Ho ricevuto dal mio amico Emilio Santa Maria questo articolo interessante che provvedo a pubblicare.
“Il sistema Berlusconiano è basato praticamente tutto sulla propaganda come si conviene ad ogni regime totalitario; i dettami di Goebbels sono applicati in toto con uno strumento in più che è la televisione che permette di martellare in modo continuativo ed estremamente efficace la popolazione.
Premesso questo per poter contrastare il continuo impatto di questi strumenti si deve minare alla base questo sistema. Si deve cioè far aumentare la coscienza critica delle persone e si deve far diminuire la fiducia assoluta che la gente ripone nel messaggio pubblicitario in particolare televisivo.
Fra l’altro Berlusconi se della propaganda ha fatto il suo cavallo di battaglia della pubblicità ha fatto la sua ricchezza.
Allora si deve cominciare dalla pubblicità: quando il marketing non era una disciplina così sviluppata ma era ancora agli albori il prof. di Impianti Meccanici in cui questa materia era trattata, enunciò un principio fondamentale: “ Il prezzo di un prodotto non è assolutamente correlato con la sua qualità “ ciò naturalmente per prodotti di una stessa categoria è ovvio che una Mercedes è meglio di una 500 ma non stiamo parlando della stessa categoria di prodotti. E continuava “il prezzo di un prodotto è frutto esclusivamente di una scelta commerciale e non ha nulla a che vedere con la scelta delle materie prime che normalmente sul prezzo finale incide ben poco. Molto di più incide la pubblicità soprattutto televisiva ed una azienda può arrivare ad investire anche porzioni rilevanti del suo fatturato in pubblicità.”
Allora da cosa si può dedurre la qualità di un prodotto? Per un prodotto alimentare soltanto dagli ingredienti, dalle quantità presenti di prodotti qualificanti, dall’assenza di coloranti e conservanti. Non è assolutamente vero che un prodotto più costoso sia fatto con materiali migliori, il maggior costo potrebbe servire a coprire le spese pubblicitarie e di presentazione, anzi se un prodotto è molto pubblicizzato il produttore potrebbe aver risparmiato proprio sulla qualità.
I prodotti di marca sono spesso inferiori di qualità a quelli che magari di marca non sono, altre volte sono del tutto equivalenti, ciò anche perché molto spesso i siti di produzione sono gli stessi. Faccio un esempio: una fabbrica di conserve alimentari può produrre per diverse marche conosciute e meno conosciute in modo assolutamente analogo, poi si mettono le etichette che diversificano i prodotti per marca destinazione e prezzo.
In un periodo di crisi come questo dove la gente è necessariamente più attenta a spendere, questo discorso può avere una grande presa.
Aggiungo ancora che i prodotti in commercio devono rispettare le leggi. Per quelli alimentari si devono rispettare norme igieniche e sull’assenza di sostanze tossiche e dannose. Non è assolutamente vero che un prodotto che costa di più sia più salutare di un altro. Il discorso vale anche per il biologico, i prodotti in commercio devono essere privi di sostanze tossiche, poi sta alla coscienza del produttore di rispettare o meno i divieti. Tanto per fare un esempio Cirio e Parmalat due delle Grandi Marche italiane dell’alimentare sono state protagoniste di crac finanziari orchestrati dai propri gruppi dirigenziali. C’è da domandarsi se anche sul piano produttivo si possano essere comportati come hanno fatto sul piano finanziario. Il sistema creato da Berlusconi con reti televisive personaggi della TV, dello sport, giornalisti e politici che si intrecciano e si scambiano di ruolo è estremamente compatto e solido; come ricadute ha uno svilimento dei ruoli istituzionali che possono essere ricoperti da chiunque senza alcuna preparazione, quindi un imbarbarimento della politica e un aumento della sfiducia nelle istituzioni. Un'altra ricaduta è la perdita di serietà degli apparati giornalistici e informativi, infatti chiunque purché sia in televisione può esprimere la propria opinione su qualunque fatto e non importa se non ne capisce nulla.
Una delle grandi furbizie del sistema è che permette accessi, sia pure estremamente sofferti, selezionati in modo disumano e in numero ridotto, anche alla gente comune; nella selezione però prevalgono normalmente l’aspetto estetico, la piaggeria e l’asservimento al sistema. Ciò a creare un falso aspetto democratico - “in fondo tutti possono arrivare..” pensa la persona comune, anche se questo non è assolutamente vero.
Allora si può cominciare ad incrinare l’aspetto più debole di questo sistema: l’assoluta mancanza di corrispondenza fra il messaggio pubblicitario e la qualità del prodotto, ciò soprattutto sul fronte alimentare, che è in generale molto sentito dagli Italiani e soprattutto ora, in tempi di crisi, incide anche molto sui bilanci familiari.
