Intervista al senatore Pietro Ichino a cura di Eleonora Voltolina
Li abbiamo chiamati superstage. Sono partiti l'anno scorso, per iniziativa del consiglio regionale della Calabria, e finora hanno coinvolto 500 laureati delle tre università calabresi. Sono stage abnormi, prima di tutto per la loro durata: 2 anni. Peccato che la normativa vigente (dm 142/1998) preveda che per i laureati gli stage possano durare al massimo 1 anno, e che 2 anni siano concessi solo per i portatori di handicap. In più questi superstage sono aperti non solo a giovani, ma anche ad adulti: il bando accettava candidature fino a 37 anni, e anzi attribuiva punteggi aggiuntivi per chi fosse già iscritto ad albi professionali o avesse conseguito master e dottorati. Risultato: tra i superstagisti ci sono dottori commercialisti 36enni con studi avviati, ingegneri 30enni, professori universitari 32enni.
Questo snaturamento dello strumento dello stage, portato sotto i riflettori proprio dalla Repubblica degli Stagisti, è stato contestato dal senatore e giuslavorista Pietro Ichino, che il 15 gennaio ha presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere conto al governo di questa iniziativa. Ma sembra che in questi due mesi e mezzo né Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e del welfare, né Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, né Andrea Ronchi, ministro per le Politiche comunitarie, abbiano trovato il tempo di dare una risposta.
Professor Ichino, dai ministri interpellati ancora nessuna risposta. Com'è possibile che il governo ignori una richiesta di chiarimenti su una questione che muove non pochi spiccioli, ma ben 6 milioni di euro all'anno?
E' il segno di un imbarazzo grave. Evidentemente i ministri competenti non sanno che pesci pigliare. Anche perché in questa vicenda è fortemente coinvolto anche il centro-destra.
Alcuni esponenti del consiglio regionale calabrese hanno cercato di dire che il "Programma Stages" non promuoverebbe stage, ma qualcos'altro di diverso, e pertanto di non essere assoggettabile alla normativa vigente sugli stage formativi in azienda. E' credibile?
Hanno sostenuto che non si tratterebbe di stage, ma - nientemeno - di un master universitario di secondo livello! Non sanno di che cosa parlano. Non sanno, in particolare, che un master universitario deve rispondere a requisiti didattici ben precisi, che qui difettano totalmente.
Considerando che la metà dello stanziamento, 3 milioni di euro, proviene da fondi europei, si potrebbe chiedere anche all'UE un parere in proposito?
Ci penserà comunque il Fondo Sociale Europeo a chiedere conto dell'attività formativa svolta, a consuntivo. E saranno dolori per tutti.
Ha più sentito qualcuno della Regione Calabria rispetto alla proposta di mandare i superstagisti a fare un'esperienza nelle pubbliche amministrazioni di altri Paesi?
No: dopo i primi consensi iniziali nessuno ne ha più parlato. E la cosa più triste è che da alcuni dei giovani interessati si sono levate voci di rifiuto preventivo: "ci avete offerto gli stage vicino a casa e qui dovete darceli"!
Molti superstagisti in effetti hanno rigettato la proposta di andare all'estero, anche in ragione del fatto che alcuni di loro accanto allo stage svolgono attività cui dovrebbero per forza di cose rinunciare se si allontanassero dalla Calabria.
Il grave errore della politica si è tradotto in una vicenda profondamente antieducativa. La cattiva politica alimenta comportamenti perversi nel mercato del lavoro.
Alcuni superstagisti hanno scritto che andare in una pubblica amministrazione di un altro Paese a vedere come funziona non servirebbe a niente, perchè poi in Italia tornerebbero a doversi adeguare alle nostre normative. E' un'obiezione pertinente? Ma come pensano di contribuire, questi giovani, alla riscossa della loro Regione, se non cercando di importare in essa il meglio delle esperienze europee? Non si rendono conto del fatto che, crogiolandosi in questo modo nella loro inerzia personale, perpetuano le condizioni di arretratezza della loro terra?
Molti hanno accettato questi stage solo per avere un'entrata sicura per un paio d'anni: in Calabria trovare lavoro non è facile. La disoccupazione è all'11,2%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale e quasi il quadruplo rispetto a regioni come Lombardia ed Emilia Romagna. Lasciando perdere tentativi che anche altri giuslavoristi hanno giudicato impropri e controproducenti, come questo del "Programma Stages", cosa si può fare per creare più buona occupazione in Calabria?
