L’approvazione del disegno di legge delega sulla valutazione e trasparenza della Pubbliche Amministrazioni è stata accompagnata da polemiche da parte della Cgil.
Il giorno dell’approvazione da parte della commissione Affari Costituzionali del Senato è intervenuto Michele Gentile, responsabile del Dipartimento Settori pubblici della Cgil, affermando che “il provvedimento segna il reale abbandono della contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel lavoro pubblico nelle modalità e nei contenuti con i quali Massimo D’Antona la aveva costruita. Il testo che esce dalla Commissione nei fatti riporta le carte al 1983 quando venne approvata dal Parlamento la legge quadro del Pubblico impiego.”
Linda Lanzilotta, ministro ombra alla Pubblica Amministrazione e Innovazione del Partito Democratico, afferma che “del testo originario è rimasto poco o nulla: forse per la prima volta dall’inizio della legislatura si è svolto infatti, in parlamento, un confronto vero sul merito delle questioni. Il ddl riguarda temi fondamentali per il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche: un sistema serio e moderno di valutazione dell’efficienza delle singole amministrazioni pubbliche perché ciascuna di esse sia valutata sulla base di metodologie e parametri certificati e verificati da un’agenzia indipendente e con il coinvolgimento degli utenti. Per garantire una maggiore qualità dei servizi a cittadini e imprese ma anche per valutare chi è fannullone senza demagogiche generalizzazioni ma sulla base di indicatori oggettivi. E ancora: trasparenza assoluta sul modo di operare delle amministrazioni; nessun ritorno ai vecchi metodi con la rilegificazione delle norme sul pubblico impiego ma tutela della privatizzazione e del ruolo della contrattazione.” “Sono state dunque accolte, conclude Lanzilotta, pressoché integralmente le tesi del Partito democratico ed è stata radicalmente corretta l’originaria impostazione del governo.” (Europa 18 novembre 2008)
Nel dibattito interviene Carlo Podda, segretario della funzione pubblica Cgil, con un articolo, pubblicato da Europa il 20 novembre, affermando che “il primo e decisivo aspetto negativo è un fatto incontrovertibile, e cioè che la privatizzazione del lavoro pubblico abbozzata nel 1992 e costruita davvero grazie al lavoro di un giuslavorista della levatura di Massimo D’Antona, poi barbaramente ucciso dalle Br, si è sostanzialmente dissolta. Il cardine della privatizzazione contenuta nella normativa attuale – prima che fosse stravolta dall’ineffabile ministro Brunetta – era infatti una sola, e cioè che l’unica fonte giuridica del rapporto di lavoro, ad eccezione delle riserve limitate dalla legge, è il contratto nazionale di lavoro. Nel Ddl Brunetta, invece, le fonti giuridiche magicamente diventano tre: legge, contratto e, addirittura, regolamenti amministrativi. Peraltro, il Ddl non contiene indicazioni sulla gerarchia delle fonti. Anzi con un eccesso di delega, il governo si riserva di decidere – di anno in anno – quali materie possono essere, di volta in volta, affidate a leggi, regolamenti o contratti.”
In definitiva Gentile e Podda muovono le medesime accuse al disegno di legge licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato: un chiaro arretramento rispetto alle regole di contrattualizzazione del lavoro pubblico, introdotto da Cassese e Bassanini nel ’90.
Nel dibattito interviene il senatore Pietro Ichino, il quale osserva che “non viene indicato un solo punto di quel testo legislativo a sostegno della propria affermazione.” “ Non può indicarlo, perché non c’è. Il vecchio testo dell’articolo 2 del disegno di legge del governo (che davvero avrebbe giustificato la protesta di Podda) è interamente scomparso, mentre è stato accolto dalla commissione l’emendamento del Pd che recita testualmente: «Resta fermo che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro».” (articolo pubblicato da Europa il 22 novembre)
Pertanto, le critiche di Gentile e Podda possono essere riferite all’art. 2 del disegno di legge governativo (d.d.l. n. 847/2008) e non al testo modificato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato che ha riscritto tale articolo.
L’attuale posizione della Cgil, isolata dalle altre confederazioni sindacali, non deve far perdere di vista la realtà delle cose e l’esigenza di innovare la Pubblica Amministrazione a prescindere dalle posizioni non sempre condivise assunte dal Ministro Brunetta. Pertanto le critiche devono essere espresse sui contenuti e non rivolte ai provvedimenti che interessano il ruolo e le responsabilità del Ministro Renato Brunetta.
