lunedì 2 marzo 2009

Flexsecurity e stage in Calabria

Si è vero la rete annulla lo spazio ed il tempo e cosi dopo tanti anni mi incontro con l’amico Franco Quattrone, già deputato e sottosegretario della presidenza del Consiglio con delega alla funzione pubblica, il quale mi scrive “ho letto quasi tutti gli scritti di Ichino. Li apprezzo e condivido gran parte delle sue analisi e proposte. Mi convince abbastanza il progetto della flexsecurity anche se ho delle osservazioni, o meglio dei dubbi su certi aspetti. In Calabria è venuta fuori, su suo stimolo, una polemica sui "cosiddetti stages" organizzati dalla regione per giovani - si fa per dire - laureati. Così ho scritto una nota che ho mandato al Presidente del Consiglio Regionale ed in copia a Ichino. La mando anche a te, per leggerla. Ciao. Franco
Riporto la lettera inviata Al Presidente del Consiglio regionale della Calabria mi permetto di inviarLe, pregandola di darne conoscenza ai componenti l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale, una breve nota di considerazioni e riflessioni, appena abbozzate e necessariamente succinte, sulla vicenda dei”voucher” a giovani laureati calabresi.
La vicenda e, più che la stessa, il dibattito innescato potrebbe considerarsi concluso.
Così non è.
Il merito che l’iniziativa ha, incontestabilmente, avuto è stato quello di denunciare la necessità di porre attenzione in termini seri alle politiche del lavoro nella nostra regione, tentando di dare una prima risposta.
La ringrazio per l’attenzione che vorrà riservare alle poche notazioni seguenti.
Il problema di fondo emerge, in termini quasi chiari, dai tanti interventi sui “voucher” assegnati dal Consiglio regionale a 500 “giovani” laureati.
Che la finalizzazione degli stessi sia stata pensata per finanziare uno stage od un master di alta formazione, a questo punto, appare del tutto secondario.
Finite le critiche; archiviate le risposte, le pur legittime rivendiche di pregresse operosità, il solenne ricordo di partecipazioni attive nella affermazione della necessità dell’etica pubblica, esaurite, insomma, le polemiche, restano: un dato positivo ed il problema reale che lo stesso ha posto in evidenza.
Il dato positivo: per la prima volta il Consiglio Regionale della Calabria, ma per comodità - diciamo la Regione-, ha spostato una considerevole quantità di denaro da capitoli improduttivi ma comodi ( benefit di vario tipo per i politici) ad un capitolo finalizzato comunque a dare un supporto a giovani laureati calabresi in fase di approccio al mondo del lavoro.
E’ vero, ha anche utilizzato, forse impropriamente, fondi comunitari, ma se non è corretto utilizzarli così, doverli restituire a Bruxelles, come è capitato più volte, è inqualificabile, devastante e coerente con la peggiore politica piagnucolosa, rivendicatrice ed inetta,
Sono state spese bene queste risorse? Non lo so, forse non al meglio (credo soprattutto per incomprensioni tra tecnici, università e politici), ma lo spirito, la voglia di fare qualcosa è assolutamente più che apprezzabile.
Certo, ritengo fondate le preoccupazioni espresse dal prof. Ichino rispetto al modus della iniziativa ed ai rischi che il suo svolgimento, cosi come programmato e presentato, offre.
La confusione terminologica ( stages -alta formazione- master di II° livello ), il periodo di studio - esperienza presso gli Enti locali, tutto poteva e potrebbe indurre i partecipanti ad immaginare, nonostante le ripetute precisazioni della Regione, uno sbocco occupazionale, non dico certo ma molto privilegiato e probabile, presso gli Enti locali.
Purtroppo, sia pure con diverse modalità, i precedenti abbondano nella nostra regione.
Basti ricordare le varie stabilizzazioni di precari del C.R ( non riesco ad immaginare gli effetti dell’ultima sentenza del Tar) dei LSU e LPU per giungere, tra stabilizzazioni e sanatorie anche nei vari enti, ai forestali ed alla L.285 ecc.
Ma c’è un rischio occulto parimenti se non maggiormente grave.
I giovani per due anni si potrebbero adagiare nell’esperienza e nel modesto, ma tutto sommato quasi gratuito, assegno percepito e potrebbero perdere, accantonare o almeno diminuire l’impegno ( e l’approfondimento di studio necessario ) nella ricerca di un vero inserimento nel mercato del lavoro. Se si impegneranno al meglio lo faranno perché convinti di conseguire un forte!! (necessariamente allo stato, ahimé men che generico) titolo preferenziale corrispondente ad un master in ..?.
