I principi della trasparenza totale, della valutazione e del benchmarking comparativo, contenuti originariamente nel disegno di legge del PD (n. 746/2008), sono stati pienamente recepiti nella legge sulle amministrazioni pubbliche approvata il 18 dicembre dal Senato. L’iter di approvazione prosegue alla Camera dei Deputati.
Si riporta l’intervento del senatore Pietro Ichino alla discussione generale sul testo unificato dei d.d.l. n. 746/2008 e n. 847/2008 redatto dalla Commissione Affari Costituzionali.
Signor Presidente, Colleghi – La prima domanda che dobbiamo porci, nell’affrontare la questione dell’efficienza e produttività delle nostre amministrazioni, è questa: che cosa non ha funzionato nelle riforme degli anni ’90 della nostra amministrazione pubblica, promosse dai ministri dell’epoca Sabino Cassese e Franco Bassanini?
Credo che la risposta sia questa: quando, nel 1993, si è esteso quasi interamente il diritto del lavoro privato al rapporto di impiego pubblico, e poi negli anni successivi si è perfezionata questa “privatizzazione”, non si è tenuto adeguatamente conto del fatto che nel settore pubblico manca per lo più la “molla” potentissima che muove il dirigente privato, cioè la concorrenza tra operatori diversi, che consente la dura sanzione del mercato contro l’inefficienza: è questa una “molla” che il potere politico, per sua natura, non è capace di sostituire con l’esercizio di un controllo rigoroso e imparziale.Nel mercato, l’utente/cliente/consumatore sanziona l’inefficienza rivolgendosi altrove: egli esercita così quella che Albert Hirschman chiama l’opzione exit. Lo stesso Hirschman, però, ci avverte che, se non è data l’opzione exit, la capacità di aggiustamento di una grande struttura dipende dal fatto che ai suoi interlocutori – siano essi utenti, clienti, consumatori o semplicemente cittadini – sia data almeno la possibilità di farsi sentire, di denunciare le inefficienze, di interloquire nelle scelte: in altre parole, l’opzione voice. Il problema fondamentale della nostra amministrazione pubblica sta nel fatto che fino a oggi in essa al cittadino, per lo più, non si è data né l’una opzione né l’altra: né exit, né voice.
La voice contro l’inefficienza dovrebbe essere esercitata dalla cittadinanza attraverso i propri rappresentanti politici; ma troppo sovente questi tendono a interferire con l’amministrazione per fini del tutto diversi da quelli del miglioramento della sua efficienza.
D’altra parte, non può essere data utilmente voce ai cittadini se, prima ancora, non è data loro anche l’informazione indispensabile perché essi possano esercitare la propria critica.
Ora, la nostra amministrazione statale e più in generale le nostre amministrazioni pubbliche, per la maggior parte, sono tra le più opache fra tutte quelle dei Paesi dell’Occidente cosiddetto avanzato. Non ci si può stupire, dunque, che ne risulti un gravissimo difetto di stimoli al miglioramento dell’efficienza delle amministrazioni stesse. Si sono dati al management pubblico gli stessi poteri, la stessa discrezionalità, di cui dispone il management delle imprese private, ma in un contesto in cui – nella maggior parte dei casi ‑ il cattivo o mancato esercizio degli stessi non è sanzionato né dal mercato, né da una vera possibilità di interloquire del del cittadino-utente.
La nostra iniziativa legislativa su questo terreno ‑ concretatasi già nella passata legislatura con la presentazione del disegno di legge n. 1233 del dicembre 2006, integrato e aggiornato in questa legislatura con il disegno di legge n. 746 del maggio scorso ‑ è essenzialmente mirata a correggere questo difetto grave del nostro sistema, introducendo e radicando profondamente nel sistema stesso due principi fondamentali:
- innanzitutto il principio della trasparenza totale: quella total disclosure che in Svezia costituisce principio generale fin dalla metà degli anni ’70; e che da tempo costituisce principio generale anche nelle amministrazioni di grandi Paesi nostri partner europei come la Gran Bretagna;- inoltre il principio della misurazione e valutazione indipendente, che esso pure costituisce un cardine essenziale di quei sistemi.
