martedì 7 ottobre 2008

Intervista a Mariapia Garavaglia

Alla fine del convegno sulla scuola abbiamo colto l'occasione per intervistare la senatrice Mariapia Garavaglia, ministro della Pubblica Istruzione del governo "ombra" del Partito Democratico.
Cosa pensa delle modifiche introdotte dal Governo Berlusconi che cambiano enormemente l’assetto e l’equilibrio della scuola?
La nostra scuola ha i problemi della crescita in un paese come l’Italia inserito nel contesto mondiale come protagonista e la scuola può darsi che segni il passo soprattutto là dove bisogna dimostrare competenze. Non è il caso della scuola elementare che invece è molto adatta a preparare i giovani per la scuola secondaria di 1° e 2° grado. Purtroppo questo Governo attacca alle radici la scuola elementare che funziona e che ha una grande fama e non dice niente della seconda area.
Noi come opposizione ci aspettiamo una sede prima o poi, finora ci è stata sempre negata, per un grande confronto. Abbiamo bisogno che il paese reagisca per difendere la scuola elementare e poi per la secondaria siamo davvero aperti a un grande dibattito che però deve coinvolgere il paese intero perché se parlano di scuola solo gli addetti ai lavori per i genitori la scuola diventa sempre un patto transitorio. Quando i figli non sono più a scuola non c’è più il problema. Invece la scuola è un problema di tutti perché è una risorsa per tutti. E’ il tesoro più prezioso di una nazione, se non si tutela la scuola è come non tutelare il proprio futuro.
Considerata la mancanza di dialogo tra il Governo e l'opposizione ed alcuni interventi autoritari del Governo nella scuola e nel pubblico impiego, c’è un rischio di democrazia partecipativa in Italia?
Mi pare che la democrazia partecipativa sia proprio considerata un fastidio, un inciampo. Questo Governo procede a suon di decreti pur avendo una grande maggioranza che gli permette di essere veloce nell’iter parlamentare di approvazione dei provvedimenti. Nonostante questo usa i decreti e la fiducia perché il primo ministro evidentemente non si fida nemmeno della sua maggioranza oppure vuole dimostrare di essere padrone del vapore. In fondo chi ha messo in lista? Ha messo in lista persone che hanno dovuto cercare nessuna preferenza se non la fiducia del capo. Quindi io credo che la nostra democrazia anche se formalmente viene rispettata, sostanzialmente è già da molto tempo con questo Governo messa in giuoco pesantemente.

5 commenti:

Paolo Ferrario ha detto...

il problema basilare è che la scuola elementare oggi è popolata da bambini stranieri di lingua e di cultura. un maestro solo non può materialmente far fronte alla classe scolastica multiculturale. quindi, di fatto, la riforma gelmini danneggia i figli degli italiani che entreranno in aule difficili.
è soprattutto l'apprendimento della lingua italiana (il cui gusto e vocabolario si apprende in quegli anni pieni energia) a uscirne male. molto male

Anonimo ha detto...

Secondo me non sono i bambini stranieri ad essere un probblema della scuola elementare,con la
negariforma della Gelmini,ma bensì nell'adeguatezza del ritono al maestro unico,che comporterebbe una scadenza della qualità dell'istruzione, modello libro cuore,che non regge più per le tante materie e argomenti di cui i bambini a quella età hanno bisogno,è altrsì vero che nelle classi ci saranno un numero più alto di alunni e non ci dimentichiamo l'inserimento e lintegrazione dei bambini meno fortunati.La scuola si dovrebbe invece organizzare per accogliere i bambini stranieri e far si che siano una ricchezza culturale e un incentivo per una cultura multietnica che è volenti o nolenti il futuro della nostra società.
C.R.

Paolo Ferrario ha detto...

