Il decreto delegato presentato in parlamento sulla P. A. annulla gli spazi di autonomia dell’organo indipendente di valutazione.
Articolo di Pietro Ichino pubblicato su Corriere della Sera del 19 giugno
Caro direttore, nell' autunno scorso riconobbi al ministro della Funzione Pubblica Brunetta coraggio e determinazione nell'affrontare la questione dell' efficienza degli apparati burocratici dello Stato e degli Enti locali (Corriere, 17 novembre 2008).Con la stessa franchezza e senza alcuno spirito di parte registro oggi il suo cedimento alle resistenze che gli si sono opposte dall' interno dello stesso governo e da una parte degli apparati ministeriali.
Qui il resto del post Sette mesi fa l' apertura del ministro al contributo dell' opposizione consentì di delineare un sistema di valutazione indipendente della quantità e qualità dei servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche, che aveva la sua chiave di volta in un organo «garante» nazionale, concepito ovviamente come del tutto indipendente e autonomo esso stesso rispetto al governo, perché potesse sfuggire al peggiore nemico interno: l' alleanza tra vecchi apparati burocratici e vecchia politica per la difesa dello status quo. Si sarebbero potuti scegliere anche modelli diversi; ma questo è, inequivocabilmente, il modello delineato nella legge emanata il 4 marzo scorso (n. 15/09). Tanto il ministro era convinto della bontà di questo disegno, che in aprile egli elaborò una prima bozza del decreto di attuazione della legge, nella quale l' organismo garante era qualificato addirittura come «Autorità indipendente» ed era dotato del potere di auto-organizzazione e piena autonomia finanziaria. Ciò gli conferiva l'indipendenza effettiva e l'autorevolezza necessaria per svolgere credibilmente la funzione di arbitro fra le amministrazioni e i cittadini, capace di intervenire per correggere i difetti di trasparenza (si pensi al caso dell' ufficio che nega i dati relativi al proprio funzionamento o alle materie su cui sta procedendo), i difetti di indipendenza dei valutatori di ciascuna amministrazione, i possibili loro peccati di compiacenza verso il potere politico o la dirigenza apicale. Era una scelta davvero incisiva, che avrebbe allineato il nostro Paese a quelli più evoluti del Nord Europa. Nonostante essa fosse proposta dall' opposizione, il ministro la aveva fatta propria al punto che quando, a metà maggio, nel governo si manifestarono delle resistenze al varo del decreto, in particolare da parte del ministro dell' Economia, egli minacciò di dimettersi. Poi, invece, le resistenze politiche e dell' apparato hanno avuto la meglio. Il decreto è stato riscritto; l' autorità indipendente è scomparsa, sostituita da una grigia «commissione ministeriale», la quale deve operare «in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell' Economia». In omaggio al disegno originale contenuto nella legge-delega rimane soltanto una enunciazione verbale dell' «autonomia» della commissione; ma quell' autonomia è ora ridotta a un mero auspicio: nel nuovo testo, presentato dal ministro al Parlamento nei giorni scorsi, scompaiono - insieme all' autonomia operativa - anche l' autonomia organizzativa e quella finanziaria del nuovo organo, che dipenderà per entrambi gli aspetti dal Governo. La commissione sarà, peraltro, priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, cui sarà affidato il compito cruciale e delicato di elaborare e comunicare alla cittadinanza gli indici di qualità e quantità della performance. Scompare, nel decreto presentato dal governo alle Camere, l' «azione collettiva», di cui i cittadini avrebbero potuto avvalersi per denunciare gli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche. Dulcis in fundo, una norma nascosta tra le «finali e transitorie» esenta totalmente l' amministrazione della presidenza del Consiglio dall' intera nuova disciplina: non sarà vincolata né al principio della trasparenza totale, né a quello della valutazione indipendente. Capisco che la trasparenza non è il forte del nostro premier; ma non è questo un buon motivo per esentare da trasparenza e valutazione anche l' apparato che da lui direttamente dipende. Se il risultato deve essere questo, che bisogno c' è della nuova «commissione»? Non bastava dare una spolverata al vecchio «comitato tecnico-consultivo» presso la presidenza del Consiglio, oggi presieduto da Cirino Pomicino? Tutti sappiamo che la politica è fatta anche di compromessi. Ma il ministro Brunetta, sul terreno di questa riforma, aveva preso pubblicamente l' impegno a dimettersi, piuttosto che accettare un depotenziamento grave del testo legislativo. Poiché, invece, ha deciso di non dimettersi, ora egli deve ai cittadini una spiegazione riguardo a questo che appare come un vero e proprio dietrofront. Siamo in molti ad attenderla con vivo interesse.