Linda Lanzilotta spiega le motivazioni che hanno indotto il PD a collaborare per il bene del paese e per il cambiamento della Pubblica Amministrazione. “Sono state dunque accolte pressoché integralmente le tesi del Partito democratico, afferma Linda Lanzilotta, ed è stata radicalmente corretta l’originaria impostazione del governo. Con un riconoscimento al patrimonio di cultura e di esperienza che i Democratici sanno esprimere sul tema delle riforme amministrative. Tutto questo grazie al grande lavoro portato avanti con pazienza e autorevolezza dai nostri senatori della commissione e anche alla conduzione del presidente Vizzini.”
“Certo, si tratta di una delega, continua Lanzilotta, e dunque il giudizio rimane parzialmente sospeso e vigile fino a quando i decreti delegati (che saranno comunque vagliati dalle commissioni parlamentari) non confermeranno la coerenza dell’intero disegno.”
“Ma è stato giusto rivendicare, conclude Linda Lanzilotta, intanto con il voto in commissione il frutto positivo di questo lavoro su un tema – quello della pubblica amministrazione – che, come accaduto anche in passato, deve essere per quanto possibile affrontato senza ottica partigiana perché si tratta di un sistema complesso che – specie nell’ottica di una struttura federalista e multilivello – appartiene a tutti ed esige meccanismi efficienti di trasparenza, di misurazione e di valutazione. Un sistema che, per lavorare al meglio, ha bisogno di stabilità, di coesione e di coinvolgimento di tutti coloro che vi operano. Nell’interesse dei cittadini e del paese. Cioè quell’interesse nazionale che deve guidare le scelte e il metodo della nostra azione politica. Anche se il comportamento del governo, che in modo miope e sciagurato tenta di dividere le forze sociali, non meriterebbe alcuna disponibilità. Ma nonostante lo scontro sociale irresponsabilmente alimentato da governo e maggioranza, il Pd deve stare al merito delle questioni e, in piena autonomia, orientare la propria bussola nella direzione della crescita economica, della competitività, della qualità della vita dei cittadini. Tanto più nel momento in cui si prospetta una crisi gravissima di cui fatichiamo forse a misurare il drammatico impatto sociale e di fronte alla quale i cittadini chiedono alla politica, a tutta la politica, di farsi carico, concretamente, dei loro problemi.” (Europa 18 novembre 2008)
Si riporta il testo approvato dalla commissione affinché non ci siano fraintendimenti in buona fede o strumentali.
Testo approvato
Il giorno dell’approvazione da parte della commissione Affari Costituzionali del Senato è intervenuto Michele Gentile, responsabile del Dipartimento Settori pubblici della Cgil, affermando che “il provvedimento segna il reale abbandono della contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel lavoro pubblico nelle modalità e nei contenuti con i quali Massimo D’Antona la aveva costruita. Il testo che esce dalla Commissione nei fatti riporta le carte al 1983 quando venne approvata dal Parlamento la legge quadro del Pubblico impiego.”
Linda Lanzilotta, ministro ombra alla Pubblica Amministrazione e Innovazione del Partito Democratico, afferma che “del testo originario è rimasto poco o nulla: forse per la prima volta dall’inizio della legislatura si è svolto infatti, in parlamento, un confronto vero sul merito delle questioni. Il ddl riguarda temi fondamentali per il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche: un sistema serio e moderno di valutazione dell’efficienza delle singole amministrazioni pubbliche perché ciascuna di esse sia valutata sulla base di metodologie e parametri certificati e verificati da un’agenzia indipendente e con il coinvolgimento degli utenti. Per garantire una maggiore qualità dei servizi a cittadini e imprese ma anche per valutare chi è fannullone senza demagogiche generalizzazioni ma sulla base di indicatori oggettivi. E ancora: trasparenza assoluta sul modo di operare delle amministrazioni; nessun ritorno ai vecchi metodi con la rilegificazione delle norme sul pubblico impiego ma tutela della privatizzazione e del ruolo della contrattazione.” “Sono state dunque accolte, conclude Lanzilotta, pressoché integralmente le tesi del Partito democratico ed è stata radicalmente corretta l’originaria impostazione del governo.” (Europa 18 novembre 2008)
Nel dibattito interviene Carlo Podda, segretario della funzione pubblica Cgil, con un articolo, pubblicato da Europa il 20 novembre, affermando che “il primo e decisivo aspetto negativo è un fatto incontrovertibile, e cioè che la privatizzazione del lavoro pubblico abbozzata nel 1992 e costruita davvero grazie al lavoro di un giuslavorista della levatura di Massimo D’Antona, poi barbaramente ucciso dalle Br, si è sostanzialmente dissolta. Il cardine della privatizzazione contenuta nella normativa attuale – prima che fosse stravolta dall’ineffabile ministro Brunetta – era infatti una sola, e cioè che l’unica fonte giuridica del rapporto di lavoro, ad eccezione delle riserve limitate dalla legge, è il contratto nazionale di lavoro. Nel Ddl Brunetta, invece, le fonti giuridiche magicamente diventano tre: legge, contratto e, addirittura, regolamenti amministrativi. Peraltro, il Ddl non contiene indicazioni sulla gerarchia delle fonti. Anzi con un eccesso di delega, il governo si riserva di decidere – di anno in anno – quali materie possono essere, di volta in volta, affidate a leggi, regolamenti o contratti.”
