dario Franceschini; ha saputo ricevere critiche in merito alle sue dichiarazioni e ha saputo reagire.Ha detto che non abbiamo bisogno di un messia ma dobbiamo sentire il bisogno di essere una squadra. Per esserlo dobbiamo conoscerci, cercare il confronto, dobbiamo avere la consapevolezza delle nostre potenzialità, delle nostre capacità da mettere al servizio della squadra e della società. Non dobbiamo limitarci a lamentarci se il governo fa i suoi sporchi giochi o se gli errori vengono sempre assecondati per “fraintendimenti”; prendiamo coscienza che la praticità dei fatti e delle proposte sono meglio di tanti attacchi e polemiche; dimostriamo a coloro che non hanno mai avuto o non hanno più fiducia nella sinistra di essere presenti, di esser consapevolmente membri di una squadra desiderosa di partecipare, di vivere la politica e di “usarla” in maniera diversa da coloro che ora sono al governo, non solo centrale, ma anche regionale e locale. Facciamo capire che siamo noi i primi critici di coloro che, seppure del nostro stesso partito, con arroganza e incompetenza, hanno rovinato la Campania e tutte le altre realtà istituzionali che governano. Facciamo capire a tutti che non vogliamo la politica fatta di “clienti”, non una politica fatta nei salotti bensì tra la gente, per vivere e capire i problemi veri quali sono.Da nord, dove Debora è partita, a sud, dove abbiamo imparato ad apprezzarla, i suoi sostenitori sono tanti. Siamo tanti, contiamoci, diamo il massimo impegno nei nostri quartieri, nelle nostre città, meritiamoci la fiducia della gente. E chiediamo a lei di esser presente, tra noi, nella nostra squadra, per darci carica e responsabilità, invitiamo i nostri amici a conoscere Debora, le nostre idee, chi siamo.Svegliamoci e svegliamo tutti: facciamo respirare a tutti la nuova aria di Primavera Democratica.
Alfonso De Stefano

