domenica 18 ottobre 2009

Semplificazione: Ichino risponde a Gottardi

La giuslavorista veronese, già parlamentare europea del Pd, il 15 ottobre 2009 ha pubblicato su Facebook l’appello che è qui riprodotto, rivolto al Pd perché venga respinto immediatamente il Progetto Semplificazione. Segue una mia lettera aperta di replica a questo appello.
Semplificazione o azzeramento?
“Pietro Ichino sta raccogliendo le firme per depositare un disegno di legge sulla semplificazione della normativa sui rapporti individuali di lavoro. Pur considerando ampiamente condivisibili e anzi necessarie operazioni di semplificazione del quadro della normativa in materia di lavoro, la proposta è irricevibile perché:
- sembra che nessuno nel nostro partito in parlamento abbia presentato proposte sul tema della garanzia a cerchi concentrici della protezione delle persone che lavorano, dimenticando completamente il disegno di legge sulla Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Testo da aggiornare, ma che costituisce ancora oggi una base di partenza, soprattutto per la scelta di scrivere sullo spartito dello Statuto dei diritti dei lavoratori più che su quello del codice civile;
- la trasposizione delle direttive europee viene eliminata, bastando la loro traduzione e la loro interpretazione come standard minimi di riferimento, dimenticando inoltre che spesso le direttive rinviano alle determinazioni degli Stati;
- l’operazione di semplificazione appare piuttosto un azzeramento della produzione normativa esistente.
Emblematico il campo che riguarda soprattutto le tematiche cui sono particolarmente attente le donne:
- il diritto antidiscriminatorio è cancellato e sostituito dal rinvio alle direttive europee, con una operazione assurda e irrealizzabile, per di più dimenticando per strada il fattore di rischio costituito dalla disabilità;
- la normativa sui congedi per maternità e paternità, anziché essere uniformata maggiormente e immaginata calibrata sulle diverse esigenze legate al lavoro nell’area della precarietà, torna ad essere incardinata quasi esclusivamente sulla madre, con buona pace dei tentativi di sostenere la condivisione dei ruoli;
- per il lavoro di cura e di assistenza familiare, si pensa a un buono-lavoro, e tanto basta! La proposta dovrebbe essere dichiarata irricevibile dal Partito democratico”.
Donata Gottardi
Lettera aperta di Pietro Ichino a Donata Gottardi
“Cara Donata,
“irricevibile” è un termine che nel linguaggio sindacalese viene usato sempre più frequentemente per squalificare drasticamente una proposta contrattuale, un progetto, un’idea; per chiarire sinteticamente che non si può neppure incominciare a discuterne, tanto essa è assurda e aberrante. Tu dunque chiedi, in sostanza, che il Partito democratico rifiuti persino di incominciare a discutere del “progetto semplificazione” a cui sto lavorando con numerosi esperti della materia, tanto lo consideri assurdo e aberrante.
Per l’amicizia che ci lega, mi propongo di convincerti che il tuo giudizio complessivo, così drasticamente negativo, e le singole critiche che muovi al progetto (tutte, tranne una) nascono da una lettura forse un po’ troppo affrettata del progetto: le drastiche riduzioni di tutela che denunci non ci sono affatto. Ma, prima di entrare nel merito di queste critiche ti chiedo: come puoi pensare che il Partito democratico rifiuti persino di incominciare discutere sul come aumentare il tasso di effettività e allargare il campo di applicazione del nostro diritto del lavoro, sul come disegnare un ordinamento che volti pagina rispetto al regime oggi vigente di vero e proprio apartheid tra protetti e non protetti? Potrai dire che nel progetto ravvisi delle lacune, o che molte delle soluzioni proposte non ti soddisfano; discutiamone, integriamo, correggiamo. Ma per far questo, perché si possa discuterne, occorre che le proposte “si ricevano”. Quella dell’“irricevibilità” è la tecnica con cui si blocca la discussione prima ancora che si apra, con cui si costruiscono i tabù, si stendono i cordoni sanitari di infausta memoria, si creano le premesse per le sclerosi culturali che tanti danni hanno procurato al movimento sindacale, alla sinistra e alla sua politica del lavoro.
