Intervento di Donata Gottardi, parlamentare europeo
Gli stati nazionali sono troppo piccoli e deboli per determinare regole e comportamenti e l’economia globale, incluso il sistema finanziario, si esprime nel pianeta senza confini e limiti. Per determinare un nuovo equilibrio occorre rafforzare l’Europa politica ed economica e nello stesso tempo superare i limiti degli enti internazionali che hanno dimostrato di avere poco peso a livello globale. Occorre in definitiva stabilire nuove regole nel pianeta superando le barriere nazionalistiche. Gli stati nazionali sono troppo piccoli, pesanti e lenti nelle decisioni rispetto alle grandi aggregazioni economiche internazionali ed alla velocità dei cambiamenti che avvengono nel mondo globale. Il pericolo dell'attuale momento è quello di chiudersi e di tornare indietro con una economia protezionista.
Sui problemi che stiamo vivendo in questo ultimo periodo interviene Donata Gottardi, parlamentare europeo, molta attenta ai cambiamenti che interessano i diritti civili, i problemi emergenti e le prospettive del nostro futuro.
“Un fenomeno che si alimenta della spirale negativa che caratterizza le borse, i mercati e, a breve, anche i consumi e la produzione. Giorno dopo giorno leggiamo angosciati le percentuali negative delle borse mondiali, i salvataggi di banche sull’orlo del fallimento. Questo scenario, impensabile fino a pochi mesi fa, sta cambiando l’ordine delle emergenze e fa sembrare banali gli altri temi. Eppure gli elementi per capire cosa stava per succedere erano davanti ai nostri occhi e in Europa avremmo potuto prendere immediati provvedimenti.Il Parlamento europeo, in particolare il gruppo socialista, aveva posto all'attenzione da tempo due questioni fondamentali che, se analizzate rispetto all'attuale crisi finanziaria, evidenziano le lacune e le derive da cui è originata la crisi stessa. Si tratta della supervisione finanziaria e prudenziale, a livello europeo e internazionale, e della regolamentazione adeguata di prodotti finanziari complessi e strutturati costruiti su livelli di effetto-leva e indebitamento tale da mettere in ginocchio istituzioni finanziarie e di credito che sembravano essere solide come colossi nel momento in cui il sistema di garanzia patrimoniale che doveva stare alla base si è verificato assolutamente inadeguato (come nel sistema dei subprimes).Sembriamo supponenti, noi socialisti, quando diciamo che l’avevamo previsto. Ci spiegano che non paga, elettoralmente, sembrare quelli che hanno ragione. Forse è così, ma non possiamo tacere e non spiegare. Non abbiamo mai demonizzato il mercato, ma abbiamo sempre detto e scritto che la tentazione di abbandonare la produzione per finanziarizzare l’economia era pericolosissima e che il mercato non è una libera arena senza regole. Che il mercato funziona solo se ci sono regole e queste regole sono valide. E sono valide quando sanno prevenire e affrontare i problemi reali. Per questa ragione siamo stati proponitori e relatori di due importanti iniziative legislative arrivate ad un voto positivo in plenaria al PE, rispettivamente su una struttura di supervisione finanziaria europea armonizzata e su un sistema di supervisione consolidata (basata su collegi) per i grandi gruppi finanziari e istituti di credito presenti in modo transnazionale all'interno dell'UE (ed a volte anche nei paesi terzi) e sulla regolamentazione dei fondi speculativi e delle Private Equity.Appare chiaro che per rispondere rapidamente ai problemi e alle ricadute generate dalla crisi finanziaria è necessario agire a livello europeo verso maggiore integrazione e armonizzazione a in ambito finanziario agendo su diversi livelli: - il primo e immediato basato sugli interventi coordinati della Banca Centrale Europea, dei governi europei e delle Banche Centrali nazionali, in particolare nell'area euro, per arginare i fallimenti finanziari, garantire un minimo di liquidità sui mercati (per le banche e per le imprese) e tutelare i risparmi dei cittadini;- il secondo, che dovrebbe avvenire a breve e medio termine, basato sull'adozione di misure e regole relative alle garanzie patrimoniali per tutti i soggetti finanziari, alla cartolarizzazione, alla valutazione del rischio, alla "business conduct" e alle remunerazioni degli alti dirigenti finanziari, alla revisione del ruolo delle agenzie di rating, alla definizione di un livello comune di garanzia sui depositi bancari, alle regole contabili internazionali (per non consentire che società di veicoli di cartolarizzazione e prodotti finanziari complessi siano tenuti fuori bilancio), a un regime di responsabilità societaria e sanzioni adeguate nel caso di mancata conformità alle regole;- il terzo, che invochiamo da troppo tempo, più importante e rilevante per la capacità dell'Unione europea di rispondere alle sfide della stabilità finanziaria e della crescita economica, che consiste nell'adozione di un'unica governance economica europea che sia in grado, da un lato, di garantire stabilità finanziaria non solo attraverso la moneta unica ma anche attraverso una sistema armonizzato di supervisione prudenziale (che sia basata su un sistema di "allerta precoce" e "reazione rapida" on un ruolo accresciuto da parte della BCE) e dall'altro, di definire e far proprie strategie macroeconomiche di crescita e di investimenti comuni, rafforzando l'attuale strategia di Lisbona e prevedendo una comune guida/regia europea per gli investimenti, da finanziare con strumenti aggiuntivi - come gli Eurobonds o un Fondo di investimento europeo specifico.