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domenica 5 luglio 2009

Pietro Ichino – Speciale Congresso

Intervento svolto dal senatore Pietro Ichino nel corso della manifestazione promossa da Walter Veltroni al Centro Congressi Capranica, il 2 luglio 2009
“Partito aperto agli elettori”, o “partito fondato sulle elezioni primarie”, significa partito nel quale la scelta del leader dipende principalmente non dalle logiche degli apparati, ma da una consultazione aperta a tutti i cittadini. Alcune questioni di politica del lavoro possono aiutare a capire il significato concreto e le conseguenze pratiche di questa scelta di metodo politico.
Il partito che fa riferimento prioritario agli apparati tende a considerare soltanto gli interessi organizzati; in materia di lavoro, gli interessi rappresentati dai sindacati e dalle associazioni imprenditoriali. Un partito fondato sulle primarie è un partito il cui leader sa scoprire gli interessi di lavoratori che non hanno rappresentanze organizzate, di coloro cui nessuno dà voce. In Italia sono moltissimi. Nessuno, per esempio, dà voce agli interessi di quei cinque milioni di italiani – per quattro quinti italiani – che sono fuori dal mercato del lavoro, ma avrebbero un’occupazione regolare se le cose funzionassero da noi come funzionano in un Paese simile al nostro per numero di abitanti e per ricchezza: il Regno Unito. Il nostro tasso di occupazione è sotto, rispetto a quello britannico, di dieci punti percentuali: cinque milioni di italiani, appunto, di cui quattro milioni sono donne, che potrebbero avere un lavoro professionale ma non lo hanno. Il loro interesse non è rappresentato da alcuna organizzazione, da alcun apparato, né sindacale né politico. Solo un leader politico scelto dalla generalità degli elettori, probabilmente, presterà attenzione ai loro interessi.Stesso discorso per un milione e mezzo di lavoratori cosiddetti autonomi, ma in realtà in posizione di dipendenza economica dall’azienda per cui lavorano: collaboratori continuativi, lavoratori a progetto, partite iva fasulle. E per un altro milione e mezzo di lavoratori con contratto a termine. Di questi tre milioni di italiani, in questi mesi di crisi economica, ne abbiamo visti quattrocentomila perdere il lavoro senza un giorno di preavviso e senza una lira di indennizzo; ma anche senza uno sciopero di protesta, senza una manifestazione di piazza: solo qualche lacrima versata sulle statistiche. Nessun “apparato” si è mobilitato per loro. Che cosa ha fatto per loro la vecchia sinistra negli ultimi vent’anni? Quale misura di politica del lavoro ha perseguito e con quali risultati? Qual’è il messaggio che essa ha saputo comunicare loro? La vecchia sinistra ha saputo soltanto ripetere fino alla noia “questo non si tocca”, “quest’altro non si tocca”. I giovani le rispondono: “certo, non lo tocchiamo, il vostro diritto del lavoro; ma nel senso che neppure lo vediamo: non ci riguarda proprio, perché la probabilità di poterne beneficiare per noi sono minime”.
Un’altra cosa la vecchia sinistra ha detto a questi giovani; e questa era una bugia: quella secondo cui la causa del precariato sarebbe la legge Biagi. Non era vero: il fenomeno ha radici molto più lontane nel tempo, radici affondate nel nostro vecchio diritto del lavoro.
E, come tutte le bugie, anche questa aveva le gambe corte: è bastato che quella sinistra andasse al governo e avesse la possibilità di abrogare la legge Biagi, perché risultasse con tutta evidenza che in quella legge non c’era neppure una norma che allargasse le maglie dei rapporti di lavoro marginali: anzi, proprio il Governo Prodi, quando ha voluto dare un giro di vite contro l’abuso delle collaborazioni autonome simulate ha applicato con rigore proprio la normativa posta dalla legge Biagi. Poi ci stupiamo che, delusi (direi di più: ingannati) da una sinistra che ha clamorosamente sbagliato il bersaglio nella sua “lotta al precariato”, i giovani votino in maggioranza a destra. La legge Biagi non ha certo risolto il problema del dualismo del nostro mercato del lavoro; ma sostenere che essa ne è una causa è una sciocchezza, frutto di faziosità, che non ha fatto fare un solo passo avanti alla condizione dei lavoratori “di serie B” e “di serie C”. Il leader del “partito delle primarie” non aspetta che qualche apparato si faccia carico di organizzare e rappresentare gli interessi di questi milioni di italiani; e sa che deve parlare loro credibilmente di un nuovo diritto del lavoro, suscettibile davvero di applicarsi a tutti i nuovi rapporti di lavoro e non soltanto – come il vecchio – a metà di essi.
