Sotto
accusa le nomine nei posti di potere, i rapporti con la finanza e un appalto
affidato a società vicine alla 'ndrangheta
Dicono i nemici che è un
leghista-democristiano. «È vero», ride Flavio Tosi, «Mica è un'offesa.
Del resto la Dc, a parte le degenerazioni finali, fece grandi l'Italia e il Veneto». E cosa ha imparato dai dorotei?
A fregarsene delle accuse. Clientelare? Nepotista? Poltronista? «Amenità».
Del resto la Dc, a parte le degenerazioni finali, fece grandi l'Italia e il Veneto». E cosa ha imparato dai dorotei?
A fregarsene delle accuse. Clientelare? Nepotista? Poltronista? «Amenità».
Non c'è «imputazione» di cui
non si liberi facendo spallucce.
Dice Michele Bertucco , lo
sfidante ambientalista che ha vinto le primarie del centrosinistra che «se tu
lo accusi, Tosi ha sempre la risposta standard: 1) Non è vero; 2) Chi se ne
frega; 3) Comunque chi mi accusa non conta. Qualunque cosa gli sia
rinfacciata».
Si sente forte, il sindaco
uscente. E gira tra le bancarelle del mercato allo stadio con l'aria di chi già
pregusta il trionfo. Una signora non vedente gli afferra le mani manco fosse
San Zeno: «Signor sindaco, non ci vedo, lasci almeno che la tocchi!». Lui la benedice. Una
vecchietta si lagna: «Vero, sindaco, el varda che mi no lo voto se nol me
sistema el marciapié». «Quale marciapiede, signora?» «In via Negrelli. No se
camina...». «Prendo nota».
Anna Pera gli sventola sotto il
naso l'abbonamento del bus: «Sindaco, mi spiega perché questa tessera devo
mostrarla alla macchinetta? Sono sempre piena di borse e devo posarle: perché?
Tanto sapete che ho già pagato!» E lui paziente: «Eh, cara signora...
Purtroppo...»
Ma come, un leghista
«quarantino», per dirla con Andrea Camilleri, che si muove per i mercati come
si muovevano Remo Gaspari alle sagre abruzzesi o Vito Lattanzio tra i banchi di
Bari Vecchia? Lui ride. E dopo aver esordito come «un urlatore» così irruento
da guadagnarsi una condanna per istigazione all'odio razziale, ha via via
allargato le prospettive. Ha sdoganato sì il camerata Andrea Miglioranzi, che
per aver definito la parola fascista «un termine a me molto caro» e aver fatto
parte del gruppo «Gesta Bellica» è stato ribattezzato sul web col nome di «Andrea
Miglior-nazi». Ma ha anche spiegato al Foglio che avrebbe votato per Obama e
che «un buon leghista dovrebbe considerare fonte di ispirazione» anche «molti
soggetti appartenenti alla storia della sinistra. Penso per esempio a quello
che credo sia stato uno dei più grandi e lungimiranti esempi di leadership
carismatica del nostro paese, Enrico Berlinguer». Bum!
Va da sé che il recupero dei
vecchi diccì «che hanno fatto grande il Veneto», gente come Toni
Bisaglia o Mariano Rumor (contro i quali Bossi diceva «è gente da tirar giù,
portare in piazza e fucilare») tutto è meno una sorpresa. Roberto Bolis, il
portavoce già comunista e cronista dell' Unità additato da tutti come
«l'eminenza rossa» del sindaco, sorride sotto il baffo. Uomo di potere? Se
glielo dici, Tosi ride: «Dipende da come lo usi, il potere. Se te ne servi per
raggiungere degli obiettivi...»
Dicono i nemici che il primo
obiettivo, per lui, è stato in questi anni piazzare ovunque «leghisti, parenti
e parenti dei leghisti». Primo fra tutti, Paolo Paternoster, il segretario
provinciale del Carroccio messo alla presidenza dell'Agsm, la municipalizzata
della luce e del gas. Una cosa che, se l'avessero fatta i comunisti o i
democristiani, apriti cielo! «L'ho messo lì perché è bravo. Se il sindaco di
Bologna pensasse che il più bravo per le municipalizzate è il segretario Pd,
ok. Con Paternoster l'Agsm ha aumentato del 50% il fatturato e da 2 a 14 milioni di euro
l'utile».
«Sì, ma non dice che
l'indebitamento delle municipalizzate è quintuplicato», accusa il
candidato del Pdl, Luigi Castelletti. Se le stanno menando di brutto, a destra.
I berlusconiani, ai quali Tosi ha sfilato un bel pezzo di classe dirigente
puntando a portarsi via gli elettori, son furibondi. Al punto che non solo la
campagna elettorale è concentrata quasi tutta sulla guerra agli ex-alleati
leghisti, accusati di ogni nefandezza, ma in caso di ballottaggio...