Forse l'Unione europea e la zona Euro potranno anche arginare la crisi finanziaria con intereventi nazionali più o meno coordinati, ma sicuramente non saranno in grado di rispondere agli effetti secondari che la crisi finanziaria sta per avere sull'economia reale - e quindi sui consumi, sugli investimenti, sulla produzione, sull'occupazione, sul benessere dei cittadini europei - se non vi sarà sufficiente lungimiranza e coraggio politico da parte dei governi europei nel dirigersi verso un comune governance dell'economia da affiancare alla moneta unica e dal mercato interno. La globalizzazione richiede un governo coordinato. Avremmo potuto difenderci meglio in Europa se avessimo potuto contare su un comune governo economico, senza le lotte interne tra governi nazionali e/o le derive antistoriche e inadeguate, invocate da alcune forze politiche, verso forme di nazionalismo o ri-nazionalizzazione delle politiche economiche e industriali, su una armonizzazione regolamentare e di supervisione, di sanzioni, di protezione dei consumatori più adeguato e stringente di quanto non abbiamo già.
Serve più Europa, più integrazione europea e maggiore responsabilità politica dei governi e delle istituzioni europee rispetto al senso e al ruolo ultimo dell'UE e della sua capacità di garantire sicurezza e benessere ai suoi cittadini e contribuire alla stabilità internazionale. E’ impressionante registrare il cambiamento di posizioni che si sta realizzando all’interno della commissione economica del Parlamento europeo. Fino a qualche mese fa, ad ogni incontro con il presidente della Bce, Trichet, eravamo noi socialisti a chiedere maggiore controllo e supervisione. Ora, su tutti i dossier aperti, anche i popolari e i liberali sostengono questa impostazione, con una variante però che continua a caratterizzarci. La loro proposta prevede di richiudersi e di tornare alla difesa nazione per nazione. Una ricetta sbagliata, come spiegano gli economisti che si sono occupati degli errori commessi di fronte alle grandi crisi del secolo scorso. Una ricetta sbagliata ancora di più oggi, dato l’intreccio indissolubile dei sistemi economici e finanziari su scala globale, come dimostra il fatto stesso che l'Unione europea ha subito il contagio dei "prodotti tossici" statunitensi.
Ci aspettiamo che le vicende attuali spingano gli attori politici e le istituzioni verso atteggiamenti più lungimiranti e responsabili. Mi auguro che, entrando nel dettaglio delle misure su cui qui il PE si trova a lavorare per creare stabilità finanziaria e crescita economica, sarà più facile raggiungere un buon accordo sul rapporto sulle Finanze pubbliche 2007-2008, di cui sono relatrice, in particolare nella parte in cui chiedo un intervento verso una governance coordinata e unidirezionale degli investimenti e della qualità della spesa pubblica, che non significa tagli indiscriminati e riduzione del Welfare State, ma un ridisegno dell’intervento dello Stato attraverso politiche macroeconomiche e di bilancio che siano più vicine alle esigenze delle cittadine e dei cittadini, capaci di valutare preventivamente e a consuntivo i risultati ottenuti, attente a creare fiducia tra i cittadini e sui mercati. Lo stesso mi auguro per la revisione della direttiva sui Fondi comuni di investimento, di cui sono relatrice ombra per il PSE, rispetto alla quale vogliamo rafforzare l’impalcatura di regole e di controlli favorendo l'emergere di un mercato europeo armonizzato rispetto a un prodotto finanziario di larga distribuzione al dettaglio e che ha un peso rilevante anche riguardo ai fondi pensione, mettendo un freno al crollo della fiducia e alla paura. che rischia di propagarsi anche tra i lavoratori e i consumatori.