Ichino Pietro Senatore PD
Articolo
Articolo di Pietro Ichino pubblicato su Corriere della Sera del 19 giugno
Caro direttore, nell' autunno scorso riconobbi al ministro della Funzione Pubblica Brunetta coraggio e determinazione nell'affrontare la questione dell' efficienza degli apparati burocratici dello Stato e degli Enti locali (Corriere, 17 novembre 2008).Con la stessa franchezza e senza alcuno spirito di parte registro oggi il suo cedimento alle resistenze che gli si sono opposte dall' interno dello stesso governo e da una parte degli apparati ministeriali.
Qui il resto del post Sette mesi fa l' apertura del ministro al contributo dell' opposizione consentì di delineare un sistema di valutazione indipendente della quantità e qualità dei servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche, che aveva la sua chiave di volta in un organo «garante» nazionale, concepito ovviamente come del tutto indipendente e autonomo esso stesso rispetto al governo, perché potesse sfuggire al peggiore nemico interno: l' alleanza tra vecchi apparati burocratici e vecchia politica per la difesa dello status quo. Si sarebbero potuti scegliere anche modelli diversi; ma questo è, inequivocabilmente, il modello delineato nella legge emanata il 4 marzo scorso (n. 15/09). Tanto il ministro era convinto della bontà di questo disegno, che in aprile egli elaborò una prima bozza del decreto di attuazione della legge, nella quale l' organismo garante era qualificato addirittura come «Autorità indipendente» ed era dotato del potere di auto-organizzazione e piena autonomia finanziaria. Ciò gli conferiva l'indipendenza effettiva e l'autorevolezza necessaria per svolgere credibilmente la funzione di arbitro fra le amministrazioni e i cittadini, capace di intervenire per correggere i difetti di trasparenza (si pensi al caso dell' ufficio che nega i dati relativi al proprio funzionamento o alle materie su cui sta procedendo), i difetti di indipendenza dei valutatori di ciascuna amministrazione, i possibili loro peccati di compiacenza verso il potere politico o la dirigenza apicale. Era una scelta davvero incisiva, che avrebbe allineato il nostro Paese a quelli più evoluti del Nord Europa. Nonostante essa fosse proposta dall' opposizione, il ministro la aveva fatta propria al punto che quando, a metà maggio, nel governo si manifestarono delle resistenze al varo del decreto, in particolare da parte del ministro dell' Economia, egli minacciò di dimettersi. Poi, invece, le resistenze politiche e dell' apparato hanno avuto la meglio. Il decreto è stato riscritto; l' autorità indipendente è scomparsa, sostituita da una grigia «commissione ministeriale», la quale deve operare «in collaborazione con la presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell' Economia». In omaggio al disegno originale contenuto nella legge-delega rimane soltanto una enunciazione verbale dell' «autonomia» della commissione; ma quell' autonomia è ora ridotta a un mero auspicio: nel nuovo testo, presentato dal ministro al Parlamento nei giorni scorsi, scompaiono - insieme all' autonomia operativa - anche l' autonomia organizzativa e quella finanziaria del nuovo organo, che dipenderà per entrambi gli aspetti dal Governo. La commissione sarà, peraltro, priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, cui sarà affidato il compito cruciale e delicato di elaborare e comunicare alla cittadinanza gli indici di qualità e quantità della performance. Scompare, nel decreto presentato dal governo alle Camere, l' «azione collettiva», di cui i cittadini avrebbero potuto avvalersi per denunciare gli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche. Dulcis in fundo, una norma nascosta tra le «finali e transitorie» esenta totalmente l' amministrazione della presidenza del Consiglio dall' intera nuova disciplina: non sarà vincolata né al principio della trasparenza totale, né a quello della valutazione indipendente. Capisco che la trasparenza non è il forte del nostro premier; ma non è questo un buon motivo per esentare da trasparenza e valutazione anche l' apparato che da lui direttamente dipende. Se il risultato deve essere questo, che bisogno c' è della nuova «commissione»? Non bastava dare una spolverata al vecchio «comitato tecnico-consultivo» presso la presidenza del Consiglio, oggi presieduto da Cirino Pomicino? Tutti sappiamo che la politica è fatta anche di compromessi. Ma il ministro Brunetta, sul terreno di questa riforma, aveva preso pubblicamente l' impegno a dimettersi, piuttosto che accettare un depotenziamento grave del testo legislativo. Poiché, invece, ha deciso di non dimettersi, ora egli deve ai cittadini una spiegazione riguardo a questo che appare come un vero e proprio dietrofront. Siamo in molti ad attenderla con vivo interesse.
Ichino Pietro Senatore PD
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