Editoriale di Pietro Ichino pubblicato sul Corriere della Sera il 21 dicembre 2009
Caro Direttore, domani si insedia la Commissione centrale indipendente per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, istituita dalla “legge Brunetta”. L’indipendenza effettiva dal Governo dei cinque membri – Luciano Hinna, Antonio Martone, Pietro Micheli, Filippo Patroni Griffi e Luisa Torchia – è garantita, oltre che dalla loro qualità personale, dall’avvenuta approvazione bi-partisan delle loro designazioni da parte delle Commissioni parlamentari competenti, con oltre i due terzi dei voti, come previsto dalla stessa legge. E anche dalla durata in carica per sei anni: un periodo che va oltre quello di una legislatura.
Compito principale della Commissione – una vera e propria authority – è controllare l’attivazione in tutta Italia degli organi di valutazione di ciascun comparto delle amministrazioni pubbliche, garantirne l’indipendenza, promuovere l’applicazione di metodi di valutazione appropriati, che consentano un confronto puntuale tra gli indici di performance delle amministrazioni simili e quindi il vincolo per le amministrazioni peggiori di allinearsi almeno con la media delle altre (il c.d. benchmarking); nonché – e questa è forse, tra le sue funzioni, la prima per importanza – garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità di qualsiasi dato inerente al loro funzionamento ma anche la fornitura in rete di una selezione intelligente e onesta dei dati veramente utili e rilevanti. I cittadini devono imparare a esercitare questo diritto, che ha profondamente segnato la storia recente dei Paesi nei quali esso è stato introdotto prima che da noi, come la Svezia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Spetta alla Commissione garantire (e ai cittadini esigere) anche la trasparenza dell’attività stessa degli organi di valutazione: la stampa specializzata, le associazioni degli utenti, o i ricercatori universitari devono poter utilizzare gli stessi dati per elaborarli in proprio, generando valutazioni distinte, con le quali le valutazioni dell’organo pubblico possano e debbano confrontarsi.
Sarà importantissimo che la Commissione si guadagni, fin dai suoi primi passi, prestigio e fiducia agli occhi dell’opinione pubblica. Essa lancerebbe già dall’inizio un segnale molto importante, dal significato inequivocabile, se si desse un Codice etico incisivo, che la assoggettasse, tra l’altro, agli stessi principi di trasparenza e di valutazione indipendente cui dovranno essere assoggettate tutte le amministrazioni. Essa potrebbe inoltre anticipare di sua iniziativa al primo anno la verifica del proprio operato (prevista dalla legge solo al termine del primo quinquennio) e dare a un board composto anche da eminenti esperti stranieri il mandato di verificare annualmente il lavoro svolto e i risultati. Dovrebbe rendere subito pubblici e mettere in rete i dati su quanta parte delle proprie risorse è stata destinata al mantenimento di se stessa (non più di un quarto del totale!) e quanta al compimento di ciascuno dei progetti che le sono affidati; in seguito, i dati su quanto sono progredite di fatto la trasparenza, l’accessibilità dei dati in rete, la pubblicazione di tabelle contenenti gli indici di performance per ciascun comparto, e così via. Dovrebbe, ancora, impegnarsi a dar conto sistematicamente on line del lavoro svolto per la Commissione stessa da ciascuno dei suoi membri, e delle attività diverse che invece ciascuno di essi svolga altrove, nell’interesse proprio o di terzi.
Ma ancora più significativa, agli occhi dell’opinione pubblica, sarebbe la scelta della Commissione di destinare una parte delle retribuzioni dei propri membri fissate dal Governo a un premio collegato a indici precisi: per esempio un indice di efficienza ed efficacia complessiva dell’azione della Commissione elaborato dal board internazionale di cui si è detto, combinato con un indice di conseguimento di alcuni obiettivi precisi e misurabili fissati nell’ambito del piano strategico che l’organo collegiale si sarà dato. Sarebbe questo un atto di straordinario rigore e coerenza, che da solo segnerebbe una tappa, una svolta nella storia delle nostre autorità indipendenti: un atto che non indebolirebbe in alcun modo l’indipendenza della Commissione, ma al contrario la rafforzerebbe.
Sottoporsi a valutazione indipendente e praticare la trasparenza totale significa bruciarsi i ponti alle spalle, innescare un meccanismo di controllo diffuso dal quale non ci si potrà poi più sottrarre. Il fiato dell’opinione pubblica sul collo degli amministratori – e dei politici al di sopra di essi – può costituire un incentivo potentissimo per il buon esercizio delle proprie prerogative da parte del management pubblico. Se – come è certo – la Commissione ci crede, incominci coll’attivare quell’incentivo nei confronti di se stessa. E l’opinione pubblica drizzi fin d’ora le proprie antenne.
