sabato 17 gennaio 2009

Elisa Cavazza su Il Pensiero Democratico

Elisa Cavazza, coordinatore dei giovani del Partito Democratico di Verona, ha presentato sul primo numero della rivista “Il pensiero Democratico” il libro di Massimo Livi Bacci (demografo Università di Firenze, senatore del Partito Democratico) “Avanti giovani alla riscossa”, Il Mulino 2008. La presentazione di Elisa propone una lettura molto interessante dei giovani e del libro di Livi Bacci che merita di essere diffusa ulteriormente.
“Un saggio scientifico, preciso, aggiornato, e persino scorrevole. Livi Bacci parte da una domanda urgente, nella sua semplicità: chi sono i giovani, e qual è l’incidenza del loro operare nella società di oggi? Il quadro delineato offre una risposta davvero completa, talvolta impietosa, ricca di dati oggettivi, sociologia, confronti storici e geografici sulla condizione giovanile in Italia. Ed è un po’ come leggere finalmente in chiaro, nero su bianco, quel che serpeggia nel sentire comune, quel che si nasconde sotto le ansie di un’intera generazione, quel che ogni tanto la politica (quella buona) tenta di denunciare senza, con questo, smuovere un granché. È la “sindrome del ritardo”, che attanaglia vite individuali e sviluppo socioeconomico.
Il fitto intreccio di problematiche, sociali e individuali, si dipana velocemente attraverso l’analisi di pochi indicatori fondamentali: si parla di eccessiva lunghezza dei processi formativi, di età sempre più elevata all’abbandono della casa parentale, di ritardo all’ingresso nel mondo del lavoro, di ritardo nella vita di coppia, fino alla dilazione delle decisioni riproduttive. E le conseguenze sono complessivamente rovinose. Certo, non mancano alcuni indicatori positivi: rispetto al secolo ‘900 i giovani d’oggi stanno meglio in termini di salute e consumi, sono più istruiti, hanno maggiori opportunità di esplorare il sé e di cercare la propria realizzazione, rimandando ogni decisione definitiva che non sia stata pienamente desiderata.
Anche merito dell’aumento delle cure, delle attenzioni e delle opportunità per i figli, rispetto all’investimento dedicato in media dai genitori fino agli anni 80. La società bloccata e immobile che ne esce, però, concede sempre meno prerogative fondamentali ai giovani. “Stanno meglio ma contano meno”. Contano meno, ad esempio, nella distribuzione del reddito. Perché i giovani guadagnano 2,8 volte in meno rispetto alla fascia 50-60 anni: il divario più ampio d’Europa. Perché subiscono il rallentamento dei “salari d’ingresso”, per poi trovarsi stabilizzati in carriere poco dinamiche che non permettono di recuperare. Perché in Italia, più che altrove, la relazione
tra retribuzione e titolo di studio salta per milioni di ragazzi sottoccupati.
Contano meno perché il sistema formativo rallentato produce conoscenze obsolete, con gravi costi per gli individui e per la collettività. Contano meno perché a cascata si rallenta il passaggio alla vita adulta e all’autonomia.
Così accade che il potenziale d’innovazione complessivo della popolazione si riduca in basso (nella fascia d’età fino ai 35 anni) senza aumentare in alto (oltre i 55 anni). Nella vita professionale si diffonde il sospetto che “chi è dentro non abbia proprio alcuna voglia di fare spazio a chi è fuori”. La lunga dipendenza dai genitori, nella casa parentale, influenza la formazione culturale e limita le esperienze autonome, spesso portando le giovani coppie a riprodurre le ineguaglianze sessuali e sociali delle generazioni precedenti.
Scompare il futuro, diminuiscono le nascite (1950: 63 genitori ogni 100 figli; 2010: previsti 146 ogni 100) e di conseguenza le risorse per una società vitale, che per il momento trova la sua salvezza nella popolazione immigrata.
Accade che il benessere si traduca in sfiducia e apatia. Che l’astensionismo elettorale sia in continuo aumento, che la disinformazione e il disimpegno vadano di pari passo con la perdita di peso politico dei soggetti giovani.
Basti pensare che l’età media degli eletti alla Camera dei Deputati nel 1948era di 46 anni, nel 2006, invece, di 52. Un anno ogni decennio, acquista il Parlamento. E le cause vanno ben al di là dell’allungamento medio del ciclo vitale!