E’ doveroso riconoscere alla maggioranza – e in essa particolarmente al Relatore Carlo Vizzini e al Senatore Maurizio Castro – il merito di avere subito colto l’importanza decisiva di questi principi e di aver consentito che la Commissione Affari Costituzionali in sede redigente li introducesse nel testo unificato che è ora al nostro esame.
E’ importante anche sottolineare come questi due principi siano tra loro complementari e reciprocamente indispensabili. La trasparenza totale deve infatti consentire a qualsiasi cittadino, ma soprattutto agli osservatori qualificati – associazioni, sindacati, stampa specializzata, ricercatori universitari – di compiere direttamente la valutazione dell’efficienza e produttività di qualsiasi amministrazione pubblica utilizzando gli stessi dati su cui si compie la valutazione da parte dell’analista interno all’amministrazione. E il civic auditing deve potersi confrontare sistematicamente con l’internal auditing, perché solo in questo modo gli indici di andamento gestionale prodotti da quest’ultimo, dall’analista interno alla struttura pubblica, saranno del tutto credibili. Ecco perché assume importanza cruciale l’accessibilità immediata on line di tutti i dati raccolti dal nucleo di valutazione, ora esplicitamente disposta nell’articolo 3 del testo legislativo al nostro esame: la loro visibilità consentirà, oltretutto, che gli osservatori qualificati esterni e in particolare i sindacati dei lavoratori controllino la qualità stessa di quei dati, la loro genuina rappresentatività rispetto alla realtà del funzionamento dell’amministrazione. E questo consentirà al sistema della contrattazione collettiva di utilizzare senza riserve gli stessi indici di andamento gestionale prodotti dal sistema come riferimento per una determinazione equa ed efficace della parte della retribuzione legata a efficienza e produttività delle strutture.
Ecco dunque l’importanza anche della public review, ovvero di quell’incontro pubblico – previsto anch’esso nell’art. 3 del testo al nostro esame ‑ nel quale periodicamente l’analista interno presenterà le valutazioni contenute nel proprio annual report in progress, per confrontarle con quelle espresse dagli osservatori qualificati.
Trasparenza e valutazione consentiranno infine di porre permanentemente a disposizione dei cittadini gli indici di andamento gestionale di ciascuna amministrazione o servizio: indici che le tecniche oggi disponibili consentono di elaborare per qualsiasi funzione amministrativa, dalla giustizia alla sanità, dalla scuola ai servizi nel mercato del lavoro, dalle attività di polizia all’amministrazione tributaria. Ma trasparenza e valutazione consentiranno anche, se gli indici saranno elaborati secondo tecniche e criteri opportunamente standardizzati, di costruire tabelle nelle quali le amministrazioni omologhe potranno essere poste tra loro a confronto, attivandosi in tal modo quella tecnica del benchmarking comparativo (espressamente prevista dall’articolo 3 del testo al nostro esame), che ha dato risultati così straordinariamente positivi in tutti i Paesi in cui essa è stata praticata seriamente, e che anche in casa nostra potrà costituire un fattore importantissimo di successo della riforma federalista dello Stato.
La nuova norma impone esplicitamente che alle amministrazioni che risulteranno meno virtuose si imponga il riallineamento alla media entro un termine ragionevole. E di questo dovranno rispondere: il management nei confronti del vertice politico (assumendo in questo modo un significato preciso la “responsabilità dirigenziale” oggettiva di cui parla – fino a oggi invano – l’art. 21 del testo unico n. 165 del 2001); ma anche il vertice politico nei confronti della cittadinanza.
Nell’attivazione del benchmarking comparativo un ruolo cruciale sarà svolto dall’agenzia centrale, il cui compito sarà non soltanto di garantire l’indipendenza effettiva degli organi centrali e periferici cui è affidata la valutazione in ciascun comparto, ma anche di promuovere e sorvegliare l’applicazione dei metodi più evoluti e più affidabili nella raccolta e valutazione dei dati e di assicurare la confrontabilità degli indici che in tal modo verranno elaborati.
