Innanzitutto vorrei ringraziare le donne e gli uomini dell’Egitto che ci hanno dato una grande lezione di democrazia. Vorrei ringraziare tutte e tutti coloro che sono qui oggi. Sono due anni che aspetto questo momento, anzi due anni e mezzo, dall’inizio di questa fase triste e vergognosa per il nostro paese, per le sue istituzioni, per le sue donne, ma soprattutto per i suoi uomini. Finalmente siamo tutte in piazza oggi, con i nostri corpi liberi e vivi, e con le nostre teste e i nostri cuori. Siamo in piazza e non nei palazzi del potere, non nei suoi letti. Siamo in piazza e non in televisione, perché in piazza si alza la voce e in televisione la nostra voce spesso è muto contorno alle nostre curve. Siamo qui in compagnia innanzitutto di noi stesse e degli uomini che ci sostengono. Come ha detto saggiamente Francesca Izzo, una delle promotrici della manifestazione di oggi, questa è la prima grande manifestazione di popolo guidata da donne, di grande rilevanza politica per il paese intero.
Noi non siamo qui per distinguerci da altre donne, per sancire la nostra moralità contro la loro immoralità: siamo qui per esprimere la nostra voce e la nostra rabbia. Oggi ritorniamo al centro della politica per affermare non solo la nostra dignità, ma anche la nostra intelligenza, i nostri desideri, i nostri sogni. Siamo stufe di essere al centro dei giochi di potere senza esserne le attrici principali: il potere si gioca infatti sempre sui nostri corpi, a nostra insaputa. Siamo stati corpi da regolamentare, da controllare, da disciplinare, prima con leggi contro la nostra libertà procreativa, poi con non-leggi sulla nostra (e di altri) libertà di amare, di vivere e di morire, ora siamo corpi da usare e scambiare, corpi in concorrenza nel libero mercato del piacere…Mi chiedo, ma perché fino a due anni fa tutti andavano al family day e oggi invocano la libertà femminile?
Loro ci vogliono o sante o puttane, perché in realtà la nostra libertà e la nostra parola non la sopportano. E ora accusano le donne qui in piazza di moralismo. Ma quale moralismo? Il femminismo non conosce moralismi, se non quelli contro cui combatte e ha combattuto: moralismi di un patriarcato che si fa’ forza di una doppia morale, mai stanco di volerci comperare, con i soldi o con le lusinghe, purché stiamo zitte e buone, purché facciamo come dicono loro: ieri buone madri e mogli fedeli, oggi giovani spregiudicate pronte a tutto a letto, ma fuori semplicemente belle, snelle, docili e sorridenti. Così ci vogliono, orgogliose di essere le ‘belle del capo’. Siamo stufe, ed è ora di dirlo: stufe di fare da cornice, stacchetto, segretarie e veline, a un potere che pretende di disciplinare la nostra moralità: cattive madri se abortiamo, libere di disporre del nostro corpo se ci vendiamo a chi ci offre grandi opportunità di carriera o di successo. E questa sarebbe una scelta? Troppo comodo dividerci in sante e puttane, questa divisione ha sempre fatto il gioco del potere, di chi ci voleva da una parte mogli fedeli e dall’altra audaci seduttrici…Su questa divisione, e sul fatto che fra sante e puttane non potessero esserci ‘comunicazione’ e unità, si è retto per anni il potere maschile. E’ questo rigurgito di potere maschile stantio, vecchio e patriarcale, che oggi ci opprime, e ci fa scendere in piazza.
Eppure a chi è a capo di tutto ciò, forse dobbiamo dire grazie: grazie perché con la sua straordinaria leggerezza nel contornarsi di schiere di giovani donne, con la sua disinvoltura nel disporre di corpi femminili, ha avuto l’indubbio merito di aprirci gli occhi, di far tornare al centro del dibattito pubblico i corpi e i desideri delle donne, ci ha offerto su un piatto d’argento la nostra battaglia. Una straordinaria galleria dei piaceri - o degli orrori, dipende dai punti di vista – che da Villa certosa, passando per Palazzo Grazioli, arriva ad Arcore, ci ha svelato quello che per anni forse nessuno ha voluto vedere né capire: il corpo della donna esibito e mercificato in quantità industriali, in una sorta di traffico illegale di esseri umani vissuto però come un grande gioco, come una Ruota della fortuna in cui a chi capita di essere scelta c’è successo assicurato per la vita. Non è tanto la questione di chi va a letto con chi e come, ma soprattutto la dimensione collettiva della cooptazione e del reclutamento. C’erano più giovani donne alle feste del premier che ai casting del Grande Fratello. Ormai le ville sono diventate un’agenzia di collocamento, e la partecipazione alle feste un modello di sviluppo, un argine alla disoccupazione femminile in questo paese. Forse va bene così? Che male c’é? Il male sta forse nel fatto che oggi nel nostro paese c’è uno dei più alti tassi di disoccupazione femminile, la precarietà colpisce più le donne che gli uomini, i salari sono ancora diseguali, fare figli è una scelta difficile, in ogni caso, e poi, tu che lavori, fatichi, ami e soffri quotidianamente, tiri avanti con fatica ma con passione, ti prendi della moralista se decidi di opporti con una manifestazione all’impunità di uno scambio fra sesso, denaro e potere che va avanti da anni in questo paese. Io non mi ribello per la dignità delle donne, ma per la loro libertà – e non venitemi a dire che la libertà è andare a letto con un vecchio…
Ora il tempo della nostra solerte obbedienza è finito, oggi ci riprendiamo la piazza e con essa la parola pubblica, per dire che siamo stufe di essere prese in giro, usate e poi gettate nel fango e nella solitudine se disobbediamo. Ma se siamo qui è anche per merito di chi, da dentro il gioco luccicante e seducente della sottomissione ai voleri del sultano, ha parlato e ha denunciato…non ripetiamo il gioco del potere, non dividiamoci tra sante e puttane, proviamo, per una volta, a procedere unite nel denunciare e nel criticare, nel forgiare per noi stesse e le nostre figlie, amiche, sorelle, nipoti un paese migliore.