Con l’ulteriore rischio, non irreale, che qualche aspirante dirigente sindacale li spinga a creare un comitato di lotta, di difesa e di salvaguardia delle “professionalità” acquisite ed inizi così una vecchia nuova lunga stagione di rivendiche del posto di lavoro.
Ovviamente non è il momento di continuare nella ulteriore pur minima, ma forse doverosa, osservazione del percorso interamente comune di approfondimento immaginato per tanti giovani dottori, in possesso delle lauree più diverse.
E’, invece, il momento di soffermarsi su una iniziativa così importante, innovativa, incidente sul piano delle politiche attive del lavoro, sempre concretamente assenti in Calabria, e di approfittare dello slancio politico e della forza dell’Istituzione promotrice, delle analisi, delle sensibilità manifestate, delle competenze scese in campo per iniziare la riflessione.
Fare un cenno alla gravità della crisi che ha investito l’economia del paese ed il mercato del lavoro sarebbe ripetere cose ormai acquisite dalla generalità e purtroppo spesso vissute quotidianamente in maniera drammatica da molti, specie in Calabria.
Se è certo che il Pil regionale è fatto in parte di stipendi pubblici è pur certo che, oltre gli altri settori, anche il resto delle attività private rientranti nei servizi risentirà della crisi.
Non so se sia vero che le grandi riforme possano essere varate più facilmente nei momenti di grave crisi, colgo, invece dopo anni di dibattiti, alcune possibili occasioni favorevoli per operare un tentativo di svolta nel mercato del lavoro in Calabria.
Ho seguito con notevole interesse gli interventi e le posizioni del sen. prof. Ichino nel dibattito sul mercato del lavoro, sul sistema duale che lo caratterizza, sui limiti dello stesso e sulle distorsioni prodotte, sulle proposte avanzate in più riprese e pur da non pochi anni per superarlo. Ho letto la bozza del progetto sulla flexsecurity che condivido in larga misura.
Vorrei partire da una sommaria lettura di alcuni dati di carattere generale perché, pur con tutti i limiti insiti in questo tipo di analisi, possono essere utili per una idea generale della problematica.
L’ultimo dato viene dall’Eurostat: “……..Dove invece 'spiccano' regioni italiane e' nella disoccupazione giovanile ” Dietro i dipartimenti d'Oltremare francese ed alcune regioni meridionali italiane, “al decimo posto in Europa ( con più del 34 %) è la Calabria.” Ma vorrei ricordare a me stesso, prima di continuare nel discorso, la partizione tecnica normalmente usata tra i termini: disoccupazione, in cerca di prima occupazione, inoccupati e ….altri (diciamo così).
Per quanto riguarda, poi, solo il nostro paese, a prescindere dalla graduatorie di demerito in cui quasi sempre primeggiamo, sarà opportuno ricordare pochi dati tratti dal solito annuario Istat 2008.
Su di una popolazione residente pari a circa 1.995.000 cittadini, lavorano in 602.000 (208.000 donne e 394.000 uomini) ripartiti, sempre per grandi linee, nei seguenti settori: agricoltura 66.000 ( 27.000 donne), industria 113.000 (11.000 donne) servizi 423.000 ( 170.000 donne). La disoccupazione è pari all’11,2% , (di cui il 5,6% di lunga durata e comunque la fascia è composta in maggioranza da soggetti tra i 34 ed i 45 anni ; 77.000 i soggetti attivamente! in cerca di occupazione (di cui 42.000 con esperienza) .
La percentuale di occupati stabilmente ( ma è stato già detto) anche tra i laureati da tre anni è anch’essa del 35 % ca. Non è il caso di approfondire ora i dati aggiungendo ed incrociando i tanti altri sempre di fonte Istat o Isfol o Eurostat ecc. pur utili per definire sempre meglio lo scenario di carattere generale che ci riguarda.
Difficili da interpretare univocamente partendo da ottiche e avendo obiettivi di utilizzazioni diverse; difficili da interpretare perché necessariamente, in atto, carenti di ulteriori indagini analitiche settoriali, che pur dovrebbero essere primo compito degli uffici regionali e provinciali deputati ai settori lavoro e formazione. Necessari per orientare e programmare le loro attività non di semplice routine.
Sarebbe utile conoscere i dati sui calabresi laureati in Università di altre regioni (escludo Messina per la straordinaria presenza nella stessa di studenti calabresi – forse ancora quasi il 40% o più del totale), e sulle percentuali dell’inserimento degli stessi nel mondo del lavoro, sulle sedi di lavoro degli stessi, sui settori di attività.
