mercoledì 17 agosto 2011

Italia sotto tutela

di Emanuele Costa pubblicato su http://www.ilfuturista.it/
Sono trascorsi poco più di dieci giorni dall’insignificante discorso del presidente del Consiglio alle due Camere del Parlamento. Per rinfrescare la memoria a chi l’ha perduta o per coloro che hanno preferito nascondere la testa sotto la sabbia, quello in cui ha spiegato orgogliosamente che in Italia tutto andava bene e non c’era alcun motivo per preoccuparsi.
La situazione economica stava attraversando il suo momento di gloria, anzi la congiuntura era molto favorevole. La dimensione del debito pubblico rientrava nella norma, anzi meglio di quella degli altri paesi europei e addirittura degli Stati Uniti che erano a rischio default. Il benessere sociale abbracciava tutti indistintamente, con le famiglie in perfetta forma, anzi senza alcun problema finanziario perché i redditi erano adeguati.
In sintesi, tutti potevano tranquillamente partire per le sospirate vacanze e gli onorevoli concedersi un bel pellegrinaggio in Terra Santa per rigenerarsi dalle fatiche che l’attività parlamentare richiede. E così, mentre il popolo sudava sette camicie per mandare avanti la baracca, arrancando per arrivare a fine mese, il “Governo del fare” si gongolava per aver fatto il suo dovere con giustizia ed equità. Qui il resto del post
Peccato che, come sempre, non ha percepito nel profondo le difficoltà esistenti, anzi non si è proprio accorto della loro esistenza. Quindi, se non si conosce un problema, o volutamente lo si ignora, come è possibile elaborare una soluzione che vada incontro a tutte le aspettative e risolva definitivamente questioni che da decenni sono perennemente aperte?
In altre parole, per il Governo l’interrogativo al quale rispondere non era sufficientemente chiaro, altrimenti non avrebbe fornito una risposta inadeguata, che si è tradotta nella manovra economica licenziata recentemente. Un provvedimento che non solo grida vendetta, ma rischia di collocarsi nell’alveo dell’istigazione alla violenza. Un documento privo di meccanismi utili, se non quelli, usati ed abusati, ad esclusivo beneficio dei soliti e a sfavore spudoratamente di coloro che sono già allo stremo.
Se l’obiettivo era quello di accelerare (e non alleviare) la sofferenza di chi era già agonizzante, allora il target è stato pienamente realizzato. Con la recente manovra economica, il Governo ha dato prova della sua inadeguatezza a guidare il paese, obbligando il popolo ad eseguire i suoi dettami, come nelle peggiori dittature, dove la discussione pubblica è inesistente.
Quel popolo, però, per non far morire anche quella flebile speranza che ancora rimane, ha dalla sua parte un’arma importante, da usare con maggiore frequenza: la Costituzione. Occorre organizzarsi per riappropriarsi di quella sovranità che, come sancito dall’articolo 1 (comma 2) «appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Un principio fondamentale di cui è importante, oggi più di prima, prenderne piena coscienza.
Gli strumenti che la Carta costituzionale affida al popolo sono l’iniziativa legislativa, che, a norma dell’articolo 71 (comma 2), è esercitata «mediante la proposta da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli» oppure il referendum popolare, disciplinato dall’articolo 75 (comma 1), indetto «per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore legale quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali».
In questo modo, agli onorevoli in partenza per le ferie, rimane da ascoltare solo un appello, quasi un richiamo severo ai loro doveri, spesso disattesi, lanciato nel lontano 1955 ai giovani da Piero Calamandrei: «Se voi volete andare in pellegrinaggio, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
Parole importanti, con un significato inequivocabilmente di speranza rivolto ad un popolo degno della Costituzione che si è data. Pare, però, che i principi costituzionali siano stati dimenticati dai parlamentari.

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