Ma il leader del “partito delle primarie” deve anche saper parlare con la parte dei “garantiti”, con quelli che hanno, sì, un rapporto a tempo indeterminato, ma hanno anche le retribuzioni più basse rispetto a tutti i maggiori Paesi europei. Il “partito delle primarie” deve saper indicare al Paese la via per “ingaggiare” il meglio dell’imprenditoria mondiale; spalancare le porte agli investimenti stranieri che ci portano domanda di lavoro aggiuntiva e – soprattutto – innovazione tecnologica e organizzativa: i due fattori più potenti di incremento dei redditi dei lavoratori. L’Italia è il fanalino di coda in Europa per capacità di intercettare i flussi di capitali nel mercato finanziario globale; e lo è non soltanto per la povertà delle nostre infrastrutture, il malfunzionamento delle amministrazioni pubbliche, il nostro difetto endemico di cultura delle regole; lo è anche perché sono tanti gli insiders nostrani che non gradiscono affatto l’ingresso della buona imprenditoria straniera. Il caso Alitalia insegna; come insegnano i casi Abn Amro, Abertis, Telecom, Ferrovie, e tanti altri. Il centro-destra ha fatto della “difesa dell’italianità” delle nostre aziende la sua parola d’ordine; ma anche la vecchia sinistra ha molte e gravi responsabilità su questo terreno. La parola d’ordine del PD, declinata in tutte le forme possibili, deve essere quella esattamente contraria: “allineare il nostro con i Paesi europei più capaci di attirare investimenti stranieri”, “portare in Italia il meglio dell’imprenditoria mondiale” per favorire l’ammodernamento e il rafforzamento del nostro tessuto industriale, per aumentare la domanda di lavoro, perché il lavoro in Italia sia meglio valorizzato e meglio retribuito, per garantire le risorse necessarie al sostegno dei più deboli.
Per questo occorrono – certo – una amministrazione migliore e migliori servizi alle imprese; ma occorrono soprattutto un sistema di relazioni industriali orientato alla “scommessa sull’innovazione” e un diritto del lavoro capace di coniugare il massimo di flessibilità e modificabilità delle strutture con il massimo di sicurezza dei dipendenti. Questo consentirà anche di assicurare alla nuova generazione che si affaccia sul mercato del lavoro il superamento di quel regime di apartheid tra protetti e precari, che oggi la espone a un forte rischio di segregazione nella parte cattiva del sistema. Su questo terreno il centro-destra è totalmente immobile. Anche qui è il PD che può incominciare a dettare l’agenda, se è capace di porsi in comunicazione diretta con la parte più viva e vitale della società civile, di non attardarsi nell’attesa della maturazione culturale di tutto il movimento sindacale.
Il partito delle primarie, infine, è quello che sa dare voce e corpo a un interesse diffuso ma, fino a oggi, troppo debole al confronto con tanti interessi organizzati: l’interesse all’efficienza nelle amministrazioni pubbliche. Su questo terreno le idee-forza sono trasparenza totale, valutazione, civic auditing. Occorre promuovere e guidare una grande e capillare mobilitazione dei cittadini per la visibilità degli indici di efficienza e produttività di tutti i comparti di ciascuna amministrazione, per la confrontabilità di quegli indici sul piano nazionale e internazionale, per la possibilità concreta di esigere dai dirigenti dei comparti meno efficienti il loro riallineamento alla media, sotto pena di rimozione dall’incarico, per l’eliminazione degli sprechi. Qui occorre una scelta drastica: il PD deve diventare, in modo chiaro e netto, non soltanto il partito di tutti cittadini – e soprattutto dei più deboli ‑ contro le vessazioni che essi subiscono per effetto delle inefficienze delle amministrazioni, ma anche il partito della parte migliore dei dirigenti e dipendenti pubblici, mobilitato contro l’inerzia e l’appiattimento dei trattamenti.Le risorse che possono essere liberate dal taglio delle spese inutili nel settore pubblico sono enormi; e il metodo della valutazione e della trasparenza, se applicato con rigore, consente di individuare sprechi e inefficienze con precisione. Questo può e deve costituire l’impegno quotidiano, rigoroso, martellante di un partito che vuole guidare il Paese a voltar pagina rispetto a decenni di degrado delle strutture pubbliche. Si obietterà che questo è anche il programma enunciato dal ministro Brunetta; ora, è vero che Brunetta ha intuito l’importanza di questo tema (che noi assai prima di lui abbiamo posto all’ordine del giorno), ma è anche vero che troppo spesso Brunetta si è limitato alla politica dell’annuncio; sta di fatto, comunque, che oggi il suo stesso Governo lo sta fortemente frenando. Sull’accessibilità dei dati, l’indipendenza degli organi di valutazione, la tecnica del benchmarking comparativo e l’attivazione concreta della lotta agli sprechi, tutto è ancora da fare. Siamo stati noi a dettare l’agenda, su questo terreno, in questo inizio di legislatura; dobbiamo saperne fare, con grande determinazione, un elemento essenziale della nostra strategia di lungo periodo.
Ho cercato di dirvi i motivi per cui ‑ dal mio punto di osservazione, quello della politica del lavoro – considero essenziale la scelta di metodo che due anni fa ha caratterizzato la nascita del nostro partito, ma che ha ancora bisogno di essere confermata e consolidata; e deve, soprattutto, arrivare a permeare di sé il nostro modo di pensare e di agire politico. Detto questo, però, credo anche che questa scelta non sia patrimonio esclusivo di alcuna delle forze in campo in questo nostro congresso. Se vogliamo che il PD esca dal congresso rafforzato e pronto a offrire al Paese l’alternativa necessaria al centro-destra, occorre un grande rispetto reciproco tra i candidati-leader e tra i loro sostenitori; e occorrono forme di confronto politico che non pregiudichino, il giorno dopo la conclusione della vicenda congressuale, una salda unità tra tutte le componenti del partito. Perché senza questa, neppure le più raffinate scelte di metodo, neppure le migliori strategie e i migliori programmi possono consentirci di vincere la nostra battaglia.