Avremmo preferito che questo organo centrale assumesse esplicitamente la veste di una autorità indipendente. Per tornare al paradigma di Hirschman, se riteniamo necessario che una vera e propria autorità indipendente sia preposta alla garanzia dell’opzione exit, cioè della libera concorrenza, là dove possono operare i meccanismi di mercato, non si vede perché non sia altrettanto necessario che una vera e propria autorità indipendente sia preposta alla garanzia dell’opzione voice, là dove non possono essere i meccanismi di mercato a misurare l’efficienza e la produttività delle strutture. Ma va detto che, per le caratteristiche di indipendenza effettiva e di autonomia anche finanziaria attribuite a questo nuovo organo centrale dal testo legislativo, in seguito all’accoglimento di una parte del nostro disegno di legge cui attribuiamo importanza cruciale, l’organo assume di fatto, anche se non nominalmente, un rango sostanzialmente simile a quello delle altre autorità indipendenti.
Quando questo sistema sarà a regime, ogni cittadino potrà vedere da casa propria, con un clic sul computer, qual è il rating dei servizi disponibili nella propria città o provincia nel campo della sanità, della scuola, della polizia locale, eccetera, rispetto alle altre città e province vicine e lontane. E potrà chiederne conto ai politici preposti alle relative strutture; potrà fondare il proprio voto non su opzioni ideologiche a priori, ma su dati precisi.
A loro volta, i politici potranno – anzi dovranno – fissare ai dirigenti apicali che ingaggeranno obiettivi concreti e stringenti: quegli obiettivi che in Gran Bretagna vengono qualificati con l’acronimo SMART: specific, measurable, achievable, repeatable, timely: ovvero “precisi, misurabili, ragionevolmente esigibili, ripetibili, collegabili a scadenze predeterminate”. Esattamente il contrario rispetto agli obiettivi generici e non verificabili che per lo più vengono oggi utilizzati per determinare il debito contrattuale dei dirigenti delle nostre amministrazioni.
Altri colleghi del Gruppo del PD interverranno su altre parti di questo testo legislativo che non ci convincono, o che ci vedono decisamente contrari: in particolare quella relativa alla Corte dei Conti e quella relativa al Cnel. Sulla parte più rilevante, che rientra più specificamente nella mia competenza e che riguarda i principi fondamentali della trasparenza e della valutazione, concludo osservando che questo testo legislativo ha, certo, ancora molti difetti; ma i principi innovativi in esso contenuti possono segnare una svolta importante non solo nel nostro ordinamento delle amministrazioni pubbliche, bensì anche nel loro funzionamento concreto. A una condizione, ovviamente: che essi vengano interpretati correttamente in sede di esercizio della delega da parte del Governo. Su questo non mancheremo di vigilare con grande attenzione.
Si riporta l’intervento del senatore Pietro Ichino alla discussione generale sul testo unificato dei d.d.l. n. 746/2008 e n. 847/2008 redatto dalla Commissione Affari Costituzionali.
Signor Presidente, Colleghi – La prima domanda che dobbiamo porci, nell’affrontare la questione dell’efficienza e produttività delle nostre amministrazioni, è questa: che cosa non ha funzionato nelle riforme degli anni ’90 della nostra amministrazione pubblica, promosse dai ministri dell’epoca Sabino Cassese e Franco Bassanini?
Credo che la risposta sia questa: quando, nel 1993, si è esteso quasi interamente il diritto del lavoro privato al rapporto di impiego pubblico, e poi negli anni successivi si è perfezionata questa “privatizzazione”, non si è tenuto adeguatamente conto del fatto che nel settore pubblico manca per lo più la “molla” potentissima che muove il dirigente privato, cioè la concorrenza tra operatori diversi, che consente la dura sanzione del mercato contro l’inefficienza: è questa una “molla” che il potere politico, per sua natura, non è capace di sostituire con l’esercizio di un controllo rigoroso e imparziale.Nel mercato, l’utente/cliente/consumatore sanziona l’inefficienza rivolgendosi altrove: egli esercita così quella che Albert Hirschman chiama l’opzione exit. Lo stesso Hirschman, però, ci avverte che, se non è data l’opzione exit, la capacità di aggiustamento di una grande struttura dipende dal fatto che ai suoi interlocutori – siano essi utenti, clienti, consumatori o semplicemente cittadini – sia data almeno la possibilità di farsi sentire, di denunciare le inefficienze, di interloquire nelle scelte: in altre parole, l’opzione voice. Il problema fondamentale della nostra amministrazione pubblica sta nel fatto che fino a oggi in essa al cittadino, per lo più, non si è data né l’una opzione né l’altra: né exit, né voice.