Il direttore del marketing di una nota casa automobilistica straniera mi raccontava della strettissima dipendenza fra vendite della loro utilitaria e pubblicità televisiva, ogni qual volta si fa una costosa campagna pubblicitaria televisiva le vendite di questa auto raddoppiano. E stiamo parlando di un bene che costa 10.000 euro. Mi diceva anche che questo è un fenomeno tipicamente italiano, mentre negli altri paesi europei i consumatori sono sensibili anche ad altre forme di pubblicità, magari più informative, in Italia c’è una dipendenza esclusiva dalla TV, soprattutto per la gran massa dei consumatori, appunto quelli che comprano un’utilitaria. Si possono fare delle semplici considerazioni sul fatto che per la scelta di un bene che costa quasi quanto un anno di stipendio di un impiegato ci si affidi ad un messaggio che solitamente contiene soltanto una visione idilliaca del prodotto (un’auto che corre in strade deserte con gran felicità del guidatore) senza alcun contenuto tecnico.
Figuriamoci per un prodotto che costa pochi euro quale può essere il criterio di scelta da parte del consumatore e quale può essere l’impatto del messaggio pubblicitario. Ed infatti normalmente sono i prodotti che costano poco ad essere pubblicizzati da personaggi famosi. Caramelle, caffè, e gli alimentari in generale sono prodotti su cui i produttori spendono fortune in pubblicità assoldando principalmente attori, presentatori ed in generale personaggi della TV.
Il grande problema è che incrinare un sistema di questo tipo è molto difficile; è un sistema che si sostiene da solo come si diceva prima, la televisione crea dei personaggi qualche volta anche dal nulla, li propone e li propina in tutte le occasioni, questi personaggi diventano poi protagonisti di trasmissioni e di servizi anche su una stampa scandalistica creata all’uopo; a questo punto possono indipendentemente diventare parlamentari o ministri e passare indifferentemente da politica a pubblicità dalla trasmissione scandalistica al giornalismo. Lo stesso vale per politici e giornalisti ben contenti di partecipare a questo banchetto; basta comparire qualche volta in TV per poi trovarsi in trasmissioni di varietà e partecipare diventando in qualche modo personaggi di spettacolo, ciò ridicolizzando in un certo modo le loro professioni originali che vengono svilite e portate a livello del peggior cabaret. Un sistema di questo tipo regge fino a che regge la sopportazione della gente a vedere i cosiddetti VIP superpagati condurre vite sempre più da nababbi spendendo quelli che sarebbero interi stipendi in poche ore o per futilità, a dispetto di crisi, lavoro nero precariato e tutto quello che rende difficile la vita delle persone normali.
Cosa fare per contrastare tutto ciò?
Innanzi tutto cercare di creare (o ricreare) una Cultura alternativa, in cui questi aspetti vengano in qualche modo evidenziati, quando possibile ridicolizzati e vengano portate alla luce le contraddizioni.
Per quanto riguarda il discorso pubblicità/qualità ci sono associazioni dei consumatori, italiane ed europee che eseguono test su ogni tipo di prodotto (alimentari ma non solo) e la conclusione è sempre la stessa: di rado i prodotti di maggior prezzo sono anche i migliori, molto spesso è vero il contrario, ad essere i migliori, o tra i migliori, sono prodotti di basso prezzo che magari si trovano nei discount. Per gli alimentari questo si traduce anche in un discorso di salute in quanto alcuni prodotti presentano tracce consistenti di inquinanti e/o fertilizzanti e/o conservanti e questo non è assolutamente legato al prezzo.
Per il discorso sui costi della pubblicità è molto difficile creare cultura, nel senso che ovviamente un discorso del genere non troverà molto spazio sui media che di pubblicità vivono; è un discorso che va condotto capillarmente. Si possono anche fare campagne ad effetto e provocazioni per cercare di smuovere i ragionamenti; ad esempio paragonare la pubblicità televisiva con i bambini (uno dei regali di Craxi) alla zingara che al semaforo ti chiede soldi con il bambino in braccio – fanno la stessa cosa! – usano i bambini ignari per incrementare i loro guadagni.
Comunque lo stare in mezzo alla gente con una presenza continua può aiutare a diffondere questa cultura, così come l’uso di internet, anche se naturalmente il messaggio pubblicitario fa molta più presa su chi è meno acculturato e quindi meno avvezzo all’uso di internet.
Qualcuno poi noterà una contraddizione di fondo difficile da risolvere anche questa: in qualche modo bisogna fare una campagna pubblicitaria contro la pubblicità!”
