
Si riporta l’articolo di Francesca Basso pubblicato su Corriere della Sera del 27 giugno 2009
"E pensare che il primo voto l'ha dato ai Verdi. Debora Serracchiani, la campionessa del Pd alle Europee con la maglia da esordiente, ha voluto «fermare l' attimo per paura di dimenticare» e ha sfornato Il coraggio che manca. A un cittadino deluso dalla politica (Rizzoli), in libreria dal primo luglio. Ma è solo l' inizio. Lei garantisce che «ci sarà spazio per una seconda puntata», dopo il congresso di ottobre.
C'è proprio tutto nel libro, dagli inizi nel comitato di quartiere dei Rizzi di Udine alla straordinaria vittoria su «papi» Berlusconi alle Europee in Friuli Venezia Giulia con ben 144.558 preferenze. C'è l' ammissione di essere digiuna di politica per tradizione familiare («sono cresciuta considerando sullo stesso piano Enrico Berlinguer e Aldo Moro»; «ignoravo più o meno i partiti della Prima Repubblica»). Ma c' è anche l' entusiasmo per le primarie che consacrarono leader Vetroni e la «rabbia» per quello che è accaduto poi. Soprattutto c' è «la politica che vorrei», «vicina alle persone», e c' è il partito che sogna, formato da dirigenti «in grado di "crescere" altre persone che facciano nascere il Pd sul territorio». Sembrerebbe un manifesto politico, con una dettagliata analisi degli errori commessi dalla dirigenza del Pd: Rutelli candidato sindaco «una delle mosse più autolesioniste»; «l' incapacità di intervenire sulla dirigenza campana e sul governatore Bassolino»; «l' intervento critico» di Bersani e D' Alema sullo sbarramento al 4%. Invece viene derubricato dalla Serracchiani a «un lancio di idee rispetto al partito», a un tentativo di «parlare alla base e alla gente comune vicina al Pd». Ma il libro è soprattutto una difesa personale, contro quelli che l' hanno sminuita con la motivazione che non basta criticare il partito per meritare una candidatura, o sostenendo che è stata solo «fortuna» quel 21 marzo, quando con il suo discorso è diventata la «stella della sinistra italiana», come la battezzò El País. «Lo dicono soprattutto i big del partito», racconta senza remore la Serracchiani: per loro «ciò che è nuovo deve essere per forza meno buono di ciò che c' era già». Poi uno scatto d' orgoglio: «Però non è del tutto vero che sarebbe potuto essere chiunque altro» perché «è vero: ho detto cose che pensano in molti. Ma non tutti le avrebbero dette pubblicamente. Manca il coraggio e senza quel coraggio non costruiremo mai il nostro partito». Insomma, la Serracchiani quel coraggio lo ha avuto eccome. Certo, nel prologo, rievocando i passi salienti di quel fatidico discorso si limita a ricordare l' appello al segretario Franceschini: «È venuto il momento delle decisioni». Bisogna arrivare a pagina 52 per la parte che ha scaldato gli animi della base e del web, urtando i maggiorenti: «Chiedo a questo partito di votare. Se necessario anche lasciando a casa qualcuno». Non rinnega nulla la Serracchiani. Anzi. Il 5 in pagella a D' Alema viene abbassato: «Fui di manica larga». È pronta per il congresso. E comincia parlando oggi al Lingotto ai giovani del Pd, dopo Chiamparino e Franceschini. Di sicuro stavolta non indosserà «jeans, maglione e giacca marrone» come a Roma, quando l' assalì «la vergogna per come ero vestita». L' età dell' innocenza è finita. Ora c' è il secondo capitolo: il congresso”.
Ritengo interessante acquistare il libro per conoscere ancora di più Debora, la sua meravigliosa esperienza ed i valori che l’hanno guidata nelle ultime elezioni al Parlamento Europeo.