La voice contro l’inefficienza dovrebbe essere esercitata dalla cittadinanza attraverso i propri rappresentanti politici; ma troppo sovente questi tendono a interferire con l’amministrazione per fini del tutto diversi da quelli del miglioramento della sua efficienza.
D’altra parte, non può essere data utilmente voce ai cittadini se, prima ancora, non è data loro anche l’informazione indispensabile perché essi possano esercitare la propria critica.
Ora, la nostra amministrazione statale e più in generale le nostre amministrazioni pubbliche, per la maggior parte, sono tra le più opache fra tutte quelle dei Paesi dell’Occidente cosiddetto avanzato. Non ci si può stupire, dunque, che ne risulti un gravissimo difetto di stimoli al miglioramento dell’efficienza delle amministrazioni stesse. Si sono dati al management pubblico gli stessi poteri, la stessa discrezionalità, di cui dispone il management delle imprese private, ma in un contesto in cui – nella maggior parte dei casi ‑ il cattivo o mancato esercizio degli stessi non è sanzionato né dal mercato, né da una vera possibilità di interloquire del del cittadino-utente.
La nostra iniziativa legislativa su questo terreno ‑ concretatasi già nella passata legislatura con la presentazione del disegno di legge n. 1233 del dicembre 2006, integrato e aggiornato in questa legislatura con il disegno di legge n. 746 del maggio scorso ‑ è essenzialmente mirata a correggere questo difetto grave del nostro sistema, introducendo e radicando profondamente nel sistema stesso due principi fondamentali:
- innanzitutto il principio della trasparenza totale: quella total disclosure che in Svezia costituisce principio generale fin dalla metà degli anni ’70; e che da tempo costituisce principio generale anche nelle amministrazioni di grandi Paesi nostri partner europei come la Gran Bretagna;- inoltre il principio della misurazione e valutazione indipendente, che esso pure costituisce un cardine essenziale di quei sistemi.
E’ doveroso riconoscere alla maggioranza – e in essa particolarmente al Relatore Carlo Vizzini e al Senatore Maurizio Castro – il merito di avere subito colto l’importanza decisiva di questi principi e di aver consentito che la Commissione Affari Costituzionali in sede redigente li introducesse nel testo unificato che è ora al nostro esame.
E’ importante anche sottolineare come questi due principi siano tra loro complementari e reciprocamente indispensabili. La trasparenza totale deve infatti consentire a qualsiasi cittadino, ma soprattutto agli osservatori qualificati – associazioni, sindacati, stampa specializzata, ricercatori universitari – di compiere direttamente la valutazione dell’efficienza e produttività di qualsiasi amministrazione pubblica utilizzando gli stessi dati su cui si compie la valutazione da parte dell’analista interno all’amministrazione. E il civic auditing deve potersi confrontare sistematicamente con l’internal auditing, perché solo in questo modo gli indici di andamento gestionale prodotti da quest’ultimo, dall’analista interno alla struttura pubblica, saranno del tutto credibili. Ecco perché assume importanza cruciale l’accessibilità immediata on line di tutti i dati raccolti dal nucleo di valutazione, ora esplicitamente disposta nell’articolo 3 del testo legislativo al nostro esame: la loro visibilità consentirà, oltretutto, che gli osservatori qualificati esterni e in particolare i sindacati dei lavoratori controllino la qualità stessa di quei dati, la loro genuina rappresentatività rispetto alla realtà del funzionamento dell’amministrazione. E questo consentirà al sistema della contrattazione collettiva di utilizzare senza riserve gli stessi indici di andamento gestionale prodotti dal sistema come riferimento per una determinazione equa ed efficace della parte della retribuzione legata a efficienza e produttività delle strutture.
Ecco dunque l’importanza anche della public review, ovvero di quell’incontro pubblico – previsto anch’esso nell’art. 3 del testo al nostro esame ‑ nel quale periodicamente l’analista interno presenterà le valutazioni contenute nel proprio annual report in progress, per confrontarle con quelle espresse dagli osservatori qualificati.
