Articolo di Donata Gottardi, parlamentare europeo, pubblicato su L’Unità del 18 ottobre 2008
La paura, un fenomeno che si alimenta della spirale negativa che caratterizza le borse, i mercati e, a breve, anche i consumi e la produzione. Questo scenario, impensabile fino a pochi mesi fa, sta cambiando l’ordine delle emergenze e fa sembrare banali gli altri temi. Eppure gli elementi per capire cosa stava per succedere erano davanti ai nostri occhi e in Europa avremmo potuto prendere immediati provvedimenti.
Noi socialisti non abbiamo mai demonizzato il mercato, abbiamo sempre detto e scritto che la tentazione di abbandonare la produzione per finanziarizzare l’economia era pericolosissima e che il mercato non è una libera arena senza regole. Al Parlamento europeo abbiamo posto all’attenzione da tempo due questioni fondamentali che evidenziano le lacune da cui è originata la crisi: la mancanza di una comune supervisione finanziaria e prudenziale e di una regolamentazione adeguata di tutti i prodotti finanziari, soprattutto dei derivati. Per questa ragione siamo stati promotori di due importanti iniziative legislative, adottate dal PE, sulla supervisione prudenziale europea armonizzata e consolidata per i grandi gruppi finanziari e sulla regolamentazione dei fondi speculativi e delle Private Equity.
È necessario agire a livello europeo su diversi piani:
- interventi coordinati nell’area Euro per mantenere liquidità sui mercati, garantendo i prestiti interbancari, ricapitalizzare con intervento pubblico le grandi banche in difficoltà e tutelare i risparmi dei cittadini;
- regole quali le garanzie patrimoniali per tutti i soggetti finanziari, la valutazione del rischio, le remunerazioni degli alti dirigenti finanziari, la revisione del ruolo delle agenzie di rating, la garanzia sui depositi bancari, le regole contabili internazionali e le sanzioni;
- il passaggio a una governance economica per la stabilità finanziaria e la crescita economica, da finanziare con strumenti aggiuntivi,come gli Eurobonds o un Fondo di investimento.
Serve più Europa, più integrazione europea e maggiore responsabilità politica dei governi e delle istituzioni europee rispetto al senso e al ruolo ultimo dell’UE e della sua capacità di garantire sicurezza e benessere ai suoi cittadini e contribuire alla stabilità internazionale. È impressionante registrare il cambiamento di posizioni che si sta realizzando all’interno della commissione economica del Parlamento europeo. Fino a qualche mese fa a ogni incontro con il presidente della Bce, Trichet, eravamo noi socialisti a chiedere maggiore controllo e supervisione. Ora,su tutti i dossier aperti, anche i popolari e i liberali sostengono questa impostazione, con una variante però che continua a caratterizzarci.
La loro proposta prevede di richiudersi e di tornare alla difesa nazione per nazione. Una ricetta sbagliata,come spiegano gli economisti,ancora di più oggi, dato l’intreccio dei sistemi economici e finanziari su scala globale, come dimostra il fatto stesso che l’Unione europea ha subito il contagio dei “prodotti tossici”statunitensi.
Ci aspettiamo che le vicende attuali spingano gli attori politici e le istituzioni verso atteggiamenti più lungimiranti e responsabili.
Penso che sarà più facile raggiungere un buon accordo sul rapporto sulle Finanze pubbliche 2007-2008, di cui sono relatrice, dove chiedo una governance coordinata,investimenti comuni e qualità della spesa pubblica, che non significa tagli indiscriminati e riduzione del Welfare State ma un ridisegno dell’intervento dello Stato attraverso politiche macroeconomiche e di bilancio che siano più vicine alle esigenze delle cittadine e dei cittadini. Lo stesso per la revisione della direttiva sui Fondi comuni di investimento, di cui sono relatrice ombra per il PSE, dove vorrei rafforzare l’impalcatura di regole e di controlli favorendo l’emergere di un mercato europeo armonizzato rispetto a un prodotto finanziario di larga distribuzione al dettaglio e che ha un peso rilevante anche riguardo ai fondi pensione.
È il momento di impegnarsi nell’adozione di misure concrete.
Troppo spesso ne abbiamo parlato senza trarne le conseguenze e senza cimentarci nel reimpostare le nostre politiche tese a evitare il richiudersi a riccio individuale.
