sabato 30 ottobre 2010

Federico Testa contesta la mozione Borghesi sui vitalizi dei deputati

Si riporta l’intervento dell’onorevole Federico Testa del Partito Democratico nei confronti della mozione populista e propagandistica presentata dall’onorevole Antonio Borghesi dell’Idv. Avrebbe fatto meglio l’onorevole Borghesi ha presentare un disegno di legge sui vitalizi dei deputati e non una mozione, la quale anche se approvata non avrebbe cambiato nulla.
“Per scongiurare gli eccessi che indubbiamente esistevano, l’istituto dell’assegno vitalizio, costituito in parte da accantonamenti volontari (all’incirca 1000€ al mese per deputato), è stato oggetto di una recente ed incisiva riforma, avviata dal centro-sinistra nella scorsa legislatura. L’assegno spetta ai deputati cessati dal mandato che abbiano compiuto 65 anni di età e abbiano esercitato il mandato parlamentare per almeno 5 anni e abbiano versato i contributi, ed è ad essi rapportato. E’ stato soppresso – dal 2008 – l’istituto della contribuzione volontaria per riscattare le legislature non compiute.
Se l’On. Borghesi avesse voluto davvero abolire il vitalizio, ne avrebbe proposto la riforma nella sede preposta, cioè l’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati. Invece, scegliendo di presentare un semplice “ordine del giorno” in Aula durante la discussione del bilancio (che anche se approvato, non avrebbe cambiato nulla, come la stragrande maggioranza delle mere petizioni di principio votate dal Parlamento) ha voluto soltanto fare un’operazione di propaganda politica. La cosa è confermata da due ulteriori considerazioni:
- l’ordine del giorno prevedeva anche una cosa evidentemente non possibile, cioè l’abolizione dei vitalizi per il passato. La messa in discussione dei cd “diritti quesiti”, garantiti per legge, è il miglior modo per essere travolti dai ricorsi giudiziari e di conseguenza non cambiare nulla;
- l’Italia dei Valori -dopo essersi fatta respingere l’ordine del giorno- ha poi tranquillamente votato il bilancio, che prevede il mantenimento dello statu quo.
Nel suo programma il Pd propone “una sola Camera legislativa, con 470 deputati, eletti in collegi uninominali, col doppio turno”. E ha proposto l’introduzione del metodo di calcolo contributivo per i vitalizi dei parlamentari, come per ogni lavoratore. Il Partito democratico non procede con ordini del giorno demagogici e inutili ma propone delle riforme reali e possibili. Al contrario, la destra al Governo non ha mostrato alcun segno concreto della volontà di procedere sulla strada di quelle riforme che pure in molti sembrano brandire come arma preferita dalla propaganda politica.
Questi “privilegi”, certamente degenerati nel corso degli anni, all’origine nascevano dalla necessità di garantire la possibilità di fare politica a tutte le classi sociali. Mi spiego: io sono un privilegiato perché sono un dipendente pubblico (università), quando sono stato eletto ero già al livello più alto della carriera (prof. ordinario), sono andato in aspettativa, quando finisco di fare il parlamentare torno al mio posto. Non ho “perso treni” professionali, non sarò penalizzato nella carriera, non ho sacrificato clientela. Già una persona a metà carriera, oppure un dipendente da un’azienda privata, non si trovano nella stessa situazione: questo periodo può incidere negativamente sulle loro prospettive professionali. Idem se si tratta di un artigiano, di un professionista, che fanno bene, a tempo pieno il lavoro parlamentare, e che potrebbero ritrovarsi a ri-partire da zero. Quindi eliminiamo i privilegi, ma troviamo anche il modo di evitare che la politica sia appannaggio solo di chi può “permettersi di farla”. Questa è anche la strada attraverso la quale è possibile favorire percorsi di entrata e -soprattutto- uscita dalla politica, in modo tale che chi “ha fatto politica” non resti “incatenato” alla poltrona perché certamente non vuole perdere privilegi, ma forse anche perché ha perso prospettive professionali. Non vuole essere un alibi, ma una cosa su cui ragionare”.
Federico Testa

1 commento:

Anonimo ha detto...

La politica in Italia costa moltissimmo e produce assai pochi benefici per i comuni cittadini. Molti politici confondono il loro ruolo con quello degli opinionisti di professione o, peggio, con quello di improvvisati ballerini e cantanti. L'eccesso di potere, sovente in mano a figure dal basso profilo culturale, ha determinato la colossale e grottesca impasse italiana. Nelle loro rozze mani il potere politico si fa sinonimo d'impunità. Finché le differenze tra i benefici dei comuni cittadini (a trovarli!) e quelli dei politici (ingiustificati) saranno tanto evidenti la politica continuerà a mordersi la coda invece di trainare la Nazione fuori dal pantano.