giovedì 22 marzo 2012

Articolo 18: licenziamenti per motivi economici

Le imprese per competere a livello globale hanno bisogno tra l’altro di effettuare degli interventi di riorganizzazione o ristrutturazione in modo molto veloce. Il tempo è una risorsa che non può essere risparmiata e quando un’azienda è convinta di voler effettuare delle scelte veloci per adattarsi al mercato e non può farle in tempi accettabili in quanto la legislazione del paese non lo consente si trova in enorme difficoltà rispetto ai propri competitori che marciano veloci con innovazioni e nuovi modelli organizzativi.
La cosa diventa ancora più grave nel momento in cui l’impresa rischia di uscire dal mercato in quanto sopporta dei costi eccessivi rispetto alla domanda dei consumatori ed ha bisogno di ripensare l’organizzazione e la quantità di prodotto da collocare nel mercato.
Le innovazioni introdotte nell’impresa molto spesso riducono nel tempo il personale da utilizzare nel processo produttivo.
Questi in linea generale sono i motivi essenziali per cui un’impresa ha bisogno di adattare la propria pianta organica al livello della produzione ed alla domanda di mercato in tempi non superiori a quelli delle imprese concorrenti altrimenti perde competitività e quote di mercato causando un danno peggiore rispetto al miglioramento ed all’adattamento continuo che un’impresa innovativa dovrebbe perseguire.
A questo punto si pongono dei problemi: privilegiare l’impresa o i lavoratori? Ritengo che il problema vada impostato diversamente in quanto gli interessi dell’imprenditore e dei lavoratori possono coincidere. La sopravvivenza dell’impresa è un obiettivo che accomuna l’imprenditore ed i lavoratori e questi ultimi sono contrari alla chiusura dell’impresa per mantenere il posto di lavoro.
I lavoratori vivono anche il problema del ridimensionamento dell’organico dell’impresa. In questo caso un sistema adeguato ed efficace di sostegno del reddito e di un mix di servizi di rioccupazione possono liberare dal bisogno i lavoratori interessati.
Ritengo che tutti i problemi esposti sono collegati tra di loro ed hanno bisogno di coerenza per essere risolti: - L’impresa deve adattarsi al mercato; I lavoratori hanno bisogno di un sostegno efficace nel momento in cui perdono il posto di lavoro; L’impresa deve sopravvivere effettuando le scelte giuste anche se tali scelte possono in un primo momento rivolgersi contro lavoratori.
Nel quadro delineato si inserisce la proposta del Ministro Fornero di modifica dell’art. 18 per i licenziamenti per motivi economici, i quali a differenza del licenziamento per motivi discriminatori, che rimane uguale a prima, e per motivi disciplinari, è previsto solo l’indennizzo che va da un minimo di 15 a un massimo di 27 mensilità.
Oggi il Corriere della Sera ha pubblicato le domande che si è posto il Ministro Fabrizio Barca: “Cosa fa un lavoratore per il quale è stato chiesto il licenziamento per motivi economici se invece ritiene di essere stato discriminato? Come tutelerà il proprio diritto?” Poi ha aggiunto “penso anche ai lavoratori iscritti alla Fiom. Questa è la domanda cruciale".
Anche io ieri mi sono posto la stessa domanda e mi sono dato una risposta simile alla seguente: “La risposta deve essere chiara. Se il giudice nel valutare la motivazione addotta dal datore di lavoro per licenziare individualmente, riscontrerà elementi di discriminazione, reintegrerà il lavoratore senza ma e senza se. Se invece i motivi sono di tipo economico, applicherà la normativa descritta fin qui, con o senza la procedura conciliativa, a seconda del testo finale”.
Pertanto, nei casi in cui il licenziamento per motivi economici nasconde un licenziamento discriminatorio la norma non esclude il ricorso al giudice per ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro.
Stando cosi le cose coloro che non condividono la norma e la Cgil, prima fra tutti, che ha espresso un no alla nuova disciplina dei licenziamenti per motivi economici (favorevole al modello tesco) dovrebbero spiegare in modo chiaro e completo i motivi del loro dissenso poiché la proposta tutela i lavoratori attraverso il reintegro nel posto di lavoro nei casi in cui il licenziamento per motivi economici è simulato e nasconde un licenziamento discriminatorio.
Certamente la norma sul licenziamento per motivi economici può essere migliorata e riscritta al fine di tutelare i lavoratori da licenziamenti formalmente economici e sostanzialmente discriminatori.
Occorre intervenire con chiarezza e specificare i motivi economici del licenziamento in quanto nei casi di crisi economica sembra che venga applicata la specifica normativa prevista dalla legge 223/91, collegata alla Cassa integrazione straordinaria ed alla mobilità. I motivi economici che inducono al conseguente licenziamento dovrebbero comprendere la crisi economica ed i motivi della vecchia disciplina (chiusura di aree produttive non funzionali, cambiamento della strategia).
Nel momento in cui si scrive la normativa occorre specificare con chiarezza e completezza i motivi oggettivi che permettono il licenziamento e specificare gli strumenti per velocizzare i processi.

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