giovedì 12 febbraio 2009

Dualismo tra protetti e precari

Dalle dichiarazioni dell’ultimo periodo sembra che si sia presa coscienza dei problemi del lavoro ed in particolare del lavoro di coloro che non sono protetti dall’attuale sistema normativo. Bisogna inoltre tenere presente che con la gravità della crisi in atto le vecchie protezioni del lavoro stabile ed a tempo indeterminato saltano nel momento in cui l’impresa esce dal mercato competitivo.
Il primo effetto sarà quello di non rinnovare i contratti ai precari, i quali non hanno al momento alcuna protezione ne tantomeno il mercato del lavoro offre loro una prospettiva certa.
I lavoratori stabili rischiano di uscire dall’azienda per entrare nell’area degli ammortizzatori sociali, i quali non garantiscono tutti per cui bisogna ricorrere a delle deroghe e non offrono una prospettiva di inserimento stabile nel mercato del lavoro.
Tutti questi problemi di non facile soluzione con il quadro normativo esistente sono stati oggetto di studio e di elaborazione di una proposta da parte del senatore Pietro Ichino. Tale proposta ha incontrato dissensi da parte di coloro che intendono confermare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e non si impegnano ad elaborare proposte complete che contengano soluzioni nuove ed efficaci per garantire a tutti i lavoratori stabili e precari nuovi diritti e nuove garanzie nel mondo del lavoro del terzo millennio.
Alla proposta del senatore Pietro Ichino sono arrivati consensi significativi, primo fra tutti quello del segretario del Partito Democratico Walter Veltroni nella direzione centrale del Partito Democratico del 19 dicembre 2008 e da esponenti del mondo economico e produttivo.
Dal Word Economic Forum di Davis Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, dichiara che occorre “sfruttare la crisi per riconvertire il sistema e dare più potere e maggiori opportunità ai giovani” e bisogna evitare “la divisione per i lavoratori tra anziani di fatto stabili e inamovibili e i giovani che invece sono in prevalenza precari”.
Questo obiettivo potrebbe essere realizzato, afferma la Mercegaglia, “non con licenziamenti più facili, ma studiando un contratto unico, come sta ora ipotizzando il PD, che preveda inizialmente meno tutele e poi progressivamente un loro aumento, evitando così l’attuale segmentazione netta tra anziani e giovani”.
La presidente di Confindustria nel suo intervento ha sottolineato “la scarsa presenza dei giovani nel mondo sia economico, sia politico, e la necessità di “interventi dal mondo dell’educazione a quello del lavoro.” Il Sole 24 Ore del 29 gennaio 2009
Corrado Passera in una intervista al Corriere della Sera dichiara che “il rischio è che la crisi tuteli chi è già tutelato e crei un’economia senza giovani. E faccia dell’Italia un paese di giovani, di donne e di non ancora vecchi inattivi. Oggi chi è fuori dal mercato del lavoro e i precari pagano i privilegi e le rigidità di una parte di coloro che il lavoro ce l’hanno: ben vengano il contratto unico e le proposte del professor Ichino! Più in generale, se vogliamo costruire l’Italia di domani dobbiamo però affrontare finalmente i nodi strutturali della nostra società: l’eguaglianza dei punti di partenza, la scuola, la ricerca, la meritocrazia, la mobilità sociale”. Corriere della Sera del 4 febbraio 2009
Giuliano Cazzola, deputato del Pdl e vicepresidente della Commissione lavoro della Camera, si dimostra disponibile ad un confronto con la proposta di Pietro Ichino e fa presente che il governo pare intenzionato a tenersi lontano dal problema dei licenziamenti e della modifica dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori. Inoltre, ritiene che occorre dare priorità ad una modifica del sistema previdenziale al fine di recuperare fondi da destinare agli ammortizzatori sociali. Avvenire del 4 febbraio 2009 - Risposta del senatore Pietro Ichino
L’economista Mario Monti, intervenendo nel dibattito, afferma che "riforme strutturali per rendere un’economia più competitiva e più equa diventano ancora più necessarie di quanto lo sarebbero state senza la crisi”. “Un esempio di riforma strutturale utile, scrive Mario Monti, per non penalizzare i giovani nel mercato del lavoro è quella proposta dal senatore Pietro Ichino. Essa mira a superare la divisione tra lavoratori anziani di fatto stabili e i giovani che invece, quando riescono ad avere un’occupazione, sono in prevalenza precari. E rispetta anche l’esigenza delle imprese di avere la necessaria flessibilità. Un progetto concreto per introdurre in Italia quella flexsecurity che ha consentito ai Paesi nordici di conciliare alta competitività ed equità. L’idea di Ichino sta facendo strada tra i sindacati, la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, la appoggia. Si registra interesse da parte sia della sinistra che del vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola.