Una strategia efficace dovrebbe puntare ad attirare in Calabria il meglio dell'imprenditoria mondiale. Per questo occorrerebbe l'azione congiunta di un governo regionale affidabile, che creasse il massimo possibile di agevolazione e sicurezza per l'investitore straniero, e un sindacato capace di valutare i piani industriali più innovativi, negoziandone le condizioni a 360 gradi. Un sindacato capace di agire come intelligenza collettiva dei lavoratori calabresi e, se la valutazione sul piano industriale è positiva, capace di guidarli in una scommessa comune con l'imprenditore.
Cos'ha in mente di preciso, professore?
Il discorso potrebbe - per esempio - essere questo: sappiamo che investire qui è un po' più scomodo e più pericoloso che altrove; ma siamo convinti che l'investimento avrà successo; quindi siamo pronti a "investire" nella scommessa una parte delle nostre retribuzioni. Tu, imprenditore, ora ci paghi solo il 70% del minimo tabellare previsto dai contratti collettivi nazionali; poi, passati due anni, se le cose saranno andate bene, come siamo convinti che andranno, e lo start up si sarà consolidato, recupereremo la differenza; e fra quattro anni, quando l'investimento incomincerà a dare i suoi frutti, ce li divideremo così e così. Ma per far questo occorre saper andare a cercare gli imprenditori da ingaggiare in giro per il mondo, saper parlare loro nella loro lingua, saper far proprie le loro esigenze organizzative, anche quando urtano contro i vincoli dei nostri contratti. In altre parole: conoscere il mondo e saper contrattare a tutto tondo. Anche per questo sarebbe stato utile alla Calabria che i suoi laureati migliori, invece che tenuti per due anni attaccati alle gonne delle mamme, venissero inviati a fare esperienza fuori dall'Italia.
Siete invitati a visitare il sito web di Eleonora dove si sta svolgendo un interessante dibattito sugli stage in Calabria
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Li abbiamo chiamati superstage. Sono partiti l'anno scorso, per iniziativa del consiglio regionale della Calabria, e finora hanno coinvolto 500 laureati delle tre università calabresi. Sono stage abnormi, prima di tutto per la loro durata: 2 anni. Peccato che la normativa vigente (dm 142/1998) preveda che per i laureati gli stage possano durare al massimo 1 anno, e che 2 anni siano concessi solo per i portatori di handicap. In più questi superstage sono aperti non solo a giovani, ma anche ad adulti: il bando accettava candidature fino a 37 anni, e anzi attribuiva punteggi aggiuntivi per chi fosse già iscritto ad albi professionali o avesse conseguito master e dottorati. Risultato: tra i superstagisti ci sono dottori commercialisti 36enni con studi avviati, ingegneri 30enni, professori universitari 32enni.
Questo snaturamento dello strumento dello stage, portato sotto i riflettori proprio dalla Repubblica degli Stagisti, è stato contestato dal senatore e giuslavorista Pietro Ichino, che il 15 gennaio ha presentato un'interrogazione parlamentare per chiedere conto al governo di questa iniziativa. Ma sembra che in questi due mesi e mezzo né Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro e del welfare, né Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, né Andrea Ronchi, ministro per le Politiche comunitarie, abbiano trovato il tempo di dare una risposta.
Professor Ichino, dai ministri interpellati ancora nessuna risposta. Com'è possibile che il governo ignori una richiesta di chiarimenti su una questione che muove non pochi spiccioli, ma ben 6 milioni di euro all'anno?
E' il segno di un imbarazzo grave. Evidentemente i ministri competenti non sanno che pesci pigliare. Anche perché in questa vicenda è fortemente coinvolto anche il centro-destra.
Alcuni esponenti del consiglio regionale calabrese hanno cercato di dire che il "Programma Stages" non promuoverebbe stage, ma qualcos'altro di diverso, e pertanto di non essere assoggettabile alla normativa vigente sugli stage formativi in azienda. E' credibile?
