L'Ocse nel suo rapporto trimestrale indica una crescita mondiale non omogenea ed inferiore rispetto alle attese (al 4,6% nel 2010, al 4,2% nel 2011 e al 4,6% nel 2012). Nell’area Ocse la crescita economica si attesterà nel 2010 al 2,8%, al 2,3% nel 2011 e al 2,8% nel 2012. Nell’Eurozona è prevista una crescita dell’1,7% nel 2010, dell'1,8% nel 2011 e del 2% nel 2012.
In Europa si conferma la posizione critica dei paesi in difficoltà: Grecia e Irlanda (con un andamento negativo del pil 2010, rispettivamente del 3,9% e dello 0,3%) ma anche Spagna e Portogallo (-0,2% per la prima quest'anno e per il secondo l'anno prossimo).
La crescita italiana si attesterà nel 2010 all’1%, nel 2011 all’1,3% e nel 2012 all’1,6%. Le previsioni ravvisano per l’Italia una forte crescita del debito pubblico italiano che si attesterà nel 2010 al 120% in rapporto al Prodotto interno lordo.
Mario Deaglio, professore di economia internazionale all'Università di Torino, sostiene che per spezzare il circolo vizioso tra debito pubblico elevato e bassa produttività l’Italia dovrebbe crescere del 3% all’anno. Con l’attuale ritmo di crescita l’Italia potrà raggiungere il livello di crescita pre-crisi non prima del 2015.
Lo studio Paying taxes 2011, realizzato dalla Banca mondiale e dalla società di consulenza PriceWaterhouseCoopers, che rileva il carico fiscale delle imprese di 183 paesi classifica le imprese italiane al 167° posto. Il peso fiscale complessivo gravante sulle aziende italiane e' pari al 68,6%, a fronte di una media europea del 44,2% e di una globale del 47,8%.
Il valore del sommerso economico rilevato dall’Istat è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL, tra 255 e 275 miliardi di euro.
Il valore dell’evasione fiscale rilevato da Confindustria si attesta su 120 miliardi.
Bisogna, inoltre, ricordare che la ricerca di World Economic Forum posiziona l’Italia:
- al 48° posto per competitività, dopo la Lituania, il Cile, Cipro, l’Islanda. A guidare la lista vi sono Svizzera, Svezia, Singapore, Stati Uniti e Germania;
- al 118° posto per efficienza produttiva. Solo 20 Stati hanno fatto peggio di noi e tra questi Turchia e Grecia. Prima di noi vi sono Stati del terzo mondo: Zambia, Mozambico, Senegal, Camerun.
L’annuario Istat 2010 rileva che l’occupazione scende dell’1,6% (- 380 mila unità) tra 2008 e 2009 (23,025 milioni di occupati) per la prima volta dopo il 1995 e nonostante l’aumento dell’occupazione straniera (di 147.000 unità).
Il quadro economico dell’Italia è molto negativo ed in prospettiva non lascia intravedere un cambiamento di rotta per risolvere i problemi strutturali del paese. Il rigore nel porre sotto controllo i conti pubblici, non accompagnato da interventi strutturali e riforme, non è sufficiente ad invertire la tendenza dell’economia italiana.
Occorrono delle risorse aggiuntive, quantificate dal professore Mario Deaglio in 30 o 40 miliardi, da destinare ad investimenti ed infrastrutture al fine di invertire la tendenza. Ritengo che una lotta seria all’evasione fiscale che ammonta a circa 120 miliardi ed al lavoro sommerso, il cui valore è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL e tra 255 e 275 miliardi di euro, possano rappresentare una risorsa per il paese.
Inoltre, occorre intervenire con le riforme più urgenti quali: riforma fiscale equa, redistribuzione del reddito, mercato del lavoro, innovazione, sistema scolastico ed universitario. Il problema più grave è rappresentato dall’ampliamento della base occupazionale e dalla prospettiva di realizzare un’occupazione stabile per i giovani.
Alle riforme strutturali il Governo Berlusconi non ha mai pensato e si impegnato soltanto nella tenuta dei conti pubblici.
Considerata la crisi politica della maggioranza che dura da diverso tempo e la sua incapacità di realizzare riforme durante la crisi, si rende necessario prima di rivolgersi agli elettori affrontare i problemi più urgenti, compreso il ripristino delle regole democratiche senza le quali il paese non può essere gestito in modo equo ed efficace.
Mario Deaglio, professore di economia internazionale all'Università di Torino, sostiene che per spezzare il circolo vizioso tra debito pubblico elevato e bassa produttività l’Italia dovrebbe crescere del 3% all’anno. Con l’attuale ritmo di crescita l’Italia potrà raggiungere il livello di crescita pre-crisi non prima del 2015.
Lo studio Paying taxes 2011, realizzato dalla Banca mondiale e dalla società di consulenza PriceWaterhouseCoopers, che rileva il carico fiscale delle imprese di 183 paesi classifica le imprese italiane al 167° posto. Il peso fiscale complessivo gravante sulle aziende italiane e' pari al 68,6%, a fronte di una media europea del 44,2% e di una globale del 47,8%.
Il valore del sommerso economico rilevato dall’Istat è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL, tra 255 e 275 miliardi di euro.
Il valore dell’evasione fiscale rilevato da Confindustria si attesta su 120 miliardi.
Bisogna, inoltre, ricordare che la ricerca di World Economic Forum posiziona l’Italia:
- al 48° posto per competitività, dopo la Lituania, il Cile, Cipro, l’Islanda. A guidare la lista vi sono Svizzera, Svezia, Singapore, Stati Uniti e Germania;
- al 118° posto per efficienza produttiva. Solo 20 Stati hanno fatto peggio di noi e tra questi Turchia e Grecia. Prima di noi vi sono Stati del terzo mondo: Zambia, Mozambico, Senegal, Camerun.
L’annuario Istat 2010 rileva che l’occupazione scende dell’1,6% (- 380 mila unità) tra 2008 e 2009 (23,025 milioni di occupati) per la prima volta dopo il 1995 e nonostante l’aumento dell’occupazione straniera (di 147.000 unità).
Il quadro economico dell’Italia è molto negativo ed in prospettiva non lascia intravedere un cambiamento di rotta per risolvere i problemi strutturali del paese. Il rigore nel porre sotto controllo i conti pubblici, non accompagnato da interventi strutturali e riforme, non è sufficiente ad invertire la tendenza dell’economia italiana.
Occorrono delle risorse aggiuntive, quantificate dal professore Mario Deaglio in 30 o 40 miliardi, da destinare ad investimenti ed infrastrutture al fine di invertire la tendenza. Ritengo che una lotta seria all’evasione fiscale che ammonta a circa 120 miliardi ed al lavoro sommerso, il cui valore è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL e tra 255 e 275 miliardi di euro, possano rappresentare una risorsa per il paese.
Inoltre, occorre intervenire con le riforme più urgenti quali: riforma fiscale equa, redistribuzione del reddito, mercato del lavoro, innovazione, sistema scolastico ed universitario. Il problema più grave è rappresentato dall’ampliamento della base occupazionale e dalla prospettiva di realizzare un’occupazione stabile per i giovani.
Alle riforme strutturali il Governo Berlusconi non ha mai pensato e si impegnato soltanto nella tenuta dei conti pubblici.
Considerata la crisi politica della maggioranza che dura da diverso tempo e la sua incapacità di realizzare riforme durante la crisi, si rende necessario prima di rivolgersi agli elettori affrontare i problemi più urgenti, compreso il ripristino delle regole democratiche senza le quali il paese non può essere gestito in modo equo ed efficace.
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