I dettagli sono da discutere, ma una riforma di questo tipo potrebbe dare ai giovani speranza oltre la crisi e preparare l’Italia alle dure sfide della competitività internazionale con una maggiore coesione.” Corriere della Sera 8 febbraio 2008
A favore del progetto del senatore Pietro Ichino si sono schierati:
- Enrico Morando, coordinatore del Governo-ombra, Corriere della Sera 15 dicembre 2008;
- Maurizio Martina, segretario regionale lombardo del PD, Unità del 29 gennaio 2009;
- Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e membro del governo-ombra;
- Filippo Penati, Presidente della Provincia di Milano.
Il Foglio del 5 febbraio con un articolo dal titolo "Meglio più contratti" muove delle critiche alla proposta di Ichino e quest’ultimo risponde con una lettera al giornale pubblicata il 7 febbraio.
Si riporta la risposta del senatore Pietro Ichino, pubblicata su Il Foglio del 7 febbraio, al fine di comprendere meglio i contenuti della sua proposta:
“1. Il progetto dimenticherebbe che “l’alternativa al cosiddetto precariato, cioè al lavoro flessibile, è spesso la disoccupazione e l’inefficienza delle imprese”. Ora, la logica in cui l’intera riforma si colloca consiste proprio nell’eliminare quel “cioè”: realizzare un sistema capace di coniugare la massima possibile flessibilità per le imprese con la massima possibile sicurezza per i lavoratori. Come? Così: tutti i lavoratori in posizione di sostanziale dipendenza economica dall’impresa d’ora in poi vengono assunti a tempo indeterminato, ma la loro sicurezza non è data dall’ingessamento del loro rapporto di lavoro, bensì da un sistema ispirato al modello scandinavo, che punta soprattutto al sostegno e assistenza intensiva nel mercato ai lavoratori coinvolti in processi di aggiustamento industriale (per i dettagli devo rinviare al mio sito: http://www.pietroichino.it/
2. Il progetto comporterebbe “una rilevante riduzione di tutela per i 15 milioni di lavoratori dipendenti”. Non è così: il nuovo regime è destinato ad applicarsi soltanto a chi viene assunto dopo l’entrata in vigore della riforma. A questi new entrants, poi, la riforma non offre affatto una “riduzione di tutela”, ma l’applicazione di un sistema di protezione “alla danese”: un sistema comunemente considerato, su scala mondiale, come quello che dà ai più deboli il livello massimo di sicurezza.
3. Il progetto toglierebbe alle imprese “il diritto di sperimentare i lavoratori” prima di stabilizzarli. È vero il contrario: la riforma prevede infatti un periodo di prova fino a sei mesi e, dopo la sua scadenza, una possibilità di licenziamento con costi per l’impresa crescenti nel tempo. Costi, quindi, relativamente bassi nella fase iniziale.