Sarebbe anche utile conoscere la percentuali di giovani laureati in Calabria e di calabresi laureati in altre regioni vincitori di concorsi nella p.a ed in particolare le percentuali nei concorsi per magistrati, ( ordinari, amministrativi, ecc) notaio, avvocato dello stato, ecc, nei concorsi per dirigenti, funzionari e impiegati pubblici; sarebbe importantissimo sapere quanti giovani calabresi hanno iniziato una attività di ricerca in altre Università, quanti si sono inseriti nel mondo della grande impresa e della finanza ecc.
L’esame dell’insieme dei dati forse porterebbe a nuove importanti riflessioni.
Situazione drammatica dunque, in particolare per le prospettive delle nuove generazioni.
Tentiamo di dare un contributo al superamento, ripensiamo alle analisi già compiute sulle cause del mancato decollo del mezzogiorno anche nei momenti di grande slancio dell’economia. Ripensiamo alle analisi sulla crisi del mercato del lavoro in Calabria, sulle cause, anche non direttamente percepibili, dei grandi numeri della disoccupazione ed in particolare di quella giovanile.
Il vigente sistema duale del mercato del lavoro ha, senza dubbio pesato, così come la qualità della domanda di lavoro.
La genericità delle qualifiche, la grave mancanza generalizzata di forza lavoro realmente professionale, e di quella altamente specializzata, al passo con le continue innovazioni tecnologiche di settori industriali che presuppongono anche una notevole flessibilità del mercato, sono la seconda delle cause del mancato potere di attrazione di nuovi insediamenti.
L’ulteriore indisponibilità anche di una quota tra la forza lavoro specializzata, testata e già occupata ma disposta a partecipare alla logica di un moderno mercato rimettendosi in gioco con l’aderire, dopo averla verificata, ad una nuova iniziativa produttiva, è certamente un altro dei fattori determinanti nello scoraggiare possibili intraprese industriali in un mercato regionale, minato da altri elementi di debolezza esterni ma fortemente incidenti (quali il potere della ndrangheta, la grave carenza di infrastrutture e le vischiosità della burocrazia e della politica, le posizioni del sindacato).
La combinazione di rigidità contrattuale, sia sul piano dell’intangibilità dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, che su quella della possibile contrattazione aziendale, (attenzione!!!!…..immagino già le certe reazioni a fronte non dico del pericolo ma anche solo del sospetto di possibili “gabbie salariali”) la scarsa partecipazione degli interessati al mercato del lavoro ed alle moderne logiche dello stesso, l’assoluta carenza non solo di vere politiche attive del lavoro, ma anche di sistemi pubblici di monitoraggio costante e di informazione propositiva, sono da sole formidabili freni. Se alle stesse si aggiunge la fiorente esistenza di un parallelo mercato “nero” (che non vuol dire di extracomunitari) del lavoro dai costi assai minori cui attingere, il fermo ed il blocco sono certi, quasi inamovibili.
Resta sempre da risolvere il dubbio perché tale ultimo fiorentissimo fenomeno non venga individuato e stroncato, essendo teoricamente agevole farlo grazie al possibile incrocio di dati.
Infine le vischiosità della burocrazia, le disattenzioni della politica e le rigidità delle posizioni dei sindacati. Ogni parola aggiunta all’argomento è ….. far piovere sul bagnato.
Un nuovo ruolo del sindacato è urgente ed essenziale. Certo prima di giudicare e condannare, occorre far mente locale alla situazione dell’economia e del lavoro calabrese ed al ruolo che il sindacato ha assunto o è stato costretto ad assumere.
Una seria riflessione sull’argomento, non potrà prescindere dal partire dalla vecchia strategia, talvolta comune a politica e sindacato: ottenere una lunga …..infinita cassa integrazione e sulle devastanti conseguenze derivanti da questa logica ( stabilizzazione di precari, ampliamenti di bacini, incremento del mercato nero protetto od almeno subito passivamente ecc.).
I nuovi modelli contrattuali siglati tra Sindacati e Confindustria, con l’ancor timida ma importante apertura ad un momento aziendale significativo e qualificante sul piano retributivo, la proposta di una seria modifica del sistema di sicurezza e di protezione dei lavoratori per l’avvenire (la flexsecrity proposta dal sen. Ichino) aprono oggettivamente nuovi spazi anche ad una rivitalizzazione del mercato del lavoro nella nostra regione.
Uno dei principali blocchi o freni allo sviluppo sta per essere attenuato o addirittura cadere. Occorre mettere mano all’altro per rimuoverlo.
