mercoledì 9 febbraio 2011

Brunetta senza strategia

Nei suoi interventi Brunetta è abituato a dispensare bacchettate a tutti e non si accorge di essere incapace di fare autocritica. Eppure essendo un uomo di sinistra (socialista) avrebbe dovuto conoscere il metodo dell’autocritica molto praticato nei decenni passati. Brunetta sostiene che il compito dell’opposizione è “quello di lavorare per il bene del paese”, opinione condivisa. Cosa che il Partito Democratico ha fatto egregiamente in occasione della riforma delle PA.
Il Ministro Brunetta sfugge agli interrogativi posti da Micheli e Ichino e si lascia andare ad offese personali. Comportamento questo usato quando non si hanno opinioni per controbattere alle posizioni degli interlocutori.
Il PD in sede di approvazione della legge n. 15/2009 ha offerto il proprio contributo anche se non sempre è stato preso in considerazione. Per il PD, il quale aveva presentato il disegno di legge n. 746 del 5 giugno 2008 sulla PA, non risultava difficile collaborare e migliorare con le proprie proposte il disegno di legge del Governo che aveva assorbito la proposta del PD. Infatti il senatore Ichino con altri rappresentanti del PD ha tra l’altro proposto di inserire nel disegno di legge tre fattori fondamentali: trasparenza, valutazione e benchmarking.
“La nostra iniziativa legislativa su questo terreno, afferma Pietro Ichino nel suo intervento al Senato, concretatasi già nella passata legislatura con la presentazione del disegno di legge n. 1233 del dicembre 2006, integrato e aggiornato in questa legislatura con il disegno di legge n. 746 del maggio 2008 è essenzialmente mirata a correggere questo difetto grave del nostro sistema, introducendo e radicando profondamente nel sistema stesso due principi fondamentali:
- innanzitutto il principio della trasparenza totale: quella total disclosure che in Svezia costituisce principio generale fin dalla metà degli anni ’70; e che da tempo costituisce principio generale anche nelle amministrazioni di grandi Paesi nostri partner europei come la Gran Bretagna;
- inoltre il principio della misurazione e valutazione indipendente, che esso pure costituisce un cardine essenziale di quei sistemi.
E’ doveroso riconoscere alla maggioranza – e in essa particolarmente al Relatore Carlo Vizzini e al Senatore Maurizio Castro – il merito di avere subito colto l’importanza decisiva di questi principi e di aver consentito che la Commissione Affari Costituzionali in sede redigente li introducesse nel testo unificato che è ora al nostro esame”.
In questo caso le proposte del PD in materia di trasparenza e valutazione sono state approvate ed hanno qualificato la portata innovativa della legge n. 15/2009.
“Nell’attivazione del benchmarking comparativo, afferma Pietro Ichino nel medesimo intervento al Senato, un ruolo cruciale sarà svolto dall’agenzia centrale, il cui compito sarà non soltanto di garantire l’indipendenza effettiva degli organi centrali e periferici cui è affidata la valutazione in ciascun comparto, ma anche di promuovere e sorvegliare l’applicazione dei metodi più evoluti e più affidabili nella raccolta e valutazione dei dati e di assicurare la confrontabilità degli indici che in tal modo verranno elaborati”.
Anche il benchmarking viene approvato.
La legge n. 15/2008 si basa su tre fattori fondamentali proposti dal PD e tratti dal disegno di legge presentato dal PD stesso: trasparenza, misurazione e valutazione indipendente e benchmarking.
I problemi nascono nel momento in cui il Ministro Brunetta introduce la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche e non un’autorità indipendente come proponeva il PD. Infatti, i senatori Treu, Ichino ed altri del PD avevano proposto l’art. 3 bis “Istituzione dell'Autorità per la trasparenza e la valutazione delle pubbliche amministrazioni” respinto dalla maggioranza.