Emilio Santa Maria
“Il sistema Berlusconiano è basato praticamente tutto sulla propaganda come si conviene ad ogni regime totalitario; i dettami di Goebbels sono applicati in toto con uno strumento in più che è la televisione che permette di martellare in modo continuativo ed estremamente efficace la popolazione.
Premesso questo per poter contrastare il continuo impatto di questi strumenti si deve minare alla base questo sistema. Si deve cioè far aumentare la coscienza critica delle persone e si deve far diminuire la fiducia assoluta che la gente ripone nel messaggio pubblicitario in particolare televisivo.
Fra l’altro Berlusconi se della propaganda ha fatto il suo cavallo di battaglia della pubblicità ha fatto la sua ricchezza.
Allora si deve cominciare dalla pubblicità: quando il marketing non era una disciplina così sviluppata ma era ancora agli albori il prof. di Impianti Meccanici in cui questa materia era trattata, enunciò un principio fondamentale: “ Il prezzo di un prodotto non è assolutamente correlato con la sua qualità “ ciò naturalmente per prodotti di una stessa categoria è ovvio che una Mercedes è meglio di una 500 ma non stiamo parlando della stessa categoria di prodotti. E continuava “il prezzo di un prodotto è frutto esclusivamente di una scelta commerciale e non ha nulla a che vedere con la scelta delle materie prime che normalmente sul prezzo finale incide ben poco. Molto di più incide la pubblicità soprattutto televisiva ed una azienda può arrivare ad investire anche porzioni rilevanti del suo fatturato in pubblicità.”
Allora da cosa si può dedurre la qualità di un prodotto? Per un prodotto alimentare soltanto dagli ingredienti, dalle quantità presenti di prodotti qualificanti, dall’assenza di coloranti e conservanti. Non è assolutamente vero che un prodotto più costoso sia fatto con materiali migliori, il maggior costo potrebbe servire a coprire le spese pubblicitarie e di presentazione, anzi se un prodotto è molto pubblicizzato il produttore potrebbe aver risparmiato proprio sulla qualità.
I prodotti di marca sono spesso inferiori di qualità a quelli che magari di marca non sono, altre volte sono del tutto equivalenti, ciò anche perché molto spesso i siti di produzione sono gli stessi. Faccio un esempio: una fabbrica di conserve alimentari può produrre per diverse marche conosciute e meno conosciute in modo assolutamente analogo, poi si mettono le etichette che diversificano i prodotti per marca destinazione e prezzo.
In un periodo di crisi come questo dove la gente è necessariamente più attenta a spendere, questo discorso può avere una grande presa.
Aggiungo ancora che i prodotti in commercio devono rispettare le leggi. Per quelli alimentari si devono rispettare norme igieniche e sull’assenza di sostanze tossiche e dannose. Non è assolutamente vero che un prodotto che costa di più sia più salutare di un altro. Il discorso vale anche per il biologico, i prodotti in commercio devono essere privi di sostanze tossiche, poi sta alla coscienza del produttore di rispettare o meno i divieti. Tanto per fare un esempio Cirio e Parmalat due delle Grandi Marche italiane dell’alimentare sono state protagoniste di crac finanziari orchestrati dai propri gruppi dirigenziali. C’è da domandarsi se anche sul piano produttivo si possano essere comportati come hanno fatto sul piano finanziario. Il sistema creato da Berlusconi con reti televisive personaggi della TV, dello sport, giornalisti e politici che si intrecciano e si scambiano di ruolo è estremamente compatto e solido; come ricadute ha uno svilimento dei ruoli istituzionali che possono essere ricoperti da chiunque senza alcuna preparazione, quindi un imbarbarimento della politica e un aumento della sfiducia nelle istituzioni. Un'altra ricaduta è la perdita di serietà degli apparati giornalistici e informativi, infatti chiunque purché sia in televisione può esprimere la propria opinione su qualunque fatto e non importa se non ne capisce nulla.
Una delle grandi furbizie del sistema è che permette accessi, sia pure estremamente sofferti, selezionati in modo disumano e in numero ridotto, anche alla gente comune; nella selezione però prevalgono normalmente l’aspetto estetico, la piaggeria e l’asservimento al sistema. Ciò a creare un falso aspetto democratico - “in fondo tutti possono arrivare..” pensa la persona comune, anche se questo non è assolutamente vero.
Allora si può cominciare ad incrinare l’aspetto più debole di questo sistema: l’assoluta mancanza di corrispondenza fra il messaggio pubblicitario e la qualità del prodotto, ciò soprattutto sul fronte alimentare, che è in generale molto sentito dagli Italiani e soprattutto ora, in tempi di crisi, incide anche molto sui bilanci familiari.
