Articolo di Pierpaolo Romani, coordinatore di Avviso pubblico, pubblicato su Corriere Verona il 13 gennaio 2012
È superiore ai 100 miliardi di euro, vale a dire l’8% del PIL, il valore del mercato degli appalti pubblici in Italia e in esso trovano occupazione quasi 1,5 milioni di persone. Questi dati sono contenuti nella relazione annuale dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (www.acpt.it). Si tratta di numeri importanti destinati ad attirare l’attenzione non solo degli operatori economici ma, altresì, delle organizzazioni mafiose. È un mercato delicato quello degli appalti, in cui, come scrive l’Autorità, non mancano casi dove si registra «una sproporzionata durata dell'esecuzione dei contratti e un ricorso frequente e immotivato a varianti progettuali che provocano un sensibile aumento dei costi contrattuali». A tutto questo, si legge sempre nella relazione, si aggiunga che oltre 5.000 imprese non applicano il codice degli appalti pubblici e che il 30% degli appalti avviene senza gara.
Di fronte di questo scenario, è certamente un segnale importante quello che è giunto dal Veneto lo scorso 9 gennaio con la firma del Protocollo di legalità finalizzato a prevenire l’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, sottoscritto dalle Prefetture, dalla Regione, dalle Province e dall’Anci alla presenza del Ministro dell’Interno Cancellieri. Un protocollo chiaro e specifico che si propone come modello per altre regioni italiane. Un documento importante anche per i messaggi che veicola. Il primo è quello che il problema della presenza mafiosa nel tessuto economico locale è un rischio concreto, anche in Veneto. Il secondo è che il contrasto alle mafie non è delegabile esclusivamente alla fase repressiva svolta dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Anche la politica e la pubblica amministrazione sono chiamate a fare la loro parte rafforzando la trasparenza, la sicurezza e il controllo sul sistema degli appalti pubblici.
Nella nostra regione, come in altri territori dell’Italia settentrionale, una seria politica preventiva antimafia deve fondarsi sul monitoraggio costante dei capitali che circolano e delle imprese che operano. E questo va fatto soprattutto in determinati settori, elencati anche nel Protocollo, e con particolare attenzione nel sistema dei sub-appalti. Per questo, come previsto nel documento sottoscritto a Venezia, è fondamentale conoscere gli assetti societari delle realtà coinvolte nella realizzazione delle opere, rendere tracciabili i flussi finanziari, affidare precise responsabilità di controllo e monitoraggio di quanto avviene nei cantieri ogni giorno. E altrettanto significativo è l’obbligo che il Protocollo conferisce all’impresa aggiudicataria dei lavori, alle imprese subappaltatrici e ad ogni altro soggetto che intervenga nella realizzazione dei lavori di denunciare tentativi di pressione criminale; così come è importante la previsione della rescissione del contratto con imprese e società qualora emergano infiltrazioni mafiose. La mafia non è compatibile con la libertà di impresa e con il principio della libera concorrenza. Questo deve essere chiaro ai cittadini e agli operatori economici che credono nel libero mercato.
Il Protocollo ha una durata di due anni al termine dei quali sarà interessante conoscere i risultati prodotti dalla sua applicazione. Chi lo dovrà fare non è stato specificato nel documento sottoscritto. Una mancanza, alla quale, ci auguriamo si possa presto porre rimedio.
Nella nostra regione, come in altri territori dell’Italia settentrionale, una seria politica preventiva antimafia deve fondarsi sul monitoraggio costante dei capitali che circolano e delle imprese che operano. E questo va fatto soprattutto in determinati settori, elencati anche nel Protocollo, e con particolare attenzione nel sistema dei sub-appalti. Per questo, come previsto nel documento sottoscritto a Venezia, è fondamentale conoscere gli assetti societari delle realtà coinvolte nella realizzazione delle opere, rendere tracciabili i flussi finanziari, affidare precise responsabilità di controllo e monitoraggio di quanto avviene nei cantieri ogni giorno. E altrettanto significativo è l’obbligo che il Protocollo conferisce all’impresa aggiudicataria dei lavori, alle imprese subappaltatrici e ad ogni altro soggetto che intervenga nella realizzazione dei lavori di denunciare tentativi di pressione criminale; così come è importante la previsione della rescissione del contratto con imprese e società qualora emergano infiltrazioni mafiose. La mafia non è compatibile con la libertà di impresa e con il principio della libera concorrenza. Questo deve essere chiaro ai cittadini e agli operatori economici che credono nel libero mercato.
Il Protocollo ha una durata di due anni al termine dei quali sarà interessante conoscere i risultati prodotti dalla sua applicazione. Chi lo dovrà fare non è stato specificato nel documento sottoscritto. Una mancanza, alla quale, ci auguriamo si possa presto porre rimedio.
1 commento:
http://www.transparency.org/
http://www.transparency.it/
alla sigla manca questo interlocutore internazionale in funzione di garanzia e controllo
Posta un commento