C’è il
finanziatore dei furbetti romani che ha sempre votato Dc o Berlusconi e ora si
scopre super-leghista per caso. C’è il facilitatore di centri commerciali e
nuovi stadi, sfortunatamente indagato a Milano per una robusta tangente al
partito lumbard. Ci sono tante aziende e aziendine che sognano un nuovo
quinquennio di appalti e speculazioni urbanistiche. Ma sopra a tutti ci sono
loro, i cavalieri mascherati delle grandi opere: colossi nazionali delle
costruzioni lanciati alla conquista di affari miliardari, come la nuova
autostrada cittadina, ma riparati dietro un incredibile anonimato legale.
Sono tanti gli
imprenditori che fanno il tifo per la rielezione di Flavio Tosi. Ma dei più
fortunati, gli elettori non conoscono neppure i nomi. Il voto a Verona è un
test nazionale. Gli ultimi sondaggi assegnano al sindaco uscente una trionfale
vittoria al primo turno, come cinque anni fa. Da allora Tosi ha imparato i segreti
della politica. Esplosa la crisi, è stato tra i primi a prendere le distanze
dal governo Berlusconi.
Quindi ha rotto
con il “cerchio magico” di Bossi, forte dell’appoggio di Roberto Maroni. E con
la sua popolarità ha spaccato il Pdl rivale, fermo sotto il 30 per cento. In
una città da sempre di destra, dove il centrosinistra ha vinto una sola volta
per debolezze altrui, Tosi ha cementato un patto con i potentati bancari ex dc,
grazie ai fedelissimi avvocati Giovanni Maccagnani ed Enrico Toffali.
E ora,
archiviati i comizi anti-immigrati, bombarda radio e tv locali con spot sulle
grandi opere: “Traforo autostradale, urbanistica: costruiamo insieme la Verona
del futuro”. Ma chi sono i big degli affari che sperano nel Tosi-bis?
Le tracce più
vistose portano al maxi-traforo. Una nuova autostrada di città, appaltata a una
cordata d’imprese capeggiata dal colosso Technital. L’altro socio forte è la veronese Mazzi
Costruzioni , alleata con big locali come Soveco e Parolini
spa. Il sistema del project financing fa della nuova autostrada un business
finanziario da oltre 800 milioni: in pratica i privati anticipano i soldi,
coperti da prestiti bancari, che si ripagano ampiamente con 45 anni di pedaggi.
Le polemiche finora si sono concentrate sui danni ambientali e sul no di Tosi a
un referendum popolare.
Quando
“l’Espresso” gli ha fatto notare che proprio l’impresa Mazzi ha finanziato la
sua precedente campagna elettorale, Tosi ha sorriso: “Ha versato solo diecimila
euro, tutti dichiarati. È ridicolo pensare che una cifra del genere possa
condizionare il Comune. Il traforo sarà il simbolo della mia amministrazione”.
Ma chi controlla
le società che si preparano a festeggiare l’affarone? La Mazzi Costruzioni
è il motore di un gruppo con decine di aziende, che porta il nome di una
famiglia di imprenditori veronesi a cui Tosi è legato anche da frequentazioni
private, mai rinnegate. Il problema è che in cima alla piramide c’è una
capogruppo anonima, chiamata Adige Docks: tutte le azioni sono intestate alle
fiduciarie Sirefid di Milano (99,54 per cento) e Ifi di Verona (0,64).
Le fiduciarie
sono paraventi legali che servono solo a non far sapere chi sono i veri
proprietari. E la Technital, l’altro colosso nel cuore di Tosi, a chi
appartiene? Anche qui, mistero. L’intero capitale è intestato alle fiduciarie
romane Finnat (20 per cento) e Simon (80). In attesa di scoprire se
l’autostrada di Tosi sarà un capolavoro o un disastro ambientale, insomma, a
Verona una cosa è certa: l’affare del secolo è in mano a una specie di Anonima
Trafori.
Nel club di
imprenditori che tifano Tosi non mancano sorprese ancora più imbarazzanti. Il
sindaco di Verona è da sempre legatissimo all’Hellas, la squadra di calcio del
mitico scudetto del 1985. L’attuale patron, Giovanni Martinelli, progetta di
costruire un nuovo stadio con l’appoggio di Tosi e del suo braccio destro,
l’assessore all’Urbanistica Vito Giacino.