“Il decreto è stato riscritto, afferma Pietro Ichino in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 19 giugno 2009; l’autorità indipendente è scomparsa, sostituita da una grigia “commissione ministeriale”, la quale deve operare “in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con il ministro dell’Economia”. In omaggio al disegno originale contenuto nella legge-delega rimane soltanto una enunciazione verbale dell’”autonomia” della commissione; ma quell’autonomia è ora ridotta a un mero auspicio: nel nuovo testo, presentato dal ministro al Parlamento nei giorni scorsi, scompaiono insieme all’autonomia operativa anche l’autonomia organizzativa e quella finanziaria del nuovo organo, che dipenderà per entrambi gli aspetti dal Governo. La commissione sarà, peraltro, priva di qualsiasi potere sanzionatorio o di interdizione, sia di fronte alle violazioni del principio di trasparenza totale, sia di fronte a eventuali difetti di autonomia dei valutatori di ciascuna amministrazione, cui sarà affidato il compito cruciale e delicato di elaborare e comunicare alla cittadinanza gli indici di qualità e quantità della performance. Scompare, nel decreto presentato dal Governo alle Camere, l’azione collettiva, di cui i cittadini avrebbero potuto avvalersi per denunciare gli inadempimenti delle amministrazioni pubbliche. Dulcis in fundo, una norma nascosta tra le “finali e transitorie” esenta totalmente l’amministrazione della Presidenza del Consiglio dall’intera nuova disciplina: non sarà vincolata né al principio della trasparenza totale, né a quello della valutazione indipendente. Capisco che la trasparenza non è il forte del nostro Premier; ma non è questo un buon motivo per esentare da trasparenza e valutazione anche l’apparato che da lui direttamente dipende”.
Fosse stata costituita l’Autorità centrale non ci troveremmo adesso ad avere una Commissione che ha perso credibilità, autonomia ed indipendenza nei confronti del Ministro Brunetta e di conseguenza verso gli altri soggetti interessati alla riforma.
Un altro caso è rappresentato dall’art. 1 della legge n. 15/2008 che raffigura una provocazione nei confronti delle organizzazioni sindacali in materia di derogabilità dei contratti o accordi collettivi anche se il comma 2, lettera a), dell’art. 3 afferma che “è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro” (emendamento Ichino).
Nel momento in cui nelle imprese si lavora per progetti e gruppi di lavoro e recenti ricerche indicano che la maggior parte delle imprese private adotta un sistema di valutazione delle prestazioni non direttamente collegato al sistema di incentivazione individuale, il Ministro Brunetta inserisce un sistema di premialità in tre fasce (25%, 50%, 25%) individuando ex ante che il 25% del personale non lavora e, quindi, non ha diritto al trattamento accessorio.
Il sistema di premialità introdotto non tiene conto di:
- occupare l’area di responsabilità del management pubblico e della contrattazione collettiva;
- promuovere l’organizzazione scientifica del lavoro, la divisone del lavoro e il lavoro a cottimo non favorendo la cooperazione e l’innovazione;
- premiare le strutture pubbliche che non conseguono gli obiettivi stabiliti nei piani in quanto rientrano nel sistema di premi.
Si segnala l’attuazione della riforma nelle autonomie che incontra serie difficoltà. L’indifferenza e la interpretazione individuale della riforma da parte dei comuni sono le cause di un sistema che non riesce a coinvolgere per attuare l’innovazione nelle PA. I controlli a campione introdotte per le autonomie locali causano i problemi evidenziati.
I problemi indicati ed altri ancora che per spazio non sono indicati rappresentano degli ostacoli nell’attuazione della riforma.
Infine si comunicano gli attestati di solidarietà nei confronti di Pietro Micheli da parte di numerose persone per la serietà e la coerenza del suo impegno. Questo professionista ha scelto non l’interesse individuale (rimanere nella CiVIT) ma una posizione responsabile (ritornare all’estero) che certamente avrà ripercussioni sempre più ampie nel dibattito sulla riforma delle PA.
Nel confronto tra Brunetta e Ichino il ministro non risponde agli interrogativi posti dal secondo e si lascia andare ad ingiustificabili attacchi personali che non risolvono certamente i problemi delle PA che anche lui alimenta con le sue prese di posizioni.
Brunetta ha capito che gli effetti degli annunci della lotta ai fannulloni sono finiti, i cittadini vogliono vedere i fatti: cioè una PA efficace ed efficiente. Questa domanda pone in crisi Brunetta, il quale abituato a praticare la politica del giorno dopo giorno senza strategia reagisce in modo scomposto e senza risposte adeguate.
Confronto tra Ichino e Brunetta

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