Vengono al pettine i nodi di una legge confusa e illeggibile, imposta dal governo con una chiusura ermetica alle critiche e proposte dell’opposizione
Il Presidente della Repubblica censura una legge confusa e illeggibile, presentata originariamente con un testo di 9 articoli e 39 commi, poi via via gonfiata nel corso di quattro lettura parlamentari fino a una quintuplicazione del suo volume: “Ho già avuto altre volte occasione - scrive il Capo dello Stato - di sottolineare gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni, sulla organicità del sistema normativo e quindi sulla certezza del diritto”: è esattamente la stessa critica che ho più volte mosso a questa legge, sia in Parlamento, sia sul Corriere della Sera.
Egli invita poi, più specificamente, il Governo e la maggioranza a una riflessione più attenta su di una norma in materia di sicurezza per il personale marittimo del naviglio di Stato e sulla riforma dell’arbitrato nelle controversie di lavoro: norma, quest’ultima, che interviene su di una materia delicatissima, introdotta in modo affrettato nel disegno di legge n. 1167 in seconda lettura, al Senato, e altrettanto affrettatamente modificata in terza lettura, alla Camera. Nel corso del dibattito parlamentare abbiamo ripetutamente denunciato i numerosi profili di grave inopportunità, e anche incostituzionalità di questa norma. E abbiamo anche denunciato la chiusura ermetica (e arrogante) della maggioranza alle nostre proposte di emendamento.
Ciò che è in discussione non è la necessità del rilancio dell’arbitrato, come strumento per la soluzione delle controversie di lavoro, e in particolare di quelle relative a diritto nascenti dal contratto collettivo: il Pd ha ripetutamente presentato un emendamento tendente proprio a fare dell’arbitrato “la voce del contratto collettivo”. Il Governo ha respinto questa soluzione, che avrebbe consentito di decongestionare drasticamente il contenzioso giudiziale (il 43% delle controversie di lavoro verte su questioni retributive, il 18% su questioni di inquadramento professionale, entrambe materie di competenza esclusiva della contrattazione collettiva); e ha invece preferito ampliare la possibilità dell’arbitrato nella direzione sbagliata, consentendo che - dove il contratto collettivo non disponga altrimenti - la clausola arbitrale possa essere riferita anche a diritti indisponibili nascenti da legge dello Stato e possa essere inserita nel contratto individuale con cui si costituisce il rapporto di lavoro.
L’emendamento Ichino Treu respinto dal Governo
Sostituire l’articolo 31 con il seguente:
Articolo 31 - Il contratto collettivo può disporre la soluzione arbitrale di tutte le controversie su diritti nascenti da norme poste dal contratto collettivo stesso o comunque riguardanti istituti posti e disciplinati esclusivamente dal contratto collettivo stesso, disciplinandone liberamente la procedura, con il solo vincolo della corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti.
Intervista a Pietro Ichino
Confronto tra Pietro Ichino e Michele Tiraboschi
Dichiarazione di voto
Interventi e denunce
Egli invita poi, più specificamente, il Governo e la maggioranza a una riflessione più attenta su di una norma in materia di sicurezza per il personale marittimo del naviglio di Stato e sulla riforma dell’arbitrato nelle controversie di lavoro: norma, quest’ultima, che interviene su di una materia delicatissima, introdotta in modo affrettato nel disegno di legge n. 1167 in seconda lettura, al Senato, e altrettanto affrettatamente modificata in terza lettura, alla Camera. Nel corso del dibattito parlamentare abbiamo ripetutamente denunciato i numerosi profili di grave inopportunità, e anche incostituzionalità di questa norma. E abbiamo anche denunciato la chiusura ermetica (e arrogante) della maggioranza alle nostre proposte di emendamento.
Ciò che è in discussione non è la necessità del rilancio dell’arbitrato, come strumento per la soluzione delle controversie di lavoro, e in particolare di quelle relative a diritto nascenti dal contratto collettivo: il Pd ha ripetutamente presentato un emendamento tendente proprio a fare dell’arbitrato “la voce del contratto collettivo”. Il Governo ha respinto questa soluzione, che avrebbe consentito di decongestionare drasticamente il contenzioso giudiziale (il 43% delle controversie di lavoro verte su questioni retributive, il 18% su questioni di inquadramento professionale, entrambe materie di competenza esclusiva della contrattazione collettiva); e ha invece preferito ampliare la possibilità dell’arbitrato nella direzione sbagliata, consentendo che - dove il contratto collettivo non disponga altrimenti - la clausola arbitrale possa essere riferita anche a diritti indisponibili nascenti da legge dello Stato e possa essere inserita nel contratto individuale con cui si costituisce il rapporto di lavoro.
L’emendamento Ichino Treu respinto dal Governo
Sostituire l’articolo 31 con il seguente:
Articolo 31 - Il contratto collettivo può disporre la soluzione arbitrale di tutte le controversie su diritti nascenti da norme poste dal contratto collettivo stesso o comunque riguardanti istituti posti e disciplinati esclusivamente dal contratto collettivo stesso, disciplinandone liberamente la procedura, con il solo vincolo della corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti.
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