Intervista a cura di Emiliano Fittipaldi all'on.le Pietro Ichino, pubblicata su L’Espresso del 28 novembre-4 dicembre 2008
Lo stipendio da parlamentare che riceve è di 12.496 euro al mese. I contributi mensili versati al Partito democratico superano di poco i 3.500 euro. Il collaboratore (contratto part-time) gli costa 1.200 euro, per l’affitto a Roma e altre uscite varie escono dal suo portafogli, «facendo molta attenzione», 1.600 euro mensili. Nel 2007 il reddito, sommando quello da professore e i diritti d’autore con le attività dello studio, era di 496 mila euro lordi. Eletto al Senato, prevede che il suo reddito subirà un brusco calo.
Pietro Ichino, ordinario all’Università di Milano e deputato democratico, è stato di parola: tifoso della trasparenza "senza se e senza ma", sul suo sito Internet fa sfoggio di coerenza elencando nel dettaglio entrate e uscite del suo budget, senza dimenticare case e interessi vari. Un appartamento a Milano in comproprietà con la moglie («Ci vive anche mia figlia minore» tiene a chiosare), uno («piccolo») a Courmayeur , un altro a Forte dei Marmi (ereditato dai genitori). Ichino è preciso, quasi pignolo: «Ho una Renault Espace del 2001 e una Fiat Panda del 2007, intestata a mia moglie. Non posseggo invece né aerei né barche». Ci crede talmente tanto, nella trasparenza, che uno dei suoi primi atti è stato quello di presentare un ordine del giorno per mettere on line i beni e gli interessi dei colleghi. Un appello alla trasparenza rimasto, per ora, lettera morta.
Prima ancora del caso di Renato Brunetta, che ha invocato la privacy sulle sue proprietà immobiliari, nel luglio scorso lei aveva presentato una proposta. In cosa consiste?«Testualmente il documento dice che "il Senato, considerata la necessità di rendere noti i dati patrimoniali nonché gli interessi economici e finanziari degli eletti, impegna il Collegio dei questori a pubblicare su Internet in formati standard, liberi e aperti (ad esempio XML), le dichiarazioni dei senatori circa la ituazione patrimoniale, immobiliare e mobiliare propria, di cui all’articolo 2 della legge 5 luglio 1982"».
Perché ha presentato una proposta di questo tipo?
«C’era stata pochi giorni prima una sollecitazione di Tito Boeri. E stava partendo un’iniziativa dei radicali. In quel periodo, inoltre, il Senato discute del bilancio e della propria auto-amministrazione. Il momento era quello giusto».
L’ordine del giorno è stato approvato?
«Non è stato messo ai voti perché, con una piccola modifica, è stato direttamente accolto dalla Presidenza del Senato. In altre parole, la Presidenza ha preso l’impegno di fare quanto era indicato nel documento».
Perché secondo lei è così importante pubblicare le informazioni sensibili dei parlamentari su Internet?
«Quando venne emanata la legge del 1982 citata in quell’ordine del giorno, Internet non esisteva ancora. Oggi, l’accessibilità dei dati implica che essi siano disponibili in Rete».
Dunque le informazioni sono già pubbliche?
«La legge prevede la pubblicazione congiunta, da parte di Camera e Senato, mediante un bollettino cartaceo. In pratica, occorre recarsi presso un ufficio del Parlamento e chiedere di leggere i tabulati. È una forma di pubblicità molto rudimentale, poco accessibile e dunque pochissimo efficace».
Cosa succede negli altri paesi?
«In Svezia e in Gran Bretagna, che hanno introdotto per prime il principio della "total disclosure", cioè della trasparenza totale, tutti i dati sono disponibili on line. Sono gli Stati che il Pd ha preso a modello per il proprio disegno di legge sulla trasparenza e valutazione nelle amministrazioni pubbliche. E proprio il Senato ha approvato, due settimane fa, un disegno di legge che recepisce questo principio».
Sarà, ma la tutela della privacy resta sacra.
«Non c’è dubbio che le nostre amministrazioni pubbliche siano tra le più opache dell’Occidente. E neppure i politici, in generale, amano molto la trasparenza».