In definitiva Gentile e Podda muovono le medesime accuse al disegno di legge licenziato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato: un chiaro arretramento rispetto alle regole di contrattualizzazione del lavoro pubblico, introdotto da Cassese e Bassanini nel ’90.
Nel dibattito interviene il senatore Pietro Ichino, il quale osserva che “non viene indicato un solo punto di quel testo legislativo a sostegno della propria affermazione.” “ Non può indicarlo, perché non c’è. Il vecchio testo dell’articolo 2 del disegno di legge del governo (che davvero avrebbe giustificato la protesta di Podda) è interamente scomparso, mentre è stato accolto dalla commissione l’emendamento del Pd che recita testualmente: «Resta fermo che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro».” (articolo pubblicato da Europa il 22 novembre)
Pertanto, le critiche di Gentile e Podda possono essere riferite all’art. 2 del disegno di legge governativo (d.d.l. n. 847/2008) e non al testo modificato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato che ha riscritto tale articolo.
L’attuale posizione della Cgil, isolata dalle altre confederazioni sindacali, non deve far perdere di vista la realtà delle cose e l’esigenza di innovare la Pubblica Amministrazione a prescindere dalle posizioni non sempre condivise assunte dal Ministro Brunetta. Pertanto le critiche devono essere espresse sui contenuti e non rivolte ai provvedimenti che interessano il ruolo e le responsabilità del Ministro Renato Brunetta.
Linda Lanzilotta spiega le motivazioni che hanno indotto il PD a collaborare per il bene del paese e per il cambiamento della Pubblica Amministrazione. “Sono state dunque accolte pressoché integralmente le tesi del Partito democratico, afferma Linda Lanzilotta, ed è stata radicalmente corretta l’originaria impostazione del governo. Con un riconoscimento al patrimonio di cultura e di esperienza che i Democratici sanno esprimere sul tema delle riforme amministrative. Tutto questo grazie al grande lavoro portato avanti con pazienza e autorevolezza dai nostri senatori della commissione e anche alla conduzione del presidente Vizzini.”
“Certo, si tratta di una delega, continua Lanzilotta, e dunque il giudizio rimane parzialmente sospeso e vigile fino a quando i decreti delegati (che saranno comunque vagliati dalle commissioni parlamentari) non confermeranno la coerenza dell’intero disegno.”
“Ma è stato giusto rivendicare, conclude Linda Lanzilotta, intanto con il voto in commissione il frutto positivo di questo lavoro su un tema – quello della pubblica amministrazione – che, come accaduto anche in passato, deve essere per quanto possibile affrontato senza ottica partigiana perché si tratta di un sistema complesso che – specie nell’ottica di una struttura federalista e multilivello – appartiene a tutti ed esige meccanismi efficienti di trasparenza, di misurazione e di valutazione. Un sistema che, per lavorare al meglio, ha bisogno di stabilità, di coesione e di coinvolgimento di tutti coloro che vi operano. Nell’interesse dei cittadini e del paese. Cioè quell’interesse nazionale che deve guidare le scelte e il metodo della nostra azione politica. Anche se il comportamento del governo, che in modo miope e sciagurato tenta di dividere le forze sociali, non meriterebbe alcuna disponibilità. Ma nonostante lo scontro sociale irresponsabilmente alimentato da governo e maggioranza, il Pd deve stare al merito delle questioni e, in piena autonomia, orientare la propria bussola nella direzione della crescita economica, della competitività, della qualità della vita dei cittadini. Tanto più nel momento in cui si prospetta una crisi gravissima di cui fatichiamo forse a misurare il drammatico impatto sociale e di fronte alla quale i cittadini chiedono alla politica, a tutta la politica, di farsi carico, concretamente, dei loro problemi.” (Europa 18 novembre 2008)
Si riporta il testo approvato dalla commissione affinché non ci siano fraintendimenti in buona fede o strumentali.
Testo approvato
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