Lettera al ministro Gelmini
di Giuseppe Caliceti
Cerco di spiegarle. Se io in classe oggi ho 30 bambini invece di 15 o 20, se ho magari 2 bambini disabili e non ho docenti di appoggio, se ho per esempio 9 bambini stranieri in classe e non ho personale e fondi e strumenti perché sono stati tagliati, anche se sono il miglior insegnante del mondo, mi troverò a fare una cosa semplicissima: dividere per 30 il mio tempo a disposizione, dandone magari di più a chi ne ha più bisogno (sbaglio?), cioè i due disabili e gli stranieri che non parlano italiano – a meno che non si torni anche alle classi differenziate. Ma, soprattutto, ed è questo che viene sempre omesso nell'informazione di questi mesi, accadrà un'altra cosa semplicissima: non potrò dare ai bambini – anche italiani – tutta l'attenzione e il tempo che meriterebbero. Allora cosa accade? Come genitore cerco un'organizzazione scolastica che segue e cura di più mia figlia. Dove perciò ci sono meno disabili e meno stranieri sul groppone di un unico insegnante. Esiste? Forse: la scuola privata e a pagamento. Dove ci sono spesso meno bambini con handicap e senza dubbio meno bambini di origine straniera. Insomma, avviene una selezione per "censo". La scuola privata a chi se la può pagare; la scuola pubblica, ridotta a ricettacolo qualitativamente scadente, per tutti gli altri. Un'impostazione che si può chiamare tranquillamente classista (anche se questa parola sono sicuro che non le piace e la convincerà definitivamente a non rispondere alla mia lettera), a partire dai 5-6 anni d'età, quando i bambini oggi arrivano nella scuola elementare pubblica italiana.
in http://www.ilprimoamore.com/testo_1121.html

a conferma che la mia analisi sulle classi multiculturali con i maestro unico danneggia soprattutto i bambini italiani che no apprenderanno neppure il buo italiano

Paolo Ferrario ha detto...

apprendimento linguistico nella scuola elementare. e andrà sempre peggio.