E mentre il grillino Gianni
Benciolini dice di scommettere non solo sulla trasparenza,
l'aria, l'acqua e la riduzione dei costi del consiglio comunale, che oggi
dispensa i gettoni più sontuosi d'Italia (160 euro, come a Palermo e il
quadruplo che a Padova) ma anche sulla ribellione dei leghisti schifati,
montano le proteste, a sinistra e a destra, per un sistema di potere padano che
«ha occupato tutto».
Ed ecco il casiniano Stefano
Valdegamberi chiedere da mesi di «vedere le carte per capire
come mai la
Fondazione Arena distribuisce appalti alla "Mondial
Trans" del leghista presidente dell'Agsm: è un appalto vecchio rinnovato
con gare regolari? Bene: vediamo i documenti!» Ecco l'invio all' Arena della
foto del padre del deputato leghista Matteo Bragantini che
svetta sui ponteggi di un cantiere nonostante avesse avuto una deroga per
ampliare la casa grazie a una «grave disabilità»: «Ma come, dopo anni di
battaglie contro i falsi invalidi terroni!».
Ecco l'elenco di fratelli e
sorelle, cognati e i cugini piazzati, come denunciava un dossier del Pd, in
tutti gli interstizi del potere pubblico e para-pubblico, tanto da spingere
l'Espresso a sparare: «Anche Tosi ha un cerchio magico». E a denunciare
qualcosa di non cristallino nella questione del tunnel (802 milioni più Iva)
che dovrebbe passare sotto la città: «L'affare del secolo è in mano a una
specie di Anonima Trafori», ha scritto Paolo Biondani lamentando l'eccesso di
fiduciarie di oscura proprietà. «Abbiamo raccolto 9000 firme per un referendum
contro il traforo che vede giochi strani sulle aree agricole e edificabili»,
dice Bertucco, «È come se avessimo raccolto a livello nazionale due milioni di
firme. Ma il referendum non si fa». Ovvio, dice il sindaco: «Chi mi ha votato
sapeva cosa voglio: al referendum implicito hanno già risposto».
Il nodo centrale, però, è il
rapporto col potere finanziario. «Questo è nostro», spiegò
papale papale Tosi al Foglio mostrando sul giornale la foto di Giovanni
Maccagnani, da lui piazzato ai vertici della Fondazione Cariverona, il socio
forte (libici a parte) di Unicredit che «eroga sul territorio circa ottanta
milioni di euro» l'anno. L'intero collegio sindacale di «Vipp lavori», che fa
capo alla famiglia Rettondini e sta facendo il parcheggio San Zeno, il secondo
affarone, è in mano a «tosisti». Presidente dei revisori è Enrico Toffali,
assessore uscente della giunta Tosi. Sindaco Giovanni Maccagnani. Membro del
collegio sindacale suo fratello Cristiano, candidato alle prossime
amministrative nonché presidente dei revisori dell'Ater (case popolari),
sindaco nella Unionfidi Verona, che offre garanzie sui finanziamenti bancari
agli artigiani e alle piccole imprese e ancora sindaco di «Acque Veronesi», di
cui è azionista l'Agsm. Cioè la municipalizzata «leghistizzata» che sponsorizza
con 700 mila euro il Verona Hellas, il cui paròn Giovanni Martinelli guida
«Italgestioni», di cui Cristiano Maccagnani è sindaco effettivo.
Un intreccio caotico? Niente
in confronto al giro di imprese cui è stata affidata la costruzione, per un
pacco di milioni, di un grande plesso scolastico a Rivoli Veronese. Direte: che
c'entra Tosi? C'entra. Lo dice la delibera n.32 del 28 aprile 2010 dove la
giunta leghista del paese guidato da Mirco Campagnari, scrive di avere chiesto
aiuto al Comune di Verona (dove l'uomo forte rivolese Toffali, dicevamo, è
assessore) quale «responsabile unico del procedimento» delegato all'«assistenza
giuridico amministrativa» e alle «procedure di gara e di aggiudicazione
dell'appalto». Titolo dell' Arena : «Sarà il Comune di Verona a far costruire
la scuola».
E a chi finiscono, i lavori? Lo
dice la
«Determinazione n. 61 del 19-05-2011»: al «raggruppamento
temporaneo con mandatario Elettro.lux e mandante I.I.E. Impresa Installazioni
Elettriche». La quale ha poi ceduto il ramo d'azienda con dentro gli appalti
alla ditta C.e.s.i.t. Non bastasse, scrive il documento del comune leghista,
un'altra società è subentrata alla Elettro.lux (incredibile ma vero) con un
«contratto d'affitto di ramo d'azienda». E chi c'è dietro la I.I.E. di Sellia
Marina (Catanzaro) e la C.e.s.i.t. di Botricello (Catanzaro)? Vi risparmiamo il
tormentone delle scatole cinesi, dei «trasferimenti fittizi» e dei prestanome e
lasciamo rispondere alla magistratura antimafia di Crotone. Che il 18 novembre
2011 sequestra tutte e due le società accusando i titolari, la famiglia Puccio ,
di esser legata alla 'ndrangheta. Peccato non poter scaricare tutto, stavolta,
su Francesco Belsito...
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