Perché in Italia il principio della privacy resta prioritario anche in politica?
«La trasparenza della cosa pubblica e di chi vi si dedica è uno degli elementi essenziali di qualsiasi democrazia. Diciamo che la nostra democrazia è un po’ indietro rispetto alle altre maggiori».
La trasparenza potrebbe limitare possibili conflitti d’interessi?
«Certo che sì! La visibilità del patrimonio mobiliare e immobiliare di ciascun parlamentare non potrà mettere a nudo tutti i suoi interessi personali privati, ma ne rivelerà sicuramente una buona parte».
In molti obiettano che il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi rende ridicoli gli altri…
«Se guardiamo alle dimensioni del suo patrimonio, certo, quello della maggior parte degli altri parlamentari appare minuscolo. Ma degli interessi personali di Berlusconi sappiamo quasi tutto: paradossalmente sono più trasparenti di quelli di tanti oscuri peones. Eppure anche questi, ogni giorno, soprattutto nel lavoro e nelle commissioni, possono influire in modo decisivo su tante decisioni, grandi e piccole».
Sono passati quattro mesi, ma l’ordine del giorno è rimasto soltanto sulla carta. Come mai?
«Ne ho chiesto conto all’ufficio dei Questori: mi hanno risposto che la pubblicazione on line è impossibile, perché la legge dispone la pubblicazione congiunta per i senatori e i deputati. E mi hanno detto che la Camera non è vincolata da quell’ordine del giorno del luglio scorso».
Ma la presidenza del Senato non potrebbe muoversi in maniera autonoma?
«Non vedo che cosa le impedisca di incominciare con l’adempiere l’impegno che ha assunto, mettendo sul sito del Senato i dati relativi ai senatori. Nessuno glielo vieta».
Forse la sua proposta non è stata molto apprezzata dai colleghi di maggioranza e opposizione…
«Qualcuno l’ha presa con simpatia, altri sono più scettici. Credo che quelli che non gradiscono l’iniziativa non si siano espressi affatto».
Non è che anche i parlamentari del Pd preferirebbero non mettere in piazza i propri interessi?
«Non ho motivo per pensarlo».
Se Schifani non prenderà posizione, come intende portare avanti il progetto?
«Per quel che mi riguarda, dal luglio scorso ho messo on line i redditi degli ultimi due anni e le mie proprietà. Chiunque può esaminarli sul mio sito www.pietroichino.it, sezione "Rendiconti". Forse la stampa potrebbe sollecitare ogni parlamentare a fare la stessa cosa. In questi giorni, poi, tornerò alla carica con la presidenza per chiedere conto dell’impegno assunto a luglio; e se questo non darà risultati presenterò un disegno di legge. Ora c’è di mezzo anche una questione di coerenza».
In che senso?
«Visto che abbiamo varato pochi giorni fa, in commissione Affari costituzionali, un disegno di legge che introduce il principio della trasparenza totale delle amministrazioni pubbliche, sarebbe curioso che il Senato approvasse questo principio a carico degli altri comparti dello Stato ma rifiutasse di applicarlo a se stesso».
Lo stipendio da parlamentare che riceve è di 12.496 euro al mese. I contributi mensili versati al Partito democratico superano di poco i 3.500 euro. Il collaboratore (contratto part-time) gli costa 1.200 euro, per l’affitto a Roma e altre uscite varie escono dal suo portafogli, «facendo molta attenzione», 1.600 euro mensili. Nel 2007 il reddito, sommando quello da professore e i diritti d’autore con le attività dello studio, era di 496 mila euro lordi. Eletto al Senato, prevede che il suo reddito subirà un brusco calo.
