Stage retribuiti nelle pubbliche amministrazioni. Vera e utile formazione o assistenzialismo finanziato con fondi pubblici? Dopo il caso dei superstage calabresi, scovato nel 2009 dalla testata online Repubblica degli Stagisti e proseguito tra polemiche e interrogazioni parlamentari, questa volta si passa in Basilicata, dove a poche settimane dalle elezioni il consiglio regionale ha avviato un "Programma tirocini formativi" per mille cittadini inoccupati o disoccupati.
Il bando, in scadenza proprio oggi a mezzogiorno, prevede stage di 12 mesi da svolgersi presso 250 enti locali lucani, con un'indennità di partecipazione per i partecipanti di 770 euro al mese. Per realizzare questo progetto la Regione Basilicata andrà a spendere oltre 15 milioni di euro, prendendoli dal Fondo per lo sviluppo europeo 2007-2013.
Un'iniziativa apparentemente lodevole, se non fosse – denuncia oggi la Repubblica degli Stagisti dalla sua homepage – che la durata di questi stage di questi stage è contra legem. Il decreto ministeriale 142/1998 sui tirocini – che pure è citato come riferimento normativo all'articolo 1 del bando – prevede infatti che i tirocini di persone disoccupate o inoccupate possano durare al massimo sei mesi. Invece, come il consiglio regionale calabrese aveva incautamente raddoppiato la durata massima dei tirocini per i laureati (da 12 a 24 mesi), così quello lucano adesso prova a raddoppiare quella per i disoccupati, facendola lievitare da 6 a 12.
«Vicende come queste mostrano come nel circolo vizioso dell’arretratezza del Mezzogiorno italiano non entrino soltanto la criminalità organizzata, l’arretratezza delle infrastrutture e il difetto diffuso di senso civico, ma anche una gravissima deformazione assistenzialistica delle politiche del lavoro e più in generale della spesa pubblica: deformazione che in questi ultimi due casi risulta oltretutto sostenuta dall’intero arco delle forze politiche» dice alla Repubblica degli Stagisti Pietro Ichino, senatore e giuslavorista che già si era occupato del caso-fotocopia dei superstage calabresi: «Gioca poi la sua parte anche l’inerzia del governo centrale, che avrebbe il potere di impedire queste evidenti violazioni delle leggi dello Stato e truffe ai danni del Fondo Sociale Europeo».
Un'iniziativa apparentemente lodevole, se non fosse – denuncia oggi la Repubblica degli Stagisti dalla sua homepage – che la durata di questi stage di questi stage è contra legem. Il decreto ministeriale 142/1998 sui tirocini – che pure è citato come riferimento normativo all'articolo 1 del bando – prevede infatti che i tirocini di persone disoccupate o inoccupate possano durare al massimo sei mesi. Invece, come il consiglio regionale calabrese aveva incautamente raddoppiato la durata massima dei tirocini per i laureati (da 12 a 24 mesi), così quello lucano adesso prova a raddoppiare quella per i disoccupati, facendola lievitare da 6 a 12.
«Vicende come queste mostrano come nel circolo vizioso dell’arretratezza del Mezzogiorno italiano non entrino soltanto la criminalità organizzata, l’arretratezza delle infrastrutture e il difetto diffuso di senso civico, ma anche una gravissima deformazione assistenzialistica delle politiche del lavoro e più in generale della spesa pubblica: deformazione che in questi ultimi due casi risulta oltretutto sostenuta dall’intero arco delle forze politiche» dice alla Repubblica degli Stagisti Pietro Ichino, senatore e giuslavorista che già si era occupato del caso-fotocopia dei superstage calabresi: «Gioca poi la sua parte anche l’inerzia del governo centrale, che avrebbe il potere di impedire queste evidenti violazioni delle leggi dello Stato e truffe ai danni del Fondo Sociale Europeo».
Domani Ichino presenterà un'interrogazione parlamentare ai ministri Sacconi e Brunetta per chiedere conto di questa situazione: «Che cosa i ministri interrogati intendano fare per impedire questo nuovo evidente e grave abuso assistenzialistico dei contributi del Fondo Sociale Europeo e questa altrettanto evidente violazione della disciplina legislativa in materia di tirocini formativi, finalizzata – come l'esperienza calabrese insegna – all'aggiramento del principio costituzionale dell'accesso ai pubblici uffici per concorso».
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