E da qui voglio partire. Perché non si parla d’altro.
Verona ancora una volta drammatica protagonista. Verona infestata da bande notturne di teppisti che quando gli scappa la mano diventano assassini. Teppisti simpatizzanti naziskin. E qui nasce la strumentalizzazione politica, l’accusa alla destra di essere corresponsabile in quanto connivente con questi gruppi e soprattutto al Sindaco leghista, che in questi gruppi ha una parte dei suoi supporters.
Tutto vero. Tosi ha fornito non poche certezze al riguardo e del resto i suoi capi hanno sempre brillato e brillano per espressioni che vanno dal guerrafondaio allo xenofobo. E non è che queste cose sono irrilevanti e senza conseguenze.
Eppure da giorni mi sto battendo (e devo dire che i media locali mi hanno dato ampio spazio) perché noi del Partito Democratico non formuliamo accuse, non contribuiamo a fomentare la spaccatura e la violenza conseguente. Sostengo a gran voce la tesi che qui non si tratta semplicisticamente di destra e sinistra, ma di un profondo disagio dei nostri giovani che nel Veneto è più sentito, di una profonda disperazione che li caratterizza ed è per questo, per poter dare sfogo - violentemente – alla propria disperazione, che si omologano con gruppi come i naziskin o skinheads o quant’altro, quasi a cercare legittimazione e rinforzo alla propria angoscia. Non il contrario: non è che uno sposa le idee politiche nazi e poi, di conseguenza diventa violento. Sostengo dunque che non è una scelta politica, ma il manifestarsi di un disagio profondo. Quindi la politica non c’entra come movente, ma c’entra eccome nell’aver permesso che i nostri giovani siano così.
Credo che il Partito Democratico abbia nel suo DNA il senso di responsabilità: per questo poco mi interessa in questo momento se la vicenda farà perdere qualche consenso a Tosi. Non mi interessa perché prima di essere PD, sono veronese, e credo che formulare accuse adesso possa fomentare rancori e vendette, che porterebbero a conseguenze disastrose, e arrivo anche a dire che spero che Tosi faccia bene nel governo della città, o almeno non faccia danni.
Vedere in questa vicenda, come fa qualcuno della sinistra, un’opportunità per dare addosso a Tosi, mi pare irresponsabile. E’ invece un’occasione per promuovere una seria profonda analisi del perché siamo arrivati a questo punto. Certo i segnali c’erano eccome, ma c’è voluto un ragazzo morto per porci il problema.
Cambiamo modo di essere: smettiamola con le accuse, pur fondate, e vediamo invece di prenderci le nostre responsabilità. Perché se il centrodestra ne ha eccome, noi non siamo del tutto innocenti. Le colpe agli altri le abbiamo già date, nel passato e nel presente. Ora cambiamo registro e guardiamo le nostre. Questo non per un esercizio di autoespiazione, ma per capire, per trovare nuove strade.
In quest’ottica prego il Segretario Nazionale di farsi carico della questione: di non pensare che il Nord-Est è troppo problematico per meritare un impegno concreto, ma anzi di concentrarvi energie e sforzi, evitando prese di posizione che possono anche produrre effetti contrari a quelli desiderati. La realtà di questo nostro territorio è complessa e delicata e così va trattata.
Quando è nato il Partito Democratico, siamo stati tutti contagiati dall’entusiasmo. Ci abbiamo creduto profondamente. Veltroni ha sempre parlato di coraggio e lo ha dimostrato nella scelta di andare da soli. Non altrettanto in altre cose non irrilevanti: nella formazione delle liste, per esempio, o nel trattare la vicenda dei rifiuti in Campania, o magari nel pretendere che nelle liste non ci fossero inquisiti o, peggio, condannati: in questo, seguire l’esempio di Di Pietro sarebbe stata buona cosa.
Ed altri sono i nodi da affrontare con coraggio: io credo ad esempio che nell’incapacità del centrosinistra di andare oltre - quantitativamente e qualitativamente – i risultati conseguiti, necessiti di un’analisi molto profonda. E’ un dato di fatto che abbiamo perso (abbandonato) la nostra base “storica”: gli strati più numerosi dei lavoratori dipendenti sono ora elettori del PDL e in gran parte, da noi, della Lega.
