Articolo di Federico Testa , parlamentare e responsabile Energia del Pd, pubblicato su L’Unità il 2 aprile 2012
La bolletta energetica per le aziende e le famiglie italiane è sempre più cara, con gravi ripercussioni sulla competitività delle imprese e sui livelli di vita delle persone. Tra i maggiori imputati di questa crescita vi è la componente «verde» del costo dell’energia, cioè la voce A 3 delle bollette, che sta letteralmente esplodendo.
Innanzitutto è opportuno sottolineare come il nostro Paese nel settore delle energie rinnovabili avesse nel passato accumulato un significativo ritardo: in questo senso è stato opportuno per alcuni versi “forzare” i processi di incentivazione al fine di recuperarlo. Ora si impone una riflessione che, nel perseguimento dello sviluppo al massimo potenziale delle fonti rinnovabili nel nostro Paese, consenta di raggiungere altri obiettivi.
Il primo è ottenere una ricaduta significativa sul tessuto produttivo/industriale italiano. Ad oggi questo avviene in misura parziale e insufficiente, vuoi perché nella filiera produttiva rilevano molto i differenziali di costo di produzione (fotovoltaico in Cina), vuoi perché il ritardo accumulato ha fatto sì che la leadership tecnologica venisse acquisita da altri Paesi (eolico in Germania). È quindi opportuno concentrare gli sforzi sulla ricerca e sullo sviluppo di tecnologie meno mature, rispetto alle quali tuttora conserviamo leadership e competenze di prima fila, quali ad esempio il solare a concentrazione e la produzione di biocarburanti di seconda generazione.
Il secondo obiettivo è favorire l’incentivazione di impianti rinnovabili che abbiano una sostenibilità economica intrinseca di medio lungo periodo: quindi basta ad impianti che si sostengono solo grazie a incentivi troppo generosi e a meccanismi di rendita finanziaria che spesso portano con sé speculazioni, uso distorto del territorio, possibili ruoli non chiari della criminalità organizzata, anche a causa degli onerosi procedimenti autorizzativi. Ragionamenti analoghi possono farsi su impianti a terra nelle pianure, che spesso sottraggono per motivi speculativi risorse preziose all’agricoltura.
Il terzo obiettivo è collegare la diffusione delle fonti rinnovabili con lo sviluppo delle reti. L’energia da fonti rinnovabili dovrà essere gestita da reti “intelligenti” (le cosiddette smart grid): ne sono la dimostrazione i costi di trasmissione e dispacciamento, quadruplicati (!!!!!) dal 2004 al 2012, vuoi per la remunerazione riconosciuta a Terna, vuoi perché le rinnovabili sono discontinue e aumentano gli oneri di bilanciamento del sistema.
Il quarto obiettivo è evitare, come si è detto, ricadute troppo pesanti sulle bollette, tanto più in tempo di crisi: la vicenda Alcoa, pur nella sua peculiarità, non è un caso isolato, e ci impone di ragionare con attenzione sul rischio di una progressiva de-industrializzazione del nostro Paese. Né si deve dimenticare come sulla bolletta pesino anche una serie di riduzioni di costo riservate ai grandi consumatori, quali il servizio di interrompibilità, di riduzione istantanea dei prelievi, l’esenzione dagli oneri di dispacciamento, l’import virtuale: questi costi finiscono per essere pagati da famiglie e imprese.
È quindi urgente "mettere mano" alla bolletta energetica e alle sue componenti. Cosa fare? È importante innanzitutto aprire una discussione su cosa va in bolletta e cosa va in tassazione generale: voci come i regimi tariffari speciali per le ferrovie o altre di natura più generica andrebbero infatti spostate a carico del bilancio dello Stato. In secondo luogo occorre decidere chi paga e chi no in bolletta, individuando le priorità di politica industriale (settori energivori/di base, rilevanti per la competitività di sistema ed esposti a concorrenza internazionale), a cui concedere le agevolazioni.
È necessario ancora chiedere ai produttori di energia rinnovabile di farsi carico degli oneri di bilanciamento del sistema, dotandosi (singolarmente o in forma associata) delle necessarie strutture di accumulo, così da fornire l’energia «piatta», con continuità. Accumuli che, se invece predisposti da Terna o Enel, finirebbero necessariamente in bolletta. Infine occorre spingere sullo sviluppo della generazione distribuita ad alta efficienza, superando il modello di produzione accentrata e i conseguenti costi in infrastrutture. Speriamo che il governo Monti lanci la sfida.
Il terzo obiettivo è collegare la diffusione delle fonti rinnovabili con lo sviluppo delle reti. L’energia da fonti rinnovabili dovrà essere gestita da reti “intelligenti” (le cosiddette smart grid): ne sono la dimostrazione i costi di trasmissione e dispacciamento, quadruplicati (!!!!!) dal 2004 al 2012, vuoi per la remunerazione riconosciuta a Terna, vuoi perché le rinnovabili sono discontinue e aumentano gli oneri di bilanciamento del sistema.
Il quarto obiettivo è evitare, come si è detto, ricadute troppo pesanti sulle bollette, tanto più in tempo di crisi: la vicenda Alcoa, pur nella sua peculiarità, non è un caso isolato, e ci impone di ragionare con attenzione sul rischio di una progressiva de-industrializzazione del nostro Paese. Né si deve dimenticare come sulla bolletta pesino anche una serie di riduzioni di costo riservate ai grandi consumatori, quali il servizio di interrompibilità, di riduzione istantanea dei prelievi, l’esenzione dagli oneri di dispacciamento, l’import virtuale: questi costi finiscono per essere pagati da famiglie e imprese.
È quindi urgente "mettere mano" alla bolletta energetica e alle sue componenti. Cosa fare? È importante innanzitutto aprire una discussione su cosa va in bolletta e cosa va in tassazione generale: voci come i regimi tariffari speciali per le ferrovie o altre di natura più generica andrebbero infatti spostate a carico del bilancio dello Stato. In secondo luogo occorre decidere chi paga e chi no in bolletta, individuando le priorità di politica industriale (settori energivori/di base, rilevanti per la competitività di sistema ed esposti a concorrenza internazionale), a cui concedere le agevolazioni.
È necessario ancora chiedere ai produttori di energia rinnovabile di farsi carico degli oneri di bilanciamento del sistema, dotandosi (singolarmente o in forma associata) delle necessarie strutture di accumulo, così da fornire l’energia «piatta», con continuità. Accumuli che, se invece predisposti da Terna o Enel, finirebbero necessariamente in bolletta. Infine occorre spingere sullo sviluppo della generazione distribuita ad alta efficienza, superando il modello di produzione accentrata e i conseguenti costi in infrastrutture. Speriamo che il governo Monti lanci la sfida.
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