4. Il progetto impedirebbe “il lavoro flessibile di giovani, anziani e persone che cercano un secondo lavoro o che non vogliono il posto fisso”; e danneggerebbe “milioni di autonomi ‑ liberi professionisti, commercianti, artigiani – che potrebbero desiderare di rimanere indipendenti”. Non è così: il nuovo regime esclude espressamente dal proprio campo di applicazione gli iscritti agli albi e ordini professionali; esso, inoltre, è destinato ad applicarsi soltanto a chi trae dal singolo rapporto più di metà del proprio reddito di lavoro (essendo così definita la posizione di “dipendenza economica”); il secondo lavoro, per definizione, non ne è toccato, così come non ne sono toccati, ovviamente, imprenditori e piccoli esercenti.
5. “Il mercato odia le semplificazioni e i modelli unici”: odierebbe dunque anche questo nuovo “contratto unico di lavoro”. Qui concordo; proprio per questo il progetto non prevede affatto un “contratto unico” – espressione che preferisco non utilizzare mai, appunto per evitare questo equivoco – ma soltanto uno standard di sicurezza minimo universale, applicabile a tutti i molti tipi di contratto, dal full time al part-time, dal job sharing al lavoro in staff leasing, dall’apprendistato al telelavoro, e chi più ne ha più ne metta.”
Dopo il convegno del 6 febbraio organizzato dall’Associazione Direttori Risorse Umane con il senatore Pietro Ichino sulla Transizione alla Flexsecutity è partita l’iniziativa di raccogliere le adesioni di altri loro Colleghi, anche a nome delle rispettive aziende, a una lettera aperta ai ministri del Lavoro del Governo Berlusconi e del Governo-ombra, che chiede loro un impegno bi-partisan a sostegno del disegno di legge per la transizione a un nuovo regime di flexsecurity.
Parallelamente, un gruppo di giovani sta raccogliendo adesioni dei loro coetanei su di una lettera aperta simmetrica, indirizzata agli stessi destinatari, di contenuto in tutto analogo: anche i giovani che si affacciano oggi sul mercato del lavoro preferiscono il modello nord-europeo a quello mediterraneo.
Condivido la proposta del senatore Pietro Ichino sulla riforma del lavoro perché modifica l’attuale sistema che offre sempre meno garanzie ai lavoratori particolarmente a quelli precari.
La proposta di Ichino prevede il lavoro a tempo indeterminato per i nuovi assunti con un sistema di sicurezza uguale per tutti ed una stabilità rapportata all’anzianità. I dipendenti in organico possono optare per il nuovo regime o mantenere la disciplina precedente.
L’ente bilaterale previsto nella proposta offre maggiori garanzie del sistema attuale nella gestione dell’indennità di disoccupazione, dei servizi di riqualificazione e di assistenza nella ricerca di posti di lavoro per i lavoratori licenziati. E’ interesse delle aziende ricollocare al più presto i lavoratori licenziati altrimenti dovranno sostenere il relativo costo.
Per i nuovi assunti rimane in vigore l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per la parte che riguarda il licenziamento disciplinare e discriminatorio. Nel caso invece di licenziamenti per motivi economici od organizzativi il lavoratore ha diritto ad un indennizzo rapportato all’anzianità di servizio, all’indennità di disoccupazione più ampia di quella attuale ed ai servizi di riqualificazione professionale e di rioccupazione.
L'Ente bilaterale è finanziato interamente dalle imprese.
Ritengo che la proposta del senatore Pietro Ichino sia molto interessante ed efficace in quanto si muove nella direzione di tutelare i più deboli (giovani in cerca di prima occupazione e precari) e di creare nuove prospettive nel mercato del lavoro a vantaggio delle imprese e di tutti i lavoratori particolarmente nei momenti di crisi. La proposta di Ichino rappresenta l'unica proposta per uscire dall'attuale sistema duale del lavoro tra lavoratori protetti da un parte e giovani e precari dall'altra.
Il Progetto per la transizione a un sistema di Flexsecurity
Intervista a Gianni Rinaldini, segretario Fiom Cgil, e a Pietro Ichino, senatore del Partito Democratico, su Rainews24 del 12 febbraio 2009:
Prima parte
Seconda parte

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