Vogliamo considerare al riguardo anche ad esempio, il nostro rapporto con i Sindacati ? Criticarli, chiedere che si svecchino e prendere posizioni dissonanti significa superare un tabù, ma è doveroso. Noi siamo troppo legati - nella percezione di ogni cittadino – alla loro politica, che ultimamente in troppi casi si dimostra dissennata. E altri tabù continuiamo a condividere con loro: la tutela del lavoratore è diventata da anni una sorta di protezione indista, e non mi riferisco alla vicenda Alitalia, ma ad esempio lla P.A. (ma non solo)dove i lavoratori sono intoccabili e indifferenziati, al punto di pretendere la distribuzione a pioggia degli incentivi. I risultati sono evidenti: non solo in termini di inefficienza della P.A e quindi di disagi per i cittadini, ma anche di demotivazione da parte dei molti lavoratori di buona volontà. Per non parlare di qualsiasi piano di riorganizzazione che viene solitamente bloccato o snaturato dai sindacati, che sembrano per principio contrari ad ogni forma di cambiamento. Non mi pare che abbiamo preso posizioni dure in proposito. E poi accade che ci si chiede come mai la Lega (almeno da noi) ci ha scippato il nostro elettorato storico.
Il Segretario Veltroni ha saputo - all’inizio – dare l’immagine del rinnovamento, ma se questa immagine non è riempita di contenuti frutto di elaborazioni profonde, resta una pregevole operazione di marketing, che si sta già afflosciando. E non è con il Governo ombra, che si danno contenuti al nostro Partito.
Vorrei che riprendessimo l’entusiamo e le aspettative dell’inizio, rimediando ai nostri errori; ma per farlo occorre quel coraggio che all’inizio c’era ma che poi è sembrato smarrito.
Vorrei che partissimo dai fatti di Verona per promuovere un’elaborazione culturale vera della nostra identità, dando contenuti profondi e certi al nostro progetto. Non diamo per scontato che sappiamo chi siamo e che abbiamo gli stessi obiettivi: sarebbe l’errore più grande.
Sento frequentemente “voci di corridoio” che danno per certo che D’Alema vuole un riavvicinamento con la Sinistra e Fioroni e non so chi altro lo vogliono con Casini.
Spero che siano voci di corridoio per vari motivi:
- Perché prima di pensare a nuove o rinnovate alleanze vorrei che si capisse bene chi siamo noi;
- Perché con l’unico alleato che avevamo si evince una certa conflittualità e non si comprendono i motivi;
- Perché in ogni caso vorrei che un dialogo costruttivo con l’UDC e/o con la Sinistra o con chi si vuole, non fosse una questione di chi conta di più all’interno del Gotha PD, ma fose oggetto di discussione interna e di elaborazione ;
- Perché piuttosto che esistano più o meno occultamente i dalemiani, i mariniani ecc ecc, credo sia più trasparente e produttivo dar vita a filoni di pensiero veri e chiari (se non le vogliamo chiamare correnti, perché è un altro tabù, chiamiamole come vogliamo, sempre correnti sono). D’altra parte mi pare utopistico credere che in un Partito grande e composito, che accoglie tante sensibilità e tante storie, ci sia omologazione: meglio essere chiari, trasparenti e coraggiosi e ammettere che le correnti ci sono, e che queste diversità possono essere invece che un problema, un punto di forza, una ricchezza che ci aiuta a crescere, a trovare una nostra articolata identità.
Anche di questo mi piacerebbe che si parlasse senza timori: sarebbe un errore irrimediabile (e più volte compiuto) leggere la realtà non come è veramente, ma come si vorrebbe che fosse.
In qualsiasi progetto che si rispetti, si fanno verifiche periodiche per monitorare in itinere se gli obiettivi sono sempre condivisi e ben definiti, e se le modalità per raggiungerli sono corrette o necessitano di aggiustamenti. Questi passaggi, per motivi contingenti di tempi stretti, non sono mai avvenuti. E si sente.
A Verona per esempio, non si sente più parlare di divisioni tra Lettiani, Bindiani e Veltroniani, ma si è tornati a una divisione, ancora non conclamata, ma molto profonda, tra ex DS e ex Margherita. Insomma un passo indietro. A Verona accade che , le critiche alla dirigenza non vengano accolte come arricchimento di un dibattito interno, ma mal digerite. E’ così solo a Verona? Se lo è, dateci una mano, ma se non lo è, corriamo ai ripari: perché un Partito dove non è ammesso il dibattito interno anche aspro e dove non si ha il coraggio di porsi in discussione, non è esattamente un Partito Democratico.
Verona ancora una volta drammatica protagonista. Verona infestata da bande notturne di teppisti che quando gli scappa la mano diventano assassini. Teppisti simpatizzanti naziskin. E qui nasce la strumentalizzazione politica, l’accusa alla destra di essere corresponsabile in quanto connivente con questi gruppi e soprattutto al Sindaco leghista, che in questi gruppi ha una parte dei suoi supporters.
Tutto vero. Tosi ha fornito non poche certezze al riguardo e del resto i suoi capi hanno sempre brillato e brillano per espressioni che vanno dal guerrafondaio allo xenofobo. E non è che queste cose sono irrilevanti e senza conseguenze.