E a proposito di figlie, immaginate e reali, vorrei concludere con le belle parole di Michela Murgia, nel monologo ‘Altre Madri’:
“La mia figlia sarà femmina. Io le canterò una ninna nanna per stare sveglia. Una ninna nanna per non chiudere gli occhi perché abbiamo già dormito tanto e troppo mentre altri plasmavano i nostri sogni in incubi di realtà.”
Abbiamo dormito troppo, svegliamoci per fare in modo che la realtà non corrisponda più a questo incubo.
Olivia Guaraldo
Loro ci vogliono o sante o puttane, perché in realtà la nostra libertà e la nostra parola non la sopportano. E ora accusano le donne qui in piazza di moralismo. Ma quale moralismo? Il femminismo non conosce moralismi, se non quelli contro cui combatte e ha combattuto: moralismi di un patriarcato che si fa’ forza di una doppia morale, mai stanco di volerci comperare, con i soldi o con le lusinghe, purché stiamo zitte e buone, purché facciamo come dicono loro: ieri buone madri e mogli fedeli, oggi giovani spregiudicate pronte a tutto a letto, ma fuori semplicemente belle, snelle, docili e sorridenti. Così ci vogliono, orgogliose di essere le ‘belle del capo’. Siamo stufe, ed è ora di dirlo: stufe di fare da cornice, stacchetto, segretarie e veline, a un potere che pretende di disciplinare la nostra moralità: cattive madri se abortiamo, libere di disporre del nostro corpo se ci vendiamo a chi ci offre grandi opportunità di carriera o di successo. E questa sarebbe una scelta? Troppo comodo dividerci in sante e puttane, questa divisione ha sempre fatto il gioco del potere, di chi ci voleva da una parte mogli fedeli e dall’altra audaci seduttrici…Su questa divisione, e sul fatto che fra sante e puttane non potessero esserci ‘comunicazione’ e unità, si è retto per anni il potere maschile. E’ questo rigurgito di potere maschile stantio, vecchio e patriarcale, che oggi ci opprime, e ci fa scendere in piazza.
Eppure a chi è a capo di tutto ciò, forse dobbiamo dire grazie: grazie perché con la sua straordinaria leggerezza nel contornarsi di schiere di giovani donne, con la sua disinvoltura nel disporre di corpi femminili, ha avuto l’indubbio merito di aprirci gli occhi, di far tornare al centro del dibattito pubblico i corpi e i desideri delle donne, ci ha offerto su un piatto d’argento la nostra battaglia. Una straordinaria galleria dei piaceri - o degli orrori, dipende dai punti di vista – che da Villa certosa, passando per Palazzo Grazioli, arriva ad Arcore, ci ha svelato quello che per anni forse nessuno ha voluto vedere né capire: il corpo della donna esibito e mercificato in quantità industriali, in una sorta di traffico illegale di esseri umani vissuto però come un grande gioco, come una Ruota della fortuna in cui a chi capita di essere scelta c’è successo assicurato per la vita. Non è tanto la questione di chi va a letto con chi e come, ma soprattutto la dimensione collettiva della cooptazione e del reclutamento. C’erano più giovani donne alle feste del premier che ai casting del Grande Fratello. Ormai le ville sono diventate un’agenzia di collocamento, e la partecipazione alle feste un modello di sviluppo, un argine alla disoccupazione femminile in questo paese. Forse va bene così? Che male c’é? Il male sta forse nel fatto che oggi nel nostro paese c’è uno dei più alti tassi di disoccupazione femminile, la precarietà colpisce più le donne che gli uomini, i salari sono ancora diseguali, fare figli è una scelta difficile, in ogni caso, e poi, tu che lavori, fatichi, ami e soffri quotidianamente, tiri avanti con fatica ma con passione, ti prendi della moralista se decidi di opporti con una manifestazione all’impunità di uno scambio fra sesso, denaro e potere che va avanti da anni in questo paese. Io non mi ribello per la dignità delle donne, ma per la loro libertà – e non venitemi a dire che la libertà è andare a letto con un vecchio…
Ora il tempo della nostra solerte obbedienza è finito, oggi ci riprendiamo la piazza e con essa la parola pubblica, per dire che siamo stufe di essere prese in giro, usate e poi gettate nel fango e nella solitudine se disobbediamo. Ma se siamo qui è anche per merito di chi, da dentro il gioco luccicante e seducente della sottomissione ai voleri del sultano, ha parlato e ha denunciato…non ripetiamo il gioco del potere, non dividiamoci tra sante e puttane, proviamo, per una volta, a procedere unite nel denunciare e nel criticare, nel forgiare per noi stesse e le nostre figlie, amiche, sorelle, nipoti un paese migliore.
E a proposito di figlie, immaginate e reali, vorrei concludere con le belle parole di Michela Murgia, nel monologo ‘Altre Madri’:
“La mia figlia sarà femmina. Io le canterò una ninna nanna per stare sveglia. Una ninna nanna per non chiudere gli occhi perché abbiamo già dormito tanto e troppo mentre altri plasmavano i nostri sogni in incubi di realtà.”
Abbiamo dormito troppo, svegliamoci per fare in modo che la realtà non corrisponda più a questo incubo.
Olivia Guaraldo
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