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venerdì 3 luglio 2009

Debora Serracchiani - Speciale Congresso

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Il coraggio che manca

Ho letto il libro di Debora Serracchiani e lo trovo interessante per comprendere il personaggio, per conoscere la sua esperienza politica dal quartiere al consiglio di circoscrizione, dalla consiglio provinciale al parlamento europeo e per capire le motivazioni degli elettori che si sono entusiasmati della sua candidatura fino a premiarla con circa 144 mila preferenze nella circoscrizione del nord est.
Nel libro Debora ripercorre il suo impegno politico dall’assemblea dei circoli a Roma alle elezioni europee ed esprime chiaramente la sua posizione politica in rapporto ad alcuni temi su cui il PD non ha saputo esprimere una posizione unitaria e sul Partito rispetto agli avvenimenti politici degli ultimi anni (primarie, governo Prodi, dimissioni di Veltroni, segreteria Franceschini). Esprime inoltre la sua visione del PD: partecipato, unitario e presente sui problemi con proprie proposte.
“Un cliché (che ci vorrebbero tutte uguali e necessariamente attraenti e sorridenti) che proprio nell’ultima campagna elettorale per le elezioni europee, scrive Debora, è emerso come protagonista assoluto. Io credo che gli italiani siano stanchi e non si riconoscano affatto in questo modo di pensare standardizzato e tarato sui canoni di bellezza artificiale dei volti e dei corpi televisivi; non si spiega, altrimenti, come mai il mio viso da ragazza normale, molto diversa da Noemi o dalle veline, abbia potuto accompagnarmi all’exploit elettorale che mi ha fatto prendere, nel mio Friuli di centrodestra , più voti di “papi”.
Per chi la conosce il libro non è sorprendente in quanto conferma la sua visione politica ed il suo modo di porsi nei confronti delle persone. Per coloro che la conoscono poco il libro rappresenta una buona occasione per conoscerla, apprezzarla e stimarla al di là degli attacchi strumentali che ha ricevuto in questi giorni.
Io spero che non cambi per nulla perché le persone la preferiscono cosi: semplice, determinata, interessata ai problemi concreti dei cittadini. Non deve adattarsi al linguaggio di alcuni politici che l’hanno criticata in questi giorni e che probabilmente hanno perso il senso del partito, il rapporto con la gente e la cultura dei problemi concreti.
“In Italia la politica vera esiste ancora, dichiara Debora, con la P maiuscola, fatta di tante persone che vogliono cambiare le cose, partecipare, costruire insieme il futuro. Il coraggio c’è, basta sapere dove cercarlo”.
“Ho scoperto in quell’occasione (riferendosi al suo impegno politico nella circoscrizione), dichiara Debora, di avere una vera passione per le persone, di saperle ascoltare e di essere più determinata di quanto pensassi”.
Che le cose cambino da sole, o semplicemente perché fanno dichiarazioni in tal senso i "notabili" del PD (o meglio dovrei dire i soliti noti del PD!), dichiara Nadia Lazzaro amministratrice del gruppo in Facebook “Con Debora Serracchiani e il PD nel Sud e Isole”, mi sembra altamente improbabile. Riconfermando la mia fiducia alla Serracchiani (persona a modo, contrariamente a tanti furbetti che promettono mari e monti, con fare di berlusconiana memoria!), faccio l'ennesimo invito a tutti voi e a me stessa: i politici che agiscono e amministrano male vanno messi alle corde sui fatti concreti, occupandoci dei nostri quartieri, delle nostre città, di chi, non visto, ci vive accanto spesso nella miseria e la disperazione. Comunque, se può interessarvi, qui in Calabria "i soliti noti" (spiccano anche tanti bei rinvii a giudizio!) si stanno già mobilitando per tenersi poltrone, poltroncine e reti clientelari, ma al nazionale non gli interessa minimamente di come arrivino i voti, basta che arrivino!
Ieri al teatro Capranica di Roma, dichiara Andrea De Filippis amministratore di un gruppo in Face Book “Con Debora Serracchiani e il PD nel Centro Italia”, mentre fuori si scatenava un incredibile temporale, Debora ritornava a parlare in pubblico dopo le feroci critiche subite dai propri compagni di partito per l'articolo pubblicato da Repubblica. Ero curioso di vedere come se la sarebbe cavata nel primo suo vero esame.
Il compito non era facile perché il suo intervento è stato preceduto da David Sassoli, Pietro Ichino e l'ex ministro Gentiloni.
L'inizio è stato titubante sembrava una studentessa che ha passato la notte ad imparare la lezioncina ma senza crederci fino a quando una persona dal pubblico l'ha contestata (educatamente), lì ho temuto che si fermasse e irrigidisse ma...... Da quel momento Debora è tornata la ragazza decisa e spavalda che abbiamo conosciuto alla riunione dei circoli ed è riuscita anche a scaldare la platea. Il passaggio sul conflitto di interessi è stato il più applaudito, come riportato anche da L'Unità, di tutto il discorso. "La prima volta ne abbiamo sentito parlare nel 1993 e siamo ancora qui a dirci che qualcosa non è risolto. Abbiamo qualcosa da rimproverarci? Sì abbiamo molto da rimproverarci", bacchetta Debora che scandisce: "Quello che chiede al Pd è di mettere in agenda problema e indicare con quali strumenti risolverlo. Non vorrei che arrivassimo al punto che l'interesse di un privato non deve essere turbato da quello pubblico". In conclusione credo che, nonostante il suo discorso non fosse travolgente, è stato un buon intervento e se non può essere, giustamente, una candidata alla guida della sinistra è un'ottima rappresentante del mio Paese".
Articolo Corriere della Sera

