Ho ricevuto dall'on.le Alessia Mosca la mozione sul potere di acquisto delle famiglie presentata da Cesare Damiano, Alessia Mosca ed altri deputati che verrà discussa martedì e mercoledi prossimo alla Camera dei Deputati. Su questo argomento, redditi e pensioni basse, abbiamo richiamato l'attenzione con la pubblicazione di alcuni post sulla necessità urgente di varare delle misure a favore delle famiglie che si trovano in difficoltà. Si riporta la mozione presentata alla Camera.
Premesso che:
- dall'inizio degli anni 2000, le dinamiche relative alla crescita delle retribuzioni, delle pensioni, della produttività e la stessa distribuzione della ricchezza prodotta in Italia, evidenziano che siamo in presenza di un grave problema di decrescente e insufficiente potere d'acquisto delle famiglie;
-tale situazione è determinata, in primo luogo, dal rallentamento degli incrementi delle retribuzioni e delle pensioni reali, sia contrattuali che «di fatto», sia lorde che nette, soprattutto se confrontate con quello dei maggiori paesi europei. Oggi il nostro paese è in una situazione di crescita zero, di aumento dell'utilizzo della cassa integrazione e di un vistoso calo dei consumi;
- i dati Istat, relativi all'andamento del prodotto interno lordo italiano nel secondo trimestre, rilevano una diminuzione dello 0,3 per cento, rispetto al trimestre precedente, e dello 0,1 per cento, rispetto al corrispondente trimestre 2007; - oltre 14 milioni di lavoratori, secondo recenti indagini, guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese.
Nei dati dell'ultima indagine dell'Istat sulla condizione economica delle famiglie si evidenzia che:
- il 14,6 per cento arriva con grande difficoltà a fine mese;
- il 28,4 per cento non riesce a far fronte a una spesa imprevista;
- il 9,3 per cento è in arretrato nel pagamento delle bollette;
- il 10,4 per cento non riscalda adeguatamente la casa; - il 4,2 per cento non ha soldi per le spese alimentari; - il 10,4 per cento non ha soldi per le spese mediche;
- il 16,4 per cento non ha soldi per le spese per l'abbigliamento;
- le cause di questa situazione sono molteplici: lo scarto tra inflazione programmata e inflazione effettiva; il ritardo nel rinnovo dei contratti di lavoro, che mediamente sì attesta oltre i 12 mesi, ed è causa di una mancata crescita delle retribuzioni di uno/due punti percentuali; la mancata restituzione del drenaggio fiscale e l'assenza di una politica fiscale a sostegno dei redditi;
- l'inadeguata ridistribuzione della produttività attraverso la contrattazione di azienda e di territorio; l'aumento dell'incidenza percentuale del numero dei lavoratori con contratti atipici, precari e ad orario ridotto;
- tra il 1992 e il 2007, in Italia, su una crescita complessiva, pur modesta, di 17 punti percentuali, soltanto due sono andati a vantaggio del lavoro. Questa emergenza salariale ha richiamato più volte l'esigenza di una nuova politica dei redditi che impegnasse governo e parti sociali. Nel DPEF 2009-2013 e nel decreto-legge n. 112 sulla manovra economica, l'attuale governo non ha preso in considerazione, nonostante le promesse elettorali, il problema dell'innalzamento del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, che potrebbe contribuire ad una ripresa dei consumi e di conseguenza, allo sviluppo del paese;
- negli ultimi due decenni, il crescente divario sociale, frutto di un sempre più accentuato squilibrio nella distribuzione della ricchezza a tutto scapito del fattore lavoro e dei percettori di redditi fissi - così come evidenziato dalle più serie e circostanziate analisi, quali quelle della Banca d'Italia - oltre a rappresentare un inaccettabile elemento di iniquità, costituisce una delle cause della intrinseca debolezza del sistema economico e produttivo, stante l'ormai conclamata e prolungata debolezza della domanda interna;
- la ripresa e la competitività dell'economia italiana non potrà non poggiare che sul recupero di valore del fattore lavoro, sotto il profilo economico, sociale, giuridico e culturale, e pertanto sarà necessario imprimere una decisa inversione di tendenza nell'azione di governo, rispetto alla filosofia che ha caratterizzato i primi provvedimenti di questa legislatura.