Non mancano certamente le intelligenze anzi i talenti, le capacità, le preparazioni professionali, anche di eccezionale livello.
Il problema è che le stesse, in larga misura, se motivate a realizzare al meglio l’obiettivo ed utilizzare ed approfondire le conoscenze acquisite, sono costrette a ricercare da sole sbocchi di impegno ed occupazionali frequentemente fuori dall’ambito regionale, sovente trovandolo e conseguendo poi notevoli successi.
L’alternativa, invece, è spesso una via, via sempre più rassegnata attesa della “volta buona”, poi forse all’accettazione un lavoro inadeguato alle competenze acquisite o, ancor peggio, alla partecipazione ad una qualunque forma succedanea di assistenzialismo ( Lsu ecc ) con lo sguardo spesso rivolto solo agli enti pubblici visti come dispensatori del “posto” e dello stipendio fisso.
Non so cosa si sia veramente proposto il Consiglio regionale con la legge 28/08; leggo sui quotidiani che lavoratori provenienti da società ed aziende diverse, in forza della stessa, coerentemente a quanto è stato loro assicurato, reclamano giustamente la definitiva soluzione della loro vertenza.
Non credo che nell’attesa la regione abbia offerto agli stessi anche la possibilità di percorsi formativi di perfezionamento o di vera riqualificazione. Non capisco perché anche la L.R. 5/2001 sia rimasta dormiente per tanti lunghi anni.
Ed il discorso va all’altro nodo, quello che ci riporta anche alla polemica, formazione, alta formazione ecc.
Formazione: per anni abbiamo letto di corsi per pittori, pizzaioli, tornitori, estetisti ecc. Poi è stata la volta dei programmatori e quant’altro connesso alla..- informatica….. poi….. .
Sarebbe bello e rasserenante pensare, avendo non dico certezze ma fondate speranze, che detti corsi saranno autorizzati e programmati dopo una reale analisi dei bisogni dei qualificandi e della possibilità di assorbimento nel mercato. Sarebbe bello sapere che regione ed a cascata giù fino ai centri per l’impiego, aiutano i giovani a far emergere le proprie potenzialità ed aspirazioni e li indirizzano verso il percorso formativo più adatto e che offre probabili maggiori sbocchi occupazionali.
Questo a maggior ragione per l’alta formazione. E’anche doveroso finanziare diversi Master specialistici anche di 2° livello differenziati per precise discipline professionali. Una procedura di verifica e di assistenza specialistica seria dovrà, però, essere antecedente l’ammissione in modo da coinvolgere il giovane impegnandolo fino in fondo nell’attività formativa.
Una assistenza ancor più pregante e specialistica lo dovrà accompagnare nella introduzione al mercato del lavoro e nella ricerca attiva del datore di lavoro privato ( ma forse anche pubblico )
Anche per impedire il consolidarsi di un sistema in cui, alla fine, la partecipazione a fatti formativi anche di grande livello sia visto sempre solo come momento di parcheggio, magari anche di modesta retribuzione, con il certo, magari non particolarmente faticoso, conseguimento di un …….titolo da archiviare e mettere nel curriculum.
Ecco che può essere valutata ed apprezzata l’idea di dotare i giovani che abbiano tratto profitto vero dal momento formativo di un voucher da portare in dote all’azienda che utilizzerà questa risorsa. In qualche misura un nuovo schema di contratto di formazione e lavoro (come non ricordare il grande successo ottenuto ed grandissimi risultati dati dall’istituto) per cui il giovane stesso finanzierà, almeno in parte, con il suo voucher l’esperienza sul campo e sopperirà alla ridotta retribuzione.
Forse si riuscirà a vedere la prima timida realizzazione di quella che è sembrata un’utopia pensata da uno studioso “sognatore” come il prof. Ichino: immaginare il mezzogiorno come primo momento di verifica del grande progetto: far cadere ogni ostacolo alla possibilità che i lavoratori scelgano il proprio datore di lavoro e che gli stessi siano il traino e la nascita di nuovi veri processi industriali nella nostra regione.
Su questi temi sono assolutamente necessari maggiori approfondimenti, altre pacate riflessioni ed approfonditi contributi; l’optimum sarebbe cogliere l’occasione per promuovere una iniziativa che, dal confronto delle diverse idee e proposte, faccia emergere indirizzi operativi immediati per l’effettiva realizzazione di una politica attiva del lavoro in Calabria.
Con viva cordialità
Franco Quattrone
Stages in Calabria
Lettere di studenti

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