Ieri è stato presentato dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan il rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia.
Dal rapporto emerge che è povero il 13% della popolazione italiana costretto a sopravvivere con meno di metà del reddito medio italiano, ossia con meno di 500-600 euro al mese. A rischio povertà vi sono i quasi poveri ossia quelle persone che sono al di sopra della soglia di povertà per una somma esigua, che va dai 10 ai 50 euro al mese. Rispetto all’Europa dei 15, l’Italia presenta una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà.
Il Rapporto individua due fasce di popolazione in difficoltà: le persone non autosufficienti e le famiglie con figli.
In Italia si afferma nel rapporto “risulta povero il 30,2% delle famiglie con 3 o più figli, e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno (al 2006, ultimi dati disponibili). Si tratta di percentuali molto elevate: avere più figli in Italia comporta un maggiore rischio di povertà, con una penalizzazione non solo per i genitori che si assumono questa responsabilità ma soprattutto per i figli, costretti a una crescita con meno opportunità”.
In altri paesi europei il numero dei figli non incide sul tasso di povertà e specificatamente in Norvegia dove il tasso di povertà diminuisce con l’aumento del numero dei bambini.
Nell’Europa dei 15 i trasferimenti sociali riducono la povertà del 50%. Mentre in Italia l’incidenza della spesa sociale riduce il rischio di povertà per il 4%.
Il Rapporto segnala che gli interventi sociali sono erogati a livello centrale e non a livello locale diversamente da quanto prevedono le nuove norme introdotte e la tendenza ad affidare alle autonomie locali maggiori responsabilità.
Il rapporto non si limita a fotografare la realtà del paese ma offre delle riflessioni e delle proposte per cambiare il sistema di protezione sociale che presenta insufficienze rispetto all’obiettivo di ridurre la povertà.
Passare da “un approccio per categoria a un approccio basato sulla persona, la sua effettiva condizione, i suoi bisogni di protezione e promozione sociale, e trovando soluzioni perché almeno una parte del trasferimento monetario possa essere fruita in termini di servizi accessibili, come prestazioni di sostegno alla domiciliarità, attività di socializzazione, servizi per l’inserimento lavorativo, di accoglienza familiare part-time ecc”. “Occorre applicare seriamente il principio di equità sociale e di universalismo selettivo – sottolinea Tiziano Vecchiato –, ponendo fine alle rendite di posizione, agli interventi a pioggia, mettendo al centro le persone...”. E mons.Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, ribadisce: “La politica – quella vera e non serva del dio denaro – deve fare la sua parte. Riaffermando il bene comune e il primato della persona umana sui mercati”.
Sempre ieri è stato presentato dalla Banca d’Italia il Bollettino Economico di ottobre nel quale si afferma che:
- la spesa delle famiglie italiane si è contratta dello 0,3% nel primo semestre rispetto al 2007;
- il numero delle persone che hanno perso il posto di lavoro è in forte crescita;
- le previsioni di crescita dell’economia sono state ribassate e per il 2009 si prevede che i tassi di crescita del PIL si attesteranno intorno allo zero;
- la crescita economica ristagna, la produzione industriale è in calo e le esportazioni si sono ridotte.
Occorre ricordare che il direttore generale della FAO ha parlato di tragedia alimentare che colpisce i paesi più poveri del mondo senza prospettive serie di miglioramento. “Il numero delle persone denutrite prima dell'impennata dei prezzi del 2007-2008 ammontava a 850 milioni. Solamente nel 2007 tale numero è aumentato di 75 milioni raggiungendo quota 925 milioni".
La crisi dei mercati finanziari, nonostante gli interventi effettuati dai paesi sviluppati, aggraverà lo stato dell’economia reale, la condizione delle persone con bassi redditi e non aiuterà i paesi in via di sviluppo ad invertire il trend della povertà in rapida ascesa.