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giovedì 2 luglio 2009

Ancora di più con Debora Serracchiani

Dichiarazione di Ettore Rosato
Per il deputato Ettore Rosato (Pd), 'Debora Serracchiani ha fatto la scelta piu' difficile e piu' coraggiosa'.Secondo Rosato, nell'intervista a Repubblica 'Serracchiani ha soltanto ribadito i concetti che aveva espresso il 21 marzo all'assemblea dei circoli e, come deve fare ogni dirigente di partito responsabile, ne ha tratto una sintesi sul piano delle scelte politiche'. 'Evidentemente ¨ ha aggiunto Rosato - ha ritrovato in Dario Franceschini i caratteri piu' coerenti rispetto alla visione del partito e del Paese che lei stessa aveva prospettato'.'Quanto alle parole dell'intervista alla Serracchiani ¨ ha detto Rosato - credo sia opportuno e utile riflettervi sopra, cosi' come sulla lunghissima coda di commenti che l'hanno seguita'.'Auspico - ha concluso Rosato - che finalmente il piano del dibattito si trasferisca sui contenuti perche' le cose da fare non mancano, prima fra tutte attrezzare un partito unito e forte capace di lanciare la sfida vincente a Berlusconi'.
Articolo di Luigi Sorrenti che verrà pubblicato domani su Calabria Ora
Per una battuta della Serracchiani si sono stracciati le vesti. “Questa ragazza non ha consistenza” ha detto la Bindi.
Nessuno dei suoi critici si rende conto, di quanto siano vecchi. Una vecchiaia che può durare eterna, purtroppo per noi, ma sempre vecchiaia è. O, forse, se ne rendono fin troppo conto e cominciano ad avere paura, la paura più brutta che possa prendere una persona: diventare improvvisamente inutile.
Dunque vediamo: da un lato c’è una “ragazza” che ha preso più voti di Berlusconi nel profondo Nord, e che se c’è riuscita da semplice “ragazza” non può che averne maggior merito. Dall’altro ci sono Loro, i professionisti della politica, quelli che con tutta la loro consistenza hanno lasciato andare a picco ben due governi propri, hanno sperperato il 33% raccolto alle ultime elezioni, e da un po’ di tempo collezionano una sconfitta dopo l’altra.
La Bindi intanto ha scelto Bersani. Perché? Perché mi ha chiamato, è stata la risposta consistente.
Se Debora è inconsistente questi sono pieni di protervia, e di quella sublime superiorità che li fa sentire al di sopra dei comuni mortali soltanto perché della politica hanno fatto una scienza, di cui solo loro conoscono i segreti meccanismi e posseggono i codici di accesso.

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A me Franceschini mi è simpatico