Dici che questo progetto dimentica la Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori presentata da un gruppo di parlamentari dell’Unione nella passata legislatura. Ma quella Carta per un verso non modificava di una virgola il diritto del lavoro oggi applicabile alla metà dei lavoratori di “serie A”, neppure per migliorarlo sul piano della qualità e leggibilità del dettato legislativo, per altro verso sostanzialmente riconfermava in tutto e per tutto la divisione dei lavoratori tra “serie A” e serie inferiori, alle quali si proponeva di estendere – con molta parsimonia – qualche brandello di protezione, confermando per il resto l’enorme differenza nel livello delle protezioni. Rispetto a quella Carta, il progetto del nuovo Codice del lavoro costituisce dunque un passo avanti almeno per quel che riguarda il superamento del dualismo del mercato del lavoro, del regime di apartheid. Per realizzare questo superamento è indispensabile fare proprio ciò che quella Carta non faceva e che tu consideri inammissibile: cioè riscrivere il vecchio diritto del lavoro.
Certo, questa riscrittura comporta l’ideazione di un sistema di protezione nel quale si riduce qualche rigidità del vecchio diritto del lavoro di “serie A”: è inevitabile, poiché il disegno è proprio quello di evitare che tutto il peso della flessibilità di cui il sistema ha bisogno gravi soltanto sui lavoratori di “serie B” (lavoratori a termine e a progetto, co.co.co.) e di “serie C” (“partite IVA” fasulle, falsi lavoratori “in partecipazione” e simili). Ma di fronte alle modifiche del sistema di protezione delineato nel Codice semplificato devi porti questa domanda cruciale: per un ventenne qualsiasi che si affaccia oggi sul nostro mercato del lavoro è preferibile il regime attuale (che in due casi su tre lo condanna a una lunghissima anticamera di lavoro poco o per nulla protetto prima di poter accedere – se mai vi accederà – al lavoro regolare a tempo indeterminato), oppure è preferibile il regime delineato nel progetto, che offre a tutti pari diritti durante il rapporto per quel che riguarda retribuzione, malattia, permessi, ecc., una protezione della stabilità crescente con l’anzianità di servizio, e una robusta protezione nel mercato per il caso di perdita del posto? Non vedi che i nostri ragazzi migliori, insofferenti di tutta questa anticamera, stanno andando all’estero? Considera, poi, che la nuova protezione della stabilità riguarda soltanto i nuovi rapporti di lavoro: ai vecchi continua ad applicarsi il vecchio regime (articolo 2 del disegno di legge); nel compiere la scelta, dunque, devi metterti esclusivamente nei panni di chi entra oggi o entrerà domani nel nostro mercato del lavoro, non nei panni di chi un lavoro stabile lo ha già: la riforma lo riguarda solo in minima parte.
Può essere che tu, dopo avere riflettuto a fondo, discussi e soppesati tutti gli aspetti della riforma proposta, finisca col rispondere che preferisci il vecchio regime. Ma puoi arrivare a questa scelta soltanto dopo avere, appunto, discusso e soppesato tutti gli aspetti del progetto, facendo lo sforzo di guardare alla questione con gli occhi delle nuove generazioni, non con quelli della nostra; dunque, soltanto dopo avere “ricevuto” e discusso a fondo senza pregiudizi il progetto. Cioè avendo rinunciato alla tecnica della chiusura preventiva della discussione, del cordone sanitario, del tabù, che si riassume nella formula drastica della “irricevibilità”.
Detto questo, rispondo punto per punto alle tue critiche:
- nella relazione introduttiva al disegno di legge è detto esplicitamente che il nuovo Codice del lavoro sostituisce le leggi di recezione delle direttive comunitarie soltanto per alcune materie (in particolare: diritti di informazione, contratto a termine, part-time, distacco, trasferimento di azienda, licenziamenti collettivi), non per le altre, come quella della sicurezza nei luoghi di lavoro e quella dei divieti di discriminazione: le relative leggi di recezione, infatti, non sono comprese nell’elenco di quelle che vengono abrogate, contenuto nell’articolo 5 del disegno di legge;