Certamente non basterà, ma questo è il momento di impegnarsi nell'adozione di misure concrete e contestualmente di interrogarsi e ripensare fino in fondo come si possa creare e sostenere crescita economica e sviluppo sostenibile. Troppo spesso finora ne abbiamo parlato senza trarne le conseguenze e senza cimentarci davvero nel reimpostare le nostre politiche responsabilità e a evitare il richiudersi a riccio individuale”.
Donata Gottardi
Sui problemi che stiamo vivendo in questo ultimo periodo interviene Donata Gottardi, parlamentare europeo, molta attenta ai cambiamenti che interessano i diritti civili, i problemi emergenti e le prospettive del nostro futuro.
“Un fenomeno che si alimenta della spirale negativa che caratterizza le borse, i mercati e, a breve, anche i consumi e la produzione. Giorno dopo giorno leggiamo angosciati le percentuali negative delle borse mondiali, i salvataggi di banche sull’orlo del fallimento. Questo scenario, impensabile fino a pochi mesi fa, sta cambiando l’ordine delle emergenze e fa sembrare banali gli altri temi. Eppure gli elementi per capire cosa stava per succedere erano davanti ai nostri occhi e in Europa avremmo potuto prendere immediati provvedimenti.Il Parlamento europeo, in particolare il gruppo socialista, aveva posto all'attenzione da tempo due questioni fondamentali che, se analizzate rispetto all'attuale crisi finanziaria, evidenziano le lacune e le derive da cui è originata la crisi stessa. Si tratta della supervisione finanziaria e prudenziale, a livello europeo e internazionale, e della regolamentazione adeguata di prodotti finanziari complessi e strutturati costruiti su livelli di effetto-leva e indebitamento tale da mettere in ginocchio istituzioni finanziarie e di credito che sembravano essere solide come colossi nel momento in cui il sistema di garanzia patrimoniale che doveva stare alla base si è verificato assolutamente inadeguato (come nel sistema dei subprimes).Sembriamo supponenti, noi socialisti, quando diciamo che l’avevamo previsto. Ci spiegano che non paga, elettoralmente, sembrare quelli che hanno ragione. Forse è così, ma non possiamo tacere e non spiegare. Non abbiamo mai demonizzato il mercato, ma abbiamo sempre detto e scritto che la tentazione di abbandonare la produzione per finanziarizzare l’economia era pericolosissima e che il mercato non è una libera arena senza regole. Che il mercato funziona solo se ci sono regole e queste regole sono valide. E sono valide quando sanno prevenire e affrontare i problemi reali. Per questa ragione siamo stati proponitori e relatori di due importanti iniziative legislative arrivate ad un voto positivo in plenaria al PE, rispettivamente su una struttura di supervisione finanziaria europea armonizzata e su un sistema di supervisione consolidata (basata su collegi) per i grandi gruppi finanziari e istituti di credito presenti in modo transnazionale all'interno dell'UE (ed a volte anche nei paesi terzi) e sulla regolamentazione dei fondi speculativi e delle Private Equity.Appare chiaro che per rispondere rapidamente ai problemi e alle ricadute generate dalla crisi finanziaria è necessario agire a livello europeo verso maggiore integrazione e armonizzazione a in ambito finanziario agendo su diversi livelli: - il primo e immediato basato sugli interventi coordinati della Banca Centrale Europea, dei governi europei e delle Banche Centrali nazionali, in particolare nell'area euro, per arginare i fallimenti finanziari, garantire un minimo di liquidità sui mercati (per le banche e per le imprese) e tutelare i risparmi dei cittadini;- il secondo, che dovrebbe avvenire a breve e medio termine, basato sull'adozione di misure e regole relative alle garanzie patrimoniali per tutti i soggetti finanziari, alla cartolarizzazione, alla valutazione del rischio, alla "business conduct" e alle remunerazioni degli alti dirigenti finanziari, alla revisione del ruolo delle agenzie di rating, alla definizione di un livello comune di garanzia sui depositi bancari, alle regole contabili internazionali (per non consentire che società di veicoli di cartolarizzazione e prodotti finanziari complessi siano tenuti fuori bilancio), a un regime di responsabilità societaria e sanzioni adeguate nel caso di mancata conformità alle regole;- il terzo, che invochiamo da troppo tempo, più importante e rilevante per la capacità dell'Unione europea di rispondere alle sfide della stabilità finanziaria e della crescita economica, che consiste nell'adozione di un'unica governance economica europea che sia in grado, da un lato, di garantire stabilità finanziaria non solo attraverso la moneta unica ma anche attraverso una sistema armonizzato di supervisione prudenziale (che sia basata su un sistema di "allerta precoce" e "reazione rapida" on un ruolo accresciuto da parte della BCE) e dall'altro, di definire e far proprie strategie macroeconomiche di crescita e di investimenti comuni, rafforzando l'attuale strategia di Lisbona e prevedendo una comune guida/regia europea per gli investimenti, da finanziare con strumenti aggiuntivi - come gli Eurobonds o un Fondo di investimento europeo specifico.