Da che cosa si capisce che siamo alla frutta? Dall'omologazione di sistemi e metodi. Quali?
Attaccarsi ad una parola con l'unico scopo di strumentalizzarla. Sfruttare il servizio di informazione pubblica come mezzo personale per far fuori l'avversario, usandolo al pari di un fucile, spinti dalla stessa veemente facilità con cui si preme il grilletto. Considerare il popolo italiano incapace di pensare, valutare, scegliere. Questa è la cosa più grave.
L'attacco a Debora Serracchiani rappresenta un attacco all'intelligenza del popolo. Pensando che le persone si possano ricredere sulla base di un aggettivo, dato per sdrammatizzare non solo una contesa politica, ma anche e soprattutto la propria figura, vuol dire offendere una buona parte dell'elettorato. Lo stesso elettorato che è anche il proprio. Lo stesso elettorato che durante la campagna di raccolta voti i politici lodano, dicendo che gli italiani sono meglio di questa Italia.
Come può il PD riacquistare fiducia se dispone, con una spontaneità allarmante, degli stessi subdoli mezzi normalmente attribuiti all'altra parte politica? Come può il PD pensare che la gente ritorni ad avere fiducia nella sinistra se non riesce neanche in queste cose a distinguersi dalla destra? Come può una parte del PD provare ad accattivarsi più voti sputando sulla sua unica possibilità di uscire dalla crisi, ossia il rinnovamento incarnato da Debora? Come può il PD promettere lavoro ai giovani, di cui molti laureati anche in scienze politiche, se i suoi storici rappresentanti non lasciano per primi il necessario spazio all'occupazione?
La risposta è una, a quanto pare, PUO' e non ci siamo, direi. Non ci siamo proprio. Quello che traspare è una grande paura di perdere la poltrona, non certo la disponibilità a cambiare in meglio il paese. Se veramente questa gente amasse l'Italia, i suoi cittadini, la loro libertà dal dominio di Berlusconi, sacrificherebbe il proprio ego, si sposterebbe nelle retrovie e lavorerebbe seriamente per formare la nuova classe dirigente. Perché hanno perso credibilità e lo sanno: i voti parlano! Debora non saprà la storia quanto D'Alema o Bersani, può anche darsi, ma non bisognerebbe limitarsi a conoscerla, bensì imparare da questa che una società senza rinnovamento politico si accartoccia su sé stessa.
Silvia Dellino – Verona
Intanto i sostenitori di Debora Serracchiani e Dario Franceschini hanno aperto un gruppo in Facebook “A me è simpatico Franceschini” che si presenta cosi “Per tutti quelli che credono che Franceschini sia anche po’ simpatico. E che la simpatia non sia un reato politico...o un peccato originale...."
Purtroppo per loro alle valutazioni di Debora sul PD hanno reagito in modo scomposto diversi esponenti che avrebbero fatto meglio a stare zitti perché i loro errori sono tanti in questi lunghi anni.

