Per rimuovere gli ostacoli ed i problemi del mondo del lavoro ed in particolare dei lavoratori che si trovano in specifiche condizioni occorre che il sistema degli ammortizzatori sociali sia trasparente ed equo rispetto alla valutazione aziendale ed allo status dei lavoratori.
Le aziende durante la propria vita effettuano interventi di riorganizzazione, ristrutturazione e riconversione aziendale ed adeguano la pianta organica alla domanda dei consumatori al fine di adattarsi alle nuove esigenze e cambiamenti del mercato e riprendere il cammino della crescita e della prosperità. Più grave è la condizione dei lavoratori dipendenti da imprese che decidono di concludere l’attività imprenditoriale. Spesso le imprese che intraprendono tali interventi riducono la pianta organica risultando una base occupazionale nell’impresa inferiore a quella preesistente e, di conseguenza, una parte dei lavoratori rimane senza lavoro ed ha bisogno di tutele e sostegno.
Lo status dei lavoratori che si trova nelle condizioni descritte può essere classificato nel modo seguente:
1) Lavoratori che non lavorano per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi aziendali temporanei (contrazione del mercato, intemperie stagionali). Superati tali eventi i lavoratori vengono integrati nel posto di lavoro. Tali lavoratori hanno diritto alla Cassa integrazione guadagni ordinaria;
2) Lavoratori che dal punto di vista formale mantengono il rapporto di lavoro con l’azienda ma non hanno alcuna sicurezza di rientrare nel posto di lavoro da cui sono stati esclusi. La sospensione dal lavoro avviene per ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale, crisi aziendale e procedure concorsuali. Tali lavoratori sono posti in Cassa integrazione guadagni straordinaria;
3) Lavoratori licenziati che sono costretti a trovare una nuova occupazione. Tali lavoratori hanno diritto all’indennità di disoccupazione o di mobilità ordinaria o lunga.
I casi indicati presentano degli elementi diversi e comuni rispetto alla status dei lavoratori (licenziati, sospesi) ed alle prestazioni a sostegno del reddito (requisiti, durata, importo della prestazione) di cui hanno diritto.
Il primo caso è interessato solo alle politiche del sostegno del reddito, in quanto superata la fase di temporanea crisi aziendale i lavoratori dovrebbero rientrare in azienda.
Il secondo caso è complicato in quanto i lavoratori pur rimanendo legati all’azienda dal rapporto di lavoro non hanno possibilità di rioccuparsi nella medesima azienda e spesso sono parcheggiati per diversi anni ed in alcuni casi oltre i limiti previsti dalle disposizioni vigenti al fine di assicurare una forma di sostegno del reddito. Il tempo di permanenza in tale situazione è definito inizialmente e può essere soggetto a proroghe spesso molto lunghe. I lavoratori che rientrano in questo caso hanno diritto ad una prestazione a sostegno del reddito.
Il terzo caso interessa i lavoratori licenziati, i quali ricevono soltanto un intervento a sostegno del reddito.
I lavoratori del secondo e terzo caso hanno bisogno di servizi di outplacement per riqualificarsi professionalmente e rioccuparsi. Tali servizi al momento non rientrano nelle tutele a favore dei lavoratori sospesi o licenziati.
Il primo ed il terzo caso sono trasparenti rispetto allo status dei lavoratori e, pertanto, si può intervenire con efficacia.
In tutti e tre i casi l’importo delle prestazioni a sostegno del reddito è troppo basso per garantire ai lavoratori una vita dignitosa.
Un moderno Welfare del lavoro, cosi come avviene in molti paesi europei, deve essere organizzato su tre fattori essenziali: - il sostegno del reddito in misura adeguata alle necessità del lavoratore e della sua famiglia (1°, 2° e 3° caso); - la riqualificazione professionale in base alle esigenze del mercato del lavoro al fine di trovare nuovi sbocchi occupazionali (2° e 3° caso); - la rioccupazione dei lavoratori licenziati (2° e 3° caso).