Pietro Ichino, ordinario all’Università di Milano e deputato democratico, è stato di parola: tifoso della trasparenza "senza se e senza ma", sul suo sito Internet fa sfoggio di coerenza elencando nel dettaglio entrate e uscite del suo budget, senza dimenticare case e interessi vari. Un appartamento a Milano in comproprietà con la moglie («Ci vive anche mia figlia minore» tiene a chiosare), uno («piccolo») a Courmayeur , un altro a Forte dei Marmi (ereditato dai genitori). Ichino è preciso, quasi pignolo: «Ho una Renault Espace del 2001 e una Fiat Panda del 2007, intestata a mia moglie. Non posseggo invece né aerei né barche». Ci crede talmente tanto, nella trasparenza, che uno dei suoi primi atti è stato quello di presentare un ordine del giorno per mettere on line i beni e gli interessi dei colleghi. Un appello alla trasparenza rimasto, per ora, lettera morta.
Prima ancora del caso di Renato Brunetta, che ha invocato la privacy sulle sue proprietà immobiliari, nel luglio scorso lei aveva presentato una proposta. In cosa consiste?«Testualmente il documento dice che "il Senato, considerata la necessità di rendere noti i dati patrimoniali nonché gli interessi economici e finanziari degli eletti, impegna il Collegio dei questori a pubblicare su Internet in formati standard, liberi e aperti (ad esempio XML), le dichiarazioni dei senatori circa la ituazione patrimoniale, immobiliare e mobiliare propria, di cui all’articolo 2 della legge 5 luglio 1982"».
Perché ha presentato una proposta di questo tipo?
«C’era stata pochi giorni prima una sollecitazione di Tito Boeri. E stava partendo un’iniziativa dei radicali. In quel periodo, inoltre, il Senato discute del bilancio e della propria auto-amministrazione. Il momento era quello giusto».
L’ordine del giorno è stato approvato?
«Non è stato messo ai voti perché, con una piccola modifica, è stato direttamente accolto dalla Presidenza del Senato. In altre parole, la Presidenza ha preso l’impegno di fare quanto era indicato nel documento».
Perché secondo lei è così importante pubblicare le informazioni sensibili dei parlamentari su Internet?
«Quando venne emanata la legge del 1982 citata in quell’ordine del giorno, Internet non esisteva ancora. Oggi, l’accessibilità dei dati implica che essi siano disponibili in Rete».
Dunque le informazioni sono già pubbliche?
«La legge prevede la pubblicazione congiunta, da parte di Camera e Senato, mediante un bollettino cartaceo. In pratica, occorre recarsi presso un ufficio del Parlamento e chiedere di leggere i tabulati. È una forma di pubblicità molto rudimentale, poco accessibile e dunque pochissimo efficace».
Cosa succede negli altri paesi?
«In Svezia e in Gran Bretagna, che hanno introdotto per prime il principio della "total disclosure", cioè della trasparenza totale, tutti i dati sono disponibili on line. Sono gli Stati che il Pd ha preso a modello per il proprio disegno di legge sulla trasparenza e valutazione nelle amministrazioni pubbliche. E proprio il Senato ha approvato, due settimane fa, un disegno di legge che recepisce questo principio».
Sarà, ma la tutela della privacy resta sacra.
«Non c’è dubbio che le nostre amministrazioni pubbliche siano tra le più opache dell’Occidente. E neppure i politici, in generale, amano molto la trasparenza».
Perché in Italia il principio della privacy resta prioritario anche in politica?
«La trasparenza della cosa pubblica e di chi vi si dedica è uno degli elementi essenziali di qualsiasi democrazia. Diciamo che la nostra democrazia è un po’ indietro rispetto alle altre maggiori».
La trasparenza potrebbe limitare possibili conflitti d’interessi?
«Certo che sì! La visibilità del patrimonio mobiliare e immobiliare di ciascun parlamentare non potrà mettere a nudo tutti i suoi interessi personali privati, ma ne rivelerà sicuramente una buona parte».
In molti obiettano che il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi rende ridicoli gli altri…
«Se guardiamo alle dimensioni del suo patrimonio, certo, quello della maggior parte degli altri parlamentari appare minuscolo. Ma degli interessi personali di Berlusconi sappiamo quasi tutto: paradossalmente sono più trasparenti di quelli di tanti oscuri peones. Eppure anche questi, ogni giorno, soprattutto nel lavoro e nelle commissioni, possono influire in modo decisivo su tante decisioni, grandi e piccole».
Sono passati quattro mesi, ma l’ordine del giorno è rimasto soltanto sulla carta. Come mai?