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mercoledì 1 luglio 2009

Debora Serracchiani informa

Sono passati pochi mesi dal discorso all’assemblea dei circoli del PD che mi ha fatto conoscere e permesso di vivere l’avventura che sto vivendo tuttora.
Un discorso semplice, lineare che pure ha colpito e meravigliato la platea. Forse più che per i contenuti, per la franchezza con cui sono state dette le cose che tutti pensiamo.
Da quel momento in poi la mia vita è cambiata, travolta dalla frenesia della campagna elettorale. In poche settimane mi sono ritrovata a girare mezza Italia, circondata dalla simpatia, dal vostro affetto e dalla speranza che avete riposto in me. E questo anche nei momenti più incerti e difficili mi ha dato la spinta nel sostenere quell’idea di Pd che con voi ho condiviso sin dal principio.
Poi il risultato elettorale. Non che non ci avessi mai creduto, però un risultato del genere pochi se lo aspettavano. Ed io tra questi.
Da quel momento ho iniziato ad immaginare il mio futuro, come avrei svolto il mio ruolo di Europarlamentare, ricambiare la fiducia che migliaia di voi mi hanno concesso. Anche come avrei potuto riorganizzare la mia quotidianità, la mia famiglia, il mio lavoro.
Nel frattempo ho cominciato a ricevere lettere, mail, sms che mi chiedevano di candidarmi alla guida del PD e di competere, anch’io, nella prossima corsa alla segreteria. La responsabilità di cui mi avete fatto carico è veramente grande.
Oggi ho annunciato che non mi candido alla segreteria del Partito Democratico.
E’ stata una decisione difficile ma su cui ho riflettuto e ragionato molto partendo dal principale dei miei presupposti: “Il bene del PD”.
E, con coraggio, ho cercato di fare una scelta responsabile.
Considero questa scelta coraggiosa, perché la più difficile. Avrei potuto candidarmi e “non avrei mai perso” qualunque fosse stato il risultato. Nel peggiore dei casi questo mi avrebbe consentito di sedermi attorno ad un tavolo e chiedere che delle persone che da quel momento in poi si sarebbero fatte chiamare con il mio cognome (i “serracchiani”), occupassero ruoli e luoghi di potere all’interno del PD.
Ho fatto la scelta più coraggiosa, che secondo alcuni potrebbe mettere a rischio anche la mia stessa sopravvivenza politica. Ma per me la politica non può avere come obiettivo principale l’autoconservazione dei suoi protagonisti a tutti i costi. Questa, non è la mia idea di Partito Democratico e, sono sicura, neppure la vostra.
Allo stesso modo considero questa mia scelta, una scelta responsabile.
Intendo onorare il mio ruolo di Europarlamentare.
Ma voglio in prima persona occuparmi del PD, senza contribuire, come molti hanno già fatto in passato, all’insopportabile spettacolo in cui hanno dominato personalismi ed egoismi individuali.
Mentre il Paese attraversava una delle crisi più difficili con un governo impegnato in una politica fatta di spot senza nessuna efficacia reale, il PD era spesso occupato a dirimere i “propri” conflitti tra chi aveva come unico obiettivo il logoramento del leader di turno. Ed io so, da elettrice come voi, quanto questo ci abbia dato fastidio e ci abbia a tratti allontanati dalla politica e dal nostro partito. Per questo ho deciso di non contribuire con la mia candidatura ad una ulteriore frammentazione. Ho scelto di non candidarmi per unire e per non dividere ancora.
Oggi ho anche annunciato di voler sostenere Dario Franceschini nella corsa alla segreteria del PD.
Io ero tra i“darioscettici”, ma posso dire, oggi, che noi un segretario ce l’abbiamo, ed è lui. Ha accettato di prendere in mano il partito in un momento difficilissimo e ci ha messo la faccia, dimostrando di saper fare bene il segretario e voglio che continui questo lavoro.
Ho scelto Dario Franceschini, non certo per la simpatia, ma perché vuole assumersi la responsabilità di creare una squadra, di crescere una classe dirigente che diventi la classe di governo di un partito non più votato alla sola resistenza. Dovrà aprire il partito al rinnovamento, chiamare gente nuova, pescare fra le straordinarie risorse dell’Italia.
Sia chiaro: non intendo fare sconti a nessuno, neppure a lui e non ho firmato assegni in bianco, in cambio di un posto per il quale non ho mai contrattato.
Io lavorerò in prima persona per la realizzazione della nostra idea di Partito Democratico.
Un partito che sa ascoltare, che discute e decide dando quelle risposte che finora non ha saputo dare, che torni sul territorio, che consolidi le proprie posizioni, che trovi il linguaggio per tornare a parlare alla testa e al cuore delle persone e che costituisca l’alternativa di governo del Paese. Un partito riformista che sappia rispondere ai problemi quotidiani della gente. Il partito che abbiamo sognato con le primarie del 14 ottobre.
So che tra di voi ci sono diverse persone che avrebbero voluto che la mia decisione fosse diversa, ma ora vi chiedo, come ho già fatto quando accettai la candidatura, di darmi fiducia e di impegnarvi, con me, alla costruzione del Partito Democratico. Un lavoro di squadra in cui ognuno di noi, dal circolo alla segreteria nazionale, faccia il proprio dovere. Senza aspettare o sperare nel leader salvifico o “semplicemente nuovo” che guidi il PD.
No, noi ora abbiamo bisogno di un lavoro collettivo, di medio e lungo periodo, fatto di fiducia e di tenacia, in cui la generosità ed il sacrificio ci permettano di costruire e consolidare quell’idea di partecipazione politica e di Paese che più ci sta a cuore.
Debora
Finalmente abbiamo un leader che vuole costruire il futuro con gli altri e per gli altri senza pensare alla sua sopravvivenza politica. Da molto tempo non sentivo queste cose che sono molto importanti per ripensare il futuro del Partito Democratico.