In Italia il sistema attuale degli ammortizzatori sociali è formato da numerose prestazioni, è diversificato per requisiti, importo e durata delle prestazioni ed incompleto perché non comprende tutti i servizi previsti da una politica attiva del lavoro efficace.
L’ammortizzatore sociale su cui maggiormente poggia la tutela dei lavoratori è la Cig, la quale permette ai lavoratori delle grandi imprese in crisi di ricevere una prestazione economica per un certo periodo di tempo.
I lavoratori delle piccole imprese non possono accedere alla Cig ed hanno diritto, possedendo i requisiti, all’indennità di disoccupazione di importo più basso e di durata più breve. Inoltre, occorre tenere presente che i lavoratori atipici non hanno diritto ad alcuna prestazione.
Tra i problemi da risolvere si menzionano: - l’allargamento della platea delle imprese tenute a versare i contributi per finanziare il Welfare del lavoro; - l’eliminazione dei falsi lavoratori autonomi (contratti atipici) e la loro inclusione tra i lavoratori dipendenti.
Il sistema di ammortizzatori sociali, il quale risale agli anni ’70, non rappresenta un quadro di interventi equo e omogeneo. Le modifiche e gli adeguamenti successivi non si sono posti la visione d’insieme del sistema ma l’adattamento ai singoli problemi che emergevano nel tempo.
La crisi economica è stata affrontata in Italia ricorrendo, dal 2009, alla Cig in deroga, estendendo l’ammortizzatore sociale alle imprese che non contribuiscono alla Cig e ad alcune fasce di lavoratori atipici.
La contraddizione del sistema si evince dall’esistenza di imprese che, cessando l’attività o delocalizzando all’estero la produzione, collocano i propri lavoratori in Cig.
Il sistema attuale produce inefficienza ed illegalità da parte di coloro che percepiscono le prestazioni a sostegno del reddito e svolgono lavoro in nero.
La recente riforma delle pensioni con l’innalzamento dell’età pensionabile non facilita il precedente rapporto di continuità tra gli ammortizzatori sociali e la pensione (mobilità lunga, prepensionamenti ecc.) e, quindi, occorre trovare altre soluzioni innovative che risolvano lo stato di sofferenza dei lavoratori e rendano produttive le risorse impiegate dallo stato.
Per ricondurre ad unità il sistema occorre tenere presente che lo status che accomuna i lavoratori è il non espletamento dell’attività lavorativa con tutte le conseguenze che ne derivano dal punto di vista delle tutele. Questa posizione a sua volta può essere classificata tra lavoratori sospesi e licenziati. Tale classificazione è utile per unificare gli ammortizzatori sociali in due categorie:
- Cassa integrazione guadagni per i lavoratori sospesi;
- Indennità universale di disoccupazione per i lavoratori licenziati.
Si potrebbe pensare di unificare gli ammortizzatori sociali in un’unica indennità universale di disoccupazione di importo adeguato, superando sperequazioni e lacune che l’attuale sistema presenta.
Occorre, inoltre, unificare gli ammortizzatori sociali nella parte che riguarda i requisiti, gli importi e la durata delle prestazioni. Gli importi delle prestazioni vanno aumentate ed adattate alle esigenze di vita dei lavoratori e la durata delle prestazioni va adeguata ai tempi degli altri paesi europei.
Il sostegno ai lavoratori effettuato in modo diversificato e con una pluralità di prestazioni per il medesimo evento (perdita del lavoro in modo temporaneo o definitivo) non sembra rispondere all’esigenza di equità sociale tanto avvertita nella società e di efficienza della spesa pubblica.
Ovviamente l’unificazione delle prestazioni a sostegno del reddito va accompagnata da servizi efficaci di riqualificazione professionale e di rioccupazione. I lavoratori che rifiutano i corsi di formazione professionale e le proposte di rioccupazione sono esclusi dall’erogazione delle prestazioni.
