domenica 28 novembre 2010

La trasparenza ha funzionato e l’indipendenza è saltata

Editoriale di Pietro Ichino, senatore del Partito Democratico, pubblicato nel suo sito web
In queste ore mi giungono molti messaggi, da altrettanti lettori/elettori che su questo sito nei due anni passati hanno seguito passo passo le vicende della riforma delle amministrazioni pubbliche, ora attoniti di fronte al comportamento dei due suoi principali protagonisti denunciato nelle mie interrogazione; e ancor più di fronte alle loro sconcertanti risposte. Tanto il ministro quanto il presidente dell’Autorità indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche, hanno mostrato di avere un concetto molto vago dell’indipendenza, della valutazione e dell’integrità; e questo non può non gettare un’ombra molto scura sul futuro della riforma.
Eppure almeno una cosa di quella legge, in questa vicenda, ha in qualche modo funzionato: la trasparenza. In forza di questo principio, sia il ministero sia la Civit hanno dovuto mettere on line le consulenze conferite, i corrispettivi previsti, gli oggetti del tutto incongrui (relazione al ministro, “… digitalizzazione nei Paesi terzi”!), le identità e i curricula dei pretesi consulenti, rendendo così possibile il sindacato ispettivo da parte del parlamentare; ma non soltanto da parte sua: chiunque altro avrebbe potuto rilevare e denunciare le stesse malversazioni. Ancora in forza di questo principio di trasparenza la Civit non ha potuto esimersi dal rispondere almeno in parte all’interrogazione rivoltale, così mettendo a nudo uno dei due gravi episodi di clientelismo di cui essa stessa - per compiacere un ministro - si è resa responsabile (sull’altro, la consulenza assegnata all’avv. Miceli, la Civit ha preferito invece tacere: e qui la violazione della trasparenza costituisce confessione ancor più eloquente della risposta che avrebbe dovuto esser data).
Chiunque sia il ministro o il capo dell’Autorità indipendente, il principio della trasparenza totale ora è legge dello Stato. Ogni cittadino, e per primi gli osservatori qualificati - giornalisti, ricercatori, associazioni dei cittadini e degli utenti -, devono imparare a far valere quel principio e a farne tutto l’uso possibile. Ogni cittadino ha diritto di conoscere ogni atto, ogni documento, ogni dato inerente all’attività di una amministrazione pubblica, sul quale non vi sia un provvedimento di secretazione; e deve imparare a esercitare intransigentemente questo diritto. Anche dove non sarà l’internal audit delle amministrazioni pubbliche a stanare e denunciare le malversazioni, potrà e dovrà essere il civic audit a farlo. Ogni gestore della cosa pubblica deve essere consapevole di operare costantemente sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Dobbiamo supplire con un sovrappiù di partecipazione al deficit di civic attitudes del ceto politico e del management pubblico. Solo così possiamo sperare di attivare anticorpi sufficienti per combattere il malaffare dilagante, per guarire il nostro Paese da questa malattia mortale che lo affligge: il difetto di cultura delle regole.

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