lunedì 8 ottobre 2012

Pietro Ichino sull’assemblea del PD

Perché Renzi avrebbe fatto meglio ad esserci all’Assemblea nazionale del PD
“Matteo Renzi aveva due motivi per non partecipare all’Assemblea nazionale, sabato all’Ergife. Uno formale: lui avrebbe potuto partecipare soltanto come osservatore, senza diritto di voto. Uno sostanziale: queste assise di partito sono sovente soltanto una passerella per i notabili e un luogo di ritrovo di quell’”apparato” che il sindaco di Firenze notoriamente non ama. Ma sabato all’Ergife non c’era solo questo: c’erano 615 rappresentanti veri dell’unico grande partito vero di cui oggi il nostro Paese disponga. Un partito impegnato a trovare – e, mi sembra, questa volta lo ha trovato – il giusto equilibrio tra la democrazia “interna”, quella delle centinaia di migliaia di iscritti, e la democrazia “esterna”, quella dei milioni di elettori. Certo, Renzi predilige il rapporto diretto con questi ultimi, gli elettori; ma sa pure che, se il 25 novembre prossimo i suoi molti supporters potranno esprimere il loro voto per lui, questo avverrà perché c’è un grande partito incarnato da iscritti, militanti e dirigenti, che sabato ha scelto di rendere contendibile la propria leadership dando vita a elezioni “primarie” davvero aperte. Questo è il motivo per cui Matteo non perde occasione per ripetere che, anche se perderà, il Pd resterà il suo partito; ed è sincero nel dirlo. Questo, però, è anche il motivo per cui avrebbe fatto meglio, sabato, a venire all’Ergife, anche soltanto nella veste, che per ora gli è data, di osservatore”.
In un precedente editoriale Ichino dichiara: “Nella palude attuale della politica italiana, il Pd oggi per merito del suo leader ha scelto di mettere la barra del timone in mano ai propri elettori, mostrando di aver capito che un partito non può riconquistare la fiducia della gente se esso stesso della gente ha paura. Ce ne sarebbe quanto basta per dire: “questo Bersani merita di vincere le primarie!”… se non ci fosse un neo nella sua relazione introduttiva all’Assemblea nazionale e nelle sue conclusioni. Non una sola parola su di una questione cruciale: come si può pensare di costruire una coalizione di governo credibile, che fa sua la strategia europea disegnata da Mario Monti, avendo come principale alleato un partito – SEL – che ogni giorno indica quella stessa strategia come la rovina del Paese e compie scelte concrete che vanno in direzione opposta? Se vuole vincere le primarie, il segretario del Pd deve trovare qualche cosa di convincente da dire su questo punto fondamentale della sua agenda; oppure cambiare rotta al più presto. Ieri all’Ergife su questo punto ha preferito tacere”.
I rapporti con Sel vanno chiariti in quanto Vendola continua a condizionare la posizione politica del Pd a cominciare dal referendum sull’art. 18 e dalla visione europea.

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