«Ne ho chiesto conto all’ufficio dei Questori: mi hanno risposto che la pubblicazione on line è impossibile, perché la legge dispone la pubblicazione congiunta per i senatori e i deputati. E mi hanno detto che la Camera non è vincolata da quell’ordine del giorno del luglio scorso».
Ma la presidenza del Senato non potrebbe muoversi in maniera autonoma?
«Non vedo che cosa le impedisca di incominciare con l’adempiere l’impegno che ha assunto, mettendo sul sito del Senato i dati relativi ai senatori. Nessuno glielo vieta».
Forse la sua proposta non è stata molto apprezzata dai colleghi di maggioranza e opposizione…
«Qualcuno l’ha presa con simpatia, altri sono più scettici. Credo che quelli che non gradiscono l’iniziativa non si siano espressi affatto».
Non è che anche i parlamentari del Pd preferirebbero non mettere in piazza i propri interessi?
«Non ho motivo per pensarlo».
Se Schifani non prenderà posizione, come intende portare avanti il progetto?
«Per quel che mi riguarda, dal luglio scorso ho messo on line i redditi degli ultimi due anni e le mie proprietà. Chiunque può esaminarli sul mio sito www.pietroichino.it, sezione "Rendiconti". Forse la stampa potrebbe sollecitare ogni parlamentare a fare la stessa cosa. In questi giorni, poi, tornerò alla carica con la presidenza per chiedere conto dell’impegno assunto a luglio; e se questo non darà risultati presenterò un disegno di legge. Ora c’è di mezzo anche una questione di coerenza».
In che senso?
«Visto che abbiamo varato pochi giorni fa, in commissione Affari costituzionali, un disegno di legge che introduce il principio della trasparenza totale delle amministrazioni pubbliche, sarebbe curioso che il Senato approvasse questo principio a carico degli altri comparti dello Stato ma rifiutasse di applicarlo a se stesso».
2 commenti:
Grazie per avere affrontato questo bell'argomento.
Perchè non ne parli anche a Daniele nel circolo ?
Chiara
IL NOSTRO MOVIMENTO
Finalmente ci siamo!
E’ nata l’Unione Nazionale Italiana degli Impiegati Statali: "U.N.I.STAT."
Un movimento libero, autonomo ed indipendente: lavoratori e pensionati dello Stato uniti per dare vita alle aspettative del "popolo delle buste paga".
Un popolo fatto di gente che “campa” di stipendio e che non ha la possibilità di adeguare autonomamente le proprie entrate al costo della vita.
Un popolo che non si sente adeguatamente rappresentato in parlamento da “questa” classe politica, nè sufficientemente tutelato sul posto di lavoro da “questi” sindacati che dovrebbero difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni.
Un popolo che ha più volte palesato su queste pagine la necessità di un soggetto politico “nuovo”.
Ebbene, adesso, il movimento c'è, è nato!
L’UNISTAT si batte per il miglioramento della qualità della vita dei lavoratori dipendenti e dei pensionati.
Obiettivi primari ed inalienabili dell’UNISTAT sono la democrazia, l'uguaglianza, la libertà e la giustizia sociale.
L’UNISTAT avversa il tentativo di abbattere gli istituti di democrazia istituzionale vigenti che, anzi, vanno quotidianamente e senza soluzione di continuità, arricchiti di democrazia sostanziale e quindi di contenuto socialmente valido.
Accetta e difende i principi e le finalità della Costituzione Italiana e, pertanto, si proclama pluralista dal punto di vista ideologico, politico e religioso, nel convincimento che la persona umana non ha frontiere, nè barriere fisiche, nè psichiche e che l'individuo deve continuamente anelare alla pace, alla democrazia, alla giustizia ed alla libertà nel completo rispetto delle leggi, ma combattendo con fermezza tutto ciò che ad esse costituisca attentato.
Ai nostri amici, ai nostri lettori, a tutti i nostri sostenitori - iscritti e simpatizzanti - non verrà mai chiesto alcun contributo economico d’iscrizione, ma soltanto di “PARTECIPARE”!
La Segreteria Nazionale
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