Il Veneto apre ai soci lavoratori di Giambattista Marchetto pubblicato su Il Sole 24 Ore NordEst, mercoledì 3 febbraio 2010
Via libera alla partecipazione di tute blu, camici e colletti bianchi, tailleur e blazer grigi al capitale e agli utili delle imprese venete. Come alla Dalmine (dove l’operazione è stata realizzata nel “lontano” 2000) o come avviene da anni in altri Paesi europei, fra cui Francia, Inghilterra e Germania, anche le Pmi del Veneto potranno adottare un modello d’impresa che porti all’apertura del capitale ai lavoratori.
La svolta è arrivata con l’inizio del 2010. Il Consiglio regionale ha infatti approvato all’unanimità il testo di una proposta di legge che porta il Veneto in avanscoperta (è la prima regione in Italia) verso la nuova frontiera dell’imprenditorialità diffusa. La nuova Lr 5/10, pubblicata sul Bur del Veneto numero 8 del 26 gennaio scorso, stabilisce che il processo di partecipazione dovrà raggiungere almeno un decimo del capitale d’impresa e che possano intraprendere questa strada non solo i dipendenti stabilizzati, ma anche quelli con contratto a tempo determinato, gli interinali e gli atipici, oltre che i lavoratori a riposo e quelli delle società collegate.
“Ci è sembrato che i tempi fossero maturi per portare anche in Italia un modello che la Ue approva e favorisce – spiega il consigliere del Pd, Franco Bonfante, primo firmatario della proposta di legge-. La mentalità sta cambiando anche da noi. Poi per le imprese sono previste agevolazioni creditizie, esenzioni e vantaggi fiscali. I vantaggi per i lavoratori sono l’accesso a prestiti agevolati, esenzioni, e riduzioni tributarie, ma è prevista anche una garanzia assicurativa o bancaria per proteggerli dal possibile rischio d’insolvenza o fallimento dell’impresa”. E aggiunge: “ Se il lavoratore come singolo dovesse avere delle remore a mettersi in gioco, potrebbero essere attivati fondi mirati (ad esempio gestiti dalle banche locali) e in questo Veneto Sviluppo potrebbe avere un ruolo fondamentale”.
Il sostegno finanziario previsto per avviare una prima sperimentazione è di 700mila euro per il 2010 e di 1 milione per il 2011.
Le reazioni delle imprese sono però tiepide. “La legge interpreta un modello partecipativo tipico della storia delle relazioni industriali della nostra regione – commenta il presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat . Se è stata pensata come possibile risposta alla crisi, il contesto la rende poso applicabile proprio per il momento pieno di rischi e di incertezze. Può essere comunque un terreno nuovo di confronto tra le parti sociali, che in Veneto non sempre è stato conflittuale. L’idea che i lavoratori, oltre che partecipare ai profili negativi del rischio d’impresa, possano partecipare anche a quelli positivi, potrà aiutare in futuro a mitigare con positive ricadute il confronto tra le parti sociali. Nella legge, però, non appaiono ancora con la necessaria chiarezza gli incentivi di natura fiscale, sia di natura economica previsti per le imprese”.
Pur ricordando l’esperienza positiva avviata con gli enti bilaterali, anche il presidente regionale della Confartigianato, Claudio Miotto, , appare perplesso. “Il meccanismo è raffinato – aggiunge – ma è tarato sul modello della grande impresa. L’istituzione di un organo di gestione con rappresentanza dei lavoratori, che di fatto affianca il consiglio di amministrazione, nell’artigianato spesso non è plausibile e questo preclude a una grande fetta di imprenditorialità regionale l’accesso alle agevolazioni. Vanno studiati meccanismi tali da non mettere in discussione la natura di lavoratore dipendente e di titolare di impresa artigiana”.
Anche dal mondo sindacale non si alzano entusiasmi eccessivi. “La partecipazione dei lavoratori all’impresa è uno degli obiettivi che perseguiamo dalla nostra costituzione –rileva Franca Porto, segretaria generale della Cisl veneta-. Riteniamo però che questo obiettivo, che cambia profondamente i rapporti tra lavoro ed impresa e che rappresenta un fattore determinante della democrazia economica, possa essere perseguito nelle libere e autonome relazioni tra le parti. La partecipazione è il risultato di una maturazioni culturale che non può essere forzata da interventi legislativi.
“Ci è sembrato che i tempi fossero maturi per portare anche in Italia un modello che la Ue approva e favorisce – spiega il consigliere del Pd, Franco Bonfante, primo firmatario della proposta di legge-. La mentalità sta cambiando anche da noi. Poi per le imprese sono previste agevolazioni creditizie, esenzioni e vantaggi fiscali. I vantaggi per i lavoratori sono l’accesso a prestiti agevolati, esenzioni, e riduzioni tributarie, ma è prevista anche una garanzia assicurativa o bancaria per proteggerli dal possibile rischio d’insolvenza o fallimento dell’impresa”. E aggiunge: “ Se il lavoratore come singolo dovesse avere delle remore a mettersi in gioco, potrebbero essere attivati fondi mirati (ad esempio gestiti dalle banche locali) e in questo Veneto Sviluppo potrebbe avere un ruolo fondamentale”.
Il sostegno finanziario previsto per avviare una prima sperimentazione è di 700mila euro per il 2010 e di 1 milione per il 2011.
Le reazioni delle imprese sono però tiepide. “La legge interpreta un modello partecipativo tipico della storia delle relazioni industriali della nostra regione – commenta il presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat . Se è stata pensata come possibile risposta alla crisi, il contesto la rende poso applicabile proprio per il momento pieno di rischi e di incertezze. Può essere comunque un terreno nuovo di confronto tra le parti sociali, che in Veneto non sempre è stato conflittuale. L’idea che i lavoratori, oltre che partecipare ai profili negativi del rischio d’impresa, possano partecipare anche a quelli positivi, potrà aiutare in futuro a mitigare con positive ricadute il confronto tra le parti sociali. Nella legge, però, non appaiono ancora con la necessaria chiarezza gli incentivi di natura fiscale, sia di natura economica previsti per le imprese”.
Pur ricordando l’esperienza positiva avviata con gli enti bilaterali, anche il presidente regionale della Confartigianato, Claudio Miotto, , appare perplesso. “Il meccanismo è raffinato – aggiunge – ma è tarato sul modello della grande impresa. L’istituzione di un organo di gestione con rappresentanza dei lavoratori, che di fatto affianca il consiglio di amministrazione, nell’artigianato spesso non è plausibile e questo preclude a una grande fetta di imprenditorialità regionale l’accesso alle agevolazioni. Vanno studiati meccanismi tali da non mettere in discussione la natura di lavoratore dipendente e di titolare di impresa artigiana”.
Anche dal mondo sindacale non si alzano entusiasmi eccessivi. “La partecipazione dei lavoratori all’impresa è uno degli obiettivi che perseguiamo dalla nostra costituzione –rileva Franca Porto, segretaria generale della Cisl veneta-. Riteniamo però che questo obiettivo, che cambia profondamente i rapporti tra lavoro ed impresa e che rappresenta un fattore determinante della democrazia economica, possa essere perseguito nelle libere e autonome relazioni tra le parti. La partecipazione è il risultato di una maturazioni culturale che non può essere forzata da interventi legislativi.
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