Compito principale della Commissione – una vera e propria authority – è controllare l’attivazione in tutta Italia degli organi di valutazione di ciascun comparto delle amministrazioni pubbliche, garantirne l’indipendenza, promuovere l’applicazione di metodi di valutazione appropriati, che consentano un confronto puntuale tra gli indici di performance delle amministrazioni simili e quindi il vincolo per le amministrazioni peggiori di allinearsi almeno con la media delle altre (il c.d. benchmarking); nonché – e questa è forse, tra le sue funzioni, la prima per importanza – garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità di qualsiasi dato inerente al loro funzionamento ma anche la fornitura in rete di una selezione intelligente e onesta dei dati veramente utili e rilevanti. I cittadini devono imparare a esercitare questo diritto, che ha profondamente segnato la storia recente dei Paesi nei quali esso è stato introdotto prima che da noi, come la Svezia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Spetta alla Commissione garantire (e ai cittadini esigere) anche la trasparenza dell’attività stessa degli organi di valutazione: la stampa specializzata, le associazioni degli utenti, o i ricercatori universitari devono poter utilizzare gli stessi dati per elaborarli in proprio, generando valutazioni distinte, con le quali le valutazioni dell’organo pubblico possano e debbano confrontarsi.
Sarà importantissimo che la Commissione si guadagni, fin dai suoi primi passi, prestigio e fiducia agli occhi dell’opinione pubblica. Essa lancerebbe già dall’inizio un segnale molto importante, dal significato inequivocabile, se si desse un Codice etico incisivo, che la assoggettasse, tra l’altro, agli stessi principi di trasparenza e di valutazione indipendente cui dovranno essere assoggettate tutte le amministrazioni. Essa potrebbe inoltre anticipare di sua iniziativa al primo anno la verifica del proprio operato (prevista dalla legge solo al termine del primo quinquennio) e dare a un board composto anche da eminenti esperti stranieri il mandato di verificare annualmente il lavoro svolto e i risultati. Dovrebbe rendere subito pubblici e mettere in rete i dati su quanta parte delle proprie risorse è stata destinata al mantenimento di se stessa (non più di un quarto del totale!) e quanta al compimento di ciascuno dei progetti che le sono affidati; in seguito, i dati su quanto sono progredite di fatto la trasparenza, l’accessibilità dei dati in rete, la pubblicazione di tabelle contenenti gli indici di performance per ciascun comparto, e così via. Dovrebbe, ancora, impegnarsi a dar conto sistematicamente on line del lavoro svolto per la Commissione stessa da ciascuno dei suoi membri, e delle attività diverse che invece ciascuno di essi svolga altrove, nell’interesse proprio o di terzi.
Ma ancora più significativa, agli occhi dell’opinione pubblica, sarebbe la scelta della Commissione di destinare una parte delle retribuzioni dei propri membri fissate dal Governo a un premio collegato a indici precisi: per esempio un indice di efficienza ed efficacia complessiva dell’azione della Commissione elaborato dal board internazionale di cui si è detto, combinato con un indice di conseguimento di alcuni obiettivi precisi e misurabili fissati nell’ambito del piano strategico che l’organo collegiale si sarà dato. Sarebbe questo un atto di straordinario rigore e coerenza, che da solo segnerebbe una tappa, una svolta nella storia delle nostre autorità indipendenti: un atto che non indebolirebbe in alcun modo l’indipendenza della Commissione, ma al contrario la rafforzerebbe.
Sottoporsi a valutazione indipendente e praticare la trasparenza totale significa bruciarsi i ponti alle spalle, innescare un meccanismo di controllo diffuso dal quale non ci si potrà poi più sottrarre. Il fiato dell’opinione pubblica sul collo degli amministratori – e dei politici al di sopra di essi – può costituire un incentivo potentissimo per il buon esercizio delle proprie prerogative da parte del management pubblico. Se – come è certo – la Commissione ci crede, incominci coll’attivare quell’incentivo nei confronti di se stessa. E l’opinione pubblica drizzi fin d’ora le proprie antenne.
1 commento:
Bene professore! Mi auguro che la sua "esortazione programmatica" venga recepita dalla Commissione.
Per quanto riguarda noi utenti, in nome di un rinnovato senso di democrazia partecipativa, in quale modo "operativo" potremmo interloquire con la Commissione?
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