Mantenere in vita un sistema che eroga soltanto prestazioni economiche differenziate significa sostenere i lavoratori non in modo completo, rinunziando ad interventi che qualificano la spesa pubblica e rispondono alle esigenze dei lavoratori che vogliono continuare ad offrire il proprio contributo per aumentare la ricchezza del paese.
Per i motivi esposti condivido la proposta del Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sugli ammortizzatori sociali (Cig ordinaria e disoccupazione) e quella del senatore Pietro Ichino di unificazione delle prestazioni di disoccupazione (90% del salario per il primo anno, 80% nel secondo e 70% nel terzo). Inoltre, la proposta del senatore Ichino prevede che la prestazione a sostegno del reddito venga integrata da servizi efficaci di riqualificazione professionale e di rioccupazione dei lavoratori licenziati.
Occorre un cambio di paradigma per passare dalla tutela dei posti lavoro alla tutela dei lavoratori.
3) Lavoratori licenziati che sono costretti a trovare una nuova occupazione. Tali lavoratori hanno diritto all’indennità di disoccupazione o di mobilità ordinaria o lunga.
I casi indicati presentano degli elementi diversi e comuni rispetto alla status dei lavoratori (licenziati, sospesi) ed alle prestazioni a sostegno del reddito (requisiti, durata, importo della prestazione) di cui hanno diritto.
Il primo caso è interessato solo alle politiche del sostegno del reddito, in quanto superata la fase di temporanea crisi aziendale i lavoratori dovrebbero rientrare in azienda.
Il secondo caso è complicato in quanto i lavoratori pur rimanendo legati all’azienda dal rapporto di lavoro non hanno possibilità di rioccuparsi nella medesima azienda e spesso sono parcheggiati per diversi anni ed in alcuni casi oltre i limiti previsti dalle disposizioni vigenti al fine di assicurare una forma di sostegno del reddito. Il tempo di permanenza in tale situazione è definito inizialmente e può essere soggetto a proroghe spesso molto lunghe. I lavoratori che rientrano in questo caso hanno diritto ad una prestazione a sostegno del reddito.
Il terzo caso interessa i lavoratori licenziati, i quali ricevono soltanto un intervento a sostegno del reddito.
I lavoratori del secondo e terzo caso hanno bisogno di servizi di outplacement per riqualificarsi professionalmente e rioccuparsi. Tali servizi al momento non rientrano nelle tutele a favore dei lavoratori sospesi o licenziati.
Il primo ed il terzo caso sono trasparenti rispetto allo status dei lavoratori e, pertanto, si può intervenire con efficacia.
In tutti e tre i casi l’importo delle prestazioni a sostegno del reddito è troppo basso per garantire ai lavoratori una vita dignitosa.
Un moderno Welfare del lavoro, cosi come avviene in molti paesi europei, deve essere organizzato su tre fattori essenziali: - il sostegno del reddito in misura adeguata alle necessità del lavoratore e della sua famiglia (1°, 2° e 3° caso); - la riqualificazione professionale in base alle esigenze del mercato del lavoro al fine di trovare nuovi sbocchi occupazionali (2° e 3° caso); - la rioccupazione dei lavoratori licenziati (2° e 3° caso).
In Italia il sistema attuale degli ammortizzatori sociali è formato da numerose prestazioni, è diversificato per requisiti, importo e durata delle prestazioni ed incompleto perché non comprende tutti i servizi previsti da una politica attiva del lavoro efficace.
L’ammortizzatore sociale su cui maggiormente poggia la tutela dei lavoratori è la Cig, la quale permette ai lavoratori delle grandi imprese in crisi di ricevere una prestazione economica per un certo periodo di tempo.
I lavoratori delle piccole imprese non possono accedere alla Cig ed hanno diritto, possedendo i requisiti, all’indennità di disoccupazione di importo più basso e di durata più breve. Inoltre, occorre tenere presente che i lavoratori atipici non hanno diritto ad alcuna prestazione.