Hanno sostenuto che non si tratterebbe di stage, ma - nientemeno - di un master universitario di secondo livello! Non sanno di che cosa parlano. Non sanno, in particolare, che un master universitario deve rispondere a requisiti didattici ben precisi, che qui difettano totalmente.
Considerando che la metà dello stanziamento, 3 milioni di euro, proviene da fondi europei, si potrebbe chiedere anche all'UE un parere in proposito?
Ci penserà comunque il Fondo Sociale Europeo a chiedere conto dell'attività formativa svolta, a consuntivo. E saranno dolori per tutti.
Ha più sentito qualcuno della Regione Calabria rispetto alla proposta di mandare i superstagisti a fare un'esperienza nelle pubbliche amministrazioni di altri Paesi?
No: dopo i primi consensi iniziali nessuno ne ha più parlato. E la cosa più triste è che da alcuni dei giovani interessati si sono levate voci di rifiuto preventivo: "ci avete offerto gli stage vicino a casa e qui dovete darceli"!
Molti superstagisti in effetti hanno rigettato la proposta di andare all'estero, anche in ragione del fatto che alcuni di loro accanto allo stage svolgono attività cui dovrebbero per forza di cose rinunciare se si allontanassero dalla Calabria.
Il grave errore della politica si è tradotto in una vicenda profondamente antieducativa. La cattiva politica alimenta comportamenti perversi nel mercato del lavoro.
Alcuni superstagisti hanno scritto che andare in una pubblica amministrazione di un altro Paese a vedere come funziona non servirebbe a niente, perchè poi in Italia tornerebbero a doversi adeguare alle nostre normative. E' un'obiezione pertinente? Ma come pensano di contribuire, questi giovani, alla riscossa della loro Regione, se non cercando di importare in essa il meglio delle esperienze europee? Non si rendono conto del fatto che, crogiolandosi in questo modo nella loro inerzia personale, perpetuano le condizioni di arretratezza della loro terra?
Molti hanno accettato questi stage solo per avere un'entrata sicura per un paio d'anni: in Calabria trovare lavoro non è facile. La disoccupazione è all'11,2%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale e quasi il quadruplo rispetto a regioni come Lombardia ed Emilia Romagna. Lasciando perdere tentativi che anche altri giuslavoristi hanno giudicato impropri e controproducenti, come questo del "Programma Stages", cosa si può fare per creare più buona occupazione in Calabria?
Una strategia efficace dovrebbe puntare ad attirare in Calabria il meglio dell'imprenditoria mondiale. Per questo occorrerebbe l'azione congiunta di un governo regionale affidabile, che creasse il massimo possibile di agevolazione e sicurezza per l'investitore straniero, e un sindacato capace di valutare i piani industriali più innovativi, negoziandone le condizioni a 360 gradi. Un sindacato capace di agire come intelligenza collettiva dei lavoratori calabresi e, se la valutazione sul piano industriale è positiva, capace di guidarli in una scommessa comune con l'imprenditore.
Cos'ha in mente di preciso, professore?
Il discorso potrebbe - per esempio - essere questo: sappiamo che investire qui è un po' più scomodo e più pericoloso che altrove; ma siamo convinti che l'investimento avrà successo; quindi siamo pronti a "investire" nella scommessa una parte delle nostre retribuzioni. Tu, imprenditore, ora ci paghi solo il 70% del minimo tabellare previsto dai contratti collettivi nazionali; poi, passati due anni, se le cose saranno andate bene, come siamo convinti che andranno, e lo start up si sarà consolidato, recupereremo la differenza; e fra quattro anni, quando l'investimento incomincerà a dare i suoi frutti, ce li divideremo così e così. Ma per far questo occorre saper andare a cercare gli imprenditori da ingaggiare in giro per il mondo, saper parlare loro nella loro lingua, saper far proprie le loro esigenze organizzative, anche quando urtano contro i vincoli dei nostri contratti. In altre parole: conoscere il mondo e saper contrattare a tutto tondo. Anche per questo sarebbe stato utile alla Calabria che i suoi laureati migliori, invece che tenuti per due anni attaccati alle gonne delle mamme, venissero inviati a fare esperienza fuori dall'Italia.
Siete invitati a visitare il sito web di Eleonora dove si sta svolgendo un interessante dibattito sugli stage in Calabria
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