Consulente
dell’affare è un mediatore della Valpolicella, Francesco Monastero della
Expandia srl, che ha lavorato molto per il gruppo Brendolan (supermercati
Famila), soci dei Mazzi in un altro progetto urbanistico da 300 mila metri cubi
già varato dalla giunta Tosi. Il nuovo stadio, con annessi negozi e ristoranti,
dovrebbe sorgere su un’area industriale vincolata dal consorzio pubblico Zai,
presieduto fino a pochi mesi dall’ex leghista Flavio Zuliani, che a
“l’Espresso” dichiara: “Monastero venne a propormi il nuovo stadio nel gennaio
2011.
Quando gli dissi
che lì non si poteva fare, perché l’area era vincolata, si meravigliò molto: mi
disse che aveva già l’appoggio di Tosi e Giacino”. Ora proprio Monastero è
indagato per corruzione dalla procura di Milano, che lo ha intercettato
nell’ottobre 2011 mentre concordava, secondo l’accusa, una tangente da 800 mila
euro destinata alla Lega: presunto beneficiario, Davide Boni, ex presidente del
consiglio regionale.
Le mazzette
leghiste, secondo il pm Alfredo Robledo, erano il prezzo politico per sbloccare
un centro commerciale ad Albuzzate (Pavia). Scoppiato lo scandalo, la giunta Tosi ha
annunciato che lo stadio si può fare, ma senza nuovi ipermercati. L’area
prescelta però resta la
stessa. E il presidente che si opponeva? “Mi hanno rimosso da
tutte le cariche”, spiega Zuliani, che si sente tradito dal sindaco.
Un altro mistero
porta il nome di Attilio
Fanini , un finanziere della Valpolicella che è stato il più
grande contribuente di Tosi: gli ha versato ben 60 mila euro, sul totale di 125
mila raccolti nella precedente campagna. Fanini non è indagato per tangenti.
Suo malgrado, però, è citato più volte nell’ordinanza dei giudici di Monza che
ha portato in carcere l’ex assessore lombardo Massimo Ponzoni.
Quel politico
del Pdl e il suo presunto complice Filippo Duzioni, un faccendiere che ha fatto
i soldi con i centri commerciali, secondo l’accusa brigavano per aggiustare i
piani urbanistici di vari comuni brianzoli. A Giussano, il paese simbolo del
partito di Bossi, tre leghisti onesti erano contrari all’ennesimo shopping
center. A quel punto Duzioni ha chiesto per email un intervento a Fanini. E il piano
urbanistico è passato, ribloccandosi solo con gli arresti.
Alto, biondo,
elegante, simpatico, Fanini non si sottrae alle domande de “l’Espresso”. Come
ha fatto a piegare i leghisti di Giussano? “Duzioni mi scriveva solo per
informarmi dei problemi della pratica urbanistica che dovevo finanziare. Ma io
non ho fatto pressioni su nessun politico”. E perché ha finanziato Tosi? “Per
non sembrare una pittima” (un tirchio), risponde Fanini in dialetto veneto: “Ho
sempre votato Dc o Berlusconi, ma quando un mio amico fraterno, l’avvocato
Enrico Toffali, mi ha chiesto di sostenere la sua candidatura con Tosi, non ho
voluto deluderlo”.
E la giunta Tosi ha
ricambiato? “No. Mai fatto affari a Verona”. Però con l’arrestato Duzioni ne ha
fatti: com’è diventato suo cliente? “Me l’ha presentato Ponzoni, che avevo
conosciuto come assessore all’Ambiente della Lombardia per una vicenda di cave
a Mantova”. Almeno Ponzoni si è comportato bene? “Con me benissimo. Continuava
a chiamare Formigoni, con cui dimostrava grande familiarità”.
Fanini detto
“Attila” ha un solo problema giudiziario: è accusato a Roma di aver girato un
milione a un banchiere per farne prestare 80 all’immobiliarista Danilo Coppola.
“È una storia ormai prescritta, ma io punto a un’assoluzione piena”. I suoi agganci
nelle banche e nella finanza romana la stanno almeno riparando dalla crisi?
“Ero diventato il primo agente di Unicredit per il leasing immobiliare, ma
adesso l’edilizia è un disastro. E purtroppo i miei clienti migliori, da
Coppola a Vittorio Casale, sono finiti tutti in prigione”.
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