Impegna il Governo:
- ad aprire con le parti sociali un tavolo di concertazione volto in particolare a superare l'irrealistico tasso di inflazione programmata, fissato all'1,7 per cento, che rappresenta la pianificazione della perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni a fronte di un'inflazione media reale del 4 per cento in Italia, (contro una stima per la zona euro pari al 3,6 per cento) mentre questo tasso andrebbe innalzato al livello che verrà definito dalle parti sociali, al termine della trattativa in corso sul rinnovo del modello contrattuale, anche al fine di evitare che si determinino due livelli di inflazione, una per il pubblico impiego e l'altra per il lavoro privato;
- ad avviare una progressiva e incisiva diminuzione della pressione fiscale sulle retribuzioni medio basse (fino a 30 mila euro lordi annui), attraverso detrazioni fiscali, revisioni delle aliquote o restituzione del drenaggio fiscale, prevedendo il conseguimento dell'obiettivo di una riduzione del prelievo fino a 100 euro mensili, nell'arco del prossimo triennio 2009-2011;
- a incentivare la contrattazione decentrata, continuando l'azione prevista dal protocollo del 23 luglio 2007, attraverso: la decontribuzione del salario di produttività, aumentando la dotazione dell'apposito fondo, su cui sono attualmente stanziati 650 milioni di euro all'anno, e che consente una diminuzione dei contributi del 25 per cento e la pensionabilità di tale retribuzione; la sua detassazione a vantaggio dei lavoratori, rendendo strutturale l'attuale fondo di 150 milioni, stanziati dal governo Prodi per il 2008, e prevedendone il suo raddoppio;
- a rivedere la norma varata dall'attuale governo in materia di straordinari e di incrementi di produttività, eliminando la possibilità di incentivare le erogazioni unilaterali delle aziende;
- ad avviare un confronto con le parti sociali, così come previsto dal decreto del Governo Prodi emanato nel dicembre del 2007, per l'estensione progressiva della quattordicesima (già erogata nell'ottobre 2007 e nel luglio 2008 ad oltre 3 milioni di pensionati che hanno un assegno pensionistico fino a 700 euro mensili) alle pensioni di importo fino a 1.000-1.200 euro mensili;
- a procedere, entro il 31 dicembre 2008, all'emanazione delle misure che rendano esercibile il diritto al pensionamento anticipato per il lavoratori impegnati in attività usuranti, in conformità a quanto previsto dal Protocollo del 23/7/2007.
Si spera in un dibattito positivo che porti a riconsiderare la redistribuzione della ricchezza in quanto vi sono delle famiglie con redditi bassi (retribuzioni e pensioni) che sono posizionati al di sotto del livello di sopravvivenza che vanno sostenute.
Premesso che:
- dall'inizio degli anni 2000, le dinamiche relative alla crescita delle retribuzioni, delle pensioni, della produttività e la stessa distribuzione della ricchezza prodotta in Italia, evidenziano che siamo in presenza di un grave problema di decrescente e insufficiente potere d'acquisto delle famiglie;
-tale situazione è determinata, in primo luogo, dal rallentamento degli incrementi delle retribuzioni e delle pensioni reali, sia contrattuali che «di fatto», sia lorde che nette, soprattutto se confrontate con quello dei maggiori paesi europei. Oggi il nostro paese è in una situazione di crescita zero, di aumento dell'utilizzo della cassa integrazione e di un vistoso calo dei consumi;
- i dati Istat, relativi all'andamento del prodotto interno lordo italiano nel secondo trimestre, rilevano una diminuzione dello 0,3 per cento, rispetto al trimestre precedente, e dello 0,1 per cento, rispetto al corrispondente trimestre 2007; - oltre 14 milioni di lavoratori, secondo recenti indagini, guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese.