Il pianeta è in crisi: economica, sociale, morale ed etica che colpisce i soggetti più deboli dei paesi sviluppati e di quelli poveri.
E' inaccettabile istituire la mutua degli animali, dedicando somme rilevanti, e non pensare a sostenere le persone deboli.
In precedenti post ho sostenuto che occorre introdurre il quoziente familiare, tanto declamato dal centro destra durante la campagna elettorale, ed effettuare nello stesso momento una ricognizione delle prestazioni sociali erogate dai Comuni, dall'INPS e da altri Enti al fine di stabilire coerenza, trasparenza ed efficacia degli interventi. La moltiplicazione degli interventi assistenziali, tra cui ultima la social card, non permette di avere una visione complessiva e puntuale dell'efficacia degli interventi stessi. E' necessario innovare il sistema di sicurezza sociale in vigore perchè non tiene conto dei nuovi bisogni e delle nuove povertà. il cannocchiale
Rapporto sulla povertà
Banca d'Italia - Bollettino Economico
Dal rapporto emerge che è povero il 13% della popolazione italiana costretto a sopravvivere con meno di metà del reddito medio italiano, ossia con meno di 500-600 euro al mese. A rischio povertà vi sono i quasi poveri ossia quelle persone che sono al di sopra della soglia di povertà per una somma esigua, che va dai 10 ai 50 euro al mese. Rispetto all’Europa dei 15, l’Italia presenta una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà.
Il Rapporto individua due fasce di popolazione in difficoltà: le persone non autosufficienti e le famiglie con figli.
In Italia si afferma nel rapporto “risulta povero il 30,2% delle famiglie con 3 o più figli, e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno (al 2006, ultimi dati disponibili). Si tratta di percentuali molto elevate: avere più figli in Italia comporta un maggiore rischio di povertà, con una penalizzazione non solo per i genitori che si assumono questa responsabilità ma soprattutto per i figli, costretti a una crescita con meno opportunità”.
In altri paesi europei il numero dei figli non incide sul tasso di povertà e specificatamente in Norvegia dove il tasso di povertà diminuisce con l’aumento del numero dei bambini.
Nell’Europa dei 15 i trasferimenti sociali riducono la povertà del 50%. Mentre in Italia l’incidenza della spesa sociale riduce il rischio di povertà per il 4%.
Il Rapporto segnala che gli interventi sociali sono erogati a livello centrale e non a livello locale diversamente da quanto prevedono le nuove norme introdotte e la tendenza ad affidare alle autonomie locali maggiori responsabilità.
Il rapporto non si limita a fotografare la realtà del paese ma offre delle riflessioni e delle proposte per cambiare il sistema di protezione sociale che presenta insufficienze rispetto all’obiettivo di ridurre la povertà.
Passare da “un approccio per categoria a un approccio basato sulla persona, la sua effettiva condizione, i suoi bisogni di protezione e promozione sociale, e trovando soluzioni perché almeno una parte del trasferimento monetario possa essere fruita in termini di servizi accessibili, come prestazioni di sostegno alla domiciliarità, attività di socializzazione, servizi per l’inserimento lavorativo, di accoglienza familiare part-time ecc”. “Occorre applicare seriamente il principio di equità sociale e di universalismo selettivo – sottolinea Tiziano Vecchiato –, ponendo fine alle rendite di posizione, agli interventi a pioggia, mettendo al centro le persone...”. E mons.Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, ribadisce: “La politica – quella vera e non serva del dio denaro – deve fare la sua parte. Riaffermando il bene comune e il primato della persona umana sui mercati”.
Sempre ieri è stato presentato dalla Banca d’Italia il Bollettino Economico di ottobre nel quale si afferma che:
- la spesa delle famiglie italiane si è contratta dello 0,3% nel primo semestre rispetto al 2007;
- il numero delle persone che hanno perso il posto di lavoro è in forte crescita;
- le previsioni di crescita dell’economia sono state ribassate e per il 2009 si prevede che i tassi di crescita del PIL si attesteranno intorno allo zero;
- la crescita economica ristagna, la produzione industriale è in calo e le esportazioni si sono ridotte.