Luca Ricolfi, Il mito della scuola elementare
Ci sono, nelle politiche governative in materia di istruzione, parecchie cose che mi lasciano perplesso. Ad esempio la mancanza di una diagnosi convincente dei mali della nostra scuola e della nostra università. Il vuoto di iniziative forti per aumentare il numero di asili nido, specialmente nel Mezzogiorno (uno dei cosiddetti obiettivi di Lisbona: portare la copertura al 33% entro il 2010, contro l’11% attuale). Soprattutto non mi piace per niente il fatto che all’Università (dove lavoro) i tagli della manovra finanziaria 2009-2011 siano uguali per tutti gli Atenei, quando da anni - grazie ad una serie di ottime ricerche - si sa con precisione quali sono gli atenei che spendono (relativamente) bene i loro fondi e quali li dilapidano in una corsa senza senso all’aumento del personale e agli avanzamenti di carriera.
E tuttavia, nonostante queste riserve, stento a capire l’incredibile pioggia di critiche, insulti, manifestazioni, sceneggiate, lezioni di pedagogia (e talora di democrazia) che sono state riversate sul neo-ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini non appena ha cominciato a occuparsi di scuola, e in particolare di quella elementare (per una rassegna consiglio di vistare il sito del Partito democratico e quello della Cgil-scuola, ora ridenominata Flc).
Il mio stupore nasce da due ragioni distinte. La prima è che, andando a controllare le cifre (DL 112, art. 64, comma 6), si scopre che la maggior parte dei numeri spaventa-famiglie che sono stati agitati sono semplicemente falsi. Non è vero che il bilancio della scuola subirà tagli per 8 miliardi: il taglio del prossimo anno sarà inferiore a 0,5 miliardi (1% del budget), i tagli netti previsti per il triennio 2009-2011 sono pari a 3,6 miliardi spalmati su tre anni. Non è vero che saranno licenziati 87 mila insegnanti: la riduzione del numero di cattedre avverrà limitando le nuove assunzioni, la cifra di 87 mila insegnati in meno si raggiungerà nel 2012 e include nel calcolo le riduzioni già pianificate da Prodi (circa 20 mila unità, a suo tempo giudicate insufficienti nel Quaderno bianco sulla scuola pubblicato giusto un anno fa dal precedente governo). Non è vero che, nelle scuole elementari, sparirà il tempo pieno e tutti i bambini dovranno tornare a casa alle 12,30: l’introduzione del maestro unico, con conseguente soppressione delle ore di compresenza, libererà un numero di ore più che sufficiente ad aumentare le ore di tempo pieno eventualmente richieste dalle famiglie. Né si vede su quali basi l’opposizione agiti lo spettro di una riduzione degli insegnanti di sostegno, o della chiusura delle scuole di montagna (nessuna norma della Finanziaria lo prevede, e il ministro ha esplicitamente escluso tale eventualità).
Ma c’è un secondo motivo per cui mi è incomprensibile lo tsunami anti-Gelmini di queste settimane: i critici danno per scontato che la scuola elementare così com’è vada bene, e che l’introduzione del maestro unico sia una scelta didatticamente sbagliata. Può darsi, ma non ne sarei così sicuro, e vorrei spiegare perché. Se la scuola elementare italiana fosse così ben congegnata come ripetono i suoi paladini, forse non osserveremmo quotidianamente quel che invece osserviamo. E cioè che sia nelle scuole medie sia (incredibilmente) all’università tantissimi ragazzi, oltre a fare errori di grammatica e ortografia con cui un tempo nessuno avrebbe preso la licenza elementare, non sanno organizzare un discorso né a voce né per iscritto, non sono in grado di progettare una tesi o una tesina, non conoscono il significato esatto delle parole, fanno sistematicamente errori logici, non sanno spiegare un concetto né costruire un’argomentazione, insomma non capiscono e non riescono a farsi capire se non in situazioni ultra-semplici (in una parola sono «ignoranti», secondo la bella definizione del libro di Floris uscito in questi giorni: La fabbrica degli ignoranti, Rizzoli). In breve i ragazzi spesso sono debolissimi proprio nell’organizzazione del pensiero e nella padronanza del linguaggio, ossia precisamente in ciò che avrebbero dovuto acquisire nei cinque anni di scuola elementare. Il sospetto è che la scuola elementare di oggi, pur essendo perfetta come luogo di socializzazione e di ricreazione, sia ben poco capace di trasmettere conoscenze e formare capacità, ivi compresa la capacità di concentrarsi, di ordinare le idee, di autovalutarsi, di mettere impegno in attività non immediatamente gratificanti.
A questa osservazione si potrebbe obiettare, e certamente qualcuno obietterà, che sia i test nazionali (Invalsi) sia i test internazionali (Pirls, Timss, Pisa) ci restituiscono un’immagine ben più ottimistica della scuola elementare italiana. Ma questo è vero solo in parte. I test internazionali condotti sui bambini in quarta elementare danno risultati opposti a seconda degli ambiti considerati (l’Italia è ai primi posti nei test di lettura, ma precipita agli ultimi sia in quelli di matematica sia in quelli di scienze). Quanto ai test nazionali essi indicano che il declino dei livelli di apprendimento fra i 7 e i 16 anni è costante e inizia già nelle elementari (in quarta i bambini vanno sensibilmente peggio che in seconda). Forse la cattiva fama della scuola media inferiore e dei suoi insegnanti è in parte immeritata: è vero, i risultati dei ragazzi delle medie sono pessimi, ma forse lo sono proprio perché la scuola elementare - con la sua impostazione ludica - non li prepara alle prove che dovranno affrontare quando entreranno in un mondo vero, meno protetto, in cui ci sono anche frustrazioni e si deve essere capaci di studiare da soli (cosa che molti bambini non imparano mai a fare: un effetto perverso del tempo pieno?).
Conclusione? Nessuna, solo una preghiera: anziché fare dello spirito sul grembiulino e del terrorismo sul tempo pieno, proviamo a riflettere seriamente - ossia senza preconcetti ideologici - sui vizi e le virtù della nostra scuola elementare.
Luca Ricolfi (Tratto da La Stampa)

Paolo Ferrario ha detto...

appena letto. lascio qui per meditazione.

Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 20 ottobre 2008, www.ilmattino.it

Di fronte a fatti di sangue, a malversazioni di vario tipo, all’indisciplina automobilistica, o alla sporcizia urbana, o ferroviaria, tutti protestano contro lo smarrimento del senso di autorità, dell’ordine, del rispetto degli altri. Pochi, però, riflettono su come autorità, rispetto e ordine si formino. Così quando le maestre, o i genitori, mettono al collo dei bambini cartelli contro il ministro dell’istruzione, e li schierano davanti ai fotografi, pochi sembrano stupirsi.
Eppure pochi gesti minano la possibilità delle nuove generazioni di sviluppare rispetto per gli altri, e senso dell’ordine e dell’autorità, come l’utilizzo mediatico e politico dei bambini contro i rappresentanti del potere. Tanto più se l’autorità contestata è il ministro cui la legge affida l’istruzione e formazione dei giovani.
Cominciamo dallo sviluppo del rispetto, che in questo caso è, innanzitutto, quello verso i giovani e dei bambini. È rispettoso verso di loro schierarli in piazza con i cartelli appesi al collo e offrirli alle golose riprese di fotografi e cameramen? La loro privacy non vale nulla, al contrario di quelle dei figli minorenni dei vip, il cui volto viene accuratamente schermato? E perché l’immagine dei figli dei genitori narcisi, o degli allievi delle maestre spregiudicatamente decise a utilizzarli nelle loro rivendicazioni sindacali, non è protetta da nessuno? Cosa ne pensa il garante della privacy?
Molti analisti sanno bene che una foto, o una ripresa televisiva, venduta da un genitore vanitoso, o bisognoso, è poi all’origine di disturbi dolorosi, e cure difficili e complesse. Queste manifestazioni dunque sono innanzitutto lesive del più elementare rispetto umano verso i bambini che dicono di difendere. Per farlo davvero, dovrebbero rinunciare a utilizzare i loro volti, i loro occhi, le loro espressioni, ora usate come manifesti.
Quei bambini sono persone, prima che strumenti di battaglia politica.
Ma i loro insegnanti, o genitori in marcia, sembrano non saperlo. Non protestino se più tardi i ragazzi dimostreranno ai grandi la stessa mancanza di rispetto oggi usata verso di loro. Queste manifestazioni, inoltre, lanciate oggi contro Mariastella Gelmini come ieri contro Letizia Moratti, pongono le basi di un grave conflitto tra la personalità in formazione del bambino e il principio d’autorità. Quando gli insegnanti coinvolgono gli alunni nelle loro dimostrazioni di protesta, trasmettono loro, infatti, un’informazione esplicita: l’autorità non ha valore (è «ignorante», dannosa, «Gelmini mangia i bambini» - è scritto sui cartelli), va combattuta. Si tratta, però, di un messaggio «schizogeno», che tende a dividere la personalità, visto che gli stessi insegnanti rappresentano l’autorità verso i bambini.
L’ordine normativo viene così scisso in due (governo da una parte e insegnanti dall’altra), dunque indebolito, a favore di chi dispone fisicamente dei bambini (gli insegnanti) e a danno del ministro da cui il potere degli insegnanti dipende.
Al bambino viene poi fatto credere di detenere informazioni, capacità di giudizio e un potere, che non possiede: si tratta di un messaggio narcisistico, molto dannoso per la personalità. Le opinioni dei bambini non possono in realtà influire su decisioni governative, né valutarne la portata: rendere gli alunni consapevoli dei loro limiti sarebbe più educativo.
Portare i piccoli in piazza costituisce invece, tecnicamente, un abuso fisico e psichico nei loro confronti, realizzato attraverso la manipolazione delle loro opinioni e delle loro immagini, utilizzate nell’interesse personale degli adulti.