Eppure da giorni mi sto battendo (e devo dire che i media locali mi hanno dato ampio spazio) perché noi del Partito Democratico non formuliamo accuse, non contribuiamo a fomentare la spaccatura e la violenza conseguente. Sostengo a gran voce la tesi che qui non si tratta semplicisticamente di destra e sinistra, ma di un profondo disagio dei nostri giovani che nel Veneto è più sentito, di una profonda disperazione che li caratterizza ed è per questo, per poter dare sfogo - violentemente – alla propria disperazione, che si omologano con gruppi come i naziskin o skinheads o quant’altro, quasi a cercare legittimazione e rinforzo alla propria angoscia. Non il contrario: non è che uno sposa le idee politiche nazi e poi, di conseguenza diventa violento. Sostengo dunque che non è una scelta politica, ma il manifestarsi di un disagio profondo. Quindi la politica non c’entra come movente, ma c’entra eccome nell’aver permesso che i nostri giovani siano così.
Credo che il Partito Democratico abbia nel suo DNA il senso di responsabilità: per questo poco mi interessa in questo momento se la vicenda farà perdere qualche consenso a Tosi. Non mi interessa perché prima di essere PD, sono veronese, e credo che formulare accuse adesso possa fomentare rancori e vendette, che porterebbero a conseguenze disastrose, e arrivo anche a dire che spero che Tosi faccia bene nel governo della città, o almeno non faccia danni.
Vedere in questa vicenda, come fa qualcuno della sinistra, un’opportunità per dare addosso a Tosi, mi pare irresponsabile. E’ invece un’occasione per promuovere una seria profonda analisi del perché siamo arrivati a questo punto. Certo i segnali c’erano eccome, ma c’è voluto un ragazzo morto per porci il problema.
Cambiamo modo di essere: smettiamola con le accuse, pur fondate, e vediamo invece di prenderci le nostre responsabilità. Perché se il centrodestra ne ha eccome, noi non siamo del tutto innocenti. Le colpe agli altri le abbiamo già date, nel passato e nel presente. Ora cambiamo registro e guardiamo le nostre. Questo non per un esercizio di autoespiazione, ma per capire, per trovare nuove strade.
In quest’ottica prego il Segretario Nazionale di farsi carico della questione: di non pensare che il Nord-Est è troppo problematico per meritare un impegno concreto, ma anzi di concentrarvi energie e sforzi, evitando prese di posizione che possono anche produrre effetti contrari a quelli desiderati. La realtà di questo nostro territorio è complessa e delicata e così va trattata.
Quando è nato il Partito Democratico, siamo stati tutti contagiati dall’entusiasmo. Ci abbiamo creduto profondamente. Veltroni ha sempre parlato di coraggio e lo ha dimostrato nella scelta di andare da soli. Non altrettanto in altre cose non irrilevanti: nella formazione delle liste, per esempio, o nel trattare la vicenda dei rifiuti in Campania, o magari nel pretendere che nelle liste non ci fossero inquisiti o, peggio, condannati: in questo, seguire l’esempio di Di Pietro sarebbe stata buona cosa.
Ed altri sono i nodi da affrontare con coraggio: io credo ad esempio che nell’incapacità del centrosinistra di andare oltre - quantitativamente e qualitativamente – i risultati conseguiti, necessiti di un’analisi molto profonda. E’ un dato di fatto che abbiamo perso (abbandonato) la nostra base “storica”: gli strati più numerosi dei lavoratori dipendenti sono ora elettori del PDL e in gran parte, da noi, della Lega.
Vogliamo considerare al riguardo anche ad esempio, il nostro rapporto con i Sindacati ? Criticarli, chiedere che si svecchino e prendere posizioni dissonanti significa superare un tabù, ma è doveroso. Noi siamo troppo legati - nella percezione di ogni cittadino – alla loro politica, che ultimamente in troppi casi si dimostra dissennata. E altri tabù continuiamo a condividere con loro: la tutela del lavoratore è diventata da anni una sorta di protezione indista, e non mi riferisco alla vicenda Alitalia, ma ad esempio lla P.A. (ma non solo)dove i lavoratori sono intoccabili e indifferenziati, al punto di pretendere la distribuzione a pioggia degli incentivi. I risultati sono evidenti: non solo in termini di inefficienza della P.A e quindi di disagi per i cittadini, ma anche di demotivazione da parte dei molti lavoratori di buona volontà. Per non parlare di qualsiasi piano di riorganizzazione che viene solitamente bloccato o snaturato dai sindacati, che sembrano per principio contrari ad ogni forma di cambiamento. Non mi pare che abbiamo preso posizioni dure in proposito. E poi accade che ci si chiede come mai la Lega (almeno da noi) ci ha scippato il nostro elettorato storico.
