Lavoro stabile attraverso l’adozione della flexsecurity
L’articolo è stato pubblicato da Il Novese giovedi 12 marzo 2009
Matteo Morando è uno studente Universitario di Genova e responsabile del gruppo Con Pietro Ichino per una svolta riformista su Facebook che si interessa del mercato del lavoro e del cambiamento nelle Pubbliche Amministrazioni.
Se Giorgio Gaber ebbe modo di affermare “la mia generazione ha perso” le nuove generazioni potrebbero lamentare il fatto di non aver neppure potuto inizare a giocare. Se così è, molto lo si deve alle politiche del lavoro che sono state intraprese a livello nazionale dagli anni ’90 fino ai giorni nostri.
A partire dal pacchetto Treu, introdotto per ovviare ad una preoccupante disoccupazione giovanile, fino al D. Lgs. n. 276/2003, le nuove generazioni hanno dovuto subire l’incalzante diffusione delle cosiddette forme di lavoro flessibile che, se da un lato hanno contribuito all’ingresso nel mondo del lavoro, dall’altro hanno portato all’affermazione del precariato e ad un netto calo delle retribuzioni.
L’attuale sistema non garantisce adeguate tutele ad un’ampia fascia di lavoratori che varia dai dipendenti delle cooperative ai tirocinanti e giovani professionisti, questi ultimi spesso neppure stipendiati.
Tuttavia, il difficile momento che stiamo vivendo impone di sostenere un’economia meno spregiudicata, maggiormente incline all’etica, capace di restituire al lavoro il ruolo attribuitogli dalla Costituzione quale fondamento dell’individuo e della famiglia.
Perché ciò possa avvenire, occorre che il sistema attuale muti in flexsecurity ossia in un’intesa tra lavoratori e imprenditori per la quale questi ultimi rinuncino al lavoro precario proponendo ai neoassunti contratti di lavoro a tempo indeterminato resi più flessibili da alcuni accorgimenti.
A tal proposito, in Italia esiste un disegno di legge a firma del Senatore Pietro Ichino che prevede il ricorso a forme contrattuali a tempo indeterminato, precedute da un periodo di prova di sei mesi, da estendere a tutti i nuovi rapporti di lavoro, ad eccezione di quelli stagionali o puramente occasionali.
La proposta di Ichino prevede una contribuzione previdenziale in misura uguale per tutti i nuovi rapporti, accompagnata da una fiscalizzazione tale da comportare un abbassamento dei costi per le aziende.
Terminato il periodo di prova, in caso di licenziamento disciplinare, discriminatorio, per rappresaglia o, più in generale, per motivo illecito troverebbe applicazione l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori mentre, in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi, il lavoratore riceverebbe dall’impresa un congruo indennizzo che cresce con l’anzianità di servizio.
La flexsecurity prevede, inoltre, l’attivazione di un’assicurazione contro la disoccupazione condizionata alla disponibilità del lavoratore a seguire attività di riqualificazione professionale finalizzate alla sua rioccupazione. Essa dovrebbe avere una durata pari a quella del rapporto intercorso, un limite massimo di quattro anni ed una copertura, decrescente di anno in anno, che varia dal 90% dell’ultima retribuzione al primo anno per scendere al 60% nell’ultimo anno.
I finanziamenti necessari a coprire i costi dell’assicurazione andrebbero a carico delle aziende seguendo un criterio di bonus/malus. L’imprenditore che dovesse ricorrere con maggiore frequenza al licenziamento per motivi economici od organizzativi sarà soggetto ad un aumento del contributo mentre chi non dovesse servirsene verrebbe a godere di una progressiva diminuzione.
Infine, al lavoratore licenziato sarebbe garantito il diritto a rivolgersi al giudice del lavoro cui è affidato il compito di controllare solamente che il licenziamento non sia dipeso da motivi illeciti.
Un filtro ai licenziamenti per motivo economico dovrebbe essere rappresentato dalla legge o dai contratti collettivi nazionali chiamati a determinarlo in misura tanto più alta quanto maggiore è il livello di stabilità che si vuol garantire.
In una realtà lavorativa incerta come quella presente, la flexsecurity, applicata a tutte le categorie di lavoratori non stagionali, potrebbe determinare l’inversione di rotta necessaria a restituire fiducia e serenità ad un sistema economico e ad una generazione che hanno un’infinita voglia di giocare e, per rendere giustizia a Giorgio Gaber, anche di vincere.