Il direttore del marketing di una nota casa automobilistica straniera mi raccontava della strettissima dipendenza fra vendite della loro utilitaria e pubblicità televisiva, ogni qual volta si fa una costosa campagna pubblicitaria televisiva le vendite di questa auto raddoppiano. E stiamo parlando di un bene che costa 10.000 euro. Mi diceva anche che questo è un fenomeno tipicamente italiano, mentre negli altri paesi europei i consumatori sono sensibili anche ad altre forme di pubblicità, magari più informative, in Italia c’è una dipendenza esclusiva dalla TV, soprattutto per la gran massa dei consumatori, appunto quelli che comprano un’utilitaria. Si possono fare delle semplici considerazioni sul fatto che per la scelta di un bene che costa quasi quanto un anno di stipendio di un impiegato ci si affidi ad un messaggio che solitamente contiene soltanto una visione idilliaca del prodotto (un’auto che corre in strade deserte con gran felicità del guidatore) senza alcun contenuto tecnico.
Figuriamoci per un prodotto che costa pochi euro quale può essere il criterio di scelta da parte del consumatore e quale può essere l’impatto del messaggio pubblicitario. Ed infatti normalmente sono i prodotti che costano poco ad essere pubblicizzati da personaggi famosi. Caramelle, caffè, e gli alimentari in generale sono prodotti su cui i produttori spendono fortune in pubblicità assoldando principalmente attori, presentatori ed in generale personaggi della TV.
Il grande problema è che incrinare un sistema di questo tipo è molto difficile; è un sistema che si sostiene da solo come si diceva prima, la televisione crea dei personaggi qualche volta anche dal nulla, li propone e li propina in tutte le occasioni, questi personaggi diventano poi protagonisti di trasmissioni e di servizi anche su una stampa scandalistica creata all’uopo; a questo punto possono indipendentemente diventare parlamentari o ministri e passare indifferentemente da politica a pubblicità dalla trasmissione scandalistica al giornalismo. Lo stesso vale per politici e giornalisti ben contenti di partecipare a questo banchetto; basta comparire qualche volta in TV per poi trovarsi in trasmissioni di varietà e partecipare diventando in qualche modo personaggi di spettacolo, ciò ridicolizzando in un certo modo le loro professioni originali che vengono svilite e portate a livello del peggior cabaret. Un sistema di questo tipo regge fino a che regge la sopportazione della gente a vedere i cosiddetti VIP superpagati condurre vite sempre più da nababbi spendendo quelli che sarebbero interi stipendi in poche ore o per futilità, a dispetto di crisi, lavoro nero precariato e tutto quello che rende difficile la vita delle persone normali.
Cosa fare per contrastare tutto ciò?
Innanzi tutto cercare di creare (o ricreare) una Cultura alternativa, in cui questi aspetti vengano in qualche modo evidenziati, quando possibile ridicolizzati e vengano portate alla luce le contraddizioni.
Per quanto riguarda il discorso pubblicità/qualità ci sono associazioni dei consumatori, italiane ed europee che eseguono test su ogni tipo di prodotto (alimentari ma non solo) e la conclusione è sempre la stessa: di rado i prodotti di maggior prezzo sono anche i migliori, molto spesso è vero il contrario, ad essere i migliori, o tra i migliori, sono prodotti di basso prezzo che magari si trovano nei discount. Per gli alimentari questo si traduce anche in un discorso di salute in quanto alcuni prodotti presentano tracce consistenti di inquinanti e/o fertilizzanti e/o conservanti e questo non è assolutamente legato al prezzo.
Per il discorso sui costi della pubblicità è molto difficile creare cultura, nel senso che ovviamente un discorso del genere non troverà molto spazio sui media che di pubblicità vivono; è un discorso che va condotto capillarmente. Si possono anche fare campagne ad effetto e provocazioni per cercare di smuovere i ragionamenti; ad esempio paragonare la pubblicità televisiva con i bambini (uno dei regali di Craxi) alla zingara che al semaforo ti chiede soldi con il bambino in braccio – fanno la stessa cosa! – usano i bambini ignari per incrementare i loro guadagni.
Comunque lo stare in mezzo alla gente con una presenza continua può aiutare a diffondere questa cultura, così come l’uso di internet, anche se naturalmente il messaggio pubblicitario fa molta più presa su chi è meno acculturato e quindi meno avvezzo all’uso di internet.
Qualcuno poi noterà una contraddizione di fondo difficile da risolvere anche questa: in qualche modo bisogna fare una campagna pubblicitaria contro la pubblicità!”
Emilio Santa Maria
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