Trasparenza e valutazione consentiranno infine di porre permanentemente a disposizione dei cittadini gli indici di andamento gestionale di ciascuna amministrazione o servizio: indici che le tecniche oggi disponibili consentono di elaborare per qualsiasi funzione amministrativa, dalla giustizia alla sanità, dalla scuola ai servizi nel mercato del lavoro, dalle attività di polizia all’amministrazione tributaria. Ma trasparenza e valutazione consentiranno anche, se gli indici saranno elaborati secondo tecniche e criteri opportunamente standardizzati, di costruire tabelle nelle quali le amministrazioni omologhe potranno essere poste tra loro a confronto, attivandosi in tal modo quella tecnica del benchmarking comparativo (espressamente prevista dall’articolo 3 del testo al nostro esame), che ha dato risultati così straordinariamente positivi in tutti i Paesi in cui essa è stata praticata seriamente, e che anche in casa nostra potrà costituire un fattore importantissimo di successo della riforma federalista dello Stato.
La nuova norma impone esplicitamente che alle amministrazioni che risulteranno meno virtuose si imponga il riallineamento alla media entro un termine ragionevole. E di questo dovranno rispondere: il management nei confronti del vertice politico (assumendo in questo modo un significato preciso la “responsabilità dirigenziale” oggettiva di cui parla – fino a oggi invano – l’art. 21 del testo unico n. 165 del 2001); ma anche il vertice politico nei confronti della cittadinanza.
Nell’attivazione del benchmarking comparativo un ruolo cruciale sarà svolto dall’agenzia centrale, il cui compito sarà non soltanto di garantire l’indipendenza effettiva degli organi centrali e periferici cui è affidata la valutazione in ciascun comparto, ma anche di promuovere e sorvegliare l’applicazione dei metodi più evoluti e più affidabili nella raccolta e valutazione dei dati e di assicurare la confrontabilità degli indici che in tal modo verranno elaborati.
Avremmo preferito che questo organo centrale assumesse esplicitamente la veste di una autorità indipendente. Per tornare al paradigma di Hirschman, se riteniamo necessario che una vera e propria autorità indipendente sia preposta alla garanzia dell’opzione exit, cioè della libera concorrenza, là dove possono operare i meccanismi di mercato, non si vede perché non sia altrettanto necessario che una vera e propria autorità indipendente sia preposta alla garanzia dell’opzione voice, là dove non possono essere i meccanismi di mercato a misurare l’efficienza e la produttività delle strutture. Ma va detto che, per le caratteristiche di indipendenza effettiva e di autonomia anche finanziaria attribuite a questo nuovo organo centrale dal testo legislativo, in seguito all’accoglimento di una parte del nostro disegno di legge cui attribuiamo importanza cruciale, l’organo assume di fatto, anche se non nominalmente, un rango sostanzialmente simile a quello delle altre autorità indipendenti.
Quando questo sistema sarà a regime, ogni cittadino potrà vedere da casa propria, con un clic sul computer, qual è il rating dei servizi disponibili nella propria città o provincia nel campo della sanità, della scuola, della polizia locale, eccetera, rispetto alle altre città e province vicine e lontane. E potrà chiederne conto ai politici preposti alle relative strutture; potrà fondare il proprio voto non su opzioni ideologiche a priori, ma su dati precisi.
A loro volta, i politici potranno – anzi dovranno – fissare ai dirigenti apicali che ingaggeranno obiettivi concreti e stringenti: quegli obiettivi che in Gran Bretagna vengono qualificati con l’acronimo SMART: specific, measurable, achievable, repeatable, timely: ovvero “precisi, misurabili, ragionevolmente esigibili, ripetibili, collegabili a scadenze predeterminate”. Esattamente il contrario rispetto agli obiettivi generici e non verificabili che per lo più vengono oggi utilizzati per determinare il debito contrattuale dei dirigenti delle nostre amministrazioni.
Altri colleghi del Gruppo del PD interverranno su altre parti di questo testo legislativo che non ci convincono, o che ci vedono decisamente contrari: in particolare quella relativa alla Corte dei Conti e quella relativa al Cnel. Sulla parte più rilevante, che rientra più specificamente nella mia competenza e che riguarda i principi fondamentali della trasparenza e della valutazione, concludo osservando che questo testo legislativo ha, certo, ancora molti difetti; ma i principi innovativi in esso contenuti possono segnare una svolta importante non solo nel nostro ordinamento delle amministrazioni pubbliche, bensì anche nel loro funzionamento concreto. A una condizione, ovviamente: che essi vengano interpretati correttamente in sede di esercizio della delega da parte del Governo. Su questo non mancheremo di vigilare con grande attenzione.
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