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Grazie Debora Serracchiani per Dario Franceschini

Debora Serracchiani con una intervista a La Repubblica informa di sostenere Dario Franceschini al congresso del Partito Democratico.
Debora dichiara di non avere avuto dubbi nella scelta ed afferma “nemmeno mezzo. Di qua c’è il progetto del PD, dall’altra parte c’è D’Alema. Io sto col PD”. Ritiene che la laicità del partito possa essere difesa più dai cattolici democratici ed afferma che “paradossalmente i cattolici democratici hanno molto meno remore a sfidare il clericalismo di quante ne abbiano gli altri”. E questo è vero in quanto i cattolici democratici nella loro esperienza politica da Sturzo a Moro hanno dimostrato con i comportamenti e con i fatti di aver avuto una visione laica dello stato e del Partito.
Debora Serracchiani racconta i temi trattati con Dario Franceschini: “la laicità, la questione morale, il conflitto d’interessi, la riforma del welfare. Tutti temi di grande interesse che prefigurano la posizione di Dario Franceschini al prossimo congresso del Partito Democratico”.
“In caso di vittoria, afferma Debora Serracchiani, Franceschini dovrà aprire il partito al rinnovamento, chiamare gente nuova, come ha fatto con me, pescare le straordinarie risorse di questo pezzo d’Italia”.
Quello che è chiaro che la sua non è stata una scelta di potere ma una scelta responsabile e cosciente finalizzata al cambiamento della società e del Partito Democratico.
Adesso occorre aspettare alcuni giorni affinché il mosaico delle scelte congressuali venga definitivamente composto.
Bisogna ricordare l’intervento di Pietro Ichino nel post Pietro Ichino sul congresso del Partito Democratico in quanto la sua visione del mercato del lavoro, del progetto Flexisecurity, della riforma delle Pubbliche Amministrazioni è molto importante per un Partito che sceglie il riformismo per cambiare lo stato e la società.
Ritengo che il programma di Dario Franceschini si è arricchito dell’apporto e della visione di Debora Serracchiani, la quale come ricorda lei “sono una persona normale. L’elettorato si identifica nel linguaggio, nel modo di essere, direi quasi nella fisicità”.
Occorre rinnovare la presenza del PD in periferia, la quale in diversi territori è sottomessa ai notabili locali tutti impegnati a garantire il consenso al leader nazionale che poi successivamente cercherà di premiare l’apporto ricevuto. Questi equilibri bisogna farli saltare magari modificando lo Statuto e permettendo agli elettori di candidarsi sottoscrivendo soltanto la tesi condivisa ed agli elettori di scegliere liberamente i candidati a delegato tra i sottoscrittori.
Non basta confermare le primarie nella scelta del segretario occorre anche innovare le modalità di scelta dei delegati altrimenti si corre il rischio di avere un segretario investito da una scelta ampia e democratica e dei delegati al congresso frutto del potere periferico.

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Festa Democratica con Debora Serracchiani

FESTA DEI VOLONTARI CON DEBORA SERRACCHIANI
Sabato 18 luglio a partire dalle 17.00
Abano Terme (PD) – parco di Valli Bassi
(con il sostegno organizzativo della Festa Democratica dei colli Euganei)
Debora Serracchiani ringrazia ed incontra i volontari ed i sostenitori della circoscrizione nord-est … e oltre.
REGISTRATI SE INTENDI PARTECIPARE
Programma provvisorio:
17.00 apertura incontro;
17.30 festa di ringraziamento di Debora ed omaggio ai volontari;
18.30 brindisi democratico;
19.00 breve incontro organizzativo dei volontari delle varie regioni con lo staff di Debora;
19.30 cena con Debora;
21.00 incontro dibattito con Debora Serracchiani ed altri esponenti del Partito Democratico: “Il partito e l’Europa che vogliamo costruire” (da definire)
E’ fondamentale registrarsi qui come partecipanti alla festa per permetterci di avere un’idea delle persone presenti e, quindi, una migliore organizzazione dell’evento.
Note organizzative:
- La cena sarà a prezzo fisso di 12 Euro con menù prestabilito (per i bambini ridotto a 5 €);
- COME RAGGIUNGERE LA FESTA (presto disponibile)
- Sono state stipulate convenzioni con alberghi della zona, a prezzi diversi, per chi desiderasse approfittare dell’occasione per usufruire di una giornata alle terme di Abano;CONVENZIONI ALBERGHI (presto disponibile)
- Stiamo valutando la possibilità di organizzare pullman dalle varie regioni: registrati sul modulo se sei, eventualmente, interessanto ad usufruire di questa possibilità.
Ulteriori informazioni saranno disponibile a breve su questo sito http://www.serracchiani.eu/e su http://www.serracchiani.eu/festademocratica/%20http:/www.partitodemocraticoabano.it
Per comunicazione scrivi a festa@primaverademocratica.it

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