sabato 31 maggio 2008

Intervista all'on.le Federico Testa

L'on.le Federico Testa ha espresso la sua disponibilità a trattare alcuni argomenti di particolare interesse in questa intervista, quali la globalizzazione, lo sviluppo del Sud, la competitività ed alcune misure del Governo Berlusconi approvate di recente (detassazione degli straordinari e dei premi di produzione e l'abolizione dell'ICI sulla prima casa). Federico Testa è stato eletto nel 2008 alla Camera dei Deputati nella lista del Partito Democratico, già parlamentare nella precedente legislatura. È membro della Commissione Attività produttive, Commercio e Turismo.
Spesso di fronte ad eventi e problemi complessi vi è una risposta scontata: - E’ colpa della globalizzazione. Occorre uscire da questo luogo comune che non aiuta certamente a trovare soluzioni ai nuovi problemi. Quali sono gli effetti - rischi, opportunità, benefici – della globalizzazione?
Per globalizzazione si intende l’affermazione di un unico mercato a livello globale, mondiale. Indubbiamente questo comporta una decisa accelerazione al volume dei traffici e delle transazioni, ed una spinta ad una maggiore crescita complessiva. Ma, come diceva don Milani, non c’è peccato più grande di “trattar da eguali quelli che eguali non sono”. L’assenza di qualunque regolamentazione del mercato può infatti produrre anche un aumento della disuguaglianza complessiva, non tutelando i Paesi più poveri che possono venire fortemente discriminati in un mercato di tal genere. In sostanza, si alla globalizzazione ma con quegli accorgimenti che evitino che si trasformi nel far west
C. K. Prahalad in “La fortuna alla base della piramide” propone una strategia che permette all’impresa di continuare a fare profitti e nello stesso tempo di affrontare il problema della povertà e della diseguaglianza. Nella pubblicazione vengono citati gli esempi di Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, con la banca dei poveri Grameen Bank, dell’economista peruviano Hernando de Soro che sostiene l’idea del capitalismo popolare e del caso Wizzit che indirizza i suoi servizi bancari via telefono cellulare ai cittadini africani. La povertà può essere combattuta in modo efficace con tale strategia? La proposta di Prahalad può essere utilizzata in Italia per favorire lo sviluppo nel Sud?
Le proposte di Prahalad e Yunus sono tarate sulle popolazioni più povere dei Paesi in via di sviluppo (si pensi al microcredito come via per emancipare i piccoli produttori -e soprattutto le donne- dai condizionamenti dei fornitori di materie prime). Credo che, pur mutuando tutto ciò che è possibile da tali proposte, il problema del Sud Italia in questo momento abbia molto a che fare con il ristabilimento del ruolo dello Stato nei confronti della malavita organizzata e l’efficienza della Pubblica Amministrazione come premesse per l’attuazione di politiche di sostegno allo sviluppo che, senza ricreare le cattedrali del deserto del passato, aiutino il formarsi di un tessuto imprenditoriale diffuso che consenta alle giovani generazioni di intravedere un futuro possibile.
Considerato che i cicli di vita della strategia si stanno accorciando e che la corsa alla minimizzazione dei costi presenta molti concorrenti agguerriti tra i paesi in via di sviluppo, quali fattori di sviluppo e di crescita economica nel terzo millennio occorre utilizzare e quale ruolo deve svolgere l’impresa, lo Stato ed i sindacati per avviare una presenza competitiva dell’Italia nel panorama internazionale dell’economia che permetta la risoluzione dei problemi più urgenti di carattere nazionale?
L’Italia deve puntare innanzitutto sulla conoscenza, sulla competenza, sulle particolari doti di creatività che contraddistinguono la nostra popolazione. Tutte e tre, non pensando di “vivere di rendita” sulla terza, perché la competizione si è fatta così dura che la genialità e la creatività, se non sistematizzate, non bastano più. Questo significa investire molto di più sulla scuola di ogni ordine e grado, sulla formazione continua (oggi spesso chi sopra i 40 anni resta senza lavoro non si ri-colloca facilmente), sulla ricerca fatta dalle università e dalle imprese, che debbono imparare a dialogare ancora di più. L’alternativa a questo percorso è la competizione con i paesi meno sviluppati del nostro, competizione dalla quale usciremmo certamente perdenti.
Il Governo Berlusconi, nel primo Consiglio dei Ministri, ha approvato una serie di provvedimenti, promessi durante la campagna elettorale, e tra questi l’abolizione dell’ICI sulla prima casa e la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività. Molti economisti hanno espresso il loro dissenso, prima e dopo le consultazioni elettorali, verso tali provvedimenti in quanto introducono distorsioni e discriminazioni e risultano inefficaci rispetto ai problemi che si vogliono risolvere (produttività, eccessiva tassazione, aumento del salario reale). Qual'è la sua posizione rispetto a questi provvedimenti?
Il tema non è se essere favorevoli o meno all’abolizione dell’ICI e alla detassazione degli straordinari. Certo che sì! Ma bisogna chiedersi se quelle misure sono l’utilizzo migliore delle risorse (scarse per definizione) che si hanno a disposizione. Ecco allora che l’abolizione completa dell’ICI sulla prima casa, già compiuta al 40% dal governo Prodi, finisce per beneficiare anche strati di popolazione che, in termini comparati, soffrono molto meno della crisi in atto rispetto alle famiglie numerose, ai pensionati, alla gran parte dei titolari di reddito dipendente: forse era meglio individuare un uso delle risorse che affrontasse prioritariamente e con più forza i problemi di queste fasce di cittadini. Analogamente, la detassazione degli straordinari impiega le risorse disponibili a vantaggio dei lavoratori che fanno molti straordinari, ma vi sono settori (ad esempio il tessile e l’abbigliamento), dove questa prassi è meno diffusa, anche in ragione del ciclo economico non favorevole, o fasce di lavoratori -per esempio le donne- che per le particolari esigenze di cura della famiglia non sono in grado di beneficiare di questo provvedimento. Allora, fatta salva e condivisa l’esigenza di abbassare la tassazione sul lavoro dipendente, non sarebbe stato meglio utilizzare le risorse (scarse) disponibili per un provvedimento che andasse a vantaggio di una platea più ampia di lavoratori?

1 commento:

Blog su blogger di Tescaro ha detto...

Anche sul mio stò trattando un post sull’abolizione dell’Ici sal titolo “LA TRAPPOLA DELL’ABOLIZIONE ICI” ho in programma anche di realizzare delle interviste, e mi farebbe piacere avere un vostro commento. Vi aspetto e buona serata da Tiziano