La paura, un fenomeno che si alimenta della spirale negativa che caratterizza le borse, i mercati e, a breve, anche i consumi e la produzione. Questo scenario, impensabile fino a pochi mesi fa, sta cambiando l’ordine delle emergenze e fa sembrare banali gli altri temi. Eppure gli elementi per capire cosa stava per succedere erano davanti ai nostri occhi e in Europa avremmo potuto prendere immediati provvedimenti.
Noi socialisti non abbiamo mai demonizzato il mercato, abbiamo sempre detto e scritto che la tentazione di abbandonare la produzione per finanziarizzare l’economia era pericolosissima e che il mercato non è una libera arena senza regole. Al Parlamento europeo abbiamo posto all’attenzione da tempo due questioni fondamentali che evidenziano le lacune da cui è originata la crisi: la mancanza di una comune supervisione finanziaria e prudenziale e di una regolamentazione adeguata di tutti i prodotti finanziari, soprattutto dei derivati. Per questa ragione siamo stati promotori di due importanti iniziative legislative, adottate dal PE, sulla supervisione prudenziale europea armonizzata e consolidata per i grandi gruppi finanziari e sulla regolamentazione dei fondi speculativi e delle Private Equity.
È necessario agire a livello europeo su diversi piani:
- interventi coordinati nell’area Euro per mantenere liquidità sui mercati, garantendo i prestiti interbancari, ricapitalizzare con intervento pubblico le grandi banche in difficoltà e tutelare i risparmi dei cittadini;
- regole quali le garanzie patrimoniali per tutti i soggetti finanziari, la valutazione del rischio, le remunerazioni degli alti dirigenti finanziari, la revisione del ruolo delle agenzie di rating, la garanzia sui depositi bancari, le regole contabili internazionali e le sanzioni;
- il passaggio a una governance economica per la stabilità finanziaria e la crescita economica, da finanziare con strumenti aggiuntivi,come gli Eurobonds o un Fondo di investimento.
Serve più Europa, più integrazione europea e maggiore responsabilità politica dei governi e delle istituzioni europee rispetto al senso e al ruolo ultimo dell’UE e della sua capacità di garantire sicurezza e benessere ai suoi cittadini e contribuire alla stabilità internazionale. È impressionante registrare il cambiamento di posizioni che si sta realizzando all’interno della commissione economica del Parlamento europeo. Fino a qualche mese fa a ogni incontro con il presidente della Bce, Trichet, eravamo noi socialisti a chiedere maggiore controllo e supervisione. Ora,su tutti i dossier aperti, anche i popolari e i liberali sostengono questa impostazione, con una variante però che continua a caratterizzarci.
La loro proposta prevede di richiudersi e di tornare alla difesa nazione per nazione. Una ricetta sbagliata,come spiegano gli economisti,ancora di più oggi, dato l’intreccio dei sistemi economici e finanziari su scala globale, come dimostra il fatto stesso che l’Unione europea ha subito il contagio dei “prodotti tossici”statunitensi.
Ci aspettiamo che le vicende attuali spingano gli attori politici e le istituzioni verso atteggiamenti più lungimiranti e responsabili.
Penso che sarà più facile raggiungere un buon accordo sul rapporto sulle Finanze pubbliche 2007-2008, di cui sono relatrice, dove chiedo una governance coordinata,investimenti comuni e qualità della spesa pubblica, che non significa tagli indiscriminati e riduzione del Welfare State ma un ridisegno dell’intervento dello Stato attraverso politiche macroeconomiche e di bilancio che siano più vicine alle esigenze delle cittadine e dei cittadini. Lo stesso per la revisione della direttiva sui Fondi comuni di investimento, di cui sono relatrice ombra per il PSE, dove vorrei rafforzare l’impalcatura di regole e di controlli favorendo l’emergere di un mercato europeo armonizzato rispetto a un prodotto finanziario di larga distribuzione al dettaglio e che ha un peso rilevante anche riguardo ai fondi pensione.
È il momento di impegnarsi nell’adozione di misure concrete.
Troppo spesso ne abbiamo parlato senza trarne le conseguenze e senza cimentarci nel reimpostare le nostre politiche tese a evitare il richiudersi a riccio individuale.
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