Occorre ricordare che il direttore generale della FAO ha parlato di tragedia alimentare che colpisce i paesi più poveri del mondo senza prospettive serie di miglioramento. “Il numero delle persone denutrite prima dell'impennata dei prezzi del 2007-2008 ammontava a 850 milioni. Solamente nel 2007 tale numero è aumentato di 75 milioni raggiungendo quota 925 milioni".
La crisi dei mercati finanziari, nonostante gli interventi effettuati dai paesi sviluppati, aggraverà lo stato dell’economia reale, la condizione delle persone con bassi redditi e non aiuterà i paesi in via di sviluppo ad invertire il trend della povertà in rapida ascesa.
Il pianeta è in crisi: economica, sociale, morale ed etica che colpisce i soggetti più deboli dei paesi sviluppati e di quelli poveri.
E' inaccettabile istituire la mutua degli animali, dedicando somme rilevanti, e non pensare a sostenere le persone deboli.
In precedenti post ho sostenuto che occorre introdurre il quoziente familiare, tanto declamato dal centro destra durante la campagna elettorale, ed effettuare nello stesso momento una ricognizione delle prestazioni sociali erogate dai Comuni, dall'INPS e da altri Enti al fine di stabilire coerenza, trasparenza ed efficacia degli interventi. La moltiplicazione degli interventi assistenziali, tra cui ultima la social card, non permette di avere una visione complessiva e puntuale dell'efficacia degli interventi stessi. E' necessario innovare il sistema di sicurezza sociale in vigore perchè non tiene conto dei nuovi bisogni e delle nuove povertà. il cannocchiale
Rapporto sulla povertà
Banca d'Italia - Bollettino Economico
3 commenti:
il 90% degli italiano hanno la casa in proprietà.
vorrei sapere come questo dato sta insieme alla cifra del 25% di poveri di cui parla il rapporto caritas.
inoltre mi risulta che in italia c'è un sistema sanitario universalistico.
che è un grandissimo equibratore.
infine: l'italia è il paese a più alto tasso di invecchiamento demografico. si vive più a lungo.
vorrei tanto che questi ricercatori inquadrassero meglio il problema.
a meno che il loro obiettivo sia un ulteriore innalzamanto del livello di tassazione e un ulteriore impoverimento del ceto medio produttivo. che certamante non è ai margini della povertà , ma che è l'unico a produrre rchezza in questo paese
Caro Amalteo il tuo ragionamento non fa una grinza. Occorre tenere presente che il ceto medio produttivo si restringe sempre di più mentre prima tendeva ad ampliarsi. A me fa paura questo trend che potrebbe impoverire le persone. Inoltre, coloro che perdono il posto di lavoro e che molto spesso non hanno casa e le famiglie che diminuiscono il consumo dei beni di prima necessità rappresentano dei segnali da considerare. Occorre (mi trovo d'accorto con te)conoscere il processo della povertà (investimenti, persone bisognose,prestazioni) per intervenire in modo efficace: troppi interventi, troppi enti e troppe persone povere. Ritengo che è necessario passare ad una assistenza attiva non in modo completo che crei ricchezza e liberi le persone dal bisogno. Ho letto il libro di C. K. Prahalad "La fortuna alla base della piramide" che ha come sottotitolo Sconfiggere la povertà e realizzare profitti. Molto spesso vengono assistiti sempre le medesime persone perchè non sono sostenute a liberarsi dal bisogno e a creare ricchezza. Il rapporto si base in parte su dati dell'Istat del 2006. Ti ringrazio per le tue interessanti riflessioni.
grazie per la replica , antonino
molto interessante
mai come in quasta congiuntura il nostro servizio sanitario nazionale mi appare come un porto sicuro
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