Forse l'Unione europea e la zona Euro potranno anche arginare la crisi finanziaria con intereventi nazionali più o meno coordinati, ma sicuramente non saranno in grado di rispondere agli effetti secondari che la crisi finanziaria sta per avere sull'economia reale - e quindi sui consumi, sugli investimenti, sulla produzione, sull'occupazione, sul benessere dei cittadini europei - se non vi sarà sufficiente lungimiranza e coraggio politico da parte dei governi europei nel dirigersi verso un comune governance dell'economia da affiancare alla moneta unica e dal mercato interno. La globalizzazione richiede un governo coordinato. Avremmo potuto difenderci meglio in Europa se avessimo potuto contare su un comune governo economico, senza le lotte interne tra governi nazionali e/o le derive antistoriche e inadeguate, invocate da alcune forze politiche, verso forme di nazionalismo o ri-nazionalizzazione delle politiche economiche e industriali, su una armonizzazione regolamentare e di supervisione, di sanzioni, di protezione dei consumatori più adeguato e stringente di quanto non abbiamo già.
Serve più Europa, più integrazione europea e maggiore responsabilità politica dei governi e delle istituzioni europee rispetto al senso e al ruolo ultimo dell'UE e della sua capacità di garantire sicurezza e benessere ai suoi cittadini e contribuire alla stabilità internazionale. E’ impressionante registrare il cambiamento di posizioni che si sta realizzando all’interno della commissione economica del Parlamento europeo. Fino a qualche mese fa, ad ogni incontro con il presidente della Bce, Trichet, eravamo noi socialisti a chiedere maggiore controllo e supervisione. Ora, su tutti i dossier aperti, anche i popolari e i liberali sostengono questa impostazione, con una variante però che continua a caratterizzarci. La loro proposta prevede di richiudersi e di tornare alla difesa nazione per nazione. Una ricetta sbagliata, come spiegano gli economisti che si sono occupati degli errori commessi di fronte alle grandi crisi del secolo scorso. Una ricetta sbagliata ancora di più oggi, dato l’intreccio indissolubile dei sistemi economici e finanziari su scala globale, come dimostra il fatto stesso che l'Unione europea ha subito il contagio dei "prodotti tossici" statunitensi.
Ci aspettiamo che le vicende attuali spingano gli attori politici e le istituzioni verso atteggiamenti più lungimiranti e responsabili. Mi auguro che, entrando nel dettaglio delle misure su cui qui il PE si trova a lavorare per creare stabilità finanziaria e crescita economica, sarà più facile raggiungere un buon accordo sul rapporto sulle Finanze pubbliche 2007-2008, di cui sono relatrice, in particolare nella parte in cui chiedo un intervento verso una governance coordinata e unidirezionale degli investimenti e della qualità della spesa pubblica, che non significa tagli indiscriminati e riduzione del Welfare State, ma un ridisegno dell’intervento dello Stato attraverso politiche macroeconomiche e di bilancio che siano più vicine alle esigenze delle cittadine e dei cittadini, capaci di valutare preventivamente e a consuntivo i risultati ottenuti, attente a creare fiducia tra i cittadini e sui mercati. Lo stesso mi auguro per la revisione della direttiva sui Fondi comuni di investimento, di cui sono relatrice ombra per il PSE, rispetto alla quale vogliamo rafforzare l’impalcatura di regole e di controlli favorendo l'emergere di un mercato europeo armonizzato rispetto a un prodotto finanziario di larga distribuzione al dettaglio e che ha un peso rilevante anche riguardo ai fondi pensione, mettendo un freno al crollo della fiducia e alla paura. che rischia di propagarsi anche tra i lavoratori e i consumatori.
Certamente non basterà, ma questo è il momento di impegnarsi nell'adozione di misure concrete e contestualmente di interrogarsi e ripensare fino in fondo come si possa creare e sostenere crescita economica e sviluppo sostenibile. Troppo spesso finora ne abbiamo parlato senza trarne le conseguenze e senza cimentarci davvero nel reimpostare le nostre politiche responsabilità e a evitare il richiudersi a riccio individuale”.
Donata Gottardi
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