Ai molti che mi chiedono delle mie scelte nella competizione congressuale rispondo - e non è una risposta diplomatica - che vedo pregi e difetti in entrambe le candidature presentate fino a oggi. Più specificamente, riconosco a Pierluigi Bersani una maggiore capacità di comunicazione e una personalità politica più spiccata rispetto a Dario Franceschini; dello schieramento che sostiene Bersani, però, non mi piacciono alcune cose:
- la tendenza a costituirsi in corrente e a riproporre la vecchia forma-partito;
- la tendenza a prendere le distanze rispetto al metodo statutario delle primarie per l’elezione del segretario-candidato premier (scelta, questa, che invece considero fondamentale);
- la tendenza a concepire la politica del lavoro del PD in chiave “laburista”, cioè come espressione in sede parlamentare degli interessi propri del movimento sindacale; oppure, in una situazione di divisione tra le confederazioni maggiori, a costruire un rapporto privilegiato tra PD e Cgil (sarà interessante vedere se e come inciderà su quest’ultima tendenza l’alleanza tra Bersani ed Enrico Letta)
Non mi sembra, invece, che - almeno per ora - le due candidature presentino differenze apprezzabili sul terreno della concezione laica del partito e dello Stato: vedo uno degli aspetti più positivi della dialettica che si è instaurata in seno al PD in queste ultime settimane nel fatto che in entrambi gli schieramenti che stanno delineandosi si mescolano ex-diessini, ex-margheritini e persone che non provengono da alcuna delle due vecchie formazioni politiche. Sono convinto che, quale che sia l’esito del congresso, ne risulterà comunque rafforzata la scelta della laicità come metodo indispensabile per la cooperazione tra credenti di tutte le fedi e non credenti nel governo della res publica. Quando il quadro delle candidature sarà completato, sceglierò tenendo conto della concezione del partito e del programma di governo che i candidati avranno proposto. Per questo seguo con molta attenzione quello che propone la nuova generazione dei democratici, il 30 giugno a Roma andrò ad ascoltare Bersani, il 2 luglio ad ascoltare Veltroni (che mi ha invitato a svolgere in quell’occasione un intervento); e sarei anche molto interessato ad ascoltare Chiamparino, se decidesse di candidarsi. Sul piano dei contenuti programmatici concreti, per il momento mi sembra che ci sia da segnalare soltanto il contributo al dibattito congressuale presentato da Enrico Morando il 26 giugno; ha il difetto di essere un po’ troppo lungo, ma i frequentatori di questo sito non faticheranno a trovare, nella seconda parte, forti assonanze con le mie proposte, particolarmente nei capitoli dedicati alle politiche del lavoro, delle relazioni industriali e dell’immigrazione.
Pietro Ichino, senatore PD
- la tendenza a costituirsi in corrente e a riproporre la vecchia forma-partito;
- la tendenza a prendere le distanze rispetto al metodo statutario delle primarie per l’elezione del segretario-candidato premier (scelta, questa, che invece considero fondamentale);
- la tendenza a concepire la politica del lavoro del PD in chiave “laburista”, cioè come espressione in sede parlamentare degli interessi propri del movimento sindacale; oppure, in una situazione di divisione tra le confederazioni maggiori, a costruire un rapporto privilegiato tra PD e Cgil (sarà interessante vedere se e come inciderà su quest’ultima tendenza l’alleanza tra Bersani ed Enrico Letta)
Non mi sembra, invece, che - almeno per ora - le due candidature presentino differenze apprezzabili sul terreno della concezione laica del partito e dello Stato: vedo uno degli aspetti più positivi della dialettica che si è instaurata in seno al PD in queste ultime settimane nel fatto che in entrambi gli schieramenti che stanno delineandosi si mescolano ex-diessini, ex-margheritini e persone che non provengono da alcuna delle due vecchie formazioni politiche. Sono convinto che, quale che sia l’esito del congresso, ne risulterà comunque rafforzata la scelta della laicità come metodo indispensabile per la cooperazione tra credenti di tutte le fedi e non credenti nel governo della res publica. Quando il quadro delle candidature sarà completato, sceglierò tenendo conto della concezione del partito e del programma di governo che i candidati avranno proposto. Per questo seguo con molta attenzione quello che propone la nuova generazione dei democratici, il 30 giugno a Roma andrò ad ascoltare Bersani, il 2 luglio ad ascoltare Veltroni (che mi ha invitato a svolgere in quell’occasione un intervento); e sarei anche molto interessato ad ascoltare Chiamparino, se decidesse di candidarsi. Sul piano dei contenuti programmatici concreti, per il momento mi sembra che ci sia da segnalare soltanto il contributo al dibattito congressuale presentato da Enrico Morando il 26 giugno; ha il difetto di essere un po’ troppo lungo, ma i frequentatori di questo sito non faticheranno a trovare, nella seconda parte, forti assonanze con le mie proposte, particolarmente nei capitoli dedicati alle politiche del lavoro, delle relazioni industriali e dell’immigrazione.
Pietro Ichino, senatore PD
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