Nei dati dell'ultima indagine dell'Istat sulla condizione economica delle famiglie si evidenzia che:
- il 14,6 per cento arriva con grande difficoltà a fine mese;
- il 28,4 per cento non riesce a far fronte a una spesa imprevista;
- il 9,3 per cento è in arretrato nel pagamento delle bollette;
- il 10,4 per cento non riscalda adeguatamente la casa; - il 4,2 per cento non ha soldi per le spese alimentari; - il 10,4 per cento non ha soldi per le spese mediche;
- il 16,4 per cento non ha soldi per le spese per l'abbigliamento;
- le cause di questa situazione sono molteplici: lo scarto tra inflazione programmata e inflazione effettiva; il ritardo nel rinnovo dei contratti di lavoro, che mediamente sì attesta oltre i 12 mesi, ed è causa di una mancata crescita delle retribuzioni di uno/due punti percentuali; la mancata restituzione del drenaggio fiscale e l'assenza di una politica fiscale a sostegno dei redditi;
- l'inadeguata ridistribuzione della produttività attraverso la contrattazione di azienda e di territorio; l'aumento dell'incidenza percentuale del numero dei lavoratori con contratti atipici, precari e ad orario ridotto;
- tra il 1992 e il 2007, in Italia, su una crescita complessiva, pur modesta, di 17 punti percentuali, soltanto due sono andati a vantaggio del lavoro. Questa emergenza salariale ha richiamato più volte l'esigenza di una nuova politica dei redditi che impegnasse governo e parti sociali. Nel DPEF 2009-2013 e nel decreto-legge n. 112 sulla manovra economica, l'attuale governo non ha preso in considerazione, nonostante le promesse elettorali, il problema dell'innalzamento del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, che potrebbe contribuire ad una ripresa dei consumi e di conseguenza, allo sviluppo del paese;
- negli ultimi due decenni, il crescente divario sociale, frutto di un sempre più accentuato squilibrio nella distribuzione della ricchezza a tutto scapito del fattore lavoro e dei percettori di redditi fissi - così come evidenziato dalle più serie e circostanziate analisi, quali quelle della Banca d'Italia - oltre a rappresentare un inaccettabile elemento di iniquità, costituisce una delle cause della intrinseca debolezza del sistema economico e produttivo, stante l'ormai conclamata e prolungata debolezza della domanda interna;
- la ripresa e la competitività dell'economia italiana non potrà non poggiare che sul recupero di valore del fattore lavoro, sotto il profilo economico, sociale, giuridico e culturale, e pertanto sarà necessario imprimere una decisa inversione di tendenza nell'azione di governo, rispetto alla filosofia che ha caratterizzato i primi provvedimenti di questa legislatura.
Impegna il Governo:
- ad aprire con le parti sociali un tavolo di concertazione volto in particolare a superare l'irrealistico tasso di inflazione programmata, fissato all'1,7 per cento, che rappresenta la pianificazione della perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni a fronte di un'inflazione media reale del 4 per cento in Italia, (contro una stima per la zona euro pari al 3,6 per cento) mentre questo tasso andrebbe innalzato al livello che verrà definito dalle parti sociali, al termine della trattativa in corso sul rinnovo del modello contrattuale, anche al fine di evitare che si determinino due livelli di inflazione, una per il pubblico impiego e l'altra per il lavoro privato;
- ad avviare una progressiva e incisiva diminuzione della pressione fiscale sulle retribuzioni medio basse (fino a 30 mila euro lordi annui), attraverso detrazioni fiscali, revisioni delle aliquote o restituzione del drenaggio fiscale, prevedendo il conseguimento dell'obiettivo di una riduzione del prelievo fino a 100 euro mensili, nell'arco del prossimo triennio 2009-2011;
- a incentivare la contrattazione decentrata, continuando l'azione prevista dal protocollo del 23 luglio 2007, attraverso: la decontribuzione del salario di produttività, aumentando la dotazione dell'apposito fondo, su cui sono attualmente stanziati 650 milioni di euro all'anno, e che consente una diminuzione dei contributi del 25 per cento e la pensionabilità di tale retribuzione; la sua detassazione a vantaggio dei lavoratori, rendendo strutturale l'attuale fondo di 150 milioni, stanziati dal governo Prodi per il 2008, e prevedendone il suo raddoppio;
- a rivedere la norma varata dall'attuale governo in materia di straordinari e di incrementi di produttività, eliminando la possibilità di incentivare le erogazioni unilaterali delle aziende;
- ad avviare un confronto con le parti sociali, così come previsto dal decreto del Governo Prodi emanato nel dicembre del 2007, per l'estensione progressiva della quattordicesima (già erogata nell'ottobre 2007 e nel luglio 2008 ad oltre 3 milioni di pensionati che hanno un assegno pensionistico fino a 700 euro mensili) alle pensioni di importo fino a 1.000-1.200 euro mensili;
- a procedere, entro il 31 dicembre 2008, all'emanazione delle misure che rendano esercibile il diritto al pensionamento anticipato per il lavoratori impegnati in attività usuranti, in conformità a quanto previsto dal Protocollo del 23/7/2007.