Matteo Morando
L’articolo è stato pubblicato da Il Novese giovedi 12 marzo 2009
Matteo Morando è uno studente Universitario di Genova e responsabile del gruppo Con Pietro Ichino per una svolta riformista su Facebook che si interessa del mercato del lavoro e del cambiamento nelle Pubbliche Amministrazioni.
Se Giorgio Gaber ebbe modo di affermare “la mia generazione ha perso” le nuove generazioni potrebbero lamentare il fatto di non aver neppure potuto inizare a giocare. Se così è, molto lo si deve alle politiche del lavoro che sono state intraprese a livello nazionale dagli anni ’90 fino ai giorni nostri.
A partire dal pacchetto Treu, introdotto per ovviare ad una preoccupante disoccupazione giovanile, fino al D. Lgs. n. 276/2003, le nuove generazioni hanno dovuto subire l’incalzante diffusione delle cosiddette forme di lavoro flessibile che, se da un lato hanno contribuito all’ingresso nel mondo del lavoro, dall’altro hanno portato all’affermazione del precariato e ad un netto calo delle retribuzioni.
L’attuale sistema non garantisce adeguate tutele ad un’ampia fascia di lavoratori che varia dai dipendenti delle cooperative ai tirocinanti e giovani professionisti, questi ultimi spesso neppure stipendiati.
Tuttavia, il difficile momento che stiamo vivendo impone di sostenere un’economia meno spregiudicata, maggiormente incline all’etica, capace di restituire al lavoro il ruolo attribuitogli dalla Costituzione quale fondamento dell’individuo e della famiglia.
Perché ciò possa avvenire, occorre che il sistema attuale muti in flexsecurity ossia in un’intesa tra lavoratori e imprenditori per la quale questi ultimi rinuncino al lavoro precario proponendo ai neoassunti contratti di lavoro a tempo indeterminato resi più flessibili da alcuni accorgimenti.
A tal proposito, in Italia esiste un disegno di legge a firma del Senatore Pietro Ichino che prevede il ricorso a forme contrattuali a tempo indeterminato, precedute da un periodo di prova di sei mesi, da estendere a tutti i nuovi rapporti di lavoro, ad eccezione di quelli stagionali o puramente occasionali.
La proposta di Ichino prevede una contribuzione previdenziale in misura uguale per tutti i nuovi rapporti, accompagnata da una fiscalizzazione tale da comportare un abbassamento dei costi per le aziende.
Terminato il periodo di prova, in caso di licenziamento disciplinare, discriminatorio, per rappresaglia o, più in generale, per motivo illecito troverebbe applicazione l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori mentre, in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi, il lavoratore riceverebbe dall’impresa un congruo indennizzo che cresce con l’anzianità di servizio.
La flexsecurity prevede, inoltre, l’attivazione di un’assicurazione contro la disoccupazione condizionata alla disponibilità del lavoratore a seguire attività di riqualificazione professionale finalizzate alla sua rioccupazione. Essa dovrebbe avere una durata pari a quella del rapporto intercorso, un limite massimo di quattro anni ed una copertura, decrescente di anno in anno, che varia dal 90% dell’ultima retribuzione al primo anno per scendere al 60% nell’ultimo anno.
I finanziamenti necessari a coprire i costi dell’assicurazione andrebbero a carico delle aziende seguendo un criterio di bonus/malus. L’imprenditore che dovesse ricorrere con maggiore frequenza al licenziamento per motivi economici od organizzativi sarà soggetto ad un aumento del contributo mentre chi non dovesse servirsene verrebbe a godere di una progressiva diminuzione.
Infine, al lavoratore licenziato sarebbe garantito il diritto a rivolgersi al giudice del lavoro cui è affidato il compito di controllare solamente che il licenziamento non sia dipeso da motivi illeciti.
Un filtro ai licenziamenti per motivo economico dovrebbe essere rappresentato dalla legge o dai contratti collettivi nazionali chiamati a determinarlo in misura tanto più alta quanto maggiore è il livello di stabilità che si vuol garantire.
In una realtà lavorativa incerta come quella presente, la flexsecurity, applicata a tutte le categorie di lavoratori non stagionali, potrebbe determinare l’inversione di rotta necessaria a restituire fiducia e serenità ad un sistema economico e ad una generazione che hanno un’infinita voglia di giocare e, per rendere giustizia a Giorgio Gaber, anche di vincere.
Matteo Morando
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