Il Segretario Veltroni ha saputo - all’inizio – dare l’immagine del rinnovamento, ma se questa immagine non è riempita di contenuti frutto di elaborazioni profonde, resta una pregevole operazione di marketing, che si sta già afflosciando. E non è con il Governo ombra, che si danno contenuti al nostro Partito.
Vorrei che riprendessimo l’entusiamo e le aspettative dell’inizio, rimediando ai nostri errori; ma per farlo occorre quel coraggio che all’inizio c’era ma che poi è sembrato smarrito.
Vorrei che partissimo dai fatti di Verona per promuovere un’elaborazione culturale vera della nostra identità, dando contenuti profondi e certi al nostro progetto. Non diamo per scontato che sappiamo chi siamo e che abbiamo gli stessi obiettivi: sarebbe l’errore più grande.
Sento frequentemente “voci di corridoio” che danno per certo che D’Alema vuole un riavvicinamento con la Sinistra e Fioroni e non so chi altro lo vogliono con Casini.
Spero che siano voci di corridoio per vari motivi:
- Perché prima di pensare a nuove o rinnovate alleanze vorrei che si capisse bene chi siamo noi;
- Perché con l’unico alleato che avevamo si evince una certa conflittualità e non si comprendono i motivi;
- Perché in ogni caso vorrei che un dialogo costruttivo con l’UDC e/o con la Sinistra o con chi si vuole, non fosse una questione di chi conta di più all’interno del Gotha PD, ma fose oggetto di discussione interna e di elaborazione ;
- Perché piuttosto che esistano più o meno occultamente i dalemiani, i mariniani ecc ecc, credo sia più trasparente e produttivo dar vita a filoni di pensiero veri e chiari (se non le vogliamo chiamare correnti, perché è un altro tabù, chiamiamole come vogliamo, sempre correnti sono). D’altra parte mi pare utopistico credere che in un Partito grande e composito, che accoglie tante sensibilità e tante storie, ci sia omologazione: meglio essere chiari, trasparenti e coraggiosi e ammettere che le correnti ci sono, e che queste diversità possono essere invece che un problema, un punto di forza, una ricchezza che ci aiuta a crescere, a trovare una nostra articolata identità.
Anche di questo mi piacerebbe che si parlasse senza timori: sarebbe un errore irrimediabile (e più volte compiuto) leggere la realtà non come è veramente, ma come si vorrebbe che fosse.
In qualsiasi progetto che si rispetti, si fanno verifiche periodiche per monitorare in itinere se gli obiettivi sono sempre condivisi e ben definiti, e se le modalità per raggiungerli sono corrette o necessitano di aggiustamenti. Questi passaggi, per motivi contingenti di tempi stretti, non sono mai avvenuti. E si sente.
A Verona per esempio, non si sente più parlare di divisioni tra Lettiani, Bindiani e Veltroniani, ma si è tornati a una divisione, ancora non conclamata, ma molto profonda, tra ex DS e ex Margherita. Insomma un passo indietro. A Verona accade che , le critiche alla dirigenza non vengano accolte come arricchimento di un dibattito interno, ma mal digerite. E’ così solo a Verona? Se lo è, dateci una mano, ma se non lo è, corriamo ai ripari: perché un Partito dove non è ammesso il dibattito interno anche aspro e dove non si ha il coraggio di porsi in discussione, non è esattamente un Partito Democratico.
2 commenti:
E' vero: c'è del disagio latente nei giovani. Però, se si sentono fare certi discorsi xenofobi/violenti/guerrafondai da chi ci amministra e dovrebbe in teoria dare l'esempio, è ovvio che poi ci si senta legittimati a compiere atti di questo genere. Perché è successo a Verona e non a Torino, ad esempio, dove ci sono enormi problemi a livello sociale? Forse perché lì il sindaco adotta un altro gergo e comportamenti diversi. Io sabato sera qui nel mio paese, nel contesto dell'inaugurazione di una chiesa del mio paese, ho sentito il presidente della Provincia di Varese, Galli (leghista), fare un discorso delirante sulla superiorità della razza cristiana. Un discorso oltretutto ottuso, perché pieno di concetti sbagliati anche dal punto di vista storico. Quello che spaventa è proprio questo: l'ottusità. Almeno fossero acculturati e sapessero quello che dicono. Questi sono proprio ignoranti ed i loro discorsi pieni di preconcetti e luoghi comuni. Ovvio poi che c'è chi prende come oro colato quanto dicono, o comunque vengono esaltati a compiere simili gesti
Io credo invece che, con riflessioni del genere, si incentiva una polemica fine a se stessa che diviene unico e vero motivo che porta a divisioni e regressioni..non è con questi ragionamenti e blocchi che si costruisce qualcosa di serio e nuovo.
Mariangela Fogliardi
Giovane PD Verona
Giovane PD Università Bocconi
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