Si spera in un dibattito positivo che porti a riconsiderare la redistribuzione della ricchezza in quanto vi sono delle famiglie con redditi bassi (retribuzioni e pensioni) che sono posizionati al di sotto del livello di sopravvivenza che vanno sostenute.
1 commento:
Ciao
Riguardo alle"Famiglie più povere" l'argomento è vasto,ampio ed il problema è vecchio,certo in questi ultimi anni si è aggravato e accentuato sotto tutti i punti di vista sia sul numero aumentato di queste famiglie che inoltre sono sempre più povere.
Per tornare ai nostri giorni il problema si è presentato alla ribalta con l'avvento dell'euro,non per colpa della moneta ma della scellerata gestione irresponsabile di chi di dovere,dando la possibilità di raddoppiare il costo della vita mantenendo tutte le retribuzioni
tipo salari e pensioni con il giusto rapporto lira/euro,di modo che il potere di acquisto della gente comune si è dimezzato mettendo in serie difficoltà la possibilità di vivere con dignità. Batti e ribatti il problema è stato messo in prima linea dai media durante il governo Prodi fino alla sua caduta,caduta avvenuta prima che questi potesse,dopo una politica di rigore per poter mettere una toppa al disastroso bilancio ereditato dal governo Berlusconi,ridistribuire il famoso tesoretto sull'aumento degli stessi salari e pensioni,caduta che se
non ci fosse stata sarebbe stato un grande successo di Prodi stesso,
invece la caduta è avvenuta al momento giusto perché provocata al momento giusto,per fare si che il gov. Prodi è rimasto il governo delle tasse e Berlusconi l'uomo della rinascita.
Adesso però il problema si è accentuato ancora di più. I media lo nascondono. La 4^ settimana non esiste più e di questo e dei salari e pensioni ne parla solo Veltroni, ma il governo, che si preoccupa di mettere al riparo della giustizia il suo puparo Berlusconi, lo ignora e dice che siamo solidi perché campioni del mondo di calcio ed il Milan ha vinto più degli altri, ma tutti i nodi verranno al pettine e le bolle di sapone governative scoppieranno. Purtroppo a pagare saremo sempre noi ed il popolo italiano sempre col difetto di essere gregge ed avere bisogno del cane pastore, quando imparerà la strada dell'ovile si ritroverà tosato e sentirà freddo e dovrà fare presto a ricoprirsi e ricominciare a far girare sangue nelle vene per non morire di stenti, e non sono un disfattista ma realista.
Si è persa la reattività sociale e politica e le categorie tuttora colpite sono come inebetite e sembra che l'essere defraudati dei propri diritti fosse stata una cosa ormai passata e non più in discussione ed invece i diritti e le regole democratiche vanno sempre ricordate mai dimenticate e sempre protette, perché in una società capitalista sono sempre in pericolo!
Antonino l'argomento è più ampio ma come faccio a trattarlo con il dovuto rispetto se non lo posso fare a voce , faccia a faccia, con la dovuta passione e convinto della mia buonafede che spero ti giunga ugualmente tramite questa e-mail. Quindi spero che sia stato chiaro nell'esporti la mia opinione.
Claudio Aninni
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