venerdì 28 gennaio 2011

Anno nuovo, crisi vecchia

di Emanuele Costa
L’arrivo di un nuovo anno ci ha ormai abituati ad essere consapevoli che l’inesorabile trascorrere del tempo non lascia alcuna speranza. La sua corsa in avanti è un processo inarrestabile che progredisce con costanza, senza mostrare alcun segno di stanchezza. La stessa cosa non si può affermare per la situazione economica che sta attraversando il Paese. Dopo essere stata drogata negli ultimi giorni del mese di dicembre con iniezioni di dosi di eccessivo ottimismo, ha fatto sniffare agli Italiani la sensazione che il futuro sarebbe stato all’insegna di un miglioramento della congiuntura. Invece, dopo aver brindato al 2011, si è lentamente preso coscienza, ancora ubriachi, che la strada da percorrere per uscire dal tunnel della recessione è ancora molta. Anzi, a dire il vero, ci si trova ancora al punto di partenza. In altre parole, ci si è sottoposti inutilmente ad un periodo di terapia intensiva per sentirsi dire che i sacrifici fino a questo momento sopportati non sono assolutamente serviti a nulla. Ci si trova ancora in fase di diagnosi, alla ricerca estenuante di una cura, se esistente, idonea a risolvere i problemi. Qui il resto del post E così, di fronte ad un nuovo anno, si ritrovano le vecchie questioni, che il passare del tempo ha contribuito ad ingigantire e che nessuno ha mai avuto il coraggio di affrontare seriamente. Occorre sviluppare politiche economiche alternative rispetto a quelle messe in campo fino ad oggi, degne di un Paese ricco di risorse, ma incapace di investirle per creare ed alimentare quel circolo virtuoso che contribuisce a migliorare un clima che da tempo sta togliendo fiato alla fiducia collettiva. E’ sempre più necessario dedicare le energie alle reali esigenze del Paese, prima che il virus della speculazione internazionale infetti l’ingente massa di debito pubblico, che grava per circa trentamila euro sulla spalle di ognuno. Non serve sperimentare soluzioni una tantum, perché risolverebbero solamente emergenze momentanee, senza contribuire a far rimarginare le ferite del tessuto economico. E’ giunta l’ora di agire tempestivamente con interventi strutturali sulla spesa pubblica, in grado di stroncare sul nascere il male degli sprechi, estirpandolo alla radice, altrimenti, tra qualche mese, ci si potrebbe sentir dire che è stato nuovamente somministrato un trattamento sbagliato e che ora per stimolare le prospettive economiche non serve altro che un defibrillatore.

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