mercoledì 6 febbraio 2013

Vincenzo Visco: l’illegalità sistematica

Articolo di Bianca Di Giovanni pubblicato su l’Unità del 5 febbraio 2013
«Torna il modello dell`illegalità sistematica». Vincenzo Visco non sa proprio come reagire alle ultime esternazioni di Silvio Berlusconi sul condono tombale. Che fanno seguito a quelle sull`Imu, sull`accordo con la Svizzera, sulla criminalizzazione di Equitalia. Una miscela populista ad alto grado di irresponsabilità. «Cose che hanno dell`incredibile», esclama Visco. Il modello è lo stesso del 1994, poi del `96, poi del 2001, poi del 2008. Fino a oggi, il 2013.
Quasi 20 anni con la stessa proposta fiscale.
«Quella che ha portato il Paese al disastro», commenta l`ex ministro del Tesoro.
Professore, è sempre la stessa musica.
«Certo, è il modo in cui hanno governato e hanno portato il Paese vicino al default. Berlusconi continua a prospettare un modello che si basa sull`illegalità sistematica a diversi livelli: quello fiscale, quello della lotta alla corruzione che diventa tolleranza. Fare i condoni è il modo migliore per non risanare il bilancio. Si esercitano su misure spot e sulle dismissioni del patrimonio pubblico: e naturalmente non risanano nulla. Il condono è un principio contro ogni legalità internazionale: non credo proprio che faccia bene al Paese. Se si vuole portare il Paese al default la linea di Berlusconi è ottima».
Solo per il condono?
«Certo che no. Anche, per esempio, per tutte quelle dichiarazioni sul ritorno alla lira. Berlusconi deve sapere che uscire oggi dall`euro equivale al fallimento di tutte le banche con un impoverimento di tutto il Paese e il fallimento delle imprese. Non si fa una cosa così, con l`integrazione europea in corso».
Sono slogan elettorali.
«Difatti la campagna elettorale è surreale. Si parla di cose irrilevanti, o senza senso, e non si parla di quello di cui il Paese avrebbe bisogno: una seria spending review, provvedimenti per l`industria, per la creazione di lavoro, per l`edilizia. Invece tutti parlano di Imu, di Irap, di condoni. C`è da restare allibiti».
Per la verità anche Monti ha utilizzato questa strategia.
«Lo stavo per dire: in questo si è distinto anche lui, in un certo senso rinnegando se stesso. Era arrivato con un messaggio di serietà, di responsabilità, di consapevolezza. Oggi mi sembra lontano da quel livello. In più ci sono i media, che invece di chiedere le cose più serie, si acconciano alla demenzialità degli slogan. Possibile che nessuno si chieda: che modello di sviluppo c`è nei condoni? Che modello di sviluppo è quello che dice che non si riscuotono le imposte?».
Il messaggio berlusconiano non è mai stato così articolato.
«No di certo: il suo è tutto un ammiccamento. Prima ha strizzato l`occhio ai fascisti, poi agli evasori. È una fitta serie di messaggi devianti. Poi questo si sovrappone a Grillo, che a sua volta si sovrappone a Ingroia. Così procediamo allegramente verso il disastro. La verità è che in Italia se si fa casino la gente ti viene dietro».
Beh, questo è il populismo. È così un po` dappertutto.
«Non è vero. In altri Paesi i cittadini chiedono anche di avere una prospettiva, non solo un vantaggio a breve termine, immediato. Da noi si continuano a perpetuare divisioni tra diversi lavoratori, e non si pensa al bene comune. L`unico che non segue questa linea è Bersani, e vedo che qualcuno comincia pure a rimproverarglielo. Roba da pazzi».
Forse il mondo a cui si rivolge oggi è limitato: il lavoro dipendente non è più così centrale.
«C`è un mondo in crisi, in cui i dipendenti perdono lavoro e le imprese falliscono. Bisogna ridare prospettive a tutto il Paese nel suo insieme, invece il centrodestra perpetua la divisione tra evasori e chi paga i servizi».
Un modello già sperimentato.
«Infatti, si conferma che è un modello sbagliato perché ha portato a un`involuzione. Il Paese non ha alcuna strategia per il futuro. Il momento per voltare pagina è questo. Bisognerebbe dire: basta con il passato e rimettiamoci al lavoro. Invece di fronte a questi vecchi slogan non vedo nessuna ribellione».
Anche il Pd non appare molto innovativo.
«Dipende da cosa s`intende per innovazione. In Europa vuol dire andare oltre gli interessi nazionali per favorire l`integrazione. Berlusconi non può realizzare questo perché ormai in Europa è un paria. Poi c`è la questione interna, che richiede un risanamento morale, con regole non asfissianti ma di civiltà. Infine l`economia, che richiede il consolidamento dei conti, e poi interventi mirati per attirare capitali (e qui servono nuove regole giuridiche) e per avviare politiche espansive rispettando i vincoli. Il che vuol dire modificare la composizione del bilancio: un lavoro duro, molto faticoso. Servirebbe una transizione che finisca con una buona ripresa economica. Solo così il Paese manterrà il ruolo internazionale, uscendo dalla decadenza e l`irrilevanza in cui lo ha confinato il berlusconismo».
Come giudica l`accordo con la Svizzera, che Brunetta considera vicino?
«Ma non avevano detto che facevano gli scudi per far tornare i capitali dall`estero? Invece sono ancora lì, e con il caso Mps sappiamo a chi hanno fatto favori. Quanto all`intesa, con il mantenimento del segreto mi pare difficile. E poi la Francia non la vuole e la Germania l`ha bloccata. Di cosa parliamo?».

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