Tra i problemi da risolvere si menzionano: - l’allargamento della platea delle imprese tenute a versare i contributi per finanziare il Welfare del lavoro; - l’eliminazione dei falsi lavoratori autonomi (contratti atipici) e la loro inclusione tra i lavoratori dipendenti.
Il sistema di ammortizzatori sociali, il quale risale agli anni ’70, non rappresenta un quadro di interventi equo e omogeneo. Le modifiche e gli adeguamenti successivi non si sono posti la visione d’insieme del sistema ma l’adattamento ai singoli problemi che emergevano nel tempo.
La crisi economica è stata affrontata in Italia ricorrendo, dal 2009, alla Cig in deroga, estendendo l’ammortizzatore sociale alle imprese che non contribuiscono alla Cig e ad alcune fasce di lavoratori atipici.
La contraddizione del sistema si evince dall’esistenza di imprese che, cessando l’attività o delocalizzando all’estero la produzione, collocano i propri lavoratori in Cig.
Il sistema attuale produce inefficienza ed illegalità da parte di coloro che percepiscono le prestazioni a sostegno del reddito e svolgono lavoro in nero.
La recente riforma delle pensioni con l’innalzamento dell’età pensionabile non facilita il precedente rapporto di continuità tra gli ammortizzatori sociali e la pensione (mobilità lunga, prepensionamenti ecc.) e, quindi, occorre trovare altre soluzioni innovative che risolvano lo stato di sofferenza dei lavoratori e rendano produttive le risorse impiegate dallo stato.
Per ricondurre ad unità il sistema occorre tenere presente che lo status che accomuna i lavoratori è il non espletamento dell’attività lavorativa con tutte le conseguenze che ne derivano dal punto di vista delle tutele. Questa posizione a sua volta può essere classificata tra lavoratori sospesi e licenziati. Tale classificazione è utile per unificare gli ammortizzatori sociali in due categorie:
- Cassa integrazione guadagni per i lavoratori sospesi;
- Indennità universale di disoccupazione per i lavoratori licenziati.
Si potrebbe pensare di unificare gli ammortizzatori sociali in un’unica indennità universale di disoccupazione di importo adeguato, superando sperequazioni e lacune che l’attuale sistema presenta.
Occorre, inoltre, unificare gli ammortizzatori sociali nella parte che riguarda i requisiti, gli importi e la durata delle prestazioni. Gli importi delle prestazioni vanno aumentate ed adattate alle esigenze di vita dei lavoratori e la durata delle prestazioni va adeguata ai tempi degli altri paesi europei.
Il sostegno ai lavoratori effettuato in modo diversificato e con una pluralità di prestazioni per il medesimo evento (perdita del lavoro in modo temporaneo o definitivo) non sembra rispondere all’esigenza di equità sociale tanto avvertita nella società e di efficienza della spesa pubblica.
Ovviamente l’unificazione delle prestazioni a sostegno del reddito va accompagnata da servizi efficaci di riqualificazione professionale e di rioccupazione. I lavoratori che rifiutano i corsi di formazione professionale e le proposte di rioccupazione sono esclusi dall’erogazione delle prestazioni.
Mantenere in vita un sistema che eroga soltanto prestazioni economiche differenziate significa sostenere i lavoratori non in modo completo, rinunziando ad interventi che qualificano la spesa pubblica e rispondono alle esigenze dei lavoratori che vogliono continuare ad offrire il proprio contributo per aumentare la ricchezza del paese.
Per i motivi esposti condivido la proposta del Ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sugli ammortizzatori sociali (Cig ordinaria e disoccupazione) e quella del senatore Pietro Ichino di unificazione delle prestazioni di disoccupazione (90% del salario per il primo anno, 80% nel secondo e 70% nel terzo). Inoltre, la proposta del senatore Ichino prevede che la prestazione a sostegno del reddito venga integrata da servizi efficaci di riqualificazione professionale e di rioccupazione dei lavoratori licenziati.
Occorre un cambio di paradigma per passare dalla tutela dei posti lavoro alla tutela dei lavoratori.
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