- è vero che, sia in materia di sicurezza (articolo 2087), sia in materia di discriminazioni (articolo 2091), il nuovo Codice del lavoro contiene un rinvio aperto agli standard comunitari (cioè una “norma di chiusura” che mira a far sì che la disciplina comunitaria di queste materie rifluisca automaticamente nel nostro ordinamento interno, anche nel caso – purtroppo non infrequente – di ritardo nel recepimento specifico); ma il testo unico sulla sicurezza, il “codice delle pari opportunità”, e tutte le altre norme antidiscriminatorie specifiche restano in vigore; è del tutto falso, dunque, che nel progetto “il diritto antidiscriminatorio sia cancellato”;
- nel sistema delineato da questo Codice del lavoro e in particolare nell’articolo 2101, come la relazione introduttiva chiarisce esplicitamente, il buono-lavoro è considerato non come elemento di un tipo di contratto di lavoro a sé stante (il “lavoro accessorio” previsto dall’ordinamento oggi vigente), bensì soltanto come un mezzo semplificato di pagamento della retribuzione e di adempimento degli oneri amministrativi, fiscali e previdenziali, senza che ne risulti in alcun modo alterata la disciplina del rapporto di lavoro.
Su di un punto hai ragione: l’articolo 2111 sui congedi per maternità e paternità va corretto, integrato e calibrato meglio. Ci stiamo lavorando, in modo che il nuovo testo sia pronto prima della presentazione del disegno di legge. Anche a questo proposito, però, ti invito a non lanciare anatemi troppo in fretta; mettiti nei panni di un (o una) giovane che si affaccia oggi sul nostro mercato del lavoro: quale probabilità gli/le dai di fruire, in tempo utile per la sua eventuale paternità o maternità, del testo unico del 2001? Se gli dai – come è ragionevole dargli, sulla base dei dati disponibili – una probabilità bassa di fruirne in tempo utile, non pensi che anche la difettosissima formulazione attuale dell’articolo 2111 del Codice, applicandosi a tutti i lavoratori in posizione di sostanziale dipendenza, sarebbe complessivamente meglio del regime vigente che ne taglia fuori metà?
Così torniamo al punto di partenza della riflessione che ti propongo: se vogliamo delineare una politica del lavoro che dica qualche cosa di credibile alle nuove generazioni, smettiamola con le squalifiche preventive di qualsiasi progetto che anche soltanto marginalmente “tocchi” il vecchio ordinamento. E mettiamo, noi giuslavoristi, la nostra competenza a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori per la stesura del nuovo diritto del lavoro di cui le nuove generazioni hanno bisogno. Decidano loro qualè l’equilibrio giusto e sostenibile di un sistema di protezioni applicabili veramente a tutti coloro che lavorano in condizione di sostanziale dipendenza: a noi del mestiere solo il compito di mostrare che la riforma è tecnicamente possibile. E che anche la semplificazione non è un’utopia. L’obiettivo del progetto del nuovo Codice in 64 articoli è essenzialmente questo.
Cara Donata, spero, con questa lettera, di avere almeno ottenuto da te la rimozione della patente di “irricevibilità” e che quindi il dialogo su questo progetto con te, come con tutti gli altri colleghi giuslavoristi, possa continuare serenamente.
A risentirci presto”
Pietro Ichino

2 commenti:

sergio re ha detto...

Non entro nel merito ma condivido in pieno le parole di Ichino sull'irrecivibilità credo che in un partito tutto possa e debba essere discusso in modo aperto anche scontrandosi in modo forte quando necessario per arrivare poi ad una sintesi che dovrebbe rappresentare il meglio

Tommaso ha detto...

Mi sembra che Ichino sia più aperto a rivedere le condizioni di lavoro più aggiornate. Purtroppo ci sono categorie che nella Carta del Lavoro non vanno toccate e che ancora non sono incluse altri lavoratori e li rispetto. Io, purtroppo, sono alla ricerca di uno stimolo in più nel Lavoro. Gestisco uno studio grafico e non vedo tutele dei lavoratori in questo settore dopo la grande crisi del 2008-09. Ci serve una panoramica più ampia, dove comprende anche alle figure professionali nuove e che riservi ogni dettaglio per la tutela del Lavoratore, tra cui esplicitamente ha sottolineato Donata, ovvero quelle delle madri e dei padri, disabili e incolti in cerca di nuove formazioni professionali.