sabato 15 gennaio 2011

Pietro Micheli si dimette dalla CiVIT

In una lettera al Ministro Brunetta Pietro Micheli, professore di analisi delle politiche pubbliche nell’Università di Cranfield, rassegna le dimissioni dalla CiVIT con motivazioni reali e condivisibili che sono alla base del processo di riforma delle PA. Gli ostacoli alla realizzazione del cambiamento indicati da Micheli li condivido tutti e rappresentano le contraddizioni di una riforma che stenta a realizzarsi. Purtroppo Brunetta ha ascoltato solo se stesso e lasciato fuori dalla porta chi seriamente voleva innovare le PA per consentire al sistema Italia di migliorare la propria posizione competitiva nel contesto globale, ai cittadini di elevare la qualità della vita ed alle imprese di essere sostenute da una PA efficiente ed efficace. Le contraddizioni di questa riforma purtroppo non pagano e costringe le persone preparate professionalmente e serie, come Pietro Micheli, a gettare la spugna. Purtroppo i nostri talenti mal si adattano al contesto italiano e ritornano all’estero.
Si riporta la lettera di Pietro Micheli
Egregio Ministro Renato Brunetta,
Le scrivo per comunicarLe le mie dimissioni da componente della Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT).
Avevo lasciato il mio lavoro in Gran Bretagna come professore universitario e consulente per dare il mio contributo a quella che nel 2009 fa si profilava come un’ambiziosa e storica riforma della Pubblica Amministrazione (PA). Ebbene, dopo un anno, non credo vi siano più i presupposti per continuare.
Sebbene la riforma che porta il Suo nome abbia inizialmente conseguito dei risultati positivi, qualche difetto del suo impianto originario e soprattutto i gravi difetti nel modo in cui essa sta essendo attuata rischiano di farla naufragare in una palude di adempimenti burocratici, appesantendo le amministrazioni invece che renderle più efficienti. La mia valutazione attuale, purtroppo, è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento e che i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l’intensità di energie politiche e di risorse economiche che la sfida richiede.
Performance e valutazione sono le parole chiavi della riforma; ma in nessuna organizzazione la valutazione individuale può dare buoni frutti se non c’è una buona gestione organizzativa. Invece, il consenso ottenuto con la campagna “anti-fannulloni” e la presenza nella legge di riforma di alcuni elementi esageratamente prescrittivi (ad es., la ripartizione dei valutati in fasce definite ex ante) hanno focalizzato l’attenzione di tutti sulla performance individuale. Il pressing sui “fannulloni” ha dato i suoi frutti all’inizio (riduzione dell’assenteismo), ma ha finito anche per deprimere la reputazione e il senso di appartenenza di tanti dipendenti pubblici. E dato che queste sono le leve motivazionali più potenti, sarà dura riuscire a (ri)motivare il personale pubblico a far meglio con l’uso di tornelli, telecamere, bastoni e carote (per altro sparite dopo la recente legge di stabilità).
Per rendere la PA più efficiente e competitiva bisogna risolvere prima problemi a livello organizzativo e di sistema: è qui che la Sua riforma avrebbe potuto fare la differenza, puntando sulla creazione di valore pubblico e sulla valutazione degli impatti dell’azione amministrativa, in un ambiente troppo spesso autoreferenziale. Perché è questo, in ultima istanza, l’interesse principale dei cittadini e delle imprese: la qualità dei servizi che gli vengono resi. Il meccanismo del premio e della sanzione è strumentale a questo obiettivo, mentre è finito per essere (specie la sanzione) il vero fulcro dell’azione. Poi, se la Sua riforma voleva essere di stampo manageriale, allora perché nominare una Commissione prevalentemente composta da giuristi? E in ogni caso, come può una Commissione con 30 persone in organico, senza poteri ispettivi o sanzionatori, spingere a migliorare non solo chi è già incline a farlo, ma anche chi non ne ha alcuna intenzione? Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l’auto-esclusione sia della Presidenza del Consiglio che del Ministero dell’Economia e delle Finanze?
Quanto all’indipendenza della CiVIT, come può esserci indipendenza quando il Governo si riserva ogni potere di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività della Commissione stessa, e per di più opera quotidianamente trattando la CiVIT come parte del proprio staff? E lo stesso interrogativo vale per gli Organi Indipendenti di Valutazione recentemente costituiti presso molte amministrazioni.
Con sincero rammarico,

Pietro Micheli

Articolo La Repubblica

6 commenti:

Alessia ha detto...

un grande......bellissima lettera !!!

Anonimo ha detto...

Complimenti!!!
Senza organizzazione non esistono riforme.
Nell'Amministrazione in cui presto servizio non hanno ancora deliberato il bilancio di previsione anno 2010, ribadisco 2010 e hanno avuto il coraggio, invece di dimettersi e andarsene a casa, di approvare il regolamento sulla performance, con le 3 fasce.
Alcuni di noi saranno puniti da questo tipo di Amministrazione .... !!!

Mario Navarra ha detto...

Impressiona la somiglianza delle posizioni del prof. Micheli con quelle della CGIL:
No a valutazioni EX Ante,
importanza per il livello organizzativo e di sistema,
l'assenza di incentivi e la propagandistica esclusiva insistenza sugli aspetti punitivi.

Piero ha detto...

La realta' e' solo una; non si vuole far emergere lo stato di operativita' della pubblica amministrazione, e per proteggere chi non fa il proprio dovere, si vuole lasciare nell'ombra anche chi e' bravo, diligente e capace.

Anonimo ha detto...

La posizione del Prof. Micheli è condivisibile, il limiti della riforma Brunetta è quello di essere focalizzata sui "particolari" e di tralasciare completamente gli aspetti organizzativi. Le amministrazioni hanno un’evidente difficoltà a definire in modo univoco e non ambiguo le linee di attività ed i prodotti conseguenti, gli indicatori ed i metodi di misura. Le cause di questa difficoltà hanno le loro radici nella scarsa cultura tecnica-scientifica della pubblica amministrazione in generale.
Al netto di mille altre considerazioni di fondo, se si vuole avviare un processo di modernizzazione e di qualità è necessario favorire la nascita e la crescita di una modalità di lavoro basata sulla metodologia e non solo sull’esperienza, dove si consideri prioritario il raggiungimento degli obiettivi assegnati ed in cui la valutazione soggettiva ed oggettiva del rapporto costo beneficio debba essere considerata parte del risultato stesso.
Gaia

milomar ha detto...

La più grossa idiozia di Brunetta e della sua stupida Legge: "la ripartizione dei valutati in fasce definite ex ante".