Ma il danno più grave si ha nel campo del sapere e dell’innovazione, dove si combinano sindrome del ritardo e politiche dissennate per l’istruzione, minando così nel profondo le basi per lo sviluppo.
Snocciola dati, Livi Bacci, incrocia fattori eterogenei. Mette in luce rapporti di causa-effetto tra gli elementi della crisi giovanile. Denuncia responsabilità a tutti i livelli del sistema sociale, culturale e politico. Con grande onestà intellettuale propone interpretazioni e relazioni non banali, smentisce
falsi miti. Senza ideologie, evitando accuratamente la sovrapposizione di pregiudizi culturali, l’autore racconta i meccanismi bloccati della società italiana.
Non lascia certo indifferenti riscontrare nei dati di una ricerca scientificamente impeccabile tutti i motivi dell’urgenza di una riscossa giovanile. “Poiché i giovani sono pochi, logica vorrebbe che su di loro si investisse molto, assegnandogli maggiori responsabilità e funzioni di rilievo”. Chiaro. Forse non ancora a sufficienza.
La crudezza dei dati si offre allora come bagaglio fondamentale, da un lato per realizzare la concretezza dei problemi, che sono strutturali, di una società intera; dall’altro per capire da dove partire, da dove ripensare i giovani, da dove inventare questa riscossa. L’autore ci fornisce qualche suggerimento.
Sono tre le vie necessarie, nessuna sufficiente, se priva delle altre due. In primo luogo la via di un cambiamento politico: una classe politica, una leadership che sappia motivare scelte individuali valorizzando il rischio e l’autonomia. Poi un cambiamento normativo: imporre quote, aumentare le
risorse per le finalità di affermazione giovanile, cambiare le leggi, le regole di partecipazione, eliminare gli ostacoli che limitano l’ascesa sociale dei giovani. Infine la terza via: un processo d’incentivi all’autonomia giovanile, attraverso interventi di lungo periodo sui meccanismi d’immobilità sociale.
La prima tappa obbligata è l’investimento sugli adolescenti, in termini prevalentemente formativi. Risalire la classifica dei paesi dell’Osce, che relega i quindicenni italiani al terz’ultimo posto in fatto di competenze scientifiche. Allo stesso tempo l’investimento formativo va coordinato con politiche di integrazione dei giovani stranieri immigrati, che dal 2010 costituiranno plausibilmente quasi il 20% della risorsa giovanile italiana.
Ma è la condizione femminile una delle chiavi fondamentali. La sfida più grande: far quadrare il cerchio per aumentare la natalità e allo stesso tempo la presenza femminile sul mercato del lavoro. Impossibile? L’Europa dimostra il contrario, l’Italia impari. Francia e Scandinavia investono risorse pari a 2 punti del PIL, a questo scopo.
Tutti gli interventi per rovesciare la condizione giovanile italiana sono difficili, ma necessari. Tutti comportano risorse ingenti, grandi investimenti, rischio e lungimiranza. Migliorare l’efficienza della formazione terziaria (università) costa, non riduce le spese. Si possono trarre diverse lezioni da questa ricca (povera!) fotografia italiana. Di certo l’analisi proposta da Livi Bacci non nasconde la pesante responsabilità di politiche miopi susseguitesi negli anni. E così si riscopre che c’è bisogno di politica, di buona politica, di politica fatta dai giovani. A monte e a valle. Non è vuoto giovanilismo, è riprendersi il futuro. È farsi sentire come soggetti attivi, tornare protagonisti della società presente e a venire.
Si tratta di non autocensurarsi, non rassegnarsi a rimanere periferici e passivi. Si tratta di dimostrare che la politica può e deve urgentemente tornare a fare la differenza, in meglio, nella vita reale dei cittadini. Per i giovani italiani, e per l’Italia tutta.”
Elisa Cavazza

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sapessi come fare, pubblicherei questo tuo articolo, Elisa, nell'home page di www.costituentedemocratica.net , nel forum www.perlulivo.it e nelle segnalazioni di www.democraticidavvero.it.
Cercherò cmq di farlo presente a tutte le amiche e gli amici di tutti i siti che frequento !
Che il 2009 ci veda crescere in consapevolezza ed in capacità di azione politica, nella società europea.